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Autore: makiskz    29/12/2012    3 recensioni
Cal ebbe un lieve sussultò e, come se si fosse accorto solo in quel momento della presenza di Gillian al suo fianco, fissò lo sguardo negli occhi della donna e per un attimo vi si perse.
Cal vuole proteggere la donna che ama da se stesso, a scapito della propria felicità. Riuscirà nell'intento o i sentimenti prenderanno il sopravvento?
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un raggio di sole le colpì il volto, ne sentiva il calore.
Gillian si stiracchiò nel letto, indugiando un po’ prima di alzarsi.
Il cielo ero azzurro e la giornata si presentava splendida ma lei era di pessimo umore.
Aveva avuto un terribile incubo.
Aveva sognato che Cal abbandonava la società e lei, senza motivo. L’aveva visto salire su un’auto e sparire nel buio.
Poi si girò sul fianco e vide i suoi vestiti bagnati sulla poltroncina vicino al letto e la foto sul suo comodino.
Una fitta di dolore le lacerò nuovamente il cuore e iniziò a piangere silenziosamente, lasciando che le lacrime bagnassero il cuscino.

Non era stato un sogno, purtroppo.
Avrebbe dovuto abituarsi all’idea di non vederlo per chissà quanto tempo. Non voleva pensare alla parola “per sempre”: Cal aveva parlato di “delega” e lei si aggrappava a quel termine.

Lui l’amava e quel bacio che si erano scambiati ne era la prova, ma aveva deciso di lasciarla. Perché?

Questa domanda continuava a tormentarla.

Non voleva andare a lavoro.

Non voleva passare davanti al suo ufficio e sapere che lui non sarebbe stato lì ad aspettarla, con quel suo sorriso delinquente sul viso.

Non voleva sopportare gli sguardi pietosi dei suoi dipendenti, soprattutto gli occhi indagatori di Torres. Sapeva che con gli altri forse sarebbe riuscita a non far trapelare nulla dei suoi sentimenti ma con Ria sarebbe stato tutto inutile.

Se non fosse andata, però, avrebbe dato adito alle chiacchiere e questo non l’avrebbe sopportato. Si fece coraggio e si alzò per affrontare il suo primo giorno senza Cal.

Arrivata in ufficio, si diresse immediatamente verso il suo ufficio, senza scambiare troppi convenevoli con i dipendenti.
Si fermò davanti alla porta dell’ufficio di Cal e la trovò chiusa.
Respirò profondamente appoggiando la mano sulla maniglia, indecisa se aprirla o meno.
Non era pronta ad affrontare il vuoto dietro quella porta.
Lasciò la maniglia e si diresse verso il suo ufficio.

La giornata fu più faticosa di quanto avesse immaginato: comunicare ai dipendenti dell’assenza di Cal, iniziare a gestire i vari casi che lui stava seguendo ed evitare le domande di Torres e Locker fu stremante.

Alla fine della giornata di lavoro si ritrovò da sola nel suo ufficio, seduta nella sua poltrona dietro la scrivania, a guardare il tramonto fuori dalla finestra.
Hanna le aveva consegnato il plico contenente i documenti inerenti alla delega di Cal per la gestione della società ma lei non l’aveva neanche aperto.
Ancora non se la sentiva di mettere nero su bianco la separazione da Cal.
Lei era una donna forte, aveva superato il divorzio  da un marito cocainomane, la separazione dalla figlia adottiva e anche la fine della sua relazione con Burns non era stata indolore ma ora era esausta e non sapeva se ce l’avrebbe fatta a superare questa situazione.

Le luci della città si stavano accendendo e la malinconia per Cal si fece più forte.
Prese in mano il cellulare ed ebbe la tentazione di chiamarlo o mandargli un messaggio ma lui era stato chiaro: “Ti prego, non cercarmi”.

Si alzò dalla scrivania e si diresse verso l’uscita.

