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Autore: LadyDaredevil    29/12/2012    3 recensioni
"Sentiva di avere una missione: capire dove si dirigeva ogni volta che usciva dal castello.
Doveva ammetterlo, quello era diventato il suo chiodo fisso, il motivo che lo spingeva ad alzarsi la mattina e il pensiero che lo accompagnava la notte"
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Ron Weasley | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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SEGRETI, AMORI E GELOSIA

 

Capitolo 1: All I want is…

Svegliandosi, avrebbe voluto che le cose appena sognate svanissero dalla sua mente. Nel momento stesso in cui aveva aperto gli occhi, tutto era tornato a galla.

Solo la consapevolezza di trovarsi effettivamente nella sua stanza riuscì a calmarlo un po’, quanto bastava per riportare il suo cuore a un battito normale.

Le sensazioni del suo sogno sembravano rincorrerlo anche nella veglia, come a ricordargli che quello non era stato un semplice sogno, ma forse un presagio o, peggio, una maledizione.

Si guardò intorno, cercando di scorgere nel buio elementi familiari che lo tranquillizzassero. Il letto a baldacchino con rosse tende, il profumo del leggo di faggio, le coperte leggermente ruvide ma calde, lo riportarono esattamente nel posto in cui si trovava e che non aveva mai lasciato: il dormitorio dei Grifondoro.

Il leggero chiarore dell’alba lo portò ad assopirsi ancora per alcuni minuti, dopo di che sentì che era arrivato il momento di alzarsi, se non altro per cercare di iniziare la giornata nel verso giusto.

I suoi compagni di stanza erano ancora tranquilli, nei loro sogni, e questo lo portava ad invidiarli non poco. Avrebbe dato qualsiasi cosa per dormire ancora e aspettare il sole dolcemente adagiato nelle braccia di Morfeo.

Si vestì in fretta, rimanendo chiuso in bagno quel poco tempo necessario per infilarsi la divisa, senza prestare la minima attenzione ai dettagli. Parte della camicia, di una taglia più grande rispetto alla sua, gli usciva dai pantaloni. Gli scivolavano sui fianchi e solo la vecchia cintura di pelle riusciva a tenerli su. Avrebbe portato volentieri un paio di bretelle se non fossero state assolutamente antiestetiche e antiquate per quei tempi. Non aveva di certo bisogno di altro aiuto per sembrare un perfetto sfigato.

Ecco, aveva pensato quella parola, l’aveva pronunciata nella sua mente e ora gli rimbombava nelle orecchie. Faceva fatica a scacciarla una volta che si era fatta largo tra i suoi pensieri.

Scosse la testa, poi guardò per un attimo la sua figura riflessa nello specchio. Fantastico, i suoi capelli sembravano più disordinati del solito, come se l’acqua calda della doccia li avesse risvegliati e volessero dirigersi tutti in direzioni diverse, contemporaneamente. Passò una mano tra i ciuffi, cercando di domarli, riuscendoci solo in parte, grazie al fatto che erano ancora umidi.  L’acqua li rendeva più scuri di quel che erano in realtà, una colorazione di rosso più accesa rispetto a quella che mostrava normalmente in pubblico, e che molti si divertivano a deridere. Una caratteristica di famiglia, ecco quello che era. O forse era un marchio a fuoco, una condanna che non avrebbe potuto evitare in alcun modo.

Altri pochi colpi di dita e il risultato gli sembrò più che sufficiente, o almeno accettabile. Uscì dal bagno facendo attenzione alla porta che normalmente scricchiolava ogni volta che veniva toccata. Si diresse verso il suo letto, lasciandovi cadere il pigiama aggrinzito. Ci avrebbero pensato gli elfi di Hogwarts a sistemare tutto, letto e biancheria compresi.

La sveglia non era ancora suonata, sintomo che non era ancora arrivata l’ora di svegliarsi, nonostante lui fosse già sveglio. Si avvicinò al letto accanto al suo, chinandosi leggermente verso il ragazzo che ancora dormiva tranquillo, con la coperta che lo copriva fin sotto gli occhi.

«Harry» lo chiamò, sussurrando e sperando che il primo richiamo bastasse a svegliarlo. Previsione assolutamente sbagliata, visto che il ragazzo non aveva neppure mosso un muscolo.

