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Autore: Ma_AiLing    30/12/2012    3 recensioni
La Grande Battaglia di Hogwarts è finita, ma come si può parlare di vittoria?
Harry sembra non voler sentir ragioni, ma la magia delle parole consiste in questo: usare quelle giuste per salvare chi si ama dal dolore, e Ginny sembra conoscere questo incantesimo.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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La guerra era finita. Era finalmente finita. Voldemort era morto, una volta per tutte. Morto.
Morto.
Anche Fred era morto. Anche Colin. Anche Remus e Tonks. Morti. Erano morti, e ora tante lapidi bianche erano disposte ordinatamente sul prato a ovest del castello.
La luce del tramonto illuminava i capelli di Ginny, che tra quelle tombe stava cercando una persona. Eccolo là, inginocchiato a fissare il vuoto.
Una nuova battaglia stava per iniziare, Ginny lo sapeva. Doveva convincere il fidanzato che no, non era colpa sua se quelle persone erano morte.
"Harry" lo chiamò, ma il ragazzo non rispose, così Ginny andò a sederglisi a fianco.
Una lacrima gli stava rigando il volto. Non aveva ancora finito tutte le lacrime.
"Harry" lo richiamò lei, e quello si voltò, sorpreso di averla vicino, perché immerso nei suoi pensieri non si era accorto del suo arrivo. La guardò negli occhi e sentì un gran groppo in gola.
"Sono morti" furono le uniche parole che riuscì a dire. Solo quello, perché quel maledetto groppo in gola era troppo grande e gli impediva di parlare senza scoppiare a piangere, e Harry non credeva fosse giusto che lui piangesse, lui era vivo.

Subito dopo aver sconfitto Voldemort era riuscito a essere sereno. Il Bene aveva finalmente trionfato sul Male. Era riuscito a raccontare tutto a Ron ed Hermione. Era riuscito pure a dormire. Ma poi si era svegliato, e l'immensa gravità della situazione gli era piombata addosso, spaventosa, terrificante.
Remus, Tonks, Fred, e molti altri erano morti. Molti studenti erano morti. Erano morti combattendo con lui e per lui. Perché, se lo avessero consegnato, se avessero seguito il consiglio di quell'antipatica di Pansy Parkinson, ora sarebbero stati tutti vivi. Lui no, era ovvio, ma loro sì, sarebbero stati risparmiati.
Non pensò che se lo avessero consegnato, Voldemort sarebbe stato ancora vivo e la paura avrebbe ancora regnato. Non lo pensò, perché guardando tutte quelle pietre bianche che lo attorniavano rivedeva i sorrisi di tutti quelli che ora non avrebbero più riso. E vedeva i loro sguardi decisi, volenterosi nel combattere i Mangiamorte. E vedeva i loro volti giovani, a terra, tra la polvere.

Altre lacrime caddero al suolo.
"Harry" sussurrò Ginny. Non sapeva neanche lei cosa dire, sapeva solo che non voleva abbandonarsi al dolore. Aveva perso suo fratello. E dire che si era sempre lamentata di averne troppi, di fratelli. Lei avrebbe dato tutto per riavere indietro Fred. Cosa avrebbe fatto Harry per riaverli tutti?
Era distrutto, lacerato dal dolore come lei non poteva neanche immaginare.
"Erano giovani. Tutti." disse ad un tratto il ragazzo.
Ginny lo guardò. Ecco cosa lo tormentava, oltre al dolore per la loro morte: il fatto che fossero giovani. Ripensò a Colin. Lo rivide, determinato a vincere, e poi, il fascio di luce verde, la sua espressione sorpresa, e il suo corpo accasciato a terra. Dovette lottare con le lacrime, affinché non uscissero. Aveva bisogno di essere forte, Harry aveva bisogno di lei. Harry aveva bisogno che lei fosse forte e lo tirasse fuori da quel baratro di dolore in cui era immerso.
"È vero, erano giovani" disse, "ma sono morti qui, ad Hogwarts. Non sono morti di vecchiaia, però sono morti a casa. Hogwarts è sempre stata una seconda casa per tutti".
"Sì" le rispose Harry "ma per alcuni è stata la prima. Per alcuni l'ultima. Per troppi l'ultima."
"Harry non è colpa tua!" perché quello era il punto cruciale su cui stavano discutendo.
"Sì invece! Sono morti combattendo per me!" ribatté il ragazzo.
"Perché ti amavano..." "Tu non fare la stessa fine. Ti prego." Harry aveva gli occhi spalancati per la paura.
Ha paura di perdermi perché lo amo, pensò Ginny. "No, Harry, non me ne andrò. Non ho mai pensato di andarmene. Ero sempre qui ad aspettarti, perché sapevo saresti tornato."
Alle sue parole il moro tirò un sospiro di sollievo. " Grazie Ginny. Ti amo. Me ne sono accorto tardi, ma ora..." "Ora abbiamo la vita intera davanti, Harry" lo interruppe la ragazza "E io non ti lascerò scappare un'altra volta, per quanto il fine possa essere buono e nobile. Lasciati il passato alle spalle, per una volta".
"Non posso! Non potrò mai..." Harry sentì che le lacrime stavano per uscire di nuovo, nonostante la calma provata accanto a Ginny.
"Lo so, ma puoi provarci. Puoi provare, non a dimenticare, quello no, nemmeno io potrei mai, ma puoi provare ad accettare quello che è successo, perchè è stato il Caso a metterti contro Voldemort, non l'hai voluto tu".
"L'ha voluto Voldemort..."
"Come?" chiese Ginny, sicura d'aver capito male.
Harry pensò che avrebbe dovuto spiegare tutto a Ginny, prima o poi, e senza omettere nulla. Ma più tardi, con calma, perché ora ricordare era doloroso. Ma ora una spiegazione gliela doveva, sul perché fosse stato Voldemort e non la semplice Sfortuna che sembrava perseguitarlo come i guai, a far sì che la sua vita fosse un casino pazzesco.
"Ti ricordi la profezia di qualche anno fa nell'Ufficio Misteri?" le chiese dopo un periodo di silenzio più o meno lungo. "Io l'ho sentita. Riguardava Voldemort e un bambino nato alla fine di luglio da genitori che l'avevano tre volte sfidato. Avrebbe potuto essere Neville, ma Voldemort ha scelto me."

