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Autore: GasPanic    28/12/2012    1 recensioni
Maggie è una diciassettenne piena di quei problemi tipici della sua età, e per di più deve affrontare anche la dura realtà del trasferimento, non solo in una nuova città, ma addirittura in una nuova nazione: l'Inghilterra. Capitata a Manchester, nel quartiere di Burnage, Maggie incontrerà e imparerà a conoscere i fratelli Gallagher, in un contesto che si colloca prima degli Oasis.
Genere: Drammatico, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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27.06.1990

 

“Prossima fermata: Manchester” annunciò la voce metallica dell'altoparlante del treno. Io guardavo fuori dal finestrino, con lo sguardo perso. Vedevo il paesaggio che scorreva sotto i miei occhi, come il fiume dei ricordi della vita che mi lasciavo alle spalle. Guardai mio padre, che cercava disperatamente di far entrare un paio di libri in un borsone già palesemente pieno. Alcuni dei passeggeri si erano già alzati in piedi, pronti a balzare giù dal treno non appena si fosse fermato; altri ancora si allacciavano i giubbotti, o cercavano gli ombrelli. Già, perché nonostante fosse giugno inoltrato a Manchester pioveva. Perché in Inghilterra pioveva sempre, ed incessantemente.Sbuffai, tirando su la zip del mio patetico giubbotto. Mi mancava casa mia, mi mancavano i miei amici e mi mancava l'Italia. Almeno lì a giugno faceva bel tempo.
“Serve aiuto?” chiesi a mio padre, che tentava inutilmente di sollevare tre borsoni più grandi di lui.
“Un aiuto sarebbe gradito” mugugnò lui, non notando (o fingendo di non notare) l'impazienza sul mio viso. Ci facemmo strada a fatica per lo stretto corridoio del treno, e quando questo si fu fermato balzammo giù, come tutti gli altri anonimi passeggeri. O meglio, rotolammo giù, visto il carico che portavamo. Mio padre trasse un profondo respiro, con un sorriso a trentadue denti dipinto in faccia. Potevi vedere l'ottimismo nei suoi occhi, cosa che ovviamente a me mancava. “Ah, Manchester. Casa.” Mi guardai intorno. La stazione era piena di gente di tutti i tipi, dai ricchi signori d'affari ai barboni più trasandati che mai. Noi due ce ne stavamo là in mezzo, sotto ai nostri ombrelli, con i borsoni che si bagnavano sotto la pioggia essendo troppo grandi. “Papà, stai parlando come E.T. Muoviamoci, non vedo l'ora di stendermi a letto” biascicai. Il sorriso di mio padre si spense all'improvviso. “Mai una volta che ti accontenti di qualcosa, eh?” disse contrariato. Per tutta risposta alzai le spalle: sapevo perfettamente che aveva ragione.

“E'...questa?” mormorai fissando la casa malandata che mi si stagliava davanti. “Beh, con qualche lavoro qua e là non sarà poi così male” replicò mio padre, poco convinto. Il mio enorme borsone cadde sul selciato con un rumore sordo, non mi degnai nemmeno di raccoglierlo. Ero troppo impegnata a immaginare quella casa senza tutta quell'edera, e con un giardino un po' più decente. Non è chiedere tanto, no? “Non mi piace” aggiunsi dopo qualche minuto di silenziosa contemplazione. “Già, l'avevo capito, e chissà perché la cosa non mi stupisce”sogghignò mio padre, avanzando verso il vialetto invaso dalle erbacce. Estrasse la chiave dalla tasca e fece scattare la serratura. La porta si aprì cigolando, come nei film horror. Ma questo non era un film horror. Oppure sì? Mio malgrado, era tutto tristemente reale. La casa, la pioggia, Manchester. Ci mancava solo che i miei dischi si fossero rovinati.
La casa puzzava di chiuso. Mossi qualche passo nella penombra, mio padre doveva essere andato a cercare gli interruttori della luce.
Mi chiamo Maggie. Già, strano per un'italiana. Il fatto è che sia io, che mio padre ancor prima di me, siamo inglesi nati e cresciuti in Italia. Mia madre era italiana, quindi lo sono solo a metà. Ma dopo la sua tragica scomparsa tutto è cambiato. Fino a che, per un motivo e per l'altro, non ci siamo ritrovati a dover migrare nuovamente nella madrepatria, nella quale non avevo ancora messo piede (e francamente nemmeno ci tenevo). Ed eccoci qui, a Manchester, in un quartiere tutt'altro che ricco, Burnage. Era l'unica casa che eravamo riusciti a trovare a un prezzo ragionevole.
Scossi la testa, scacciando quei pensieri sgradevoli, e tornai ad aiutare mio padre, un po' più di buonumore stavolta.

