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Autore: Sys    30/12/2012    2 recensioni
«Cosa ho fatto di male?» si domandò il ragazzo mentre chiudeva la testa fra le mani.
«Ti ricordi ancora di Amelia?» sussurrò la ragazza.
«Sì.» mormorò lui.
«Dopo quasi undici anni senza di lei, tu ti ricordi ancora di come erano i suoi baci e del calore che ti trasmetteva quando ti abbracciava, dovresti essere felice di quello che Dio ti sta regalando.»
Lui la guardò curioso.
«Ti sta dando l’opportunità di conoscere gli angeli più belli che ha in Paradiso e Amelia era solo l’inizio, purtroppo sono talmente belli e dolci che non possono stare sulla Terra.» gli spiegò lei.
«E tu sei una di quelli?»
«Io!? No, figurati!» rispose lei, ridendo un po’.
«Eppure mi ricordo della prima volta che ti ho vista coperta di sangue, mi ricordo della prima volta in cui hai aperto gli occhi, mi ricordo ogni parola delle nostre chiacchierate, mi ricordo i tuoi occhi lucidi mentre tuo papà ti urlava contro e di quelli pieni di speranza quando mi hai visto sulla soglia della porta, per non parlare di quelli pieni di terrore quando ho risposto a tuo padre!»
Prima di chiudere, arrivate almeno al terzo capitolo. ♥
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Esprimi un desiderio, Harry.»



“FIRST DAY.”

 
Cecylia non voleva disobbedire quella sera, ma non potevano vietarle di andare a quella festa. Quello era il party con “p” maiuscola, nessuno poteva mancare se non quelli a cui piaceva essere etichettati come sfigati dell’anno. E a lei non piaceva, affatto. Il “forse” dei suoi genitori si era trasformato presto in un “NO” definitivo dopo che i due vennero a conoscenza del brutto voto preso a scuola. Li aveva praticamente pregati, quasi supplicati di lasciarla andare e che avrebbe rimediato, avrebbe avuto il massimo dei voti in quella materia se solo loro, quella sera, l’avessero fatta uscire; ma era stato tutto inutile. La ragazza non aveva cenato e si era rifugiata in camera con un paio di cuffie nelle orecchie, poi si era messa a disegnare, anche se sapeva che non ne era mai stata brava. Si limitava, così, a scarabocchiare qualcosa che lei chiamava “opera d’arte” e poi l’accartocciava e si metteva a tentare di fare canestro nel cestino posto a qualche centimetro dal letto su cui era sdraiata, quindi si passava le dita fra i lunghi capelli biondi e ondulati. Aveva sempre trovato la sua vita molto meno emozionante di quella dei suoi coetanei, qualunque cosa loro intendessero con quella parola. Sempre chiusa in camera a causa dei suoi brutti voti; non era colpa sua se la scuola non faceva per lei, non le si poteva attribuire la mancanza della voglia di studiare. O si era portati per stare anni e anni sui libri per poi concludere poco o niente o ci si dava ad altro, all’ippica, a zappare la terra, ma non allo studio.
Il cellulare vicino a lei vibrò risvegliandola dai suoi pensieri.
 
“Non puoi darmi buca, stronza.”
 
Era Hannah, la sua migliore amica dai tempi dell’asilo. Si erano messe d’accordo per andare alla festa, avevano deciso insieme cosa indossare e quale ragazzo Cecylia poteva abbordare. Dal momento che Hannah moriva dietro a Jason di quinta C dal primo giorno di liceo, lei era l’unica ancora da sistemare.
Ma pochi minuti prima era toccato a Cece dover scrivere all’amica che i suoi non l’avrebbero fatta uscire quella sera. Ovviamente si aspettava l’arrabbiatura dell’amica; anche lei l’avrebbe fatto dopo che aveva promesso di starle accanto proprio il giorno in cui si era prefissata di dichiararsi al ragazzo che le piaceva dall’era della preistoria.
 
