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Autore: shewolf_    30/12/2012    2 recensioni
"-Sedetevi pure.- disse il professore di musica,con un sorriso accennato.
Ecco,per Kimberly,quell'uomo era la prova che la perfezione esisteva.
Non avevano mai avuto musica prima d'ora,era stata una riforma scolastica di settembre dell'inizio dell'anno. [...] Nessuno sporse lamentele,soprattutto dopo aver visto l'insegnante.
Le professoresse lo descrivevano come “un uomo piacente”,giusto per non sforare e mantenere quel decoro che viene loro richiesto in ambito lavorativo.
Tant'è che inizialmente nessuno ci credeva. Cosa potevano sapere delle donne abbastanza attempate,di cosa era ritenuto bello al giorno d'oggi?
E invece.. eccolo lì. Il professore di musica più affascinante che potesse esistere.
Si chiamava Jared Leto,e grazie a lui,musica era la materia più attesa della settimana."
Questa è la prima FF che pubblico su questo sito, spero vi attiri e vi piaccia come è piaciuto a me scriverla :)
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Shannon Leto, Tomo Miličević, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 14.

Don’t you want to hold me baby?

 Parcheggiò appena sotto l'entrata del condominio dove si trovava il suo appartamento. Le porse la busta di plastica, chiedendole di reggerla sotto la coperta.
Il temporale non aveva cessato per un misero istante. Sembrava li inseguisse.
Scesero velocemente dall'auto, lui sempre accompagnandola molto premurosamente.
Lei si sentiva una specie di bambola di porcellana, una di quelle che guardava da piccola in casa di sua nonna. Non le era permesso toccarle, soltanto guardarle. Le trovava bellissime.
Entrarono in ascensore ancora grondanti d'acqua. Jared la teneva stretta tra le sue braccia, strofinandole le mani lungo le spalle, in modo da scaldarla.
Effettivamente sentiva molto freddo, ma era davvero conciata così male? Ogni volta che incontrava il suo sguardo, nei suoi occhi leggeva spavento. Magari non proprio dal suo aspetto, ma delle sue condizioni sanitarie sì.
Quando la trascinò in casa fu assalita da un lupo spaventoso, dal pelo bianco e grigio e una grande voglia di coccole. Infatti le saltava addosso scodinzolando e cainando di gioia.
-Judas, a cuccia!- gridò il professore alle sue spalle, facendo immediatamente placare la bestia. -Scusalo, è un giocherellone.- disse sorridendo.
Lei ricambiò, accarezzando la nuca del cane.
Sollevò lo sguardo e si guardò intorno. Alla sua destra intravedeva una stanza aperta con tanto di fornelli, ovviamente era la cucina; davanti a sé due divani in pelle e di fronte poteva vedere due grandissime finestre che davano su un parco e alla sua sinistra un corridoio molto buio, con qualche porta lungo i lati.
-Su, dobbiamo levarci questi vestiti fradici. Ti stai già ammalando.- le portò una mano dietro la schiena e la guidò verso una stanza.
Effettivamente non si sentiva affatto bene, ma non ci aveva fatto troppo caso. Era scossa da brividi di freddo, sebbene si sentisse caldissima.
La chiuse in bagno lanciandole una coperta di pile. -Tieni su questa mentre ti cerco qualcosa da mettere.- le disse dall'altra parte della porta.
E lì, per la prima volta da quando era uscita di casa, si vide allo specchio.
Quasi non si riconobbe. Aveva i capelli scombinati in un groviglio, il trucco che aveva accuratamente messo sugli occhi, ora le impiastricciava la faccia ed era terribilmente pallida, tendente al giallo. In quel momento capì come mai Leto la guardasse con quello sguardo terrorizzato. Era impresentabile, e non riusciva a credere che lui l'avesse davvero vista conciata in quel modo. Nessuna persona, forse neanche sua madre stessa l'aveva mai vista in uno stato così pessimo!
Con mani tremanti si levò i vestiti e li mise su un calorifero, dopo averli strizzati per bene nella doccia. Poi si diede una sciacquata al viso, in modo da togliere i residui di sporco e si sistemò i capelli, strizzando anch'essi nella vasca.
Infine, con in dosso solamente la biancheria, si avvolse nella coperta di pile, che la copriva dalle spalle ai piedi. Uscì dal bagno silenziosamente e cominciò a guardarsi intorno, alla ricerca di un posto dove distendersi. Era già stato uno sforzo spogliarsi in piedi, la testa le girava terribilmente.
-Professor Leto?- chiamò lungo il corridoio di porte.
