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Autore: shapeshifter    27/12/2012    2 recensioni
Well, questa storia è nata ascoltando la preview (e sottolineo la preview e non l'intera canzone) di Pretty Little Girl - per l'appunto - , canzone dell'EP appena uscito.
Solo successivamente si è scoperto che fosse dedicata a Jennifer, ma a me non importa perché ormai ho tutta la mia storia che ci calza a pennello /o/
Perciò niente, spero che vi possa piacere. La storia è ambientata nel 1995, Tom DeLonge non è ancora quel Tom e c'è una certa ragazza, questa Pretty Little Girl che imparerete a conoscere... buona lettura!
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom DeLonge, Un po' tutti
Note: Lime, Nonsense, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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3

3.

 

Ogniqualvolta che un adolescente andava in città, soprattutto un abitante dei piccoli paesini costretto a vedersi le stesse identiche e noiose cose ogni giorno, era come se venisse catapultato in un’altra dimensione.

Nonostante salissi a San Diego ogni momento in cui ne avessi il pretesto, per me era sempre una gioia ritornarci. Speravo con tutto il cuore di trasferirmi proprio lì non appena ne avessi avuta la possibilità.

Anne prese subito confidenza con me e mi trascinò da un negozio all’altro, dove comprò ogni sorta di vestito le piacesse. I due baldi giovani ci stavano al seguito ed erano costretti a portare i pacchetti.

Mi chiesi perché non ci avessero semplicemente accompagnate per poi filarsela da qualche altra parte e recuperarci più tardi. Forse si divertivano così, oppure non avevano molto da fare quel giorno.

Mentre cercavo di stare dietro ad Anne mi bloccai davanti ad una vetrina di skate. Erano così belli. Avrei ucciso per averne uno. O perlomeno uno nuovo e più decente del mio.

Avevo i soldi necessari, ma di certo zia Caroline avrebbe preferito vedermi tornare con tre magliette che con uno “ stupido giocattolo “. Mi morsi il labbro e sospirai.

“ Ti piacciono gli skate?

Mi voltai e Tom aveva la mia stessa aria sognante guardando quella composizione perfetta dietro al vetro.

“ Sì, ne avrei davvero bisogno uno nuovo…

“ Ah. Quindi vai in skate!

Ogni volta che un ragazzo scopriva che una ragazza andava in skate – soprattutto a quei tempi – si scatenava una sorta di ammirazione fraterna. Era così che mi ero fatta la maggior parte dei miei amici.

“ Già. Questa fasciatura non è qui mica per niente! “, indicai e mostrai con orgoglio il mio ginocchio.

“ Pensavo fossi maldestra e cadessi sempre, spargendo Cheshire Cat in giro per il mondo.

Mi sorrise e ci allontanammo dalla vetrina, raggiungendo le urla dei due Hoppus che ci richiamavano all’ordine. Se non ci fossimo stati noi si sarebbero ammazzati sicuramente entro fine giornata.

“ No, non cado sempre… “

Ma allora parla!

Mark arrivò e mi cinse con il suo braccio, portandomi verso il reparto in cui sua sorella andava cercando una gonna. Io non ne indossavo mai, era già tanto vedermi mettere gli shorts, figuriamoci una gonna. O un vestito.

Infatti non ero mai andata al ballo scolastico anche per quello.

“ Tu non ti compri niente? “

Nah… Non fanno per me queste cose.

Tentavo di liberarmi dalla presa del ragazzo ma non voleva saperne di lasciarmi andare. La cosa mi imbarazzava alquanto e probabilmente le mie gote si erano già tinte di un bellissimo color porpora.

“ Lei veste solo blink-182! “, aggiunse l’altro di fianco a me.

Anne per fortuna mi trascinò via da quella situazione di disagio per farmi provare una maglietta che a me non piaceva affatto. Quando la misi su lei esclamò che mi trovava deliziosa. Da dietro DeLonge gesticolò una vomitata e fece segno di no parecchie volte.

“ Ehm… a me non piace sinceramente. Prenditela tu, ti starà sicuramente meglio. “

Mugugnò qualcosa su quanto avessi i gusti difficili e quando uscii dal camerino me la strappò di mano e andò a pagare.