“Incazzati coi miei.”
 
Le rispose. Successivamente tornò ad occuparsi dei nodi che si nascondevano fra i suoi capelli lunghi ma le toccò rispondere al telefono quando vide il nome dell’amica lampeggiare in verde sul display del cellulare.
Già era arrabbiata, meglio non peggiorare le cose.
«Ma cosa diavolo hai fatto per farti negare il permesso di uscire, imbecille!» gridò dall’altra parte della cornetta, Hannah.
«I voti, Hannah, i voti negativi che continuo a prendere.»
«E mettiti a studiare, allora.» le consigliò l’amica.
«Non ne sono portata, perché nessuno lo capisce?!» rispose adirata Cecylia. «La scuola non fa per me, anche se provo ad impegnarmi non ce la faccio!»
«Sì, ma potevi fare un piccolissimo sforzo almeno per poter venire alla festa. Insomma non dirmi che non hai sospettato che i tuoi non ti avrebbero fatta uscire se non avessi preso un voto alto. È logica la cosa!»
«Sarà logica quanto vuoi, ma io non ho capito molto di quello che hai detto.» disse la bionda.
«Sei meno intelligente di un elefante, Cece.» la prese in giro l’altra. «Ma ti voglio sempre bene, e non ti lascerò etichettare come sfigata solo per un brutto voto. E poi io non voglio abbandonarti, voglio rimanerti amica, ma se non vieni a questa festa dovrai sederti con i secchioni o il club degli scacchi e scordati che io ti segua.» affermò.
«Sempre gentile. Senti non so cosa tu abbia in mente ma..» iniziò. «Hannah, aspetta.. c’è qualcuno che ha voglia di mettersi nei guai qui fuori, chi è il deficiente che lanci sassi alla mia fines..»
«SORPRESA!» gridò la mora da sotto il balcone.
Cecylia istintivamente rise. «Ma che fai!? E non urlare, o ti scopriranno.»
«Che domande, ti ho appena detto che ti avrei tirata fuori ed è quello che sto facendo!» disse Hannah. Indossava un semplice vestito e fiori, sopra la coscia, e aveva lasciato i capelli corvini ricaderle sulle spalle. In confronto a Cecylia in quel momento, struccata, in pigiama e con un’espressione depressa in volto, l’avrebbero proclamata Miss Mondo. «Oh, vedo che ti sei arresa in fretta! Senza lottare.. carino il pigiamino rosa con gli orsetti!»
«Non sono orsi ma panda, e scusa, che dovrei fare se mi è stato vietato solcare quella porta?»
«Semplice, uscire dalla finestra!» fece notare Hannah. Era un esperta in queste cose. Era perennemente in punizione anche se non di certo per la scuola, lei era una delle tipiche ragazze belle ma intelligenti. Cecylia le aveva sempre invidiato queste caratteristiche.
«Scherzi? Preferisco stare rinchiusa qui, piuttosto che rompermi l’osso del collo!» dichiarò la bionda.
«Ma smettila, ti prometto che non ti farai nulla!» le promise. «E ora vai a cambiarti, veloce.» ordinò, con un tono che non implicava repliche. Tuttavia Cecylia aveva una visione del mondo diversa dagli altri esseri umani, perciò decise di ribattere senza farsi troppi problemi.
«No, scordatelo. Ci vediamo lunedì a scuola Hannah, buonanotte.» e fece per rientrare in casa quando sentì l’amica parlare, ascoltò ma senza girarsi.
«Pensavo fossimo amiche, mi avevi promesso che mi saresti stata accanto questa sera, sai quant’è importante per me, te ne ho parlato tutti i giorni, perfino stamattina e tu sola, sai quanto io sia eccitata all’idea di questo party.» iniziò la mora. «Me l’avevi promesso e le promesse devono essere mantenute, per di più se è la tua migliore amica a fartele. Io ti ho promesso che non cadrai, e stai sicura che non succederà. Ci sarò qui io al tuo fianco, ma tu non puoi abbandonarmi così, non stasera, non a questa festa. Alla prossima e quella dopo ancora, non a questa.» esclamò la mora. «Ti prego.» insistette.
