3.
Ogniqualvolta che un
adolescente andava in città, soprattutto un abitante dei piccoli paesini
costretto a vedersi le stesse identiche e noiose cose ogni giorno, era come se venisse catapultato in un’altra dimensione.
Nonostante salissi a
San Diego ogni momento in cui ne avessi il pretesto, per me era sempre una
gioia ritornarci. Speravo con tutto il cuore di trasferirmi proprio lì non
appena ne avessi avuta la possibilità.
Anne prese subito
confidenza con me e mi trascinò da un negozio all’altro, dove comprò ogni sorta
di vestito le piacesse. I due baldi giovani ci stavano
al seguito ed erano costretti a portare i pacchetti.
Mi chiesi perché non ci
avessero semplicemente accompagnate per poi filarsela da
qualche altra parte e recuperarci più tardi. Forse si divertivano così, oppure
non avevano molto da fare quel giorno.
Mentre cercavo di stare
dietro ad Anne mi bloccai davanti ad una vetrina di
skate. Erano così belli. Avrei ucciso per averne uno. O perlomeno
uno nuovo e più decente del mio.
Avevo i soldi
necessari, ma di certo zia Caroline avrebbe preferito vedermi tornare con tre
magliette che con uno “ stupido
giocattolo “. Mi morsi il labbro e sospirai.
“
Ti piacciono gli skate? “
Mi voltai e Tom aveva
la mia stessa aria sognante guardando quella composizione perfetta dietro al
vetro.
“ Sì, ne avrei davvero
bisogno uno nuovo… “
“ Ah. Quindi vai in
skate! “
Ogni volta che un
ragazzo scopriva che una ragazza andava in skate – soprattutto a quei tempi – si
scatenava una sorta di ammirazione fraterna. Era così che mi ero fatta la
maggior parte dei miei amici.
“
Già. Questa fasciatura non è qui mica per niente! “, indicai e mostrai con orgoglio il mio ginocchio.
“ Pensavo fossi
maldestra e cadessi sempre, spargendo Cheshire Cat in giro per il mondo. “
Mi sorrise e ci
allontanammo dalla vetrina, raggiungendo le urla dei due Hoppus
che ci richiamavano all’ordine. Se non ci fossimo stati noi
si sarebbero ammazzati sicuramente entro fine giornata.
“ No, non cado sempre…
“
“ Ma
allora parla! “
Mark arrivò e mi cinse
con il suo braccio, portandomi verso il reparto in cui sua sorella andava
cercando una gonna. Io non ne indossavo mai, era già tanto vedermi mettere gli
shorts, figuriamoci una gonna. O un vestito.
Infatti
non ero mai andata al ballo scolastico anche per quello.
“ Tu non ti compri
niente? “
“
Nah… Non fanno per me queste cose.
“
Tentavo di liberarmi
dalla presa del ragazzo ma non voleva saperne di lasciarmi andare. La cosa mi imbarazzava alquanto e probabilmente le mie gote si erano
già tinte di un bellissimo color porpora.
“
Lei veste solo blink-182! “, aggiunse
l’altro di fianco a me.
Anne per fortuna mi
trascinò via da quella situazione di disagio per farmi provare una maglietta
che a me non piaceva affatto. Quando la misi su lei esclamò che mi trovava deliziosa. Da dietro DeLonge gesticolò una vomitata e fece segno di no parecchie
volte.
“ Ehm… a me non piace
sinceramente. Prenditela tu, ti starà sicuramente meglio. “
Mugugnò qualcosa su
quanto avessi i gusti difficili e quando uscii dal camerino
me la strappò di mano e andò a pagare.
“ Probabilmente sapeva
che gliel’avresti ceduta, era solo per vedere se su di
te stava meglio che a lei… Ma è probabile che te la regali pur di fartela
mettere. “
Infatti
tornò e mi infilò il sacchetto nella borsa senza tanti complimenti, dopo questo
decise che avremmo preso una pausa andando a mangiare qualcosa.
Ci avviammo verso il
Sombrero, avevano tutti voglia di cibo messicano. A me si contorse lo stomaco
al solo pensiero, tuttavia mi sforzai di sembrare invogliata quanto loro.
