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Autore: evenstar    30/12/2012    4 recensioni
Dovete sapere che Tony Stark è sì un genio, un miliardario e un filantropo (il playboy lo aveva lasciato da parte da quando aveva iniziato una relazione stabile con Pepper Potts, per la buona pace domestica) ma in fondo è anche una persona normale e, in quanto tale, molto spesso passa dei normali sabati pomeriggio in casa.
Questo di cui stiamo per parlare era proprio uno di quei giorni.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Rhodey' Rhodes, Natasha Romanoff, Phil Coulson, Tony Stark, Virginia 'Pepper' Potts
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Uno stupendo tramonto arancione stava incendiando la superficie del mare appena fuori dalle finestre della villa, tramutando la distesa d’acqua in un oceano di oro fuso, ma nessuno degli occupanti della casa sembrava esserne minimamente interessato. Al di qua del pittoresco quadro naturale che si era delineato all’orizzonte, e che stava lentamente sparendo inghiottito dal blu intenso della notte, Pepper sospirò posando la sua pesantissima borsa da lavoro sul tavolo. Un’altra impegnata, frenetica, convulsa, spasmodica e assolutamente normale giornata lavorativa era volta al termine e lei non vedeva l’ora di mangiare qualcosa e svenire sul divano, come ogni sera. Doveva ammettere che il riportare la sua situazione lavorativa alla normalità (e quindi tornare ad essere la semplice assistente personale del CEO, invece che la CEO stessa) le aveva dato un’immensa soddisfazione. Quasi tutto il resto del mondo avrebbe interpretato quell’evento come una presa di coscienza da parte di Tony Stark che lui era l’erede delle Stark Industries, e che quindi le doveva gestire come d’altra parte aveva fatto fin dalla tenera età di 16 anni, senza delegare il lavoro ad una qualunque assistente non qualificata. A Pepper andava benissimo così, molto meno stress, molti meno fotografi, molti meno pettegolezzi e molte meno critiche mantenendo comunque alla fine il controllo su tutto, tranne che sulla facciata. Nessuna delle due parti in causa (ovvero lei stessa e Tony) avevano il minimo dubbio su chi faceva andare avanti la baracca e quindi il resto del mondo poteva tranquillamente pensare quel diavolo che voleva.
Sebbene la loro situazione personale fosse al momento in una fase di transizione (da cosa a cosa ancora non era ben chiaro a nessuno dei due) la stampa non aveva ancora subodorato nulla e quindi si potevano godere un po’ di sano relax insieme, senza l’assillo di trovare un loro video su You Tube il giorno dopo. Certo questo poteva implicare non lasciare la sicurezza (elettronica) della villa insieme, non indulgere in cene romantiche pubbliche o a passeggiate al chiaro di luna mano nella mano, anche se a ben pensarci già da qualche tempo giravano loro foto non esattamente innocenti dell’ultima Charity Premiere. Quelle limitazioni però non erano un problema, potevano sempre decidere di mangiare al lume di candela in casa o di fare una romantica passeggiata sulla spiaggia privata anche se Pepper non credeva che sarebbe mai successo. Molto più probabilmente si sarebbero trovati a mangiare con un cartone di hamburger come piatto e a volteggiare a qualche centimetro dal suolo per provare i nuovi propulsori dell’armatura di Iron Man.
Tutti questi suoi profondi pensieri furono interrotti da un “tump”, soffice suono di qualcosa di molto fragile che cade su un tappeto molto costoso. Dovete sapere che a tale suono la brillante assistente di Tony-Stark-io-sono-Iron-Man ormai aveva fatto il callo, essendo la casa anche il laboratorio dove il multi miliardario provava i suoi nuovi giocattoli, ehm prototipi, di armatura. Quindi non dobbiamo stupirci se non fu con grande ansia né apprensione che Pepper si diresse verso il salotto per vedere cosa si fosse appena rotto. Rimane comunque interdetta di fronte alla scena che le si parò davanti: Tony era di davanti al suo televisore 52 pollici ma in una posa che normalmente nessuno assume di fronte ad un televisore, bensì sulla prima base di un campo da baseball, in attesa di un tiro.
- Oh mio dio, pensavo che fosse solo una cotta passeggera, Tony. A cosa dobbiamo questo improvviso amore viscerale per i videogiochi? – chiese con tono decisamente ironico avvicinandosi al divano, ma rimanendo comunque a distanza di sicurezza.
- Ciao – le rispose lui, chiaramente interpretando la domanda come retorica e quindi non meritevole di approfondimenti, chiarimenti o semplici risposte. – Tutto bene?
- Io si. Che cos’era quel rumore di cocci che ho sentito poco fa? – gli chiese scrutando in giro, fissando l’attenzione su quel paio di oggetti di Swarowsky a cui teneva particolarmente e tirando un sospiro di sollievo nel vederli ancora al loro posto, intatti.
