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Autore: alex96ander    30/12/2012    2 recensioni
Questo è un mondo parallelo a PKNA e Pk2.
Un mondo in cui Paperino non è mai diventato Paperinik.
Un mondo sporco, corrotto e buio. Non vi basta?
Un mondo conquistato dagli Evroniani.
Una Paperopoli invasa dal terrore e con un esercito di evronz guidati nientemeno che da... Everett Ducklair!?
Come si è arrivati a tutto questo? Lo scoprirete seguendo le avventure di un piccolo, povero papero che lotta per la sopravvivenza!
Sempre qui, su 00Channel!
Genere: Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ecco finalmente l'ottavo capitolo!

Avevo promesso un capitolo più cupo rispetto ai precedenti e a narrazione più lenta, invece tutto sommato è negli standard per questa storia; la parte tragica arriverà quindi col prossimo capitolo, o forse con quello ancora successivo.

Comunque sia, buona lettura!



Paperinik si era lasciato alle spalle la grande cupola nera di Paperopoli, mettendosi a osservare il paesaggio intorno, la prima volta dopo lungo tempo.


Deserto, sabbia, sassi e sterpaglie brune.

L'unica voce era quella del vento, una brezza leggera che pure, dopo tanto tempo trascorso nella calma piatta della gabbia evroniana, pareva soffiare più forte che mai.

E il cielo era veramente cielo. Azzurro, senza una nuvola, una barriera che oscurasse la luce del Sole, re assoluto.


Non un'anima viva. Nessuno.

Niente uomini, niente Evroniani. Solo lui e lo spazio sconfinato che si apriva ai suoi occhi.


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Paperopoli. Dall'altra parte delle sbarre.


Il locale era tutt'altro che ampio e luminoso. D'altronde si trattava di un rifugio temporaneo, non di un appartamento extralusso. Anche se faceva parte del più grande complesso architettonico mai esistito sulla faccia della terra, con ben 151 piani e relativi sotterranei...


Vi dimoravano tre piccoli paperi, ancora troppo giovani per affrontare da soli i pericoli del mondo esterno.

Erano piuttosto provati dalla permanenza nel rifugio sotterraneo e non vedevano l'ora di rivedere lo zio, magari di ritorno dopo la sconfitta definitiva di Evron.

Intanto però il tempo passava, e le speranze cominciavano ad andarsene con esso.

Avevano paura. Paura che non fosse più tornato.


Ad un tratto, la porta si aprì: per un attimo si accese la scintilla, ma fu solo un attimo.

Chiunque stesse entrando, non era lo zio Paperino...

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La situazione era grave, molto grave.

Il soldato Arkhon lo sapeva, anche se la sua più che consapevolezza piena era la semplice elaborazione mentale dei dati fornitigli dai suoi superiori.

Erano giunti sul luogo, lui e gli altri militanti del corpo degli Agenti dell'Ordine.

Le portiere del levitante si aprirono a scatto, mostrando un panorama cittadino veramente inedito: decine, centinaia di terrestri si erano riversate nelle strade, avevano invaso la città armati di ogni possibile oggetto: pistole, fucili, ma anche zappe, coperchi di bidoni, bombolette spray, spranghe di ferro, bastoni da passeggio...

E camminavano senza paura, devastando tutto, distruggendo la loro stessa città, ma soprattutto compiendo atti vandalici verso ogni cosa rimandante a Evron.

Pure i coolflames erano presi di mira e, nonostante i loro poteri superiori a quelli di un normale terrestre, a volte alcuni di essi non riuscivano più a resistere e finivano trucidati o arsi vivi, se quella di un coolflame può essere considerata vita.


Erano solo terrestri, ma facevano veramente paura. Sembravano un corpo solo, rispondente a un unico cervello.


Arkhon saltò giù dal levitante e cominciò a sparare, seguito dagli altri, mietendo vittime a destra e a manca. Nemmeno lui era convinto di quello che faceva, ma non poteva far altro.

Questi erano gli ordini del grande Agron, e andavano eseguiti senza fare storie.


E più premeva il grilletto, più vittime faceva, più si sentiva allontanare la punizione che gli sarebbe spettata in caso di fallimento.


Ma i terrestri non smettevano, nonostante la superiorità tecnologica di Evron: continuavano a battersi spietatamente, uno tsunami umano senza pace.


Senza alcun preavviso, un rombo assordante squarciò in due il cielo e la terra, seguito da una grande vampata di calore infernale, fuoco e brandelli d'ogni tipo.

Arkhon si ritrovò a terra, grondante Emoevron, e ricoperto di ustioni. Non sentiva più il suo braccio destro...


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C'era parecchia confusione, là fuori, si poteva percepire anche da sotto terra, sul vecchio tracciato della metropolitana paperopolese, dove quattro invidui incappucciati procedevano senza sosta, a ritmo alterato.


-Si può sapere almeno dove ci state portando?-

-Presto ne verrai a conoscenza, giovane papero. Non ora.-

-Ma almeno...-

-Giù!-


A quell'esclamazione si nascosero tutti nell'ombra, mentre un evron-eye passava tranquilamente a pochi centimetri da loro.


