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Autore: Forge    28/12/2012    4 recensioni
Sentite il profumo di storie alla cannella?
Blaine Anderson ha appena vissuto il suo primo grandioso giorno alla NYADA; Kurt Hummel non sembra così entusiasta della presenza del suo ex ragazzo.
Ambientata dopo la 4x10 in un ipotetico futuro in cui i Klaine sono ancora divisi.
-Cosa posso portarvi?- la richiesta di un uomo paffuto di mezz'età spezzò il loro incantesimo.
-Ecco noi... Avremmo voglia di cannella.-
-Mmmh- rise l'uomo sotto i baffi -lasciate fare a me!- e scomparve senza ulteriori spiegazioni.
Kurt guardò Blaine con uno sguardo a punto interrogativo e quello per tutta risposta scrollò le spalle.
Genere: Sentimentale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kurt Hummel, Blaine Anderson | Coppie: Blaine/Kurt
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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-Ho bisogno di cannella.-

Blaine spuntò fuori da dietro l'anta dell'armadietto rosso di Kurt. Aveva un'espressione radiosa in volto e gli occhi scuri splendevano come stelle color cioccolato. Ed era giusto fosse così, dato che aveva appena terminato il suo primo grandioso giorno di vita alla NYADA, inizio di una nuova epoca.
-Credo ci sia un supermercato a basso costo, qui in giro. Non che io lo frequenti, ho bisogno di alimenti dignitosamente integrali.-
Blaine sorrise al commento di Kurt.
-Lo so.- disse con un sorriso.
Ed era così vero.
Kurt non aveva bisogno di dire niente a Blaine, lui lo conosceva meglio di chiunque altro. Non era solo il suo migliore amico, era stato anche l'amore della sua vita.
-Però in realtà speravo di andare in un bar...-
-Ti sconsiglio quello della scuola,- lo interruppe Kurt arricciando il naso. -servono il caffè freddo. E una volta ci ho trovato un capello.-
-Ne ho notato uno carino venendo qua, oggi. Ti va... Ti va di accompagnarmi?-
Kurt si passò una dietro al collo, imbarazzato.

'Avanti, Kurt Hummel.' Si diceva mentalmente 'Trova una scusa. Una scusa qualsiasi.' -Ehm, ecco, io dovrei...- 'fare un trattamento esfoliante? No, lo sanno tutti che si fanno il mattino e la sera, non certo alle 4 del pomeriggio. Mmh... Andare a una svendita di Gucci!
Oppure... Potresti dire la verità?
Oh, Kurt, che idiota che sei! Lo sanno tutti che la verità non si dice mai.'


-Se non hai voglia, vado da solo...- disse Blaine ponendo fine ai suoi dissidi interiori.
-Io... Mi piacerebbe ma...-
-Non te la senti?-
-Già.- perché Blaine riusciva a capirlo così bene? E perché doveva essere così dannatamente dolce? Sarebbe stato più facile dimenticarlo senza quello sguardo tenero e comprensivo che si stampava in faccia ogni giorno.

Ma in fondo Kurt voleva davvero dimenticarlo?
Si specchiò nel suo armadietto rosso metallizzato.
Era notevolmente dimagrito da quando i due si erano separati. Forse avrebbe dovuto ricominciare a riacquistare un po' di colore.
E quale occasione migliore se non un caffè con l'uomo che gli aveva spezzato il cuore?
-Ma ripensandoci,- disse Kurt a Blaine, che si stava giusto girando per andarsene -anch'io ho voglia di cannella.-

Il bar era decisamente poco affollato, ma ogni tanto si sentiva il misero squillo di una campanella che annunciava l'arrivo di un tanto sperato cliente.
Spesso erano gli amici abituali che si sedevano e prendevano il solito decaffeinato; alle volte era qualche mamma disperata che chiedeva con uno sguardo affranto se ci fosse un bagno per il bambino che si tascinava dietro, comprando poi uno squallido pacchetto di cicche per non sentirsi in colpa.
Per lo più il propietario confidava nelle tormente improvvise, sperando in cuor suo che qualcuno entrasse per scaldarsi. Qualche volta, invece, arrivava gente nuova, mai vista, per il semplice piacere di un caffè, attirata da chissà quale effetto che il piccolo bar emanava.
E fu proprio per quest'ultimo motivo che Kurt Hummel e Blaine Anderson solcarono l'ingresso del 'Bar Susie', spingendo la semplice porta blu che separava quel piccolo angolo di mondo dalla grigia New York.