“ Probabilmente sapeva che gliel’avresti ceduta, era solo per vedere se su di te stava meglio che a lei… Ma è probabile che te la regali pur di fartela mettere.

Infatti tornò e mi infilò il sacchetto nella borsa senza tanti complimenti, dopo questo decise che avremmo preso una pausa andando a mangiare qualcosa.

Ci avviammo verso il Sombrero, avevano tutti voglia di cibo messicano. A me si contorse lo stomaco al solo pensiero, tuttavia mi sforzai di sembrare invogliata quanto loro.

Entrammo e mentre loro si prendevano quelle mega porzioni da star male io optai per la cosa più light che c’era e iniziai a cercare un posto in cui sedermi. Purtroppo erano le sei ed era già quasi tutto al completo.

“ Mark e Anne si son presi due posti e non ci hanno cagato.. Vieni.

Mi prese per mano e senza nemmeno rendermi conto percorsi tutto il locale stretta a Tom DeLonge. La gente mi fissava perché ormai la loro popolarità iniziava a incrementarsi, almeno in quella città, e solo in quel momento mi accorsi della mia fortuna sfacciata. Camminai a testa alta, seppure la mia sicurezza a volte vacillasse per l’emozione.

Riuscì a trovarci due posti vicino ad una vetrina e per conto nostro. Quando fummo in grado di accomodarci guardò un po’ perplesso il mio piatto.

“ L’altra volta una mela e adesso questa cosa misera?

Iniziai a mangiare il mio ‘ misero ‘ pasto senza commentare e lui si abbuffò sul suo. Lo osservai sconcertata e quando arrivò alla fine della prima porzione si mise a ridere.

“ Credo che tu non sia abituata, vero? “

“ No, appunto… “

Finì di rimpinzarsi e si passò soddisfatto la mano sulla pancia, pronto a darci dentro ancora.

“ Io non ho capito bene il tuo nome, scusa…

Josephine. Josie va bene. “

Si pulì la mano e me la allungò, come per presentarsi. Fu un gesto molto carino e simpatico, così gliela strinsi.

“ Io sono Thomas, ma puoi chiamarmi Tom. O se sei una persona strana puoi chiamarmi Matthew, come fanno dei miei lontani parenti mai visti.

“ I miei zii che abitano vicino al Messico dicono Josephine come si direbbe José.. è molto imbarazzante “

Scoppiò a ridere e iniziò a prendermi un po’ in giro. Era una persona molto diversa a vedersi dal di fuori. Più tranquillo. Sempre divertente alla stessa maniera. Ma non avrei mai detto che avesse anche dei modi di fare da persona normale. Forse mi ero lasciata troppo prendere dalla loro immagine verso il grande ‘ pubblico. Alla fine io li seguivo da Flyswatter ed era logico sognarmeli un po’ come dei miti sempre in vena di scherzare su scoregge e donne grasse.

“ Dovresti provare, José… In fondo sei messicana “

Lo fulminai con un’occhiata ma mi passò ugualmente un’aletta di pollo – probabilmente molto piccante e molto calorica – sotto al naso. Il profumo mi inebriò.

“ Sul serio, non ti ucciderà.

Il suo tono era cambiato, quasi stesse parlando onestamente e avrei osato dire addirittura con modi garbati.

Annuii e scostandomi i capelli avvicinai la mia bocca tentennante e tremolante verso quell’agognata coscia di pollo che per me rappresentava più una sfida. Quando ero a casa non finivo mai i pasti e se mangiavo fuori cercavo di limitarmi il più possibile. La situazione era precaria anche se ancora risolvibile, eppure sarebbe bastato pochissimo per farmi cadere in un tunnel da cui è quasi impossibile tirarsi fuori. Se fossi riuscita a mordere quel pollo senza provare così tanti rimorsi o rancore verso il mio nuovo amico sarei riuscita ad abbattere il primo ostacolo.

Così fu. Diedi un microscopico morso e mandai giù. Era delizioso, a dir poco.

Tom sorrise, e anche se inizialmente mi prese in giro per quella porzione da pulcino, vidi che era soddisfatto.

Continuai a mangiare il mio pasto scarno e lui cominciò a buttarci dentro pezzi del suo per rifilarmi del cibo sostanzioso. Ogni volta mi incitava, ovviamente con una vena comica, ma apprezzai la cosa perché nessuno prima d’ora aveva fatto un tentativo così concreto.