-Meglio non crorrere altri rischi.- affermò l'uomo più vecchio, e al contempo il macchinario volante sembrò evaporare, sciogliendosi nell'aria.


-E adesso avanti!-


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-Avanti, soldati! Nessuna pietà! Ricordate: Evron non perdona!-


Il sotto-ufficiale incitava così i suoi soldati, che rispondevano con ferocia gettandosi nella mischia, fra le urla della folla e i colpi delle pistole.


Incredibile a dir poco. Guerrieri nati per fronteggiare i più imponenti eserciti galattici, messi in difficoltà da un'orda di ribelli, armati per lo più di bastoni e pietre.

Un'onda di uomini che non avevano più niente da perdere, che non provavano paura...

o forse uomini che combattevano a causa della paura?


Questo era il pensiero dell'Agente-scienziato Yyghon, mentre i suoi apparecchi segnalavano tracce di attività cerebrale insolita tra le creature umane dell'area.


Come un solo uomo...


Poi, una seconda esplosione, questa volta a vuoto, seguita dalle urla di battaglia del comandante della spedizione.


-Evroniani! Difendete i sacri templi della vostra splendida colonia! Non sarà il terrestre a spaventarvi, né ora né mai!-

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Pk, ignaro dell'accaduto, sorvolava con l'Extransformer il deserto attorno a Paperopoli, cercando un qualche aiuto oltre frontiera.

Ma niente, solo sterpaglia per miglia e miglia.

A dir la verità ogni tanto qualcosa d'insolito c'era: immensi campi coltivati, lotti di terreno su cui crescevano lunghi filari di... ortaggi color sabbia, sembravano. Molto probabilmente qualche specie importata dagli Evroniani.


Alla fine si arrese. Si era allontanato troppo da Paperopoli, non si scorgeva alcun territorio abitato dall'uomo, la tenebra stava calando e per di più il nostro eroe aveva fame.

Decise quindi di accamparsi ai margini di un “campo di zucche aliene”, provando magari ad assaggiarle...


Era riuscito a raccoglierne una abbastanza piccola -le altre erano almeno il doppio di lui- e si stava approntando ad aprirla, Extransformer in configurazione coltello a portata di mano...

-E adesso vediamo se quelle zucche vuote coltivano zucche piene...-


-FERMO!!- in contemporanea all'urlo una morsa strinse l'intero corpo del papero, che si ritrovò faccia a terra, disarmato e con il becco dolente.


Dannazione! Come potevo sperare di passare inosservato?!


Poi, la stessa forza sollevò Pk e lo spinse a bordo di un mezzo, rilasciandolo in balìa sua e degli altri “carcerieri”.


-E va bene, maledetti Evroniani, mi avete preso! Ma non illudetevi, perché al momento opportuno mi libererò di colpo e vi ridurrò a cenere dopo immani torture e mutilazioni! Tutti quanti!-


-Voi dovete essere Paperinik, giusto?-


Alla luce comparivano varie facce, tutte di uomini armati. Colui che aveva parlato era un afroamericano dal fisico scolpito.


-Uh? Io... s-sì...-


-Generale Wisecube, squadra federale antievroniana. E' un grande onore potervi finalmente incontrare, ho sentito molto parlare di voi e delle vostre imprese a Paperopoli.

Anche se vi facevo un po' più alto...-


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Libertà...

pensava il Capo-branca Gorthan, osservando il vuoto attraverso le sbarre della sua cella,

libertà tanto perseguita e ora, nell'istante in cui tutto sembrava andare per il meglio, totalmente negatagli.

Aveva vissuto tutta la vita in una gabbia, solo per passare alla fine in una ancora più stretta.


Forse è dunque vero che la libertà è irraggiungibile, che la vita non è altro se non la continua negazione di essa?


-Craa! Craa! Craaa!-


Oltre la gabbia era atterrato un corvo reale, che fissava il prigioniero con curiosità.


-Kunin. Vieni dunque a portarmi la sentenza del tuo padrone Zondag? Sai che ti dico? Ormai non mi fa paura. Una mia condanna sarebbe solo una liberazione, una liberazione dalla fetida galera che è questa esistenza all'ombra del Potere di Evron, la dannazione di Evron.

Ma tu sei solo un corvo, non puoi capire. Come tutte le marionette a bordo di questa nave.

Se solo potessi comprendermi, allora capiresti cosa significa questo dolore. Essere così vicino alla meta, e non poterla raggiungere; essere in grado di raggiungere la più lontana delle stelle, ma non poterla afferrare. Ho studiato a lungo gli abitanti di questo pianeta, questo pianeta sempre più vicino, un pianeta abitato da poeti, artisti, saggi, esseri magnanimi e guerrieri sanguinari... ho provato odio, rabbia, ma anche compassione, pietà, amore... ho conosciuto una donna, una donna al momento indifesa pur se dai poteri straordinari, e che un mio simile vuole sfruttare per i propri loschi fini, per ottenere Potere e Potenza! Potere e Potenza, lo stemma di Evron! Che possa essere maledetto!