Entrammo e mentre loro
si prendevano quelle mega porzioni da star male io
optai per la cosa più light che c’era e iniziai a cercare un posto in cui
sedermi. Purtroppo erano le sei ed era già quasi tutto al completo.
“ Mark e Anne si son
presi due posti e non ci hanno cagato.. Vieni. “
Mi prese
per mano e senza nemmeno rendermi conto percorsi tutto il locale stretta a Tom DeLonge. La gente mi fissava perché ormai la loro
popolarità iniziava a incrementarsi, almeno in quella città, e solo in quel
momento mi accorsi della mia fortuna sfacciata. Camminai a testa alta, seppure
la mia sicurezza a volte vacillasse per l’emozione.
Riuscì a trovarci due
posti vicino ad una vetrina e per conto nostro. Quando
fummo in grado di accomodarci guardò un po’ perplesso il mio piatto.
“ L’altra volta una
mela e adesso questa cosa misera? “
Iniziai a mangiare il
mio ‘ misero ‘ pasto senza commentare e lui si abbuffò sul suo. Lo osservai
sconcertata e quando arrivò alla fine della prima porzione
si mise a ridere.
“ Credo che tu non sia
abituata, vero? “
“ No, appunto… “
Finì di rimpinzarsi e
si passò soddisfatto la mano sulla pancia, pronto a darci dentro ancora.
“ Io non ho capito bene
il tuo nome, scusa… “
“ Josephine.
Josie va bene. “
Si pulì la mano e me la
allungò, come per presentarsi. Fu un gesto molto carino e simpatico, così
gliela strinsi.
“ Io sono Thomas, ma
puoi chiamarmi Tom. O se sei una persona strana puoi
chiamarmi Matthew, come fanno dei miei lontani parenti mai visti. “
“ I miei zii che
abitano vicino al Messico dicono Josephine come si
direbbe José.. è molto imbarazzante “
Scoppiò a ridere e
iniziò a prendermi un po’ in giro. Era una persona molto diversa a vedersi dal di fuori. Più tranquillo. Sempre divertente alla stessa
maniera. Ma non avrei mai detto che avesse anche dei
modi di fare da persona normale. Forse mi ero lasciata troppo prendere dalla
loro immagine verso il ‘ grande ‘ pubblico. Alla fine
io li seguivo da Flyswatter ed era logico sognarmeli
un po’ come dei miti sempre in vena di scherzare su scoregge e donne grasse.
“ Dovresti provare, José… In fondo sei messicana “
Lo fulminai con
un’occhiata ma mi passò ugualmente un’aletta di pollo – probabilmente molto
piccante e molto calorica – sotto al naso. Il profumo mi inebriò.
“ Sul serio, non ti
ucciderà. “
Il suo tono era
cambiato, quasi stesse parlando onestamente e avrei osato dire addirittura con
modi garbati.
Annuii e scostandomi i
capelli avvicinai la mia bocca tentennante e tremolante verso quell’agognata
coscia di pollo che per me rappresentava più una sfida. Quando ero a casa non finivo mai i pasti e se mangiavo fuori cercavo di
limitarmi il più possibile. La situazione era precaria anche se ancora
risolvibile, eppure sarebbe bastato pochissimo per farmi cadere in un tunnel da
cui è quasi impossibile tirarsi fuori. Se fossi riuscita a mordere quel pollo
senza provare così tanti rimorsi o rancore verso il mio nuovo amico sarei
riuscita ad abbattere il primo ostacolo.
Così fu. Diedi un microscopico
morso e mandai giù. Era delizioso, a dir poco.
Tom sorrise, e anche se
inizialmente mi prese in giro per quella porzione da pulcino, vidi che era soddisfatto.
Continuai a mangiare il
mio pasto scarno e lui cominciò a buttarci dentro
pezzi del suo per rifilarmi del cibo sostanzioso. Ogni volta mi
incitava, ovviamente con una vena comica, ma apprezzai la cosa perché
nessuno prima d’ora aveva fatto un tentativo così concreto.