«Il vestito nero è troppo sofisticato, non è vero?» domandò girandosi la bionda.
L’altra, nel giardino, era raggiante. «Decisamente, opterei per quello rosso, molto più sexy!»
Una decina di minuti più tardi le due ragazze si ritrovarono a cantare a squarciagola “Diamonds” di Rihanna che stavano trasmettendo in quel momento alla radio. Erano entrambe maggiorenni da poco ma solo Hannah possedeva una macchina tutta sua, questo sempre dovuto ai suoi voti perfetti, ai suoi risultati perfetti nella danza classica che praticava da quando aveva iniziato a camminare e ai suoi genitori perfetti. Tutta la sua vita era perfetta, e Cecylia molte volte si era ritrovata ad invidiarla tanto da non parlarle per giorni per come si sentiva inferiore a lei.
Dopo aver svoltato prima a destra poi a sinistra e infine ancora a destra, le due erano arrivate.
Cecylia si ritrovò davanti una casa bianca, ben curata, la tipica delle persone che si possono permettere di scrivere infiniti zero sugli assegni senza che gli si svuoti il conto in banca.
La bionda seguì Hannah, che già stava camminando per il vialetto con l’intento di entrare in casa. La prima delle due si girò, guardò l’amica e le sorrise, un sorriso sincero, pieno di gratitudine per non averla abbandonata quella sera.
«Ma cosa cavolo mi sorridi!? Non devi mica fidanzarti con me, vai a sfoderare quest’espressione con qualcuno di sesso maschile che ha come iniziale del nome la J e finisce con ASON. Forza!» le raccomandò Cecylia.
Gli occhi di Hannah si fecero leggermente più lucidi, non smise di sorride, abbracciò la bionda e le sussurrò un “grazie”.
«Dopo ti racconto tutto, promesso.» esclamò la mora.
«Perché ci sarà un dopo, vero!? Nel senso, non mi lascerai qua da sola, tutta sola, senza un passaggio per tornare a casa, giusto?» urlò la bionda a Hannah che ormai era sparita nella folla all’interno della casa, una volta ordinata.
All’interno c’era un odore di alcol misto a fumo, per ora Cecylia aveva avuto l’onore di incontrare solo coppiette che sembrava si stessero strappando l’anima e persone ubriache che avevano cercato di abbordarla, e nonostante alcune erano anche interessanti agli occhi della ragazza aveva preferito ignorarli e cercare qualcuno di meno sbronzo. Quando, poi, sarebbe stata ubriaca anche lei non si sarebbe fatta problemi a stare con qualcuno nella sua stessa situazione, ma, per ora preferiva persone ancora lucide.
Bicchiere dopo bicchiere, Cecylia si era presto ritrovata in mezzo alla pista a strusciarsi contro gente che non conosceva e che probabilmente mai avrebbe conosciuto. La musica era alta, l’odore sempre più forte, e la stretta di qualcuno che la teneva per i fianchi sempre più possente.
Le erano sembrate ere quelle che aveva passato in quella casa invece si rivelarono poco più di quattro o cinque ore.
La ragazza venne trascinata fuori dalla pista da ballo da una Hannah con i capelli arruffati e il trucco sciolto, ma Cecylia era troppo ubriaca per rendersi conto della situazione. Venne strattonata dall’amica fuori dalla casa, e salì in macchina senza nemmeno rendersene conto.
