Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: xswaghair_    29/12/2012    3 recensioni
Pronta a lavorare, Emma ritorna a Londra e rivive tutto quello che aveva visto qualche anno prima insieme alla sua famiglia. I primi mesi di lavoro non sono dei migliori, è naturale per una giovane giornalista in apprendistato. Fa già parte una redazione e il lavoro si complica: poco tempo per tante cose. Si allontana dalla famiglia, dal fidanzato, dai vecchi amici ma dai libri, ciò che le hanno insegnato a sognare, no. Fra la confusione nei sotterranei londinesi, però, comincia a ricordare. Cosa? ''Ero piccola, una ragazza appena uscita dalle medie mano nella mano con mamma e papà, proprio qui davanti questa parete. Ricordo che la fissavo felice, ma non riesco ad andare oltre...''. Ne sono passati tanti di giorni per riuscire a ricordare. Lì c'era una pubblicità, una volta. ''I miei idoli, i miei cinque ragazzi: i One Direction'' tutte incertezze che svaniscono dopo un ''vai ad intervistare questi due ragazzi, degli altri tre non ne ho notizie. Questi oggi sono ospiti nella...'' erano ospiti da Alan Carr, perché due su cinque? ''Non puoi entrare negli studi. Solo alla fine dello spettacolo...'' ripeteva il capo parlando di coloro che non si dimenticano con il cuore. Ma poi...
Genere: Mistero, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


 

MEMORIES
Third chapter.


L'articolo era pronto e perfetto. Avevo anche sistemato le foto di Andrew all'interno di esso, e sinceramente ero orgogliosa del mio primo lavoro e pronta ad affrontarne altri. Quel giorno il capo non si fece più vedere, ma la mattina seguente sembrava abbastanza calmo che mi avvicinai spontaneamente a lui per mostrargli il lavoro.

« Ne hanno fatti di migliori, ma questo non è male, complimenti. Forse con lei riusciremo a salire i gradini e guadagnare il nostro titolo a nome giornalistico... » disse sospirando, poi continuò « Andrew ha fatto delle ottime foto e per questo continuerà ad avere lo stesso ruolo. Lei, signorina Emma, invece, cerchi di non fare domande sul passato. Sì, è stata un'ottima idea e anche la Watson le ha fatto i complimenti, ma il tema parlava del nuovo film. Se proprio non ci fosse o non le venisse una domanda adeguata sono due le cose da fare: o chiedere al compagno un consiglio o reagire come ha fatto lei. Ripeto, apprezzo molto il vostro lavoro. »
« Oh, grazie. »
« Adesso venga nella mia stanza, ma prima chiami Andrew e lo faccia venire con lei! » ribatté fra i miei segni di assenso.

Entrai nella grande stanza - quella dove stava per la maggior parte del tempo tutta la redazione, perché c'era un grande tavolo su cui tutti potevamo poggiare i nostri materiali e condividere i vari argomenti da trattare - e domandai dove fosse finito Andrew. Poi mi rispose Bella...
« E' sceso giù, c'è il suo ragazzo che è venuto a portargli qualcosa dallo starbucks... »
Il suo ragazzo? All'inizio non riuscivo a capire, poi compresi che Andrew fosse omosessuale. Non fui turbata da questo particolare, sinceramente non mi importava il suo stato sentimentale o altro, e dopodiché decisi di aspettarlo tranquillamente poggiata sul tavolino. Non mi andava di andare dal capo e poi farlo richiamare, non sarebbe stato giusto. In quei cinque minuti di attesa pensai a Rob. Non lo sentivo da un po' e spettava a me chiamarlo, solo che non mi andava proprio. Chiamato lui, avrei dovuto chiamare anche i miei genitori, Sharon e Davide. Non ne valeva la pena farlo in quel momento, quindi rimandai le mie telefonate a sera. 
Ecco, Andrew era rientrato.
« Ragazzi, volete del caffè? John ne ha portato per tutti! Guardate cosa mi ha regalato! Non è meraviglioso? » domandò facendo notare una tazza con la foto di lui e il presunto John.
Sentii vocine d'assenso, eravamo tutti contenti per lui, ed era la prima volta che vidi non giudicare un ragazzo gay.