Dopo varie chiacchiere su band, musica, concerti, soprattutto sul Moma, giunsi a dire che frequentavo la sua ex scuola, cosa che avevo scordato di dirgli fin dal principio.

“ Come se la passano? “

“ Tutti si ricordano ancora di te, stai tranquillo.

“ Soprattutto il preside “, mentre ghignava ripensando ai bei tempi andati Mark ci raggiunse e decidemmo di ritornare a casa. Distrattamente controllai l’ora e per poco non mi venne un colpo.

“ Sono le sette e mezza? Oh Cristo.

I ragazzi si guardarono confusi e il più grande mi disse: “ Problemi?

“ No. Niente. No. “, finsi un sorriso e lasciammo il locale.

Sperai che Mark guidasse alla velocità della luce e forse proprio per questo il viaggio mi sembrò durare un secolo. Anne si addormentò appena salimmo in macchina e gli altri due si dimostrarono poco loquaci. Io sentivo troppa inquietudine per preoccuparmi di formulare un buon argomento di conversazione.

 

Giunti di fronte al mio vialetto Mark sveglio la sorella per permettermi almeno di salutarla.

“ Oh, Jos, scusa… dobbiamo farlo più spesso… ”, mi sorrise e biascicò qualcos’altro che non capii così guardai suo fratello.

“ Credo che voglia il tuo numero… Dallo a me che poi glielo passo.

Non feci in tempo a dire le prime due cifre che il suo amico mi stroncò. “ Credo che sia meglio che tu dia quello di Anne a Josie e che si risentano domani, no?

Mi parve molto seccato e Mark rispose con un sorriso palesemente falsissimo. Mi diede il fatidico numero e dopo averli ringraziati scesi dalla macchina. Zoppicavo ancora un po’ perché avevo sforzato il ginocchio per tutto il giorno.

“ Aspetta, ti aiuto… “, Tom scese dall’auto, mi venne a tenere la borsa e a offrirsi come appoggio prima che potessi rispondere.

Raggiungemmo la porta di casa tra una mia parolaccia e una sua risata. Ormai nemmeno pensavo fosse quel DeLonge, era diventato Tom e basta, così come l’altro.

“ Un giorno conoscerò anche Scott?

“ Quando vuoi… Ti porto la borsa in casa?

Praticamente da tre anni nessuno entrava più in casa mia. Mi allarmai immediatamente pensando ad una delle scene patetiche che mi ero immaginata tantissime volte. Jane e Andrew erano gli unici a sapere di mia madre, tuttavia nemmeno loro l’aveva mai vista in quelle condizioni.

“ No, tranquillo, c’è mia zia… “

Si ammutolì un attimo. Probabilmente si chiese se avessi dei genitori.

“ Ah, okay. E’ stato un piacere… Dovresti uscire con noi più spesso, sei forte! Anche se ancora devo inquadrarti bene. E devo nutrirti meglio di quanto non lo faccia tu da sola.

“ A proposito… se facessi finta di niente…

Il clacson interruppe la conversazione e lui fece un gestaccio verso l’auto scassata di fronte al vialetto. Anne iniziò ad urlare contro suo fratello per averla svegliata.

“ Ora è meglio che vada o si ammazzano. Tieni… “

Mi passò un micro-biglietto e se ne andò facendomi cenno di chiamare. Dopodiché salì in macchina e sfrecciarono via.

 

Ovviamente ricevei una bella ramanzina da mia zia per averla avvisata all’ultimo e per essere tornata a quell’ora.

Non m’importò, sorbii tutto e filai in camera. Il ginocchio mi doleva come non mai ma sorrisi, era stata una delle giornate migliori della mia vita.

E di una cosa fui sicura anche allora: ne sarebbero seguite molte altre.

 






Shapespace: eccoci al terzo capitolo! Si prosegue sempre sulla linea dei flashback, per ora, e i personaggi iniziano ad avvicinarsi e interagire.

Spero che la mia friend Evelina sia felice, dato che era quella che fremeva di più per un nuovo capitolo! E spero che piaccia anche a voi c:

~See ya next chapter!~

   
 
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