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Autore: MissMugnimugni    30/12/2012    1 recensioni
-Ok, per me è arrivato finalmente il momento di tornare sotto le pezze. Buona giornata, tesoro.- così dicendo, girò i tacchi e prese la strada di casa sua mentre del leggero nevischio cominciava a scendere. Mi lasciò lì, in piedi, come una scema ad aspettare qualcosa che non sapevo neanch'io cosa fosse.
Poi un paio di mani calde si posarono sui miei occhi.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Che ci facciamo qui?- chiesi a Joannette.
-Vedrai.- rispose misteriosa. Si guardava nervosamente l’orologio come se facendo ciò il tempo andasse più veloce. Era evidentemente spazientita. Continuava a sbuffare e a roteare gli occhi verdi mentre tremava per il freddo.
-Senti. Mi spiegheresti cosa dovrebbe succedere il 27 Dicembre, con -2 gradi, a Rockfeller Center? Sto morendo di freddo.-
-Senti, non credere che io stia meglio di te in questo momento. Sappi che faccio tutto questo solo per la nostra amicizia.-. E lo sapevo bene. Lei era una di quelle persone così freddolose che in inverno si barricavano in casa e non ne uscivano più. In dieci anni di amicizia erano state ben poche le dimostrazioni d’affetto che avevo ricevuto da lei, per questo mi sembrava incredibile che stesse sfidando freddo e attesa (un’altra delle cose che odiava di più al mondo) solo per me. Poi si illuminò in volto.
-Ok, per me è arrivato finalmente il momento di tornare sotto le pezze. Buona giornata, tesoro.- così dicendo, girò sui tacchi e prese la strada di casa sua mentre del leggero nevischio cominciava a scendere. Mi lasciò lì, in piedi, come una scema ad aspettare qualcosa che non sapevo neanche io cosa fosse.
Poi un paio di mani calde si posarono sui miei occhi. Capii subito chi fosse. Mi girai e senza neanche guardare in faccia il padrone di quelle meravigliose, grandi, forti mani, gli saltai al collo senza alcun ritegno. Ero notevolmente più bassa di lui, così mi dovetti alzare sulle punte per baciarlo. Lo guardai negli occhi, quegli occhi in cui mi perdevo fin troppo facilmente, quegli occhi che da tre anni brillavano solo per me. Non resistetti e inzuppai la maglietta con le mie lacrime di gioia e di sorpresa e di amore e di tutto ciò che una ragazza follemente innamorata del suo fidanzato possa sentire.
-Shh, non piangere.- mi strinse ancora di più e poi mi asciugò il viso. Mi prese in braccio e ci sorridemmo come non facevamo da troppo tempo. Erano esattamente tre mesi e due giorni che non ci vedevamo, se non su Skype. Tre mesi e due giorni senza baciare le sue soffici labbra. Tre mesi e due giorni senza carezzare la sua pelle morbida come quella di un bambino. Tre mesi e due giorni che non lo sentivo completamente mio.
-Mi sei mancato così tanto, non riesco a credere che tu sia qui… io… come hai fatto?- ero davvero incredula. Non mi aspettavo di rincontrarlo fino a Febbraio, quando sarebbe tornato a New York per cominciare il nuovo tour con i ragazzi.
-Sai, esistono dei macchinari volanti. Si chiamano aerei credo, ma non ne sono sicuro. Lasciami controllare…- mormorò tirando fuori il cellulare come per andare su internet e cercare la parola “aereo”.
-Che stupido che sei.- dissi dandogli uno schiaffetto sul bicipite. Quel bicipite che mi faceva impazzire.
-Diciamo che ho trovato un buco nel mio calendario e ho deciso di visitare questa bellissima città che non avevo mai visto. In effetti stavo andando a prendermi un caffè, poi però ti ho casualmente incontrata.-
-Sei un vero idiota. Ma ti amo lo stesso.- risi di gusto.
-Anche io ti amo.- tornò serio. -Oh e buon Natale!- esclamò porgendomi un pacco incartato alla bell’e meglio.
Lo presi e cominciai a fantasticare sul contenuto. Iniziai a scartarlo e mi accorsi che si trattava di una scatola bianca. La aprii e ne svelai il contenuto. Una sacca color panna era morbidamente adagiata sul fondo. Sapevo già cosa contenesse. Con mano tremante slacciai i cordoncini che la legavano e la aprii. Un paio di meravigliosi pattini candidi stavano lì, uno accanto all’altro. Le lame luccicavano come platino.
-Io, davvero… non so cosa dire. Come hai fatto? Come hai fatto a sapere la misura alla perfezione? Come hai fatto a sapere che ormai i miei sono distrutti?- gli chiesi con le lacrime agli occhi (di nuovo).
-Io so tutto.- rispose semplicemente sorridendomi.
-Graziegraziegraziemilletiamoseilmiglioragazzodelmondononsocosafareisenzadite- dissi in un soffio per poi baciarlo di nuovo. 
Il pattinaggio sul ghiaccio era la mia passione da quando avevo circa tre anni e guardavo incantata le gare in TV. Mia madre era stata una pattinatrice e aveva mollato tutto per crescere me e le mie due sorelle. Fra tutte, io fui l’unica che crebbe con l’amore per la pista e mia madre diventò presto la mia istruttrice. Ricordo ancora la prima volta che mossi un passo sul ghiaccio, cadendo subito dopo. Ricordo che pensai che fosse molto più duro di quanto mi aspettassi. 
-Allora… stavo pensando: che ne dici se li provi?- mi domandò con finta noncuranza. Sentivo che c’era qualcosa sotto.
-Ora?! Ma sei pazzo?! Forse ti dimentichi del centinaio di persone che sono in pista. Ti ricordi ancora chi sei, o stai avendo una crisi d’identità?-
-Nessuna crisi. Voglio pattinare con te.-
Faceva sul serio. In tre anni che stavamo insieme mai, dico mai, aveva voluto pattinare con me. Preferiva venirmi a vedere agli allenamenti mentre ripetevo le stesse sequenze milioni di volte. Sapevo che si vergognava di essere terribilmente scoordinato e privo di equilibrio per starmi dietro.
Per questo non esitai un secondo e lo trascinai verso l’entrata della pista più famosa del mondo. Quella sotto l’albero di Natale più famoso del mondo, nonché la prima pista in cui misi piede e la pista che mi fece innamorare del ghiaccio. Quella sera mia madre aveva deciso che era ora per me di provare il suo sport, così mi caricò in macchina e mi portò a Rockfeller Center. Era il 23 Dicembre e si respirava una fortissima aria natalizia. Proprio mentre cominciavo a prendere dimestichezza con il terreno, qualcuno ci disse di allontanarci dal centro e stare a guardare. Un ragazzo era inginocchiato davanti ad una ragazza ed aveva appena tirato fuori un anello. Lui le aveva chiesto di sposarlo e lei aveva detto sì. Li avevo chiamati Erik e Jane, perché secondo me suonavano come la coppia perfetta."Erik e Jane" mi ripetei in continuazione sulla via di casa.
Giravo su me stessa, alzavo i piedi, li ammiravo: non mi sembrava vero di avere dei pattini nuovi, regalati dal mio fidanzato. Lui stava armeggiando con i lacci dei suoi tristi aggeggi affittati, così andai ad aiutarlo e gli dissi che se quelli erano i presupposti, un sacco di gente si sarebbe fatta grasse risate quel pomeriggio. Allacciati i rispettivi pattini, ci dirigemmo verso la pista, sotto gli sguardi curiosi di persone che non avevano il coraggio di chiedere autografi o foto. Erano forse quelli che mi davano più fastidio. Ci fissavano con quell'aria ebete mentre combattevano interiormente per venire a parlare con il loro "idolo" (o delle loro figlie). Non appena posso la lama sul ghiaccio capii che tutto ciò di cui avessi bisogno in quel momento era proprio lì, con me. Il mio ragazzo in prenda ai rimorsi, nella classica fase del "chi me l'ha fatto fare", e il mio sport. In sintesi, i miei due veri amori, le mie due ragioni di vita. Lo feci andare per primo, così da tenerlo in qualsiasi momento di squilibrio. Continuava a marciare sul ghiaccio senza capire che pattinare significava accarezzarlo, non distruggerlo. Dopo un'ora circa cominciò a fare qualche movimento più fluido e si lasciò andare, così ci demmo la mano e pattinammo finalmente insieme. 
-È da tre anni che aspetto questo momento, lo sai?- gli dissi sorridendo.
-Ma adesso che lo hai aspettato così tanto lo puoi assaporare meglio.- rispose semplicemente. Ci appoggiammo alla balaustra perché lui "non ce la faceva veramente più, come diavolo facevo io, con un corpo così minuto, a faticare così tanto?" e, prendendomi per i fianchi, mi baciò.
-Mi sa che avevi ragione.- sussurrai al mio bello. Dio se era bello.
Espresso il desiderio di rimanere appoggiato alla ringhiera per un altro po', mi mandò al centro, con "quelli bravi", così che potessi fargli vedere uno dei miei "zompi da brivido".
Ero nettamente più brava di "quelli bravi" che erano con me, che al massimo facevano qualche trottolina stupida. Volteggiavo e saltavo e prendevo velocità accompagnata dallo sfrigolio della lama sul ghiaccio che mi dava sempre un'insolita eccitazione. Atterrando da uno splendido doppio Axel, uno dei salti per i quali avevo mostrato un talento innato fin dal primo momento, mi accorsi di avere centinaia di occhi puntati addosso,di persone sbalordite in cerchio che applaudivano. Ci misi un po' a capire che non era per le mie impeccabili esecuzioni. Abbassai lo sguardo e vidi uno splendido ragazzo, il mio ragazzo, inginocchiato. Spalancai la bocca e gli occhi a quella vista.
Cominciò a parlare.
-Sai, la prima volta che ti ho vista ho pensato che una creatura così bella non l'avrei mai più incontrata, così decisi di chiederti di uscire subito, senza perdere tempo. Di sicuro mai avrei pensato che quella ragazza minuta dai capelli lunghi, mogano, e sempre profumati di vaniglia, dagli occhi neri e ipnotizzanti, sarebbe diventata la ragazza della mia vita. In questi tre anni di amore e dolcezza e, purtroppo, anche di sofferenza e lontananza, ho capito che tu mi completi, siamo fatti l'uno per l'altra, ne sono più che certo. Mentre ero in tour ed ogni sera mi addormentavo con l'immagine di te che piangevi dietro ad una webcam giurando di non farcela più, ho realizzato che non posso più permettermi di perdermi il tuo compleanno, o le tue gare, o i tuoi capelli arruffati la mattina o la tua bocca a cuore che mi manda baci silenziosi in continuazione. Non posso più permettermi di perderti. Per questo (e anche perché non mi sento più un ginocchio) ti chiedo: vuoi stare con me, per sempre? Vuoi sposarmi?- 
E, magicamente, tutto sembrò più giusto. Tutto sembrò più facile. Lui era lì, bello come sempre, in ginocchio e con una scatolina di velluto azzurro in mano. Io ero lì, sul ghiaccio, e mi sentivo la donna più bella, felice e fortunata del mondo. Il mondo ci guardava e si preparava a fare un gran baccano. Mi bastava pronunciare una semplice, misera parola. Tutte le insicurezze e le paure e le gelosie abbandonarono la mia mente. Presi fiato e dissi forte e chiaro:
-Sì. Sì. Ti amo. Non aspettavo altro. Da tutta la vita.- ed era pure vero, dato che fin da piccola sognavo che il mio principe azzurro mi chiedesse di sposarlo in una pista di ghiaccio, al centro dell'attenzione di migliaia di infreddoliti newyorchesi, proprio come aveva fatto molti anni prima un tesoro di ragazzo del quale ancora mi chiedevo il nome.

Spazio autrice: Salve donzelle! Prima one shot per me, festeggiamo insieme. Come avrete notato il "ragazzo" non viene esplicitato, infatti questo è il mio regalo di Natale per voi (capirai che regalo!)!!! Immaginate il ragazzo che volete al suo posto, io ho pensato a Liam ed è da lui che ho preso l'ispirazone.
Sinceramente, non mi piaceva questa os e non l'avrei pubblicata se non fosse stato per la mia preziosissima
Chiara (che mi funge pure un po' da editor, a dirla tutta). Quindi, la dedico a te, Chiaretta, grazie di tutto.
Detto ciuuuuò, grazie delle visualizzazioni e recensioni e se per caso vi piacesse questo schifo, passereste nella mia altra
FF?

  
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