Dopo cinque minuti di break, o per lo più di chiacchere di gruppo, io e Andrew ci distaccammo dal gruppo e andammo dal capo.
« Allora, oggi dovete farmi un grande piacere... andate da Harrods e poi scrivete qualcosa di caratteristico per fare un articolo da presentare alle agenzie turistiche. Adesso mettetevi a lavoro. Ah, intervistate i turisti che trovate. Poi venite e portatemi qualcosa dello starbucks. Con Andrew che saliva con quei bicchieri di caffè mi è venuta la voglia. »

Come il giorno precedente io e Andrew andammo a prendere l'Underground.
Fra i milioni di turisti che c'erano giù scontrai qualcuno dai visi conoscenti, apparentemente conoscenti. Una volta quando andai a Parigi incontrai un'insegnate della mia scuola sulla metro e quindi non mi sembrava impossibile incontrarne qualcuno anche in quel paradiso grigio e freddo.
Arrivati alla nostra fermata, ma ancora nei sotterranei della città, salii la prima rampa di scale che era posta davanti a me. Io ho sempre odiato le scale, e in quel momento le odiai ancora di più, perché un signore mi cadde addosso e io, a mia volta, caddi per terra, nel più lurido dei pavimenti.
« Oh, scusi! Non volevo! E' che ho perso l'equilibrio e... »
« Non si preoccupi. » risposi mentre Andrew mi diede una mano per risollevarmi, e poi mi sistemai i vestiti sperando che non si fossero sporcati i miei pantaloni preferiti. Ma non si erano sporcati, si erano strappati. Bella questa!

« Oh, santo cielo! Le si sono strappati i pantaloni! »
Probabilmente avrei voluto dargli uno schiaffo in faccia, non perché per colpa sua mi si erano strappati i pantaloni, ma per l'esatto motivo che l'ultima frase che disse era così fastidiosamente ovvia che anche un bambino avrebbe capito di dover tacere. A quel punto fui io a fulminare quell'inglese con gli occhi per farlo stare zitto dai suoi ''oh''.

« Non ti preoccupare, vanno di moda i pantaloni strappati! » cercò di tranquillizzarmi Andrew.
« I pantaloni strappati dalla parte anteriore del ginocchio, o della coscia! Non dal sedere, eh?! » risposi con un pizzico di ironia.
Lui si mise a ridere e io continuai a fare la seria. Mi riusciva bene, ma ammetto che stavo per scoppiare a sghignazzare anche io!

Usciti da quel buco, con la borsa a tracolla e il giubbino che mi coprivano buffamente la parte strappata dei miei pantaloni arrivammo da Harrods, che effettivamente era proprio accanto all'uscita delle scale. Facemmo una capatina dentro i magazzini di Harrods, intervistammo turisti e commessi. E alla fine, come ci era stato chiesto, andammo allo starbucks per prendere del caffè per il capo.

« Desideri qualcosa, tu? » domandai.
Andrew mi fece un cenno di negazione. Allora presi anche una ciambella per me, ne avevo bisogno e mangiare mi fece sentire meglio. 

Riprendemmo la metro della Brompton Road e poi ritornammo nell'ufficio della redazione.
« Tenga capo, spero che non si sia raffreddato. Noi continueremo il nostro lavoro, okay? » dissi spostando lo sguardo dal compagno di redazione al capo e viceversa.
Nessuno rispose, e quindi pensai ''chi tace acconsente'' e poi mi misi subito a lavoro.

Si era già fatto tardi ed ero rimasta sola. Andrew se ne andò per ultimo, rispetto agli altri. Non gli sembrava giusto lasciarmi sola, ma alla fine lo convinsi e ritornò a casa sua.
Terminato il mio lavoro, sistemai l'ufficio e lasciai quello che avevo preparato sulla scrivania del capo con un mio post-it. 