Era sicuramente un appartamento carino, ma non aveva assolutamente voglia di analizzarlo proprio ora.
Lui magicamente fece capolino dalle sue spalle, trasportandola verso uno dei divani che aveva visto prima. La fece distendere e le si inginocchiò davanti, accarezzandole il volto con quel fare protettivo.
-Come ti senti?- le domandò in un sussurro.
Lei sorrise mentendo spudoratamente. Ma per tutto quello che le stava offrendo, si meritava assolutamente di calmarsi un attimo. -Lei?- gli chiese sistemando meglio la testa su un cuscino.
Sorrise appena. -Chiamami Jared, Kim.- la corresse.
-Ma lei..- cominciò ad obbiettare la ragazza, ma lui la interruppe.
-Ne parliamo dopo. Ora permettimi di fare una doccia calda e di levarmi questi vestiti.-
A Kimberly si allargarono le pupille. -Non mi lasciare sola.- sussurrò con voce spezzata.
-Non ti lascio sola, Kim. Sono nell'altra stanza. Tu riposa, andrà tutto bene.- cercò di consolarla,accarezzandole la testa.
Lei nascose il volto dietro alle mani. -No.. niente andrà bene. Io non starò mai bene.- mormorò per la prima volta una frase completa. Se avesse avuto ancora lacrime, le sarebbero uscite sicuramente.
Jared non capiva a cosa si riferisse. Le continuava a sfregare le spalle con la coperta, non sapendo bene cosa dire.
-Ehy, non dire così.. tutto si risolve, non c’è niente per cui valga la pena ammalarsi.- la voce vellutata aveva chiaramente l’intento di consolarla.
-Ma per qualcuno sì.- ribatté l’alunna, senza un minimo di forza nel tono.
-Niente e nessuno.- sottolineò lui, affilando gli occhi. –Ricordatelo bene.- forse aveva capito quale fosse il problema.
Lei annuì semplicemente, portandosi il labbro inferiore tra i denti e premendo leggermente. Respirava affannosamente, cosa che gli fece intuire che stava per piangere, di nuovo.
Mosso da un istinto di auto protezione –non ce l’avrebbe fatta, vederla piangere ancora non era assolutamente sopportabile per lui- cercò, in un modo molto goffo di stringerla a sé.
Kimberly si stupì nel percepire qualcosa nel petto muoversi. I cocci del suo cuore erano ancora in grado di palpitare così forte per la vicinanza di un uomo?
Purtroppo durò troppo poco perché potesse rispondere con certezza. -Se hai bisogno di qualsiasi cosa, urla. Io canterò per tenerti compagnia, torno immediatamente.- sorrise facendole l'occhiolino e sparendo nel corridoio.
Kim, rimasta sola si strinse nella coperta, con le lacrime ancora pronte all'assalto. Milioni di pensieri le circolavano in testa per giorni, quando c'erano ricadute simili.
Sapeva che sarebbe tutto passato nel giro di qualche giorno, che si sarebbe svegliata prosciugata da tutto e come se tutti i pianti non fossero mai avvenuti. Era come svegliarsi da un incubo.
Tentò di non pensarci e di concentrarsi sulla stanchezza immonda che le pesava sugli occhi.
Si addormentò profondamente con la voce di Jared che veniva dal bagno, mentre intonava una melodia malinconica.

 I suoi sogni furono i tipici incubi deliranti della febbre.
Winnie the Pooh in 3D, sua nonna che ballava il flamenco con tanto di vestito a balze rosse e nacchere o altre cose che più tentava di spiegarsi, più si complicavano.
Tramava, sentiva i denti batterle e, se non fosse morta soffocata, avrebbe immerso anche la testa sotto la coperta, dato che sentiva come se degli spifferi d'aria le entrassero nelle ossa.
Ma nel frattempo si sentiva bruciare, come se un falò nascesse da lei.
Sentiva il respiro nella gola ardere e certe parti del corpo andare a fuoco. Ironicamente si immaginò potessero cuocerle un uovo sullo stomaco, proprio come nei cartoni.
Qualcosa di umido le accarezzò la fronte e il naso, in due passate.
Fece una smorfia e spostò il viso, verso l'alto.
-Judas, smettila!- un urlo sussurrato le ricordò improvvisamente di dove si trovasse.
Aprì gli occhi di scatto e si tirò su un gomito, le sue gambe erano distese su quelle di Jared, il quale faceva zapping distrattamente.
-Oh, mi dispiace che ti abbia svegliata.- le chiese umilmente scusa.
-Non preoccuparti, è un cane piacevolmente.. amichevole.- disse con voce roca, sorridendogli.