Dopo varie chiacchiere
su band, musica, concerti, soprattutto sul Moma, giunsi a dire che frequentavo la sua ex scuola, cosa
che avevo scordato di dirgli fin dal principio.
“ Come se la passano? “
“
Tutti si ricordano ancora di te, stai tranquillo.
“
“ Soprattutto il
preside “, mentre ghignava ripensando ai bei tempi andati Mark ci raggiunse e
decidemmo di ritornare a casa. Distrattamente controllai l’ora e per poco non
mi venne un colpo.
“ Sono le sette e mezza? Oh Cristo. “
I
ragazzi si guardarono confusi e il più grande mi disse: “ Problemi?
“
“
No. Niente. No. “, finsi un
sorriso e lasciammo il locale.
Sperai che Mark
guidasse alla velocità della luce e forse proprio per questo il viaggio mi
sembrò durare un secolo. Anne si addormentò appena salimmo in macchina e gli
altri due si dimostrarono poco loquaci. Io sentivo troppa inquietudine per
preoccuparmi di formulare un buon argomento di conversazione.
Giunti
di fronte al mio vialetto Mark sveglio la sorella per permettermi almeno di
salutarla.
“ Oh, Jos, scusa… dobbiamo farlo più spesso… ”, mi sorrise e
biascicò qualcos’altro che non capii così guardai suo
fratello.
“ Credo che voglia il
tuo numero… Dallo a me che poi glielo passo. ”
Non feci in tempo a
dire le prime due cifre che il suo amico mi stroncò. “ Credo
che sia meglio che tu dia quello di Anne a Josie e
che si risentano domani, no? “
Mi parve molto seccato
e Mark rispose con un sorriso palesemente falsissimo. Mi diede il fatidico
numero e dopo averli ringraziati scesi dalla macchina. Zoppicavo ancora un po’
perché avevo sforzato il ginocchio per tutto il giorno.
“ Aspetta, ti aiuto… “,
Tom scese dall’auto, mi venne a tenere la borsa e a offrirsi come appoggio
prima che potessi rispondere.
Raggiungemmo la porta
di casa tra una mia parolaccia e una sua risata. Ormai nemmeno pensavo fosse
quel DeLonge, era diventato Tom e basta, così come
l’altro.
“ Un giorno conoscerò anche Scott? “
“ Quando vuoi… Ti porto
la borsa in casa? “
Praticamente
da tre anni nessuno entrava più in casa mia. Mi allarmai
immediatamente pensando ad una delle scene patetiche che mi ero immaginata
tantissime volte. Jane e Andrew erano gli unici a sapere di mia madre, tuttavia
nemmeno loro l’aveva mai vista in quelle condizioni.
“ No, tranquillo, c’è
mia zia… “
Si ammutolì un attimo.
Probabilmente si chiese se avessi dei genitori.
“ Ah, okay. E’ stato un
piacere… Dovresti uscire con noi più spesso, sei forte!
Anche se ancora devo inquadrarti bene. E devo nutrirti
meglio di quanto non lo faccia tu da sola. “
“ A proposito… se facessi
finta di niente… ”
Il clacson interruppe
la conversazione e lui fece un gestaccio verso l’auto scassata di fronte al
vialetto. Anne iniziò ad urlare contro suo fratello
per averla svegliata.
“ Ora è meglio che vada
o si ammazzano. Tieni… “
Mi passò un micro-biglietto e se ne andò facendomi cenno di chiamare.
Dopodiché salì in macchina e sfrecciarono via.
Ovviamente ricevei una
bella ramanzina da mia zia per averla avvisata all’ultimo e per essere tornata
a quell’ora.
Non m’importò, sorbii
tutto e filai in camera. Il ginocchio mi doleva come non mai ma sorrisi, era
stata una delle giornate migliori della mia vita.
E di una cosa fui
sicura anche allora: ne sarebbero seguite molte altre.
Shapespace:
eccoci al terzo capitolo! Si prosegue sempre sulla linea dei flashback, per ora,
e i personaggi iniziano ad avvicinarsi e interagire.
Spero che la mia friend Evelina sia felice, dato che era quella che fremeva di più per un nuovo capitolo! E spero che piaccia anche a voi c: ~See ya next chapter!~