E' per questo che mi trovo qui... perché sono figlio di un popolo sporco e corrotto, che non è in grado di usare gli occhi per vedere... che non si è ancora accorto dove sta il vero nemico...-


Il corvo fece tre salti e spiccò il volo, percorrendo in pochi battiti il corridoio, nella sua situazione di falsa libertà, diretto verso la stanza del Generale.


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Forte. Imponente. Il suo fisico pareva un grosso macigno.

Illuminato da un raggio di luce dall'alto a ricordare la sua figura di prediletto da Evron, il nero generale Zondag sovrastava ogni cosa con la sua figura, in piedi sul grosso piedistallo dorato che per gli Evroniani sarebbe un trono.


Era particolarmente turbato. In primis per il tradimento di Gorthan, di cui si era sempre fidato come un fratello.

In secondo luogo, per il fatto che Everett Ducklair tardasse a rispondere alla chiamata.


Dopo un'attesa più lunga del previsto, il proiettore si accese mostrando la figura dell'uomo.


-Potere e Potenza, sublime Zondag! E perdonatemi se vi ho fatto attendere, purtroppo ho avuto un piccolo contrattempo legato a una rivolta improvvisa della popolazione nativa...-


-Una rivolta! Sembra quasi che ci sia stato un accordo...-


-Cosa intendete dire?-


-Oh, niente... niente che sia di vostra competenza! L'astroincursore Kug-Y si sta avvicinando a Paperopoli, pretendo di trovare la città completamente ripulita al mio arrivo! Sono stato chiaro?-


-Come sempre, o Sublime.-


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Due sorrise sotto i baffi. L'imitazione gli era riuscita perfettamente.


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-Dunque, questo è il piano, ragazzi. Approfitteremo della sommossa per attaccare alla frontiera. Sarà un attacco lampo con cui coglieremo di sorpresa le guardie sul fronte e apriremo più di una breccia nella Cupola. A questo punto, attraversando i condotti sotterranei, le squadre si disporranno secondo lo schema previsto, e al segnale apriranno il fuoco su ogni obiettivo evroniano o associato a Evron. Sarà una derattizzazione rapida e ci permetterà di evacuare l'intera Paperopoli.

Finché resterà anche un solo paperopolese all'interno della cupola, il fuoco resterà aperto.

Tutto chiaro, soldati?-


-Perfettamente, signore.-




Una rivolta popolare. Proprio in assenza di Pk. Sarebbe dovuto rimanere lì a dar man forte alla sua gente, e invece se n'era andato.

Se non altro era riuscito nel suo intento, quello di trovare degli alleati oltre alla città.

Piuttosto, si chiedeva come facessero questi a sapere le novità dall'interno della Cupola.



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La porta blindata si aprì, rivelando una bellissima casa in quella che precedentemente doveva essere una stazione della metro.

Ad ospitare i quattro esuli era stata una giovane papera dalle lunghe gambe, piuttosto stupita di incontrarli.


-Voi... qui?!-


-Buonasera, Lyla. Questi, come saprai, sono i nipoti di Paperinik...-


-Posso fare qualcosa per voi, signor Ducklair?-


-Ho bisogno di parlare con Uno. E' successa una cosa molto grave alla Ducklair Tower, per questo siamo dovuti fuggire.-


-Ehi, Qui, guarda che belle quelle mele! Sono secoli che non ne vediamo!-

-Sembrano buone!-

-OUCH! Ma... sono di metallo?!!-


-Odin è fuori, al momento... Cos'è avvenuto di preciso?-


-Due... ha ripreso l'aspetto violento di un tempo. Credevo di averlo riprogrammato bene, ma evidentemente la sua presa di coscienza era inevitabile. L'ho messo alla prova comandando a distanza una mia copia quantistica, e l'ha distrutta.

Se non altro, il fatto che creda di avermi eliminato mi ha dato l'opportunità di spostarmi di nascosto dalla DT. Temo che Due abbia programmato dei droidi per venire a distruggervi, e questo era l'unico modo per avvisarvi senza essere intercettato.

E poi, ho finalmente il modo di sistemare un paio di conti in sospeso...-


-La rivolta... è opera sua, vero?-


-Vedo che sai più di quanto sembri, Lyla... comunque, credo proprio di sì.

Ma c'è dell'altro. Sento che gran parte dell'universo è in fermento. Altre forze si stanno sommando alle nostre nella lotta a Evron...-




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Astroincursore Kug-Y.


Eureka. C'era riuscito. Dopo due anni, addirittura due anni, c'era riuscito!

Il capo-branca Zoster sistemò l'ultima parte dell'apparecchiatura, collegando i cavi alla cella di contenimento.


Poteva finalmente accedere a un grande potere, aveva a disposizione il mezzo adatto per incanalarlo.


Ora non gli restava che attendere il momento più opportuno per avviare l'esperimento che avrebbe profondamente trasformato l'aspetto di Evron.






Fine cap. VIII

  
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