Passando davanti la porta di Cal, si decise ad entrare.
L’accolse il silenzio.
Si diresse verso lo studio privato e poggiò una mano sullo stipite della porta. Tutto era rimasto come la sera precedente: la bottiglia di scotch sul tavolino, il bicchiere in frantumi sul pavimento e sui cuscini del divano in parte era ancora visibile l’impronta del corpo di Cal.
La stanza era permeata dal suo profumo, che lei adorava, fresco e muschiato.
Aprì l’armadio in cui Cal teneva alcuni abiti per potersi cambiare all’occorrenza. Fece scorrere la mano sulle sue camice e i suoi maglioni.
Vide la sciarpa a righe che gli aveva regalato un paio di anni fa per Natale. Piegò le labbra in un triste sorriso al pensiero dell’aria scanzonata che aveva quando indossava quella sciarpa, quasi che fosse uscito da un film di Harry Potter.
La prese e la indossò, per sentire il suo profumo addosso e illudersi che la stesse abbracciando.
Una silenziosa lacrima le rigò il volto e lei l’asciugò prontamente con la punta delle dita.

“Non sapevo che fossi così piagnucolosa!”

La voce di Cal la fece sobbalzare.
Si girò di scatto ma non c’era nessuno.
Desiderava così tanto averlo accanto che sentiva anche la sua voce.
Gillian si strinse nella sciarpa ed uscì dall’ufficio.
 
L’indomani arrivò in ufficio di buonora e si mise subito al lavoro.
Pensava che, tenendosi impegnata con il lavoro, avrebbe sofferto di meno all’assenza di Cal, ma si sbagliava.
Come aveva previsto, i dipendenti la guardavano in modo diverso, o almeno era quella la sensazione che aveva.
Loker evitava di incrociare il suo sguardo.
Ria l’aveva fermata davanti la porta del suo ufficio.
“Stai bene, Foster?” le chiese preoccupata.
“Magnificamente!” le rispose Gillian e subito tornò con la mente a 48 ore prima, quando aveva ricevuto la stessa risposta da Cal.
Ria la studiò con quei suoi profondi occhi neri e, abbracciandola, le disse: “Tornerà presto, vedrai.”
Gillian rimase sorpresa ma accettò con piacere il gesto.
Aveva un disperato bisogno di qualcuno con cui sfogarsi, che la consolasse, che le dicesse che tutto sarebbe andato per il meglio.
Ria sciolse l’abbraccio e guardò Gillian che, con gli occhi lucidi, evitava imbarazzata il suo sguardo. La ragazza  le poggiò una mano sulla spalla e si allontanò.

Nella tarda mattinata, mentre stava uscendo dal suo ufficio per dirigersi al laboratorio, incontrò Zoe sulla porta. Era l'ultima persona che si sarebbe aspettata di incontrare in quel momento.

“Zoe!” la salutò sorpresa.

“Gillian” ricambiò la donna.

Il disagio era reciproco.

“Cosa ti porta da queste parti? Come sta Emily?” chiese Gillian, per spezzare il ghiaccio, e facendo accomodare Zoe nel suo ufficio.

“Emily sta come una sedicenne il cui padre ha deciso di partire all’improvviso per un posto lontano, senza sapere quando lo rivedrà” rispose la donna, con aria di sufficienza.

“Già, immagino. Salutala da parte mia.” Gillian prese posto dietro la scrivania e Zoe si sedette di fronte a lei.

“Cosa posso fare per te, Zoe?”

“Ecco … io vorrei ringraziarti per quanto hai fatto per la nostra famiglia”

Gillian la guardava con aria interrogativa.

“L’altra sera, prima di partire, Cal mi ha detto che ci hai protetto per anni dalla ripercussioni del suo lavoro al Pentagono. Grazie. Davvero.”

Ringraziare Gillian le pesava ma glielo doveva.

La donna arrossì.  Zoe Landau che la ringraziava! Non l’avrebbe mai creduto possibile. In tutti quegli anni tra loro non era mai corso buon sangue, entrambe ne erano consapevoli.

“Era la cosa giusta da fare.” rispose Gillian imbarazzata.

Zoe annuì poi, cercando le parole giuste, le domandò: “Ascolta, Gillian, cosa sai del viaggio di Cal?”

La domanda la spiazzò.

“Beh…ecco … ultimamente io e Cal non abbiamo parlato molto.”
Gillian abbassò lo sguardò al ricordo degli ultimi giorni passati con lui.
“Mi ha detto che sarebbe partito per un viaggio di ricerca e che mi avrebbe passato la delega per la direzione del gruppo. Non so altro”.

Zoe corrugò la fronte.

“Perché me lo domandi? C’è qualcosa che non va?” le domandò immediatamente Gillian, notando la preoccupazione nel volto di Zoe.

“Non so come dire ma … non credo che Cal sia partito per un viaggio di ricerca.”

“Cosa te lo fa credere?” incalzò Gillian allarmata.

“Prima di partire ha fatto un discorso strano. Ha detto che la sua presenza qui metteva a rischio la sicurezza di Emily e che se un suo allontanamento potesse servire per tenere al sicuro nostra figlia, l’avrebbe fatto senza esitazione” Zoe si interruppe, come per cercare di riorganizzare le idee.
 
“Dimmi, non ti sembra strano che abbia organizzato la sua partenza in un solo giorno? Nessuno sa con quale spedizione sia partito, dove si sia diretto, qual è lo scopo della ricerca.” continuò Zoe

Gillian sentì la stanza ruotarle intorno.
Zoe aveva ragione: anche lei non sapeva nulla sul viaggio ma non aveva avuto il tempo per parlare con Cal e poi lui si era rifiutato in ogni modo di darle informazioni a riguardo. 
Il bacio che si erano scambiati sotto la pioggia e le parole che le aveva detto subito dopo le avevano fatto capire che se ne andava a causa sua ma, se non era partito per il viaggio di ricerca, dove era andato?

Mentre ascoltava le parole di Zoe, nella sua mente ripercorreva gli ultimi giorni con Cal, dalla sera dell’arrivo di Veronica fino alla sua partenza.

Veronica aveva raccontato del primo incontro con il marito e di come si fosse proposto ad aiutarla a portare il peso che la opprimeva.
Da allora Cal era cambiato.
Più volte lei aveva cercato di far breccia nelle sue resistenze ma senza risultato.
Conosceva molto del suo passato ma, malgrado questo, Cal continuava ad essere un lupo solitario e a cacciare chiunque gli si avvicinasse troppo.
L’aveva allontanata perché non voleva dividere il suo fardello di dolore. E anche il suo allontanamento dal Lightman Group ora aveva un significato.
Aveva raccontato a Zoe del suo ruolo nel caso Doyle e le aveva detto che lui era una minaccia per tutti.
Si era allontanato per mettere loro al sicuro da eventuali vendette dei suoi nemici.

“Cosa ti è saltato in mente, Cal? Sparire dalle nostre vite per proteggerci? Preferirei attraversare  l’inferno al tuo fianco  piuttosto che vivere senza te!”

La sera a casa sua, prima che sparisse nel nulla, forse le stava per dire la verità su tutto ma poi erano stati interrotti dal tassista.
Poi un lampo le attraverso la mente: quello non era un taxi ma un’auto scura e l’uomo aveva chiamato Cal per nome, come se lo conoscesse.

Gillian cercò di riprendere il controllo.
Afferrò il telefono e, al diavolo il suo “non cercarmi”, compose il numero del cellulare di Cal. Doveva sapere dove fosse.
Dall’ufficio di Cal giunse lo squillo della suoneria del telefono.
Gillian corse in direzione dello squillo seguita da Zoe.
Il suono giungeva dalla scrivania. Aveva lasciato il cellulare in ufficio.

Gillian iniziò a rovistare tra le carte sul tavolo e nei cassetti, alla ricerca di qualche indizio relativo alla partenza dell’uomo.
Alla fine decise di aprire la cassaforte.

Zoe la guardava muoversi con sicurezza nello studio di Cal, inginocchiarsi e aprire senza esitazione la cassaforte.
Cal si fidava così tanto di quella donna che le aveva dato anche la combinazione per aprirla. In tanti anni di matrimonio, lei non era mai riuscita ad avere una complicità simile con lui e questo la feriva. Quella donna era davvero l’unica che fosse riuscita a scavalcare il muro.

Gillian tirò fuori vari documenti e poi si bloccò. Nella cassaforte c’erano i documenti di riconoscimento e il passaporto di Cal.
Le donne si scambiarono uno sguardo angosciato.
Ovunque fosse andato, non voleva essere riconosciuto e non voleva fornire alcun collegamento con loro.

Zoe guardò Gillian con aria smarrita: “Dove è andato?”

Gillian serrò la mascella mentre sentiva il sangue scorrerle via dal viso per la paura. Non aveva alcuna risposta da darle e ora la paura di averlo perso per sempre si stava facendo sempre più concreta.

“Non lo so, Zoe. Ieri mi ha detto che avrebbe lasciato il gruppo e sarebbe partito per un viaggio di ricerca ma, a quanto pare, ha mentito ad entrambe”

Hanna entrò nello studio.

“Dottoressa Foster, è arrivata la ditta incaricata per il trasloco degli oggetti del Dottor Lightman.”

Gillian ebbe un attimo di smarrimento poi si ricompose, schiarì la voce e rispose: “Scusati con loro ma il trasloco è stato annullato.”

Hanna annuì ed uscì dalla stanza.

Gillian si trovò addosso gli occhi di Zoe che le domandavano spiegazione di questa decisione.

“Cal tornerà. Deve tornare.” Per quanto si sforzasse, la sua voce era incrinata.

Zoe annuì.
Per quanto detestasse ammetterlo, Gillian amava Cal e lui ricambiava il sentimento.
Non c’era più posto per lei nella vita del suo ex-marito, almeno non come lei avrebbe voluto. Ora però non era il momento di scenate di gelosia, bisognava trovare Cal.

“Ho dei contatti nell’Intelligence, magari riuscirò a scoprire qualcosa” propose Zoe.

“D’accordo” le rispose Gillian.

Zoe le si avvicinò e, posandole una mano sulla spalla, le disse. “Lo troveremo, Gillian.”

Gli occhi di Gillian si riempirono di lacrime ma lei riuscì a trattenersi. Annuì silenziosamente e poi Zoe se ne andò.

Lei tornò nel suo ufficio, afferrò il soprabito e la borsa e corse via.

Quindici minuti più tardi stava entrando nella sede della FBI, diretta verso l’ufficio di Ben Reynolds.

Dalla porta a vetri lo vide indaffarato alla scrivania e le fece una strana sensazione. Era abituata a vederlo come un uomo di azione ma ora era costretto al lavoro d’ufficio.
Bussò alla sua porta e Ben, appena la vide, le sorrise.

“Gillian, che piacere vederti!” le sue labbra sorridevano ma i suo i occhi e la sua voce no. Nascondeva qualcosa. “Sei stupenda, come sempre!”

“E’ tanto che non ci vediamo, Ben. Mi fa piacere vedere che stai bene.”

Ben la fece accomodare sulla sedia davanti la sua scrivania mentre lui si sedette dall’altro lato. Evidente posizione di difesa.

Gillian continuò: “Ho bisogno del tuo aiuto, Ben. Due giorni fa Cal è partito per un viaggio di ricerca ma a quanto pare ha mentito a tutti. Abbiamo trovato il cellulare e tutti i suoi documenti di identità nel cassetto della sua scrivania. Nessuno sa dove si sia diretto.”

Ben si irrigidì.

“Ho il sospetto che stia lavorando per i servizi segreti. Puoi aiutarmi a scoprirlo?”

“Non ho notizie di Cal da mesi e sai bene che non posso rivelare informazioni riguardo le missioni svolte dall’FBI. Mi spiace ma non credo di poterti aiutare.”  le rispose Ben, appoggiandosi allo schienale della poltrona ed incrociando le braccia. Stava mentendo.

“Ben, ricordi qual è il lavoro mio e di Cal? Smascherare le bugie e tu, lo sai bene, non sei bravo a mentire. Quindi, per favore, risparmiami la fatica e dimmi: cosa sai di Cal? Ti prego!” Gillian era determinata, non avrebbe accettato un “no” come risposta

Ben indugiò, stringendosi nervosamente le mani. Poi si alzò e si diresse alla finestra dando le spalle a Gillian.

“Cal mi ha chiamato due giorni fa, all’alba. Mi ha chiesto di metterlo in contatto con il vicedirettore Dillon.” Si voltò verso Gillian.

“Un paio di mesi fa il vicedirettore gli aveva chiesto di partecipare ad una missione sotto copertura.”

“Ma ero stata chiara con Dillon! Non avremmo più lavorato per l’FBI!” lo interruppe Gillian, decisamente alterata.

“Lo so benissimo. Si trattava di una missione molto importante e Lightman era vitale per la buona riuscita. Avevamo scoperto che un gruppo di terroristi stava organizzando un attentato a Washington. Uno dei terroristi diceva di essersi pentito e di voler collaborare con l’FBI ma la fonte non era attendibile. Lightman avrebbe dovuto entrare in contatto con lui e scoprire le sue vere intenzioni. Cal ha detto a Dillon che gli accordi presi con te erano validi e quindi non avrebbe accettato l’incarico”

Gillian si stava muovendo nervosamente sulla sedia.

 “L’altra mattina Cal mi ha chiesto di metterlo in contatto con Dillon. Voleva accettare l’incarico.”

Gillian impallidì. Aveva paura di ascoltare il seguito.

“Gli ho chiesto il motivo di questa sua decisione.“ Ben fissò lo sguardo su Gillian “Ha detto che lo faceva per proteggere te e la sua famiglia”

“Ma come può proteggerci rischiando la vita?” rabbia e paura si fondevano nella voce della donna.

“Cal ha accettato ad una condizione: avrebbe partecipato alla missione solo se gli fosse stata garantita la vostra incolumità. Ha inoltre fatto un patto con Dillon: parteciperà anche ad altre missioni in cambio della vostra protezione costante da parte dell’FBI. I nostri agenti vi stanno già sorvegliando da due giorni.”

Gillian non credeva a quanto Ben le stava dicendo. Possibile che Cal fosse disposto a tanto pur di proteggerle?

Era furiosa per l’assurdità della decisione presa da Cal e allo stesso tempo era commossa per la profondità dei suoi sentimenti: Cal aveva preferito mettere a rischio la propria vita pur proteggere la sua famiglia e lei.

“In cosa consiste la missione? Che ruolo ha Cal e che rischi corre?”

“Non posso darti altre informazioni a riguardo, lo sai bene.“

Gillian si alzò di scattò sbattendo la mano sul tavolo “Maledizione Ben! Ho il diritto di sapere se Cal rischia la vita o meno! Non posso perderlo così, senza poter fare nulla! Devo dirgli che io … ” si interruppe a metà, sorpresa di quanto stava per dire.

“Che tu cosa, Gillian?” le domandò Ben, ma sapeva bene quale sarebbe stata la risposta.

Gillian spalancò gli occhi imbarazzata.

Ben la pressò: “Cos’è che devi dire a Cal? Avanti Gillian, cosa devi dirgli? ” Ben sapeva quali fossero i sentimenti che legavano Gillian e Cal come sapeva benissimo che la donna doveva sfogarsi.

Gillian cedette e, quasi urlando, rispose: “Che io l’amo! Ecco cosa devo dirgli!
Appena pronunciate queste parole si coprì gli occhi con una mano e iniziò a piangere “Non posso perderlo ora … proprio non posso…”

Ben le si avvicinò.

L’abbracciò e la sentì abbandonarsi al pianto sulla sua spalla.

“Ti prego Ben, riportamelo dietro sano e salvo”

“Farò il possibile, Gillian”. Era sincero.



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E dire che avevo iniziato a scrivere questa fanfic pensando di chiuderla in poche pagine! Vabbè, portate pazienza!
Auguro a tutte/i uno splendido 2013 (e chissà che la Fox non si ravveda ed esaudisca i nostri desideri! ^_-)
  
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