-Come stai?- lui si sporse per poggiarle una mano sulla fronte, lei non si scostò minimamente.
-Sei bollente.. mentre dormivi ho fatto un salto nella farmacia qua sotto e ho preso l'occorrente.- la informò con un sorriso soddisfatto e mostrandole il sacchetto trasparente che le poggiò sul grembo.
Kim si sistemò meglio piegando le gambe in modo da liberarlo e cominciò a frugare.
C'era un termometro e almeno 3 differenti tipi di medicine. Un sorriso smorto le si accese, riconoscente. -Non dovevi.- tossì leggermente. -Ma grazie lo stesso.-
Lui ricambiò il sorriso e per un momento lei si perse nei suoi occhi azzurro-grigio. Il tempo non doveva ancora essere migliorato, se lo conosceva abbastanza da riconoscere le differenze delle sue pagliuzze.
-Dai, vediamo se sei stabile.- disse lui avvicinandosi pericolosamente e posandole il termometro elettronico sulla fronte. Sapeva del suo solito profumo e di dopobarba. Dopo un bip lo tolse e guardò lo schermino, sollevando appena le sopracciglia. -Caspita. Sei 38.5- la informò. -cosa ti senti?-
-Forse ho un po' di mal di gola.- disse minimizzando. In realtà sentiva delle lame ogni volta che deglutiva.
-Perfetto, ora ti preparo qualcosa.- fece lui, alzandosi.
-Non è necessario che mi faccia da infermiere.- scherzò lei.
Jared non l'ascoltò nemmeno e sparì in cucina da dove riemerse qualche minuto dopo munito di bicchiere con un'acqua dal colore un po' incerto e una pacchettino di caramelle per la gola.
Gliele porse. Quella medicina aveva un aspetto poco affidabile.
-Avanti, ti farà solo che bene.-
-Sai che sono contro le medicine? Se il nostro organismo si abitua a prendere la pappa pronta, non se la sbrigherà più da solo.-
-Ma finiscila. O le prendi tu o te le faccio prendere a forza.- disse solenne. Non ammetteva “no”.
Rassegnatasi, Kim ne bevve un sorso. Sapeva di arancia.
Finito quello si infilò una caramella in bocca e diede il tutto a Jared che la fissava impaziente, come se si aspettasse di vederla subito stare meglio.
-Grazie Jared per prenderti cura di me. Non dovresti.- mormorò Kimberly giocherellando con le unghie. La imbarazzava essere troppo gentile o chiedere scusa, erano cose che non le appartenevano più.
-Non dovrei?- la guardò stupito. -E perchè no?-
-Non sopporto la pietà di nessuno.- rispose lei acida.
Jared assottigliò gli occhi, sentiva qualcosa pulsargli dentro. Rabbia, forse.
-Pietà? Tu pensi che io faccia questo per pietà?- il suo tono era un misto tra l'infastidito e l'incredulo.
Di tutta risposta la ragazza alzò le spalle. -Sì. Io non vedo altra spiegazione.-
L'uomo sbuffò sonoramente, trattenendo la voglia impulsiva di schiaffeggiarla. Del resto stava male, magari era la febbre a farla parlare.
-Tu stai delirando.- le disse freddo, fissandola con occhi di ghiaccio. Poi si alzò e fece il giro del divano, per portare le cose in cucina.
-Sto benissimo, invece!- urlò, per quanto le fosse possibile, Kim stringendosi nella coperta ed inseguendolo nell'altra stanza. -So perfettamente quello che dico!-
-No, tu non sai assolutamente niente! Tu pensi di sapere tutto, ti atteggi da primadonna e guardi le persone che ti circondano come fossero alieni. Ma sei solamente una ragazzina arrogante che non capisce niente di niente.- ribatté ormai irato lui. Si appoggiò ad un mobile, aggrappandovisi con le mani, onde evitare ti sfogare quella voglia di farla rinsavire.
A lei si bloccò il respiro e lo guardò fisso negli occhi, cercando di sostenere il più possibile il suo sguardo. Qualcos'altro le si incrinò dentro. Forse non aveva tutti i torti.. del resto di lui non aveva mai capito nulla.
-Hai ragione. Io non so niente.. specialmente di te, penso di non aver mai capito niente. Pensavo di piacerti, pensavo che tra me e te ci potesse essere un legame speciale, tu mi hai fatto credere in qualcosa di prettamente inesistente. E invece hai fatto tutto per la tua vanità.- annuì tra sé e sé, pensierosa per poi tornare sul divano, abbracciandosi le ginocchia molto stretta al petto.
Quella sