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Autore: SebasChan    27/12/2012    0 recensioni
Nessuno sa cosa nasconda la morte perchè nessuno è mai vissuto abbastanza per raccontarlo.
[Frerard - la storia è narrata da Frank in prima persona]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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They Say She Comes On A Pale Horse


Dicono che sia l'ultima ad arrivare.
Dicono che non si faccia attendere, che quando meno te l'aspetti batti le ciglia ed è lì ad ammirarti, ad accompagnarti verso il nulla o, per chi crede, alla estirpazione di ogni male. Ma non è il mio caso. 
Dicono che tenderà la mano e aspetterà che io l'afferri e mi lasci trascinare nell'oblio, per l'eternità lungo tutta l'estensione che il tempo mangia e inghiotte. Poi, dicono sia bella, attraente, e di certo non posso dire che io non mi senta attratto da essa già in questo momento; è infatti la cosa che bramo di più, la voglio conoscere in ogni misterioso ansito del quale è composta. Voglio farla mia, non voglio che solo lei mi possegga. Deve essere un qualcosa che dobbiamo cavalcare insieme, se possibile.
In questo momento non ho vie di fuga, non posso sottrarmi al mio destino che, per la prima volta in questa mia vita discretamente vissuta e consumata, coincide con il mio desiderio più proibito, più nascosto, più intimo. Il desiderio per definizione.
Alla fine questa giostra non ha avuto una lunga durata e non sempre ne ho tenute le redini ben salde e incastrate nelle mie futili dita. Spesso le ho lasciate e mi sono ritrovato a montare un qualcosa di instabile e vacillante senza alcun appiglio, annaspando e dimenandomi per non affondare. A volte sono rimasto a galla, altre sono annegato. Ma poi, costantemente, qualcuno afferrava il mio braccio che freddo e morente rimaneva esposto ai venti gelidi invernali, al di fuori del mare di disperazione che mi schiacciava verso il fondo. Mi salvava, mi riportava alla vita spigendo con forza l'aria dentro i miei polmoni e questo mi andava bene. Mi sarebbe andato bene, se solo queste persone non se ne fossero andate lasciandomi di nuovo da solo in mezzo a un deserto affollato di menti ricattatrici e indifferenti agli animi fragili ma croccanti, proprio come il mio. Soffice e malleabile all'interno e duro ma estremamente fragile all'esterno, è la descrizione del mio essere, sono io. Se solo mi avessero lasciato annegare in pace sarei stato distrutto, sarei stato in mille pezzi ma avrei avuto voglia di vivere, voglia di tornare a giocare su quella giostra. Invece, non mi resta niente. I frammenti rotti sono stati rimessi insieme miliardi di volte e ogni volta ancora demoliti fino a renderne cenere, cenere che con i primi venti caldi d'estate e artici d'inverno è stata portata via, lontana da me. Non la ritroverò mai più, non ho i mezzi per poterlo fare e nemmeno l'intenzione.
Ed è così che ora sono qui, sul letto che proietterà i titoli di coda di questo gioco malsano che si è prolungato per 25 lunghissimi anni. Questi occhi han visto tanti paesaggi, tante immagini e tanti colori danzare. Tanti volti hanno visto la luce in essi, tante parole l'hanno strappata da queste iridi color nocciola. La mia luce è stata cresciuta con affetto ma è stata violentata ancora prima di raggiungere la sua bellezza estrema, ed è così che è stata privata della fioritura. Io sono stato privato della fioritura.
Sono come una rosa che è appassita ancora prima di sbocciare, non ho avuto possibilità alcuna. Troppe mani hanno stretto il mio bocciolo e l'hanno bruciato al solo contatto, hanno sciupato i miei petali che ora cadono marci e putridescenti al suolo. Nessuno mi ha mai capito, nessuno mi ha mai riservato la sua pietà, e non posso sperare in nessuna anima salvatrice che possa curarmi e farmi rinvigorire perchè nessuno si prenderebbe mai in carico un oggetto privo di bellezza e attrazione. Per quanto in me fossi bello, quell'armonia idiliaca era sempre rimasta celata nell'interno e non avrei mai più avuto l'occasione di mostrarla. Nessuno m'avrebbe curato, nessuno m'avrebbe nutrito e sollevato con lievi ma calde parole. Solo freddo, vento e pioggia, schiaffi e sputi. 
Proprio com'era sempre stato.
E adesso non esiste più nemmeno quello. Ci sono solo io e quel teatro dove recito la mia ultima scena, forse la più bella di tutte, la più romantica e la più sentita.
C'è una sorta di romanticismo in tutto questo e mi fa sentire felice. Era da tanto tempo che non sentivo le particelle della felicità mischiarsi al sangue e percorrere le mie vene abbracciate ad esso.  Ma adesso c'è qualcos'altro che deve viaggiare nel mio corpo tramite il supporto dei globuli rossi, e rimabalza chiuso tra le mie dita ben serrate che sbattono a ritmo di musica sul mio petto. 
Adesso conto fino a tre e infine non si torna più indietro. Un balzo nel buio, un balzo nell'ignoto, un balzo nell'infinito.
Mi metto a sedere e apro la mano mostrandone il palmo e il suo contenuto. Ci sono all'incirca una decina di pasticche con varie funzioni. Erano state create per regalare la vita ma io le userò per regalarmi qualcosa di migliore, qualcosa di più immortale.
Tre.
Deglutisco, non succederà niente. Ingoierò e fine.
Due.
Con un dito giocherello con quelle piccole compresse bianche, rosa e color pesca che giacciono inerti sulla mia mano che inizia a farsi sudata.
Uno.
Le guardo un'ultima volta. 
Via.
Chiudo gli occhi e butto giù il tutto aiutandomi con dell'acqua.
Non succede niente, le sento scendere giù per la gola e calarsi nello stomaco senza alcun tonfo. E' tutto come mi sono aspettato, sono ancora qui coi miei non-pensieri e la mia non-voglia di vivere. Ma una infima realtà inizia a farsi strada sotto le lenzuola che il cervello ha steso sulle consuete volontà: sono condannato. Questo sentirsi in gabbia mi fa agitare un poco e senza accorgermene mi ritrovo in piedi ad aggirarmi per la piccola stanza che mi ha visto crescere. Mi ha osservato suonare la mia Pansy nelle notti senza luna e senza via d'uscita all'orizzonte, ha accolto quello che credevo amore per la prima ragazza con la quale ho fatto sesso per la prima volta ed era così diventata la mia piccola casetta che racchiudeva quei due cuori che credevo fossero una cosa sola, proprio come i nostri corpi sudati e stanchi che arrancavano l'uno sull'altro. L'ho poi resa partecipe del mio piccolo segreto, la mia omosessualità che ho accettato di malavoglia giusto per sentirmi in pace con me stesso. Poi sono giunti i problemi con l'alcool e con la droga. Insomma questa stanza è una compagna di avventure proprio come la mia chitarra.
Pansy. 
Mi avvicino alla mia amante e la estraggo con cura dal fodero. Non posso andarmene senza salutarla e riverirla, sussurrarle quanto è stata sacra e fondamentale per me.
Mi accascio sul letto di nuovo e inizio a sfiorare le sue corde con fare sensuale ma deciso, la pizzico e la corteggio come si fa con una donna, bisogna dosare la sessualità con la dolcezza e farle sposare con dolci parole come accompagnamento. Mi perdo in quella soave melodia che riempiva l'aria claustrofobica che solcava quella quattro pareti bianche e ricamate coi poster dei miei autori preferiti. La musica è sempre stata il mio unico appiglio fisso, ma adesso non mi basta più neanche quella. 
Finisco di dare voce alle ultime note che rimbombavano nel vuoto del mio animo atono, accarezzo un'ultima volta la carcassa di quel bellissimo strumento che le mie dita han fatto cantare un'infinità di volte, la sollevo e la ripongo vicino al mio letto.
Sento le palpebre pesanti e sbadiglio voracemente, mi distendo sul materasso profumato che mia madre aveva dolcemente rimboccato il giorno prima, cambiando lenzuola e coperte e tutto il resto. Mi rilasso, nel modo più assoluto e totale che abbia mai fatto. 
La pace mi circonda. Sento l'armonia crescere in me, amore per me stesso, amore per il mondo.
Guardo un'ultima volta fuori dalla finestra e scorgo il cielo blu, un blu vivace e cristallino, non è chiaro e smorto come quello che le mie iridi scrutavano ogni giorno, finalmente vedo le cose per come sono e non per come ero costretto a vederle perchè filtrate da quel cervello contaminato dalla civiltà.
Ora posso chiudere le palpebre, Posso dire addio al mondo con un sorriso che permane sul mio viso, un sorriso sincero perchè finalmente ho trovato la mia strada.
 
Dicono che arrivi su di un cavallo pallido.
Dicono che non si faccia mai attendere e dicono che sia bella, oh ma questo l'ho già detto.
La vedo, vestita di nero, quel nero che io amo e ho sempre ammirato. Non vedo falci, non vedo catene, vedo purezza e libertà. E' l'acqua più cristallina della quale io mi sia mai dissetato, questo nessuno l'aveva mai capito. E in questo momento di luce e verità mi sento finalmente completo, mi sento ciò che sono e ciò che avrei sempre dovuto essere.
Ma loro avevano torto.
Nessun cavallo l'ha portata da me, non so come ci sia arrivata.
E, cosa più importante, non è bella e neanche bellissima, è bellissimo.
Provo a tirarmi su a sedere ma i miei muscoli non rispondono al mio richiamo che si perde nei nervi rilasciando leggere scosse inutili. Lui rimane lì, davanti alla finestra, mi fissa e mi trafigge col suo sguardo incantevole. Il suo viso è docile e dalle curve gentili e raffinate, il suo corpo è alto e snello ma pur sempre in forma. Le braccia percorrono i suoi fianchi e l'abito nero lo ricopre lasciando scoperte soltanto l'estremità delle dita che mostrano le unghie, nere anch'esse. Si avvicina con passo lento e ben studiato, ha delle movenze che non hanno nulla di umano e che mi lasciano basito e perso nei suoi modi aggraziati. Si affianca al letto e si china sul mio corpo, ora posso vedere i suoi occhi verdi mentre violano le mie facoltà mentali e bloccano ogni genere di pensiero razionale, lo sento entrare dentro di me e possedermi, non ero riuscito nel mio intento, non avrei mai potuto cavalcare la morte insieme a lui, come suo pari. Avvicina una mano al mio viso, noto solo ora le sue unghie lunghe e affilate, con una di esse mi sfiora la guancia rigandola fino alla base del collo. 
"E' un peccato, sei così bello e giovane.." soffia a pochi centimetri dal mio volto. I suoi capelli corvini sono folti e della lunghezza giusta per farmi impazzire, non ho mai visto una bellezza simile tutta in un sol corpo ed è anche normale, non tutti i giorni si incontra la morte in prima persona. 
Provo a parlare ma non esce nulla dalla mia bocca, a dir la verità niente si muove all'interno del mio corpo, nulla di nulla, il vuoto. 
"Ah già, scusa, ora ti libero.." sospira gentilmente e afferra con la mano il mio mento girandolo verso di se, non ho il tempo di realizzare ciò che sta per avvenire che avverto la sua bocca fredda ma morbida sulla mia. Vedo i suoi occhi chiusi e il suo naso dolce respirare con cautela mentre tiene le sue labbra sottili premute sulle mie che sono screpolate, viola, e..congelate come le sue.
Mi sento leggero, lui si allontana e finalmente riesco a muovermi, mi metto a sedere e mi volto. Noto con stupore che il mio corpo è ancora lì fermo, immobile, con un sorriso impresso sul mio volto rilassato come non lo era mai stato. Non mi sono mai visto così..beato e in pace. Così tocco il me che si sta muovendo e constato che sono comunque solido, almeno al mio contatto. Mi sono come sdoppiato.
Quindi sono veramente....?
"Sono morto?" chiedo senza rigiri di parole, li ho sempre odiati.
Il concetrato di pura bellezza e macabrosità mi fissa impassibile, sembra che non abbia alcuna emozione a scuotere il suo cuore, nel caso ne abbia uno.
"Sì." è la sua risposta, i suoi occhi ancora fissi nei miei. Non oso alzarmi, ho paura di affrontare un essere così imponente in tutti i suoi aspetti e non so cosa aspettarmi dalla sua visita, nessuno lo sa e nessuno lo saprà mai.