Verso le 19:23 scesi in strada e decisi di ritornare a casa a cambiarmi a causa dei miei pantaloni strappati. Dopodiché riscesi e ritornai sulla Brompton Road.
Era tardi e molti negozi erano già chiusi, ma ero ancora ferma nello stesso posto dov'ero caduta a fissare una parete.
Era bianca con macchie che indicavano la sporcizia e pezzi di carta spezzati ancora attaccati al muro. Chissà perché mi ero bloccata, mi ricordava qualcosa quella parete. Qualcosa di felice. Ma non riuscivo a ricordare cosa. Quella volta passai avanti, salii le scale e dopo essere arrivata in superficie alzai gli occhi in cielo. 
Era tutto così bianco, grigio, triste. Ma allo stesso tempo piacevole. Quell'aria fresca d'estate che veniva respirata, il colore del cielo che rimaneva costante fino alle 22:00. Tutti quei colori freddi che vengono spezzati dal rosso dei bus e delle cabine telefoniche. Londra però suscita più emozioni di quanto se ne possono immaginare. Certo, d'estate mica cade la neve, ma è bella. Bella per ogni suo piccolo pregio. E per ogni difetto. Londra è confusione. E io amo Londra.
Andai - per la seconda volta in un giorno - da starbucks, presi un'altra ciambella come qualche ora prima e la gustai. Era buona, sì. Casa non mi mancava affatto anche se erano passati solo due giorni e magari non avrei potuto giudicare così presto. Ma io stavo bene lì, mi sentivo come se tutti mi conoscessero e io conoscessi tutti. Bella come sensazione, o forse magica?! 
Quando fu tempo di ritornare e scesi nuovamente nei sotterranei londinesi mi soffermai un'altra volta davanti quella parete, poi scossi il capo e ritornai per la mia strada.

Quando arrivai a casa, misi il pigiama e sistemai i vestiti. Diedi un'occhiata alla strada dalla finestra stile americano che mi ritrovai e poi mi poggiai per terra con le spalle date al camino.
« Hey, amore come va? » avevo chiamato Rob. Era arrivato quel momento...
« Bene, il lavoro si complica qui in officina, e se non trovo al più presto un lavoro adatto ai miei titoli di studio potrei rischiare di rimanere per sempre intrappolato qui. Ma il problema sei tu, cara. Io non posso stare lontano da te! E' troppo faticoso! »
« Oh, Rob. Anche a me tu manchi! Forse non immagini quanto, ma sono sicura che le cose si sistemeranno, te lo prometto! »
« Non promettere nulla, non si sa quello che potrebbe accadere domani, non si sa. Tu non devi rimanere con un debito al cuore. Nessuno lo deve rimanere. Non siamo marito e moglie, Emma. Abbiamo due vite separate che si sono incrociate, ma non sappiamo per quanto tempo... E' questo che mi strugge di più, il fatto di poter pensare che forse tu ti farai un'altra vita là e io rimarrò qua... »
« Se questo dovesse succedere, sappi che probabilmente è giusto così. »
« Cosa vorresti dire? »
« Beh, il destino non è scritto. Siamo noi che lo scriviamo momento per momento e quindi se per caso noi dovessimo lasciarci sappi che un motivo c'è. Non è ''per caso'' che due persone non si amano più, anche se una prova lo stesso sentimento tutte le volte che incrocia gli occhi dell'altra. Io ti ho amato, sappilo. E ti amo, sappi anche questo. »
« Ti amo anche io, Emma. »
Io e Rob ci congedammo con quelle parole dolci che si dicono i ragazzini a sedici anni. Io ne avevo diciotto, sì, ma chi ne ha diciotto come chi ne ha quaranta non smette di essere adolescente. Io ero solo la tipica ragazza in cerca della realizzazione del proprio sogno, quella coi piedi per terra ma con la testa fra le nuvole. Quella romantica ma allo stesso tempo con un caratteraccio da ragazzo rozzo... così parlai con mia madre quella sera...
« Mamma, non mi importa. Io non voglio scendere. Qui sto bene. »
« Emma, Rob soffre. Sharon dice che non ti sei fatta più sentire e la stessa cosa Davide. Cosa stai combinando? »
« Senti mamma, cosa ti importa di più? Me o gli altri? Io qua vedo il mio futuro. Io a Palermo non ci scendo. Quella è solo la città dove sono nata e cresciuta. Qui diventerò donna. » dissi alzando il tono della voce. Forse ero egoista, e un po' falsa dato che prima avevo detto ''ti amo'' a Roberto. Ma io dovevo trovarmi un lavoro, e me lo ero trovata. Avrei voluto continuare gli studi a settembre e poi laurearmi con degli ottimi voti! Chissà, a Cambridge o una di quelle università londinesi - o in provincia - troppo carine e ben organizzate!
« Hai ragione, ma non puoi abbandonare tutto così in fretta, anzi, non lo devi completamente abbandonare! »
« Mamma, senti, io ho in mano il mio futuro e ne faccio quel che voglio. Sharon si è fatta sentire? Davide mi ha mai chiamato? Sono solo amici che cercano persone per riunirsi in discoteca e inventare una scusa al loro padre. Te la dico io la verità qual è. Ed è proprio questa. Adesso ciao, devo svegliarmi presto domattina. » terminai la chiamata. Ero nervosa, non potevo sentire un'altra parola di quella donna. Ero stanca. Stanca. Ci mancava solo che l'indomani mi veniva a prendere mio padre, come faceva quando dormivo da una compagna alle medie e lo facevo disperare. Ero grande, magari non così grande, ma potevo autogestirmi. E poi stavo solo facendo il mio lavoro, con la fortuna di averlo trovato. E fu realmente fortuna quella. 
Io volevo bene a tutti: mamma, papà, Rob e i miei amici. Ma il ''cercare a convenienza'' non mi piaceva. Se volevano credere nella mia ''new life'', bene. Altrimenti peggio per loro. Io dovevo lavorare, avere delle basi per me e per i miei figli. Per costruire una famiglia.