La notizia sconvolse Ginny. E non perché Harry avesse ascoltato la profezia, quello l'aveva intuito, dopotutto, se si era accanito così tanto per sconfiggere Tom Riddle doveva sapere che aveva delle possibilità. No, Ginny fu sconvolta da quelle parole perchè significavano che aveva fatto tutto Voldemort, tutto da solo, aveva condizionato i destini di tutti.
"Cosa? Ma... allora a maggior ragione non è colpa tua, Harry, è colpa solo di Voldemort! Lui ha deciso di inseguire te, tu sei innocente, Harry, e lo sai. Sai che tutte queste tombe bianche sono opera di Voldemort, è stato lui a diventare malvagio!"
"Ha avuto un'infanzia difficile..." 
No, Ginny non voleva crederci, Harry non poteva star cercando davvero di giustificare quell'assassino. "Ha avuto... Cosa? Un'infanzia difficile?! Perché tu hai avuto un'infanzia facile e felice? Harry, ognuno è responsabile delle proprie scelte, solo Voldemort è responsabile di ciò che ha fatto e di ciò che è successo. Tu hai combattuto perché il terrore finisse. Hai combattuto per un mondo migliore, come tutti noi. Alcuni sono morti, è vero, ma perché, Harry? Perché volevano un futuro migliore. E sapevano di poter morire, Harry, lo sapevamo tutti. Ma non ci siamo tirati indietro, come tu non ti sei tirato indietro tutti questi anni o quando hai saputo di dover morire per sconfiggere definitivamente Voldemort. Ti prego, Harry, proviamo a essere felici. Loro non vorrebbero mai che noi fossimo tristi per la loro morte. Vorrebbero che vivessimo appieno la nostra vita, non dimenticandoli, ma accettando che loro siano partiti per un viaggio senza di noi. Ci hanno lasciati per darci la possibilità di essere felici in un mondo migliore. Credo che ognuno, ognuno di loro, Harry, nel morire ti abbia pregato di vincere. Di vincere, Harry, per loro. Per noi. Harry, ora possiamo essere felici. Essere felici non significa dimenticare". Harry doveva capirlo, doveva, doveva capirlo!

Harry stette in silenzio per un po'. Forse, e pensava forse, Ginny aveva ragione. Perché continuare a crucciarsi, tormentandosi per ciò che per un Bene Superiore era accaduto? Harry aveva sempre combattuto senza tirarsi mai indietro nella battaglia contro Voldemort. E perché l'aveva fatto se non per avere un mondo dove poter essere felici? Continuando a star da solo tra tutte quelle lapidi non avrebbe mai, mai potuto essere felice, perché quelle tombe gli facevano ricordare le persone che amava, che erano parte della sua famiglia, perché, come Hogwarts era la sua casa, così tutti coloro che ci abitavano facevano parte della sua famiglia. Anche quel branco di antipatici dei Serpeverde. Alla fin fine, lui aveva combattuto per tutti.
E ora, davvero non si meritava un po' di felicità? Davvero voleva negarsi quell'occasione? Forse Ginny aveva ragione. Ginny aveva ragione. Sapevano tutti di star combattendo una guerra, forse speravano di non morire, ma Harry pensò che, in quell'attimo tra la vita e la morte che aveva provato lui stesso, non dovevano essersi pentiti di aver combattuto. Forse solo in parte, perché stavano morendo, ma forse davvero gli avevano augurato di vincere. Forse davvero avevano pensato che lui avrebbe potuto farcela. Forse doveva ascoltare Ginny. Sì, doveva ascoltarla. Doveva provare a essere felice. Almeno provarci. Glielo doveva, a tutti. A tutti coloro che erano morti affinché i loro amici potessero ridere ancora. Glielo doveva, perché anche loro come lui erano morti per difendere qualcuno. Erano morti per difendere lui, e lui non li avrebbe mai, mai delusi. Sarebbe stato felice.
"Sì, Ginny, ora ho capito. Vieni?" le chiese alzandosi. "È tanto che non camminiamo assieme tenendoci per mano, e poi, dobbiamo dire a tutti quello che tu hai detto a me. Tutti devono avere l'occasione di provare a essere felici, per quanto il dolore sia grande. Essere felici non significa dimenticare."
Così si fa! pensò la ragazza prendendo la mano che le porgeva il fidanzato per aiutarla ad alzarsi, e una volta in piedi lo baciò.
Baciò la persona che amava, baciò il suo eroe.
L'eroe di tutto il mondo. Magico e non.





Fiiineee!! Grazie se hai letto tutto fino alla fine, spero sia stata una lettura piacevole. Auguri per un felice, sereno, allegro, (aggiungete gli aggettivi che vi piacciono) Anno Nuovo! Auguri a tutti!!!

I personaggi non mi appartengono e la storia è stata scritta senza scopi di lucro.

   
 
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