I due nuovi clienti, dopo un timido sorriso all'uomo alla cassa, si diressero verso un tavolo.
-Il più possibile lontano dalla porta, in modo che gli spifferi non ti assalgano.- disse Blaine sistemando la giacca sullo schienale.
-Te lo ricordi?- commentò Kurt con gli occhi lievemente brillanti e un accenno di sorriso sul volto.
-Ovviamente!- rispose Blaine, quasi ferito. 'Non potrei dimenticare niente di te.' Pensò.
Poi accadde qualcosa.
Qualcosa che si era perso quella notte in cui Blaine aveva confidato di esser stato con un altro, quasi un anno fa.
Si guardarono.
E cominciarono a scambiarsi quegli sguardi carichi di significati sottointesi, che spesso si regalavano quando stavano insieme e non riuscivano a usare le parole.

-Cosa posso portarvi?- la richiesta di un uomo paffuto di mezz'età spezzò il loro incantesimo.
-Ecco noi... Avremmo voglia di cannella.-
-Mmmh- rise l'uomo sotto i baffi -lasciate fare a me!- e scomparve senza ulteriori spiegazioni.
Kurt guardò Blaine con uno sguardo a punto interrogativo e quello per tutta risposta scrollò le spalle.

-Allora... Primo giorno alla NYADA, eh?- azzardò.
-Non mi sembra vero.- ammise Blaine passandosi una mano tra i capelli, cercando di districare i suoi ricci neri dai quintali di gel con cui li copriva. -Sembra un sogno. Essere a New York, andare alla NYADA con te... E Rachel. E... E... Non riesco a pensare a niente di meglio.-
In realtà ci riusciva eccome. Riusciva perfettamente a pensare a lui e Kurt camminare mano nella mano per Broadeway. Ma non sarebbe successo. Quindi tanto valeva mettersi ancora una volta il cuore in pace e ripetersi quanto era stato stupido.
-Oh, vedrai che da qui le cose potranno solo migliorare.- commentò Kurt con un sorriso.
'Migliorerebbero se stessimo insieme' stava per dire l'usignolo. Ma ancora una volta l'uomo mise fine al loro scambio di pensieri muti.

-Ecco qua, ecco qua.- disse posando con cura sul tavolo di legno due fumanti tazze piene di panna montata.
-Oh.- se Kurt voleva riprendere peso quella era decisamente il luogo migliore dove andare.
-È davvero allettante. Posso sapere cos'è?- chiese Blaine gentile.
-Cioccolata calda alla cannella. E non chiedete oltre, non mi pronuncerò! Sappiate solo che non è una di quelle solite schifezze liofilizzate che vendono nei negozi! Questa è una speciale creazione di Susie... Ah, era la sua preferita...-
Kurt senza riuscire a trattenersi domandò -Chi è Susie?-
-Susie era mia moglie. È morta, quindici anni fa.- rispose l'uomo con un sorriso mesto.
-Oh mi spiace molto...- farfugliò Kurt, in imbarazzo.
-Ah, non ti preoccupare ragazzo. Hai più o meno la stessa reazione che hanno tutti.-
-Posso capirlo. È all'incirca quello che mi sento ripetere io, non appena qualcuno scopre che mia mamma è morta quando avevo sei anni.- ammise il soprano, mantenendo gli occhi color cielo sulla panna.
-La morte è davvero una brutta compagnia, a volte.
Non c'è giorno che io passi senza pensare alla mia Susie.
Ci amavamo molto, sapete?- e quasi senza volerlo si era seduto sulla terza sedia libera, in mezzo ai due.

-Era quell'amore epico, che tutti cercano di raccontare nei film, nei quadri, nei libri. Ma con scarsi risultati. Perché nessuna parola, colore, immagine, può descrivere tutte quelle piccole cose che rendono speciale un amore.
Ricordo ancora che i primi tempi, addirittura prima che lei sapesse il mio nome, cominciavo a tremare appena la vedevo apparire. E quando mi sorrideva il mio cuore batteva così forte che avevo quasi paura che lo sentisse.- si fermò, rimanendo a fissare un punto lontano, immerso nei ricordi.

-Come ha fatto?- chiese Blaine, d'un tratto, stupito.
-Mh?- l'uomo si voltò verso di lui.
-Come ha fatto a sopravvivere? Dopo che Susie è morta. Il dolore non l'ha... Corroso?-
-All'inizio sì.
Sapevamo entrambi che sarebbe successo.
Aveva il Parckinson, ancora prima che io mi innamorassi di lei.
E quando giunse all'ultimo stadio, così bella e giovane, con tutta la vita davanti, una vita che avrebbe potuto passare con me... Mi uccise.
Chiusi il bar, smisi di uscire, di sentire gli amici... Di vivere.
Ci fu un periodo in cui svuotai tutta la casa e mi misi a pulirla da cima a fondo. Per smettere, almeno per qualche ora, di pensare a lei.-

-Ma ovviamente non riuscii a sfuggire per molto alla mia coscienza. Ben presto lei arrivò e mi disse senza mezzi termini che ero stato un idiota. E aveva ragione.
Avevo vissuto tutto quel tempo grazie all'amore per mia moglie e anche se lei non era più con me fisicamente il mio amore non era scemato nemmeno di un soffio.
Pian piano ricominciai a vivere, a fare quelle piccole cose che mi rendevano felice, consapevole che un amore così grande non può essere battuto nemmeno dalla morte.
Certo, non c'è giorno che io non passi senza versare una lacrima per l'assenza di mia moglie, o che non senta l'immancabile vuoto che mi opprime, ma poi la sento... Sento la sua presenza.- fece un lungo sospirò.

