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Autore: xniallersvoice    28/12/2012    2 recensioni
Oh piccola io… - disse tentando di mantenere le lacrime.
No signorina, non mi può aiutare in alcun modo, grazie comunque -
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Bondage
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Avanti un’altro - sentii dire un attimo prima che la porta si spalancasse violentemente. Kevin Jonson? - urlò un uomo di bassa statura, capelli grigi ed occhiali color rosso fuoco.
Si, sono io - rispose un ragazzo seduto poco distante da me. Aveva l’aspetto dolce, curato nei minimi dettagli, sembrava un bravo ragazzo; il solito inglese dagli occhi color grigio mare, capelli arruffati sul marrone scuro e viso rassicurante ma allo stesso tempo misterioso.
Questo posto mi sembra essere una gabbia per uccelli! - sentii borbottare alla mia sinistra. Una ragazza bionda, capelli corti fino alla nuca, occhi azzurri e nasino alla francese.
In realtà nulla di speciale in quel posto. I muri dipinti di grigiastro, mattonelle che davano sul marrone e enormi portoni di legno di chissà qualche epoca. Ma rimaneva pur sempre un orfanotrofio.
Fino ad allora mi ero immaginata gli orfanotrofi dei luoghi pieni d’allegria, dove i bambini giocavano felicemente tra di loro, un posto circondato dal verde e da persone dolci che erano sempre pronte ad offrirti il loro aiuto in caso di bisogno, ma ora, capii che mi sbagliavo di grosso.
Una luce accecante si scagliò contro i miei occhi, tanto da farmeli socchiudere, ed intravidi ancora quell’omaccio impacciato che annunciava chi sarebbe stato il prossimo.
Meryl Adrian? - arrossii. 
Sono io - risposi con aria un po’ sull’indeciso.
Non mi alzai subito. Non sapevo nemmeno io se entrare o meno in quella stanza. Tutto ciò mi incuteva terrore, anche se sapevo che mi avrebbe aiutato a trovare una famiglia che mi avrebbe finalmente amata e che mi avrebbe fatto sentire speciale, come nessuno mai.
Bhe che dice? Vuole che le porti un caffe con tanto di biscotti? - sbottò il tizio.
Non mi spiaccerebbe,sa? - dissi con aria strafottente.
Spiritosa, sbrigati o mi farai perdere un sacco di tempo! - disse prendendomi per il braccio.

E così lei dev’essere Meryl Adrian… piacere di conoscerla - mi accolse una donna.
Piacere mio signora…(?) - dissi interrogativa, cercando di decifrare quel minuscolo cartello appeso al suo grosso camice all’altezza del seno.
Signorina Margot, grazie. Si accomodi. - rispose come offesa dal mio darle della signora.
Una semplicissima donna sulla trentina credo. Boccoli ed occhi neri, occhiali sul fuxia con tanto di catenella ed occhiaie che le davano una decina di anni in più.
Grazie - risposi senza aggiungere nient’altro.
Raccontami pure la tua storia - disse portandosi gli occhiali alla bocca.
In realtà non c’è molto da dire. Sprecare fiato per quel…quel…- scoppiai a piangere. Il ricordo dei miei era troppo forte per trattenerlo, anche se ci ero abituata da tempo, con mia nonna non avevo mai osato parlarne ed ora che lei era morta, mi ritrovavo qui, a raccontarla ad una perfetta sconosciuta.
Non preoccuparti bella, va tutto bene - quella frase mi fece salire un brivido lungo la schiena. Quella frase non mi era mai stata detta e mi creava, in un certo senso, una sensazione di protezione.
Mi asciugai le lacrime e tornai a parlare.
Avevo solo tre anni. Era luglio, una giornata come tutte.Eravamo tutti pronti per andare al mare, me compresa, che lo odiavo da morire. Mettemmo tutto in macchina e partimmo a tutta velocità. Eravamo in un ritardo pazzesco e mio padre, guidando a cento all’ora, continuava a bestemmiare a raffica. La mamma non sembrava essere tranquilla, lo percepivo dal suo tremolio. Sul volto di mio padre si era dipinto il diavolo in persona, aveva un tale nervosismo che lo portava a stringere il manubrio con tutta la forza necessaria per far diventare le nocche color bianco latte. Tutti ma dico TUTTI, sapevano della storia tra la mamma e papà. Di come lui fosse stato costretto a rinunciare alla sua vita da puttaniere per badare a me e degnarsi di dare una mano alla mamma. Sapevo che avrebbe dato tutto pur di ucciderla, lei, mia madre, portatrice di tutti i suoi ‘’guai’’. E fu così, che accidentalmente si andò a schiantare contro una macchina in cui c’era non so quale suo amico che avesse sacrificato la sua vita pur di darla vinta e vedere soddisfatto mio padre che chissà in quale orrido modo l’avesse minacciato di morte. Era davvero una persona maligna, giuro che se mi fosse stata proposta un’alternativa nella quale scegliere se vivere con mio padre o con i lupi, non avrei esitato a scegliere questi ultimi. E… e ora lei è morta, solo per colpa di quel, quel brutto puttaniere di merda, figlio di puttana che non è altro. Io necessitavo e necessito di avere una vita come tutti gli altri. Perché tutto questo a me? Perché ora devo trovarmi a stare qui senza nessuno che mi da quel poco di affetto che mi diede mamma i primi anni di vita. Perché, me lo spieghi eh? - non ce la potevo fare. Avevo detto tutto questo alla Signorina Margot che rimase lì impietrita con gli occhiali che le caddero sulla scrivania e che provocarono un tonfo così grande da farla risvegliare e tornare alla realtà.
Oh piccola io… - disse tentando di mantenere le lacrime.
No signorina, non mi può aiutare in alcun modo, grazie comunque - risposi alzandomi dalla sedia ed avviandomi verso l’uscita senza mai voltarmi verso di lei.
Se rimarrai qui, giuro che tutto quell’affetto ti sarà dato da me. E non accetto un no come risposta - disse aprendo le braccia al vento aspettandosi un mio abbraccio.
E fu ricompensata dalle mie lacrime che scendevano leggere e fragili sulla sua giacca rosea, in fondo… come potevo non accettare. Forse dovevo provarci, provare ad essere felice almeno per un po’.
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tre recensioni e continuo asdfghj
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