Passarono i mesi. E io, avendo ancora diciassette anni, ai primi di settembre cominciai a frequentare la scuola superiore del quartiere. Non potevo chiedere di peggio. E' sempre orribile essere l'ultima arrivata, quella nuova. C'era poi la gravante della mia...Chiamiamola italianità. E io che come un'illusa mi illudevo di poter essere accettata. Mi sentivo sempre più sola. La mia unica compagnia era mio padre, che per giunta era sempre al lavoro. Un giorno però, accadde qualcosa di particolare.
Ero seduta in una panchina nel cortile della scuola, durante l'intervallo, come al solito da sola. Facevo dondolare le gambe avanti e indietro, quasi fossi una bambina di sei anni. Con lo sguardo perso nel vuoto, addentavo il mio sandwich al prosciutto. Ad un tratto vidi un'ombra oblunga stagliarsi su di me. Alzai lo sguardo. Era un ragazzo, all'apparenza poco più piccolo di me. Aveva folte sopracciglia e una zazzera di capelli castani tutti spettinati. Occhi chiari, leggero strabismo, labbra carnose. Un bel tipo, tutto sommato. Rimanemmo a squadrarci a vicenda per qualche secondo, prima che sfoderasse un disarmante sorriso da orecchio a orecchio. “Sei quella italiana?”
Rimasi interdetta per qualche secondo, cercando di indovinare le sue intenzioni. “Sì, sono io. Maggie Adams, piacere” risposi con un impeccabile accento mancuniano, tendendogli la mano. Finalmente qualcuno che si interessava alla mia persona. “Liam. Liam Gallagher.” disse a sua volta, stringendomi la mano.
“Suona molto come Agente 007 il modo in cui l'hai detto” gli feci notare ridendo. Lui scrollò le spalle, disinvolto.
“Maggie non è un nome italiano.” non era una domanda. Suonava proprio come un'affermazione.
“No, infatti. La mia famiglia è inglese, ma sono nata e cresciuta in Italia, sai..” calò il silenzio. Restammo lì impalati a guardare altrove, ognuno in una direzione diversa. Poi pensai bene di rompere il silenzio.
“Liam, giusto? Come mai sei venuto a parlarmi, se non hai niente da dirmi?” Non volevo attaccarlo, ero solo curiosa. Per fortuna lui sembrò capire.
“Ti ho visto lì tutta sola... Non è bello che le ragazze stiano sole. Così ho pensato di tenerti un po' di compagnia, tutto qui.” l'ombra di un sorriso comparve sul suo volto. Era veramente carino.
“Grazie..” fu tutto quello che riuscii a dire prima che suonasse la campanella, un istante dopo.
“Allora, ci si vede in giro” mi salutò lui incamminandosi verso quello che doveva essere il suo gruppetto di amici. “Sicuro!” gli gridai dietro, mentre lo guardavo allontanarsi. Che camminata strana che aveva. Tornando a casa, quel pomeriggio, mentre osservavo le prime foglie autunnali staccarsi dagli alberi e volare via, pensavo a Liam. Non per un motivo preciso, non lo conoscevo neanche così bene da poter dire che mi piaceva. Ma dopotutto, era stato la prima persona a interessarsi davvero a me da quando ero a Manchester. E gliene sarò per sempre grata. 

Hello Madchestahhh. Allora, siccome ero troppo in astinenza da fanfiction, e quelle precedenti (compresa l'altra che ho pubblicato oggi stesso) fanno un tantino defecare, ho deciso di scriverne un'altra di sana pianta. Al momento non mi sembra malaccio, anche se sono le due del mattino e sono poco lucida. (probabilmente tra poche ore mi pentirò amaramente di averla pubblicata). Ok, buona lettura, e vi ricordo che le recensioni sono sempre gradite :D Cheers!

  
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