"E tu...sei la morte?" chiedo con timore. Anche se non sono più vivo la paura di provare dolore permane, forse dovrei staccarmene dopotutto è solo una mera sensazione fondamentale per la sopravvivenze non per la...soprammortezza..?
"Se è così che mi vuoi chiamare allora sì. Ma tu non sei morto, tu hai scelto di morire e per noi è una cosa un po' diversa. Tu puoi scegliere." Non capisco di cosa stia parlando, io volevo solo 'riposare'.
"Cosa intendi? Cosa dovrei scegliere?"
"Tu puoi scegliere se giacere e permanere nel nulla che vince ogni cosa, oppure puoi venire con me." Non vacilla neanche per un secondo mentre pronuncia quelle frasi, rimane immobile e mi scruta per ogni centimetro del mio corpo o non corpo, qualsiasi cosa sia. Sembra una statua, una statua perfetta che non può essere scalfita.
"Venire con te..per fare cosa?" sorride, un ghigno che pare malefico ma che a me fa battere il cuore che non ho più. 
"Fare? Devi per forza dover fare qualcosa per scegliere di venire con me? Scegli." si spostò con una velocità incredibile tornando vicino alla finestra, nello stesso punto in cui Frank l'aveva visto per la prima volta.
"Scegli." Tende una mano verso di me e inarca le labbra in un leggero sorriso che accentua scoprendo impercettibilmente i denti bianchi e immacolati. Scopre due canini più lunghi e affilati, sembra un vampiro, ma non è un vampiro. Mi ha detto di essere la morte, e poi i vampiri non esisto-- Perchè, la morte esiste? 
Mi guardo le mani e le vedo, ci sono, sono qui, le sento, le avverto. Mi volto di nuovo nel punto in cui il mio corpo era morto ed il mio corpo è sempre lì, senza vita. Punto gli occhi di nuovo sulle mie dita e spingo le mie mani contro il mio petto, il cuore c'è e batte. Se sono morto com'è possibile che batta? Guardo di nuovo quel bellissimo essere dai capelli neri e dai denti affilati. Sorrido e mi alzo. Mi avvicino a lui che rimane impassibile e ancora tiene la bocca socchiusa a mostrarmi quei denti dritti e appuntiti. Premo il mio corpo contro il suo e lo incastro tra me e le parete, porto le nostre labbra a contatto ancora una volta e violo la sua entrata con la mia lingua, lui sta al gioco e inizia a far vorticare la sua insieme alla mia in una danza erotica che mi fa rabbrividire i nervi di tutto il corpo. Sfioro i suoi canini e li sento pungermi la carne come fossero degli aghi, il piacere si impossessa di me ma devo fermarmi. Concludo il contatto, lui apre lentamente e con fare sensuale gli occhi, che rivelano quel verde vivo e acceso con una punta di rosso nel centro che va fondersi col nero delle pupille. Si lecca le labbra e i canini mostrandomeli in tutta la loro peccaminosa lucentezza, poi mi ripropone la sua mano. La afferro e lo attiro a me, lui fa un passo nella mia direzione e mi sussurra: "Hai fatto la scelta giusta." 
Sorrido e lancio un'ultima occhiata alla mia stanza, la mia chitarra, il mio letto ormai vuoto. La mia vita era terminata, ora iniziava la mia morte.
Mi perdo ancora una volta nei suoi occhi profondi e cangianti, pieni di carica sessuale e dolcezza allo stesso tempo, il suo volto è perfetto e mi sorride provocante, la sua mano stringe la mia. Sento caldo, ma un vento, prima leggero poi via via più forte, mi avvolge e mi raffredda l'animo. 
Mi sento circondato dall'ignoto ma non ho paura perchè una mano stringe la mia e degli occhi cingono i miei. 
Vedo nero.


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Eccomi qui! Salve Gente se avete letto questa cosa vi devo fare le mie più sentite scuse.. Non so, un momento di depressione ed è uscita sta roba qua! Vabè fatemi sapere che ne pensate che fa sempre piacere :)
Ciao ciao!

Vero xx
  
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