Hannah prese a guidare e la bionda accese la radio e la alzò a tutto volume. Una piangeva, l’altra si scatenava: era una scena quasi ironica, a vedersi.
«Ma si può sapere perché piangi!? Goditi la vita, daii!» urlò Cecylia.
«Tu non capisci, la vita fa schifo..»
«E che sarà mai successo!? Non penso sia il caso di disperarsi in questo modo.» affermò la bionda.
«Lui non mi vuole.. perché non mi vuole!?» gridò Hannah accelerando di colpo e mettendosi a tirare pugni sul volante, mentre osservava l’altra intenta a sgolarsi sulle note di una canzone che al momento non riusciva proprio ad identificare. Insomma, Cecylia non era l’unica ad aver esagerato un pochino con l’alcol quella sera.
«Ma certo che ti vuole! Sei così bella, e dolce e simpatica..» rispose l’amica che si avvicinava sempre di più alla ragazza che stava al volante. «Se non mi piacessero i ragazzi penso che ti sarei già saltata addosso, sai?» domandò, per poi ridere, ridere, e ridere, sempre di più.
Questa risata contagiò anche Hannah che a volte si faceva scappare anche qualche singhiozzo, sfortunatamente.
«Sai, pensavo di essere io quella sfortunata, ma, mi sa che è lui ad esserlo!» dichiarò, d’un tratto la mora. «Non sa che cosa si perde!» disse, staccando poi le mani dal volante e portandosele al seno, esplodendo poi in una grande risata seguita dalla ragazza che le stava accanto.
«E non potrei essere più d’accordo che con te. Questa sera c’era qualcuno in pista che non faceva altro che palparmi il culo, ancora un po’ e mi sarei girata e gli avrei gridato qualcosa..»
«Era carino, sai?» fece notare Hannah.
«Sul serio? Bè, forse dopo averlo sgridato per i suoi modi poco decorosi» iniziò Cecylia fermandosi per sottolineare le ultime due parole con i gesti delle mani che stanno a significare le virgolette. «avrei potuto metterlo in castigo, e dargli una brutta e lunga punizione..» finì lei, passandosi la lingua sulle labbra facendo capire il concetto all’amica.
«Io e te si che ci capiamo, sorella!» e alzò la mano aspettando che l’altra la battesse. «Oddio, amo questa canzone! Alza!»
«Non credo sia possibile più di così!»
Le due risero e si misero a cantare a squarciagola la canzone che stavano trasmettendo alla radio. Quando finì, ne iniziò un’altra e, dal momento che non sapevano le parole se le inventarono.
Hannah si girò verso Cecylia e cantò verso di lei non curandosi della strada. Si stava divertendo come non mai, fin quando non vide un’espressione di terrore dipinta sugli occhi della bionda. Si girò giusto in tempo per vedere un camion che veniva dritto verso di loro. Dopo di che non riuscì più a vedere nulla, se non il buio.
La macchina si ribaltò dopo che il camion le andò contro. C’erano vetri rotti dappertutto, Cecylia aveva gli occhi chiusi, una ferita profonda sul lato del viso causata da una scheggia che le si era conficcata in quel punto durante l’impatto, e ovviamente non solo quella. Era ancora legata alla cintura della macchina.
Passati qualche minuto, le sirene dell’ambulanza si fecero sentire. Le due vennero tirate fuori, non con poca facilità: erano incastrate.
Vennero stese sulle barelle e i medici si catapultarono su di loro così da verificare le condizioni delle due, mentre venivano portate in ospedale.
 