«Harry» lo chiamò ancora, questa volta più forte e aggiungendo anche un tocco a quello che doveva essere il suo braccio, nascosto ovviamente dalla pesante coperta.

«Svegliati»

Al mugolio di disapprovazione fu seguito un movimento del braccio, poi il ragazzo si voltò, dandogli le spalle. Era ovvio che non voleva essere disturbato, ma il ragazzo non si diede per vinto e continuò a punzecchiarlo per ottenere una risposta.

«E’ finalmente uscito il sole. Potremmo farci una passeggiata, poi...»

«No…»

Era stato quasi un grugnito, ma ben comprensibile. Il morale del ragazzo scese notevolmente. Avrebbe voluto che l’amico mostrasse un po’ più di partecipazione, o almeno apprezzasse la sua buona volontà.

Cercò di farlo voltare, accentuando la presa sul suo braccio. Si ritrovò faccia a faccia con il ragazzo, gli occhi ancora chiusi e la bocca deformata da un’espressione di pura irritazione.

Lentamente gli occhi si aprirono, lasciando intravedere al ragazzo le grandi iridi verdi, che a poco a poco misero a fuoco il volto davanti al suo, anche se non totalmente, essendo ancora sprovviste di occhiali, che miglioravano notevolmente la sua vista.

«Cosa vuoi?»  chiese, con voce ancora rauca e stropicciandosi gli occhi con le dita. Il ragazzo lo osservò in quei piccoli movimenti che sembravano così naturali, così delicati e rimase in silenzio, incapace di rispondere. Fissò invece il ragazzo, il suo volto, i capelli arruffati e schiacciati dal cuscino sotto la sua testa.

Lasciò la presa sul suo braccio, allontanandosi leggermente dal letto dell’amico.

«Niente, niente. Continua a dormire» rispose poi, sapendo perfettamente di non poter ridare al ragazzo il sonno che aveva interrotto così bruscamente. Si pentì di averlo fatto, di aver involontariamente infastidito Harry.

«Mi hai svegliato ormai» continuò il ragazzo, abbassando leggermente le coperte, per prendere un po’ d’aria.

«Scusami» disse bruscamente il rosso, dirigendosi verso la porta.

Solo quando fu sulla soglia sentì il ragazzo pronunciare il suo nome e si voltò lentamente.

«Ron»

«Mm?»

Tenne lo sguardo basso, le labbra incurvate verso il basso e le mani nascoste nelle tasche.

«Se vuoi andiamo a fare quella passeggiata»

***

Aveva bisogno di passare un po’ di tempo con il suo amico, il suo unico vero amico. C’era sempre stato per lui, ogni volta che ne aveva avuto bisogno e ormai sembrava essere entrato a far parte della sua famiglia, oltre che delle sua vita. Immaginare una vita senza di lui era come immaginare il vuoto più assoluto. Quando pensava che avrebbe anche potuto vivere una vita senza di lui, gli sembrava una cosa semplicemente impossibile da immaginare. Il loro primo incontro alla stazione, il primo anno, sul binario 9 e ¾, aveva cambiato la sua vita, totalmente. Mentre camminava al suo fianco, gli sembrava ancora di vedere quel ragazzino dall’aria spaesata, i capelli in disordine, i vestiti troppo grandi per il suo esile corpo, il voto tondo e gli occhi vigili, il ragazzino che non sapeva niente della magia, che portava sulla fronte una cicatrice che lo avrebbe segnato per tutta la vita. Harry era stata la sua cicatrice, il segno che Ron voleva portare per sempre con sé. Camminava accanto a lui, ma era come se qualcosa si fosse insediato tra di loro. Nonostante l’aspetto, rimasto quasi del tutto invariato – considerando il fatto che ben 7 anni erano passati dal loro primo incontro e Harry era diventato più alto e più robusto e il suo volto era diventato più maturo, quello di un ragazzo diventato ormai un uomo –, Ron sapeva che accanto a sé non c’era più a persona che un tempo conosceva, non era più lo stesso ragazzo. Se non lo avesse visto con i suoi occhi, avrebbe addirittura pensato che non fosse Harry il ragazzo che parlava con lui, che scherzava con lui ogni giorno, che dormiva nel letto accanto a suo, che divideva il banco con lui. Avrebbe voluto semplicemente dire di rivolere il suo amico indietro, di volerlo vedere essere la persona che conosceva così bene, da anni, ma non era possibile che tutto fosse così facile.

«Devo chiederti una cosa»

Harry si voltò di scatto verso di lui, come spaventato dall’improvviso cambio d’umore di Ron. Aveva acconsentito a fare quella passeggiata al lago, pensando che fosse una cosa che rendeva felice l’amico. Invece, da quando erano usciti dal castello, il ragazzo non aveva pronunciato una sola parola e non aveva fatto altro che fissarsi i piedi, mentre camminava accanto a lui, limitandosi a sospirare di tanto in tanto, come se grandi problemi affliggessero la sua mente e il suo cuore.

«Dimmi» rispose, fermandosi, in modo da poterlo guardare negli occhi mentre gli diceva finalmente cosa lo rendeva così pensieroso. Ron non era mai stato cupo come negli ultimi tempi, ma Harry non aveva osato chiedere niente, pensando che al momento giusto l’amico si sarebbe confidato con lui, e lui, da buona spalla, lo avrebbe ascoltato e aiutato. Quel momento era arrivato, pensò il moro, preparandosi a sentire  la sua confessione.

«Io… è che… ti sento distante»

«Io? No, Ron, no» rispose il ragazzo, con molta calma, la calma di chi non ha niente da nascondere. L’amico forse aveva interpretato male i suoi atteggiamenti o semplicemente si era fatto condizionare da qualche sua risposta o da qualcos’altro di cui Harry non era a conoscenza.

Voleva rassicurarlo e fargli capire che le cose non stavano affatto come lui pensava. Ma il ragazzo sembrava più deciso di quanto Harry pensasse.

«È la verità, sei distante, lo sento. E voglio sapere il perché» continuò il rosso, tutto d’un fiato.

«Non c’è un perché, forse ho detto qualcosa di sbagliato o brusco, ma non è cambiato niente, proprio niente» rispose Harry, sempre più confuso.

«Non fingere con me, sono la persona che ti conosce meglio e lo so se qualcosa non va»

«Stai vedendo cose che non esistono Ron, davvero. Te lo avrei detto se qualcosa fosse cambiato, tra… di noi»

«Certo, mi avresti detto apertamente che non sono più tuo amico, che non ti fidi più di me, che non vuoi raccontarmi cosa ti succede, cosa fai quando non sei con me?»

Harry rimase immobile, atterrito da quell’inveire di Ron contro di lui. Come era riuscito l’amico a pensare quelle cose su di lui? Da quanto tempo le stava covando dentro di sé? Avrebbe voluto avere le parole giuste per fargli capire che si stava davvero sbagliando.

«No, Ron, ti…»

«Ti stai sbagliando, non è così, credimi, io sono tuo amico bla bla bla... è questo che stavi per dire?»

«È la verità» rispose Harry, deluso dal comportamento del rosso. Dopo quello che avevano passato insieme negli ultimi anni non erano serviti a niente, non aveva portato l’amico a capire che poteva davvero fidarsi di lui e che non avrebbe fatto mai niente per ferirlo. Evidentemente no, e questo feriva davvero Harry, che da sempre aveva pensato di essere un vero amico per Ron, almeno quanto Ron lo era per lui.

«Mi prendi in giro»

«No, forse sei tu che ti prendi gioco di me. Dopo tutti questi anni dubiti della mia amicizia?» chiese Harry, stringendo i pugni e facendo un passo verso Ron. Adesso era lui a dubitare dell’amico, dato che la sua sfiducia aveva annebbiato tutto il loro passato, le volte che Harry lo aveva aiutato, lo aveva salvato, lo aveva protetto, dagli insegnanti, dagli altri ragazzi, dai Mangiamorte, da Voldemort. Era bastato poco per cancellare tutto, a quanto pareva.

«Volevo solo che tu fossi sincero con me, non voglio che si rovini la nostra amicizia»

Ron alzò leggermente lo sguardo, per incontrare quello di Harry. Il suoi pugni si aprirono. Forse aveva corso un po’ troppo, forse l’amico aveva solo bisogno di essere rassicurato. Magari era stato un po’ duro negli ultimi tempi, ma non poteva farci niente. La tensione era sempre alta, e nonostante non ci fossero notizie di Voldemort ormai da mesi, Harry sapeva che sarebbe potuto succedere qualcosa da un momento all’altro. Doveva tenere sempre la guardia alta, non doveva mai dare niente per scontato. Non doveva fidarsi di nessuno. Ma doveva poter credere che almeno i suoi amici gli fossero sempre vicini.

Tenersi in contatto con i suoi alleati all’esterno del castello non gli bastava quasi mai, non potendo essere anche lui sul campo, a cercare notizie di Vodemort e a provare di capire quale sarebbe stata la sua prossima mossa e quando sarebbe successo. Era bloccato nella scuola, dove era uno studente come tutti gli altri, e in quanto tale non poteva essere esonerato da compiti, verifiche e doveri verso i suoi compagni Grifondoro.

«Non è cambiato niente» disse Harry, cercando di mostrarsi il più convincente possibile.

Ron annuì leggermente, lasciando poi che sul suo volto si formasse un piccolo sorriso. Harry ricambiò e gli fece segno di seguirlo. Non sapeva se le sue parole avevano davvero convinto l’amico, ma non poteva fare più di quanto aveva fatto.

Dovevano tornare al castello prima che si accorgessero della loro assenza e iniziassero a cercarli. E poi, la colazione li stava ancora aspettando.

 

***

«Ron, non puoi sempre averla vinta»

Hermione lo aveva ammonito già varie volte. Harry non poteva sempre fare tutto quello che voleva. Soprattutto se si trattava di infrangere delle regole. Lei, Hermione, era fin troppo attenta a queste cose, ma Ron non sentiva di aver sbagliato.

Non aveva chiesto niente che Harry non avrebbe potuto fare. Lo aveva fatto altre volte e non sarebbe di certo successo niente se tutti e due fossero usciti dalla scuola per un pomeriggio.

«Ma… andare dove?»

Ron non lo aveva detto e non aveva intenzione di farlo. Se Harry avesse accettato, allora ne avrebbe parlato con lui e con lui solo. Altrimenti, non ne avrebbe più fatto parola.

«Guarda come sei però. Sembri un bambino di un anno» disse la ragazza, alzandosi rumorosamente dal tavolo e allontanandosi a passi pesanti.

Ron guardò l’amico che lo stava fissando con aria di disapprovazione.

«Ma non lo capisci Ron?»

«Cosa dovrei capire?» chiese il rosso, improvvisamente irritato.

«È gelosa»

«Chi?»

«Come chi? Hermione, no? Non vuole che tu le tenga dei segreti, ed è ovvio che tu le piaci»

«Uh» fu l’unico verso che le labbra del ragazzo riuscirono a far uscire.

Non aveva considerato mai considerato i sentimenti di Hermione, o almeno non così profondamente. Questa era più una cosa da Harry. Lui riusciva a capire sempre la cosa giusta da fare, capiva immediatamente quello che una persona sentiva, i suoi sentimenti, le sue paure. E, ogni volta, lui aveva una parola giusta, quella parola che può cambiare la tua giornata, rendendola meno cupa. La sensibilità di Harry lo aveva colpito fin dal primo giorno, quando lo aveva conosciuto. Ed era una caratteristica che non era cambiata affatto, nonostante il tempo fosse passato e molte cose fossero cambiate nella sua vita. La perdita di persone care, il dolore, la sofferenza, non avevano mai cambiato il suo animo sensibile, il suo essere così attento agli altri.

Ron avrebbe solo voluto che quella sensibilità funzionasse con tutti, e soprattutto nei suoi confronti.

Fine capitolo 1

 

Nota dell'autrice:

Salve a tutti! E' davvero tanto tempo che non pubblico qualcosa e ho deciso di ricominciare proprio da questa storia, che è il remake di una storia che ho scritto anni fa e che "qualcuno" a cui voglio molto bene (XD) mi ha gentilmente chiesto di riscrivere. Il titolo e la tematica sono gli stessi ma credo di essere cambiata nel corso degli anni e di aver cambiato anche il mio modo di scrivere (per fortuna, aggiungerei XD). Spero che la storia vi piaccia! A presto!

 

 

 

  
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