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Autore: Alyssia Black    29/12/2012    2 recensioni
Giovanni era un poeta milanese. Viveva agiatamente ed era felice eppure lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale lo porta ad Anzio, a combattere contro i nemici.
Una lettera dell'alfabeto per ogni suo ricordo.
[Storia scritta per il contest "L'alfabeto dei ricordi" indetto da AngyLulu sul forum di EFP]
Genere: Angst, Guerra, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
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NOTA: Storia pubblicata mesi fa, ma ripubblicata ora a causa di modifiche.


Autore:
Alyssia Black [EFP], PiccolaStellaSenzaMeta [forum]
Titolo della storia: Tra ricordi, lacrime e dolore…
Rating: Giallo (per la presenza del tema della guerra)
Generi: Malinconico, Introspettivo, Angst, Guerra, Storico
Avvertimenti: One-shot (1.909 parole Microsoft Word)
Introduzione: Giovanni era un poeta milanese. Viveva agiatamente ed era felice eppure lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale lo porta ad Anzio, a combattere contro i nemici.
Note: Intento ti dico che nella lettera "O" troverai due numeri scritti piccoli. Quelli corrispondono alle note presenti al termine della storia. 
Comunque come potrai constatare tu stessa la storia è composta da tanti piccoli ricordi e pensieri di Giovanni, ognuno corrispondente ad una lettera dell’alfabeto. All’interno della storia ho inserito delle parole o frasi in corsivo. Durante la lettura bisogna soffermarsi su queste. Personalmente mi sono documentata e ho scoperto che i primi bazooka risalgono alla II Guerra Mondiale, quindi non è una parola campata in aria! Ho inserito tutte le lettere dell’alfabeto tranne, certamente, quelle straniere (k, j, y, x, w) che non fanno parte di quello italiano.
Spero vivamente che la storia ti piaccia anche perché ho impiegato il cuore per scriverla.
Saluti
A.
 
 
 
Tra ricordi, lacrime e dolore…
 
A come armi
Pistole, fucili, cannoni e bazooka, oggetti che hanno tolto la vita a centinaia e centinaia di civili, di soldati che combattevano per la propria patria. 
Ricordi ancora l’arma che ha ucciso tuo fratello, una rivoltella tedesca. La prima pallottola l’ha colpito alla tempia e la seconda nel petto, all’altezza del cuore. È rimasto a terra, senza vita, insanguinato, senza che nessuno lo degnasse di uno sguardo o provasse compassione per lui.
 
B con bacio
Baci stampati sulle bocche delle proprie mogli poco prima di andare in guerra, prima di lasciarle sole. 
Quelli che i tuoi compagni di reggimento hanno donato alle proprie amate, erano baci pieni di paura, rammarico, voglia di fuggire e andarsene lontano da quella guerra che, probabilmente, li avrebbe uccisi. Alcuni erano bagnati dalle lacrime che i coniugi continuavano a versare, senza mai smettere. Quello che ti ha dato la tua donna era pieno di malinconia e paura di non vederti mai più.
 
C come cannone.
Lo stesso cannone che ha dato inizio alla guerra. 
Esso, manovrato da esperti arcieri, ha lanciato una pallottola e tutto è iniziato. Uno sparo e il mondo era entrato in battaglia, centinaia di uomini condannati a combattere per degli ideali che non condividevano, costretti e segregati in tende, pregando ogni notte, sperando che la forza divina non li avrebbe fatti scomparire da quel mondo così giovani. 
 
D come distruzione
Ed è ciò che la guerra provoca. Tutte le potenti armi di cui i vari schieramenti sono provvisti, fucili, carri armati, aerei e bombe esplosive, hanno ucciso uomini, sterminato famiglie e rasato al suolo intere città e complessi abitativi. 
Morte, distruzione e logoramento, questi sono gli effetti della guerra. Intere dimore vengono bombardate, senza curarsi di coloro che possono abitarvi all’interno. 
 
E come elicotteri.
Senti delle strane vibrazioni, un forte boato e, successivamente, urla cariche di dolore e paura. 
Un aereo ha sganciato una bomba nel campo accanto al tuo, uccidendo centinaia e centinaia di soldati. 
Ogni giorno è la stessa storia, ogni dì e notte si assiste alla medesima scena. Aerei nemici cercavano di radere al suolo i loro accampamenti. Ogni giorno attaccavano e, per tale motivo, i generali evacuavano periodicamente le tende.
Timore, era ciò che gli aerei incutono. Non appena se ne nota uno in cielo si cerca di scappare, rifuggiandosi in ogni possibile anfratto.
 
F come fame.
Gallette e pane raffermo sono il vostro pranzo abituale e, di domenica, avete anche l’opportunità di degustare del formaggio ammuffito. I soldati che non sono partiti volontariamente, soffrono la fame, perlopiù se non possiedono un titolo di elevato valore accademico. 
Ai capi non interessa di tutti coloro che si trovano ‘sotto’ di loro, né che essi muoiano di fame, né che vincano una battaglia. I soldati sono solo degli schiavi, programmati per uccidere, seminare distruzione e terrore. La loro sorte, il loro destino e quello delle loro famiglie non è importante. 
 
G come grido.
Stai nella tua stanza, accoccolato nella coperta che ti ha cucito tua madre quando, improvvisamente, qualcuno urla. È una di quelle grida che ti entra nel corpo, che ti fa vibrare tutto, che ti mette paura. Ti precipiti, anche se timoroso, fuori dalla tenda. Il corpo di un uomo giace a terra, tutto insanguinato e con una pallottola conficcata nel petto. 
Rammenti ciò che è accaduto quella sera di qualche mese fa, quando eri arrivato all’accampamento da poco tempo. Hai visto morire molte persone ma la morte di quell’uomo ti ha segnato più di altre. Forse perché è stata terribilmente crudele, forse perché è la prima che hai visto.

H come Ho vinto!
Speri di sentire quella frase presto. L’hai udita solo una volta, in radio. Eri piccolo mentre una terribile guerra in africa stava logorando eserciti di ogni nazione. Improvvisamente dalla tua radio uscì un grido. “Ho vinto. Abbiamo vinto” disse un soldato in preda ad un attacco di gioia. Solo poco dopo quelle parole si seppe che quella guerra era terminata, dopo ormai tre anni, portando l’Italia e i suoi alleati alla vittoria. 
Spero anche oggi di poter udire quella frase, di poter sentire dai tuoi compagni di battaglione che la guerra è terminata, che si ritorna a casa. Sogni invano.
 
I come inutilità.
Cosa stai facendo? Perché sei rannicchiato nella tenda, perché non sei fuori a difendere la tua patria assieme a tutti gli altri?
Ti senti inutile, non vuoi combattere per paura di uccidere. Come può un soldato aver timore di togliere la vita a qualcuno? Sembra impossibile ma è così. 
Sei un soldato esternamente ma non all’interno. Il tuo carattere è l’opposto di quello che dovrebbe possedere un combattente. 
Ti senti inutile sul campo di guerra.
 
L come logoramento.
Cibo scarso, aria malsana, feriti e malattie, contribuiscono al logoramento degli uomini. Anche tu, come molti altri tuoi compagni, sei stato esposto a mille malattie. E, poi, non ha alimenti da mettere sotto i denti. 
Spari, bombardamenti e attacchi, sonno che dura, se si è fortunati, poche decine di minuti. Tutto ciò provoca il logoramento di tutti voi, poveri uomini mandati su un campo di battaglia anche se, nella loro vita, non avevano mai toccato un’arma. 
Ora siete ridotti a poco più di esseri viventi programmati per eseguire gli ordini.
 
M come morte.
Uno sparo è seguito da un urlo. Un uomo cade a terra, morto. 
Questa è la sorte di centinaia di soldati, costretti a morire ancora troppo giovani. Ce ne sono alcuni che, a poco più di vent’anni, devono lasciare le loro mogli e figli. Ragazzi divenuti da pochi mesi maggiorenni, hanno visto la vita dei loro coetanei appesa ad un filo che poi, fragilmente, è stato spezzato. 
Li hanno visti morire, davanti ai loro occhi, hanno esalato l’ultimo respiro tra le loro braccia. È uno spettacolo orripilante per giovani uomini, costretti a crescere troppo presto, strappati con forza dalle braccia delle loro madri.
 
N come “Non posso farlo”.
Quante volte la tua coscienza ha fermato il tuo corpo? 
Oltre mille.
Anche quando, poco tempo fa, sei stato costretto a premere il grilletto di quella maledetta pistola. Sì, hai sempre cercato di evitare di uccidere qualcuno, indipendente dal fatto che essi siano nemici o amici. 
No, non sei un assassino, eppure sei stato costretto a togliere la vita a qualcuno, nonostante tu non lo volessi.
Ed è questo che la guerra provoca, ti cambia completamente. 
 
O come obbligo.
Sei stato costretto dallo Stato a scendere in guerra. Hai lasciato tua moglie, la cara dolce Amelia, e il tuo lavoro. 
Eri abile con le parole, scrivevi poesie e saggi che non erano eguagliabili, sapevi alla perfezione i magnifici versi del Sommo Poeta1 ma, comunque, sei stato obbligato a svolgere un compito completamente diverso da quello che svolgevi prima. 
E, esattamente come te, migliaia di uomini sono stati strappati alla loro vita. 
Perché? 
Nonostante i più grandi futuristi, che tu stimi, fossero a favore della guerra, tu no. Non comprendi perché uomini debbano essere obbligati a scendere in battaglia, a trasformarsi in macchine da guerra, a uccidere ed a morire. La guerra è un’inutile strage, un’orrenda carneficina2. Un vero e proprio cimitero; se ci entri è difficile uscirci.
 
P come povertà.
Quando siete arrivati ad Anzio ti aspettavi una città simile a Torino e, invece, ti sei dovuto ricredere. 
Il territorio è completamente diverso da quello della tua città, ricca e sfarzosa, con i suoi palazzi gotici e barocchi. La terra qui è brulla e non curata, i campi sono incolti e il centro città è molti simile alla periferia di Torino. I bambini, ancora troppo piccoli per lavorare, si appostano davanti ai portoni delle case dove abitano i cittadini più agiati, in cerca di qualche lira o pagnotte di pane. 
Questa è la povertà. 
Non quella che i più benestanti considerano a Milano. Essere poveri significa non avere nulla con cui sfamare i propri figli, non l’impossibilità di acquistare l’ennesimo capo d’abbigliamento firmato.
 
Q come “Qui”.
Erano le cinque di mattina di qualche dì fa. L’aurora non aveva ancora tinto i cieli con il suo manto rosato. Stavi bevendo un bicchiere d’acqua piovana, quella raccolta al termine dell’ultima pioggia. Eri tranquillo e passeggiavi, anche se incautamente, per il campo. Non immaginavi quale pericolo avresti corso.
L’aria mattutina era pungente e, per tale motivo, ti stavi dirigendo verso la tenda per prendere una coperta. In quel preciso momento senti uno sparo. Ti guardi intorno, con fare sospetto. L’istinto ti consiglia di correre via, scappare. Eppure non lo fai, non sai quale sia il motivo. Un nemico punta il fucile contro il tuo petto, all’altezza del cuore, quando improvvisamente, odi una voce. 
“Qui” dice. Non saui chi è stato a pronunciare quelle parole ma, grazie a lui, sei scampato ancora una volta alla morte, quell’essere vestito di nero che cerca di farti suo prigioniero.
 
R come riscatto.
Sai bene come terminerà questa guerra, voi perderete.
Sei impotente di fronte al Fato e alla Morte, eppure hai desiderato innumerevoli volte di poter riscattare i tuoi amici, la tua vita e la tua libertà. Hai sognato di poter alterare il corso degli eventi, di far rivivere coloro che amavi e che ti sono stati sottratti. Eppure sei inutile, impotente davanti al destino, lo sai bene.
 
S come “Sono vivo”.
Poche ore fa è esplosa una bomba in un villaggio. Le case sono state distrutte, ridotte a ruderi. Le vite sono state strappate dai corpi, violentemente. Non c’è più nulla di vivo in questo luogo, nulla che respiri.
Credevate che tutti fossero morti eppure una mano si alza da un cumulo di detriti. 
Sono vivo, sono qui” grida. Ti precipiti a soccorrere colui che ha invocato il tuo aiuto. È un bambino di poco più di dieci anni. Appena lo salvi ti abbraccia, impaurito.
Tu sei il suo salvatore.
Gli occhi ti si riempiono di lacrime. 
Hai strappato alla morte un bambino.
 
T come “Ti voglio bene”.
Le prime parole che quel bambino ti ha rivolto non appena lo hai salvato, prima ancora di un “grazie”, sono state “Ti voglio bene”. Nonostante non lo conosci, anche tu ricambi quel sentimento. Probabilmente sono stati gli occhi dolci del bimbo o il suo modo spontaneo a muoverti a compassione. Ti sono sempre piaciuti i bambini ma non hai mai avuto un figlio; non ne avrai mai, non tornerai più a casa.
Tuttavia è come se il piccolo lo fosse. Cerchi di goderti quegli attimi insieme a lui perché questa sarà la prima e l’ultima volta che lo incontrerai. Il campo di battaglia è troppo pericoloso.
 
U come “Uno per tutti, tutti per uno”.
Uno per tutti, tutti per uno” è il motto che capitan Benc continua a ripetere. Dice che bisogna rimanere uniti, convergere le proprie forze contro il nemico, per cercare di batterlo. 
Possibile? 
Tu credi di no, gli altri sono troppo forti. Ne sei consapevole fin dal giorno in cui è iniziata quest’orribile guerra. 
 
V come vittoria.
Quante volte hai sperato di vincere? Quante volte hai sperato di riabbracciare tua moglie? Di rivedere i tuoi figli?
Tante, troppe.
La vittoria, secondo il tuo capo, è troppo lontana. Siete in minoranza, sia numerica che per quanto riguarda le forze. Siete logorati dalla fame, dalla fatica e dalla stanchezza. 
La vittoria si allontana sempre di più.
 
Z come Zzzzzzz.
Ti addormenti, accoccolato sotto un plaid bruciato. Pensi a ciò che la vita ti ha riservato, all’orrore a cui stai assistendo. Possibile che sia capitato proprio a te?
Ti addormenti. 
Probabilmente non ti sveglierai mai più.
 
 
 
 
 
 
 
 
1. Il “Sommo Poeta” è Dante Alighieri
2. Frase pronunciata da Benedetto XV prima dello scoppio IIa della Guerra Mondiale
   
 
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