~

 
«Non si può certo dire che non stia migliorando, ma ci sono veramente poche possibilità che si svegli.»questo era quello che Cecylia era riuscita a sentire durante la mattinata da una voce maschile, una bella voce, forse di un dottore, sempre che fosse in ospedale. Magari era stato tutto un sogno, magari era suo padre che commentava il fratello che dormiva e non dava segni di vita nonostante fossero le due del pomeriggio.
Non aveva le forze, però per svegliarsi. Si sentiva stanca anche se stava dormendo.
«Bè, Cecylia, vedo che non facciamo progressi, eh?» era la stessa voce della mattina. «Perché non vuoi svegliarti? Non senti che tua mamma è disperata?»
Cecylia pian piano aprì gli occhi, non seppe nemmeno lei come. Forse le parole “madre” e “disperata” associate avevano destato in lei almeno la curiosità di sapere ciò che era successo.
Si ritrovò in una stanza bianca, stesa su un letto bianco. Decise, quindi di eliminare l’ipotesi che quel dormiglione del fratello non voleva alzarsi.
Di fronte a lei c’era una finestra con una vista che dava su un parco. Un meraviglioso parco, tutto imbiancato. Che avesse nevicato? Sicuramente. Di fronte a lei, appoggiate appena più lontane dal muro c’erano una poltrona abbastanza vecchia e un’altra sedia.
Vicino al suo letto era posizionata un sedia, e ai lati dello stesso c’erano dei monitor che raffiguravano diverse scritte e disegni che Cecylia non riusciva a comprendere.
La porta si aprì facendo sussultare Cecylia. Ne entrarono due ragazzi, sui venticinque, o ventisei anni. Uno era riccio, l’altro era moro, con la pelle scura. Sembravano la coppia dei medici di Scrubs.
I due stavano ridendo, facendo automaticamente pensare alla ragazza per cosa lo stessero facendo.
Quando il moro si accorse che la ragazza li stava fissando smise di ridere, inducendo anche l’altro a girarsi. Dalla faccia dell’amico si stava aspettando il peggio. Invece si ritrovò di fronte a lui due occhi verdi che la fissavano, ma non erano verdi come i suoi, erano un po’ più cupi.
«Sei sveglia!» esclamò il ragazzo dietro quello riccio.
Cecylia non si mosse.
«Ciao!» disse il ragazzo con gli occhi verdi, porgendole una mano che Cecylia strinse con poca foga. «Sei in ospedale, sono il tuo medico; piacere, Harry.»
«Cecylia..» rispose lei, titubante.
«Zayn!» si presentò con entusiasmo il moro. La bionda chiuse gli occhi e mise un mano sulla testa facendo capire al ragazzo mulatto di aver urlato troppo, poco dopo egli venne colpito con una leggera pacca dall’altro.
«Anche lui è un medico, è quello che ti ha soccorso durante l’incidente..» iniziò quello che le parve si chiamasse Harry, forse Henry? «Ti ricordi dell’incidente, vero?»
Cecylia annuì abbassando gli occhi.
«Volevo solo vedere come stavi..» disse Zayn. «E a quanto pare stai meglio di una settimana fa.»
«UNA SETTIMANA?» Cecylia quasi si strozzò con la saliva quando sentì quelle parole.
«Già. Zayn pensò che tu abbia già fatto abbastanza danni. Ci vediamo dopo, okay?» domandò Harry.
Nello stesso momento in cui il riccio stava salutando l’amico, il cercapersone di quest’ultimo suonò.
«Il dovere chiama. Ci rivediamo in appartamento, Harry.
Bionda, rimettiti!»

 




Avrei postato dieci minuti fa, se non avessi avuto problemi con questa meravigliosa GIF! ♥

 

Popolo di EFP, buonasera!
Guarda, guarda chi esce dal fungo(?)?
HAHAHAHAHAHAHAH, ma chi se non io con un'altra Fanfiction?
E sì, avete capito bene, questa sarà un FF, di pochi capitoli.. saranno 6 o 7 forse, non so come si chiamino queste specie di storie, MINI-FANFICTION? Bè, io la chiamerò così!
Questo è l'inizio e spero che lo abbiate gradito; conosciamo Cecylia, che voi non lo sapete ancora, ma è un amore! e Harry e Zayn anche se parlano poco!!
E Hannah..
Bè, se vi è piaciuta almeno un pochino fatemi sapere che ne pensate lasciando una recensioncina, qui sotto.
Alla prossima, prometto di non tardare!
Un bacio,
Sys. ♥ Ah, e colgo l'occasione per favi gli auguri di Buon Natale e Buone Feste (in ritardo) e di Buon Anno (in anticipo).


Ora sono diventati 20 i minuti.

 


 

  
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