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Autore: SkeletonBrain    30/12/2012    1 recensioni
Enormi pressioni psicologiche e forti tensioni sessuali si abbattono sul povero Taylor York, chitarrista ritmico dei Paramore. Vive proprio nel mondo dei sogni, e solo il suo miglior "amico" Zac riuscirà riportarlo alla realtà. Vedremo il nostro paladino rischiare vita e integrità mentale per questa suo inaspettato amore carnale.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Quasi Tutti
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
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THE RAINBOW MACHINE

 

24 DICEMBRE
Correvo, scappavo, dalla gelida mano di Jeremy; spesso mi faceva quello scherzo, era un misto tra sadomaso e masochismo. "Il gela-schiena" consisteva nel tenere la mano per 5 minuti nel congelatore per poi scaldarsela sulla mia povera e rovente schiena, la mia, quella del riccioluto Taylor.
"La mia schiena è sempre calda, nonostante il variare delle stagioni" -esclamai  con molta teatralità; Jeremy fece una risatina.
"È per questo che ti abbiamo fatto entrare nella band" -disse Jeremy convinto.
"Strano"- conclusi.
Ero stato da pochi mesi inserito come membro ufficiale, avevo coronato il sogno della mia vita, ma non volevo mostrarmi troppo entusiasta.
Eravamo da poco tornati da un tour, ci eravamo tutti trovati a casa di Hayley per scambiarci gli auguri e regali di Natale, prima di andarlo a passare con le nostre rispettive famiglie e compagnie.
Quel giorno ricevevo anche i regali del mio compleanno, questo capita agli sfortunati che nascono poco prima di una tale festività; ed è in questi casi dove pensavo di doverla smettere di ragionare come un bambino. Sono un personaggio famoso, ho delle responsabilità, non posso fare più quello che mi pare, le cose stupide che voglio.
Il presente che più mi aveva colpito era quello di Zac, il mio migliore amico. Quando lo scartai rimasi un po' perplesso, era un pedale per chitarra rosa, si chiamava "rainbow machine". Scoppiai in una imbarazzante risata, per poi analizzarlo meglio: un pedale rosa con scritte bianche, in basso a sinistra un bottone con scritto "magic", qualcosa che aveva dell'incredibile, non credevo funzionasse davvero. Mentre le mie tiepide mani si muovevano velocemente su quel congegno, rimasi con la bocca aperta, quando mi concentro su qualcosa rimango sempre con quella espressione assurda, a volte con la partecipazione di lingua fuori. Zac sorrideva per la mia contentezza, e mentre rimanevo lì che guardavo la scatola mi mise un dito in bocca, la chiusi immediatamente, era l'unico modo per farmi ritornare alla realtà. Dopo 5 secondi avevo ancora il suo indice tra i denti, glielo strinsi e gli leccai il polpastrello, si mise a ridere e lo tirò fuori di scatto.
"Oh Dio che schifo" -esclamò.
"Che schifo dovrei dirlo io!" -ribattei. In sottofondo c'era Josh che borbottò: "Non si nomina il nome di Dio invano!", alzammo gli occhi al cielo.
"Che poi cosa lecchi? pensa dove potrei avermi messo il dito!" -commentò Zac.
"Oh mio Dio fai schifo" -continuai. "Smettetela!" -gridò Josh.
Spinsi Zac sul divano, e lui disse: "adesso puoi comporre la canzoni sulle api! Bees are cool, bees just rule!".
"Sei una puttana!" -me ne uscii. "Comuuunque grazie" -dissi a mo' di bimba.
Lo abbracciai, lui intanto mi diede una pacca sulla spalla.
"Dai, adesso vado che Jason e i miei genitori mi aspettano, non vedo l'ora di provarlo! Grazie ancora!" -dissi incamminandomi verso la porta, Zac fece quel suo sorrisetto carino e accennò a un saluto.
Arrivai a casa, non vedevo la mia famiglia da parecchi mesi, prima di rifugiarmi da Hayley li avevo a malapena salutati, avevo lasciato le valigie in camera mia e me ne ero andato perché sentivo i miei genitori litigare animatamente, non essendo fatti miei, ogni volta che succedeva, da quando avevo dodici anni mi rifugiavo da qualche amico. Semplicemente non avevo voglia di sentirli, niente di più. Suonai al citofono, rispose mia mamma:"Sono io, ma!" Come avrebbe reagito? Avrebbe aperto subito a suo figlio o ,essendo lontano da lei la maggior parte del tempo, avrebbe spostato la tenda per vedere chi era? Aprii subito e io mi  avviai verso il portone, proprio mentre strusciavo le scarpe sullo zerbino mio padre aprì, mi abbracciò, non era di certo il tipo da abbracci, mi sorprese. Io e Justin ci facemmo un cenno con la testa, niente romanticherie, veniva in tour con noi. Mentre mi slacciavo gli anfibi scrutai mia mamma dall'angolo, era appena uscita dalla cucina, aveva ancora il mestolo in mano; mi abbracciò forte esclamando:"Oh! Dolcezza!". Ero contento di vederli, non amavo tutte quelle scenate, ma d'altronde ero rimasto in tour per cinque mesi.
Raggiunsi mio fratello davanti il televisore. Dieci minuti più tardi mia madre gridò:"É pronto da mangiare ragazzi!" Non smetteva mai di trattarci come ragazzini. Ringraziammo il signore e iniziammo a mangiare, mangiare tanto, mi mancava la cucina di mia madre. A tavola io e Justin raccontammo tutte le cose divertenti che ci erano successe in tour.
Andai in camera e attaccai subito il "rainbow machine" alla chitarra, il viso di Zac mi apparì. Feci un paio di accordi, do, fa minore e il sorriso di Zac si aggiunse. Attivai il pulsante magic, la distorsione di suoni era magnifica, era un effetto quasi oppiaceo, gli occhi di Zac completarono il quadro. Stanco di tutti mi buttai sul letto, di quella cameretta rimasta come cinque mesi fa.

 
Spazio autore: Sì, ho un pene.
  
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