TERZO CAPITOLO PRONTO, SPERO DI AVERLO SCRITTO BENE E COME HO CHIESTO PRECEDENTEMENTE POTRESTE FARMI IL PIACERE DI COMMENTARE E SCRIVERE SE HO FATTO EVENTUALI ERRORI DI BATTITURA O ANCHE SE PENSATE CHE COME PRIMA PARTE DELLA STORIA NON E' DELLE MIGLIORI, VOGLIO SOLO AVVISARVI CHE IL MEGLIO - LA PARTE CHE ANCHE IO PREFERISCO - NON ARRIVERA' SUBITO, NON AVREBBE SENSO SECONDO ME, LA STORIA NON SAREBBE PIU' AVVINCENTE O ORIGINALE. SE INVECE VI E' PIACIUTO COME PRIMA PARTE DELLA STORIA E VORRESTE SAPERE QUALCHE ANTICIPAZIONE COMPLESSIVA DEI FUTURI CAPITOLI POTETE RINTRACCIARMI QUI FACENDOMI QUALCHE DOMANDA --> http://ask.fm/xzaynsmoustache , NON SONO PRONTA A RISPONDERE A TUTTE QUELLE CHE PROBABILMENTE MI FARETE RIGUARDANTI IL TESTO, PERCHE' SINCERAMENTE NON HO GIA' PRONTI TUTTI GLI ARGOMENTI DA TRATTARE ANCHE NEI PROSSIMI CAPITOLI, TIRO TUTTO FUORI IN MODO SPONTANEO E MOMENTANEO QUINDI ADESSO NON SO COSA POTREI SCRIVERE NEL QUINTO CAPITOLO, lol. 
SPERO VI SIA PIACIUTO E VI RINGRAZIO IN ANTICIPO PER AVER LETTO CIO' CHE RIGUARDA DUE MIEI GRANDI SOGNI. GRAZIE, DI NUOVO.

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: xswaghair_