D'un tratto si ricordò dov'era e con chi era e avvampando recitò una scusa dietro l'altra -Sono proprio pessimo, disturbare i miei unici clienti con queste storie melodrammatiche, oh, che tonto, che tonto. Mi dispiace moltissimo!-
-Per favore, non si scusi! Per noi è stato un piacere ascoltare la sua storia... Al sapore di cannella.- lo interruppe Kurt, lanciando un'eloquente occhiata alle tazze di vuote di quella squisita cioccolata.
-Non posso che essere d'accordo. Sia il suo racconto che la sua cioccolata erano incantevoli. Grazie, di tutto.-
Si fermarono a scambiare ancora quattro chiacchiere, pagarono e uscirono.
Entrambi erano molto silenziosi.

-A cosa pensi?- chiese Blaine, notando lo sguardo perso di Kurt, segno che era intricato in mille fili mentali di pensieri, che forse doveva ancora annodare insieme.
-A quel film con Anne Hathway.- rispose con semplicità l'amico. -Quello in cui lei è malata di Parkinson.-
-Amore&altri rimedi?-
-Esatto.- Kurt fece un enorme e lunghissimo respiro.

-Vedi Blaine io ero proprio come quell'uomo. Distrutto. Quando ci siamo lasciati io... Non sapevo più come girasse il mondo, capisci?
Prima era tutto in funzione di te, tutto.
E senza la mia stella polare a guidarmi io... Mi stavo perdendo.-
-Kurt...-
-No. No, aspetta, lasciami finire.
Quando non ci parlavamo... Quando io mi rifiutavo di risponderti, mi sentivo morire.
E adesso che stiamo cercando di recuperare il nostro rapporto, di esserci l'uno per l'altro, perché siamo amici, capisco tutto.
Siamo fregati, Blaine, capisci? Proprio come quel signore là, proprio come Anne Hathway.-
-Io in realtà... non credo di capire.- accennò Blaine, incerto.

-Nella scena finale del film il protagonista rincorre il pullman dove viaggia lei, facendolo fermare. E nel discorso che ne segue lui le fa capire che lei avrà sempre bisogno di lui, che non potrà mai farcela senza e non solo per la malattia, ma per il loro amore. E lei, lei è disperata, perché la sua condizione le impone di non poter fare tutte quelle cose che aveva sempre sognato.
E dice: "Ma non è giusto. Avrei voluto fare tante cose."
Al che lui risponde: "E le farai. Solo che le farai con me".
Capisci, Blaine?
Il punto non sta nel cercare di andare avanti, ma nell'accettare le condizioni del gioco.
Come quel signore ha accettato che sua moglie fosse morta, ma il loro amore no, come la Hathway ha accettato che lei fosse malata, ma con accanto un uomo innamorato pronto a condurla ovunque.
È questo.
Noi non stiamo insieme ma dobbiamo accettare che i nostri destini sono irrimediabilmente uniti perché li unisce il desiderio di vedere l'altro felice; o almeno, io dovrei cominciare ad accettarlo.-
-Forse la mia decisione per la NYADA è stata un po' meticolosa...-
-Sì, probabilmente. Ma io non ti volevo lì perché non avrei sopportato di averti così vicino e così distante. Ma ora posso accettarlo.-
Blaine sorrise, con gli occhi lucidi; Kurt aveva perfettamente ragione: I loro destini erano irremidiabilmente uniti.

Si scambiarono un altro sorriso imbarazzante.
-La miglior cannella di sempre!- commentò infine Blaine.
-Sì, in assoluto.-
E tornarono a casa, a braccetto, consapevoli che qualsiasi cosa fosse accaduta non sarebbero mai stati soli.

Qualche metro più indietro un uomo paffutello aveva ascoltato i loro discorsi, dalla finestra aperta di casa sua, proprio sopra un misero bar in una zona insignificante di New York.
-Hai visto, Susie? Il nostro amore non è l'unico ad essere epico.- e con un sorriso ripose la foto della moglie sul comodino, sbirciando un'ultima volta i due ragazzi mentre giravano l'angolo, percorrendo strade che non sarebbero mai potute essere parallele.

  
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