- Uhm? – rispose lui sventolando le braccia e osservando poi con ansia l’immagine di una palla che passava tutto il campo, le tribune e si perdeva nel blu oltre lo stadio mentre la scritta “fuori dallo stadio” compariva tra coriandoli e stelle filanti. – Sono grande!
- Tony? – chiese di nuovo alzando un sopracciglio nella sua classica posa da “mi serve una risposta”. Fu contenta di notare come la stessa occhiata lavorativa sembrava funzionare abbastanza bene anche in campo più personale.
- Niente, solo il bicchiere – si decise a rispondere lui dando un colpetto ad un bicchiere da liquore per terra che, fortunatamente per il tappeto, era vuoto.
- E credi di lasciarlo lì fino a domani? – Pepper odiava letteralmente riprenderlo così. Lo aveva odiato prima e ancora di più le dava fastidio adesso che si presumeva fossero una coppia (forse. Si lo erano decisamente. O no? Mah) ma, che diavolo, un adulto in casa doveva esserci.
 - No, solo fino alla fine della partita. Dai mancano tre tiri – aggiunse come scusa sentendo uno sguardo omicida sulle sue spalle.
- D’accordo, - crollò letteralmente lei, buttandosi sul divano. – Ma poi mangiamo, ho una fame terribile!
- Ti sei ricordata di fare pranzo, oggi? – chiese lui ridendo quando con la coda dell’occhio vide Pepper che arrossiva fino alla punta dei capelli, già rossi di loro. – E mi dica, signorina Potts – concluse guardando con orgoglio un altro fuoricampo che si perdeva tra le scalinate – A cosa dobbiamo questo amore viscerale per il suo lavoro?
- Mi è sempre piaciuto il mio lavoro! – si difese lei. – Ok, - disse infine quando lui abbandonò per un attimo lo schermo per fissarla con un sopracciglio alzato. – E’ che sono contenta di essere tornata al “mio” lavoro, tutto qui. 
- Sai che cosa ti dico? Hai decisamente bisogno di sfogare la tensione – le disse Tony togliendosi il laccetto e tendendole il telecomando.
- Cosa? – Pepper scosse la testa facendo ondeggiare la massa di capelli ramati e facendo perdere qualche battito al cuore di Tony, che però non si lasciò distrarre da tale spettacolo assolutamente sexy, provocante e... non si fece distrarre, dicevamo.  
- Su.
- Ma non so giocare a baseball, Tony. E non ne ho voglia! Ho fame! Sono stanca.
- Dai, un paio di tiri, ti sentirai decisamente meglio dopo! – le rispose lui, e in parte ci credeva. In parte, ovviamente la parte maschile e sportivamente competitiva di lui, non vedeva l’ora di farle capire quanto difficile fosse fare un fuoricampo. Era la solita vecchia idea virile: ti faccio vedere il mio piumaggio colorato (ossia, nel caso specifico, quanto sono bravo a baseball) così tu poi mi cadi ai piedi. Due cose però non aveva tenuto in conto il nostro eroe (letteralmente parlando): la prima era che, in quel preciso momento, una delle sue famose omelette avrebbe fatto decisamente più colpo sull’affamata Pepper di quanto non potesse fare un bel tiro a baseball. La seconda, beh quella la vedrete tra poco e le sue conseguenze furono considerevoli.
- Se io adesso trovo la forza di alzarmi e fare un paio di tiri, dimostrandoti quanto non sia assolutamente capace a giocare, poi mi prometti che mangiamo?
- Affare fatto – annuì lui, passandole il telecomando. – Ehm, solo ricordati il laccetto. Sono affezionato a quella ferraglia, - le disse indicando la loro mega TV ultranuova.
Pepper lo fulminò con un’occhiata. – Avevo chiesto l’altra volta.
Tony sorrise con fare innocente e si sistemò dietro di lei sul divano, ad osservarla.
- Beh? – gli chiese girandosi a guardarlo. – Che cosa devo fare?
- Il principio è quello di colpire la palla quando quella arriva. Come ora.
Pepper si voltò di scatto solo per vedere una pallina che si perdeva dietro al suo giocatore e una sfacciata scritta “strike” che compariva sullo schermo. – Non vale, non ero pronta! – disse avendo un deja vu dell’ultima volta. Per ironia della sorte, tra l’altro, l’omino stilizzato che la stava tartassando di palle veloci e curve aveva proprio le fattezze dell’uomo che stava sghignazzando alle sue spalle, capelli arruffati e bellissimi occhi nocciola compresi. Pepper scosse la testa cercando di ritrovare la concentrazione. Accidenti a lui ai suoi omini! La terza palla andò meglio, quanto meno riuscì a colpirla, sebbene si perse di lato, fuori dal campo. Alla quinta palla di fila che non riusciva a prendere la ragazza perse decisamente la pazienza. – Senti, - disse con tono minaccioso togliendosi il cordino e tendendogli il controller – Non so perché mi stai sottoponendo a questa tortura ma mi sono stufata! Gioca da solo!
Fortunatamente per Tony, lo stesso vantaggio che aveva lei nel loro nuovo e ancora acerbo rapporto di coppia, lo aveva anche lui. La conosceva talmente bene da sapere esattamente dove si trovava la famosa linea invalicabile, quella sottile traccia che separava una sfuriata generica da una vera e propria incavolatura con i controfiocchi. E a quella famosa riga mancava ancora qualche divertente centimetro. Si alzò dal divano e le rimise in mano il controller, allacciandole il laccetto e facendole segno di rimettersi in posizione; lei lo guardò imbronciata ma poi, come le succedeva tragicamente  sempre, fece quello che le veniva chiesto.
- Il trucco è il tempismo – le mormorò all’orecchio, avvicinandosi a lei fino a che i loro corpi non furono a contatto. Tony fece scivolare le sue mani sulle spalle della ragazza, facendogliele rilassare, poi le sfiorò le braccia, mettendogliele nelle posizione corretta, e infine le appoggiò lievemente sui suoi fianchi. A quel punto successero numerose cose.
Pepper arrossì ma, per una volta e fortunatamente per lei, nessuno la vide.
Tony perse il controllo dei battiti del suo cuore e per un attimo temette che nessun reattore al mondo avrebbe potuto salvarlo, questa volta.
Pepper si rese conto che quel contatto le piaceva. Molto.
Tony si rese conto di essere terrorizzato.
Pepper si rese conto che c’era qualcosa che non andava.
Tony si rese conto di essere sconvolto dal fatto di essere terrorizzato.
Pepper si rese conto che Tony era terrorizzato e per un attimo ne fu atterrita lei stessa.
Il fatto a cui entrambi stavano pensando, con terrore, era questo. Perché mai Tony Stark, playboy donnaiolo di fama internazionale, il mito di qualunque altro uomo, ammirato e osannato come conquistatore mondiale secondo, e forse neanche poi così tanto, solo al mitico Casanova, doveva essere terrorizzato dal contatto (attraverso svariati strati di tessuto, tra l’altro) con i fianchi di una ragazza?
Ovviamente fu Pepper la prima a capire quello che stava succedendo ma, a difesa di Tony, possiamo dire che lui ci arrivò solo qualche attimo dopo di lei.
Pepper si rese conto con gioia, e sentendo una sensazione di calma pervaderla, che non solo Tony Stark aveva un cuore, ma che quel cuore era, al momento, in suo assoluto possesso. Ora quanto meno sapeva che, se le cose non fossero andate come dovevano andare, ci sarebbero stati non uno, ma due cuori infranti a Malibù. Il che, sebbene non fosse una prospettiva allettante, quanto meno serviva a riportare il suo ego ad un altezza accettabile.
Tony si rese conto con un ben più di una punta di panico, ma anche con qualcosa che assomigliava a felicità pura, di essere assolutamente, inderogabilmente, totalmente, integralmente, categoricamente innamorato della sua assistente. Non si trattava solo di trovarla bella, affascinante, intelligente, divertente perché di donne così ne aveva già conosciute molte; si trattava semplicemente di Pepper. Forse lo aveva sempre saputo, forse se n’era reso conto in Afganistan, forse quando l’aveva guardata per la prima volta al ballo, non lo sapeva e ben poco gli importava in quel momento.
Tony era felice.
Ed era terrorizzato.
Si scostò sollevando le mani e fissando il vuoto davanti a se finché quel vuoto non fu riempito dal volto di lei, che nel frattempo si era girata.
- Tutto bene? – gli chiese guardandolo con innocenza, come se non fosse appena successa una cosa monumentale che cambiava tutto nella loro vita.
- Ehm, si. Bene – rispose cercando di riprendere il controllo. Cercò di pensare ad altro: al baseball, alla palla, alla sfida, al tempo. A qualunque dannatissima cosa, ma in quel momento non gli veniva in mente niente che non fossero i suoi capelli che ricadevano morbidi sulle spalle, i suoi occhi azzurri che lo fissavano allegramente, quasi a prendersi gioco di lui, le sue labbra e poi i fianchi, le braccia, le mani, le gambe. Il cervello di Tony andò in tilt. Meno di un secondo dopo la stava baciando e le sue mani tornarono nell’esatto punto che aveva scatenato quel pasticcio, ma questa volta non ci furono eventi a disturbare il momento. Pepper si girò tra le sue braccia in modo da trovarsi davanti a lui e, liberandosi di quello scomodissimo laccetto, fece cadere il telecomando per terra in modo da avere le mani libere e poterle affondare nei capelli di lui, spettinandoli ancora di più. Giusto perché le andava di farlo da sempre, e adesso poteva.
- Mangiamo adesso? – chiese con un sorriso sottile.
- Quello che vuoi – rispose lui tornando a perdersi nel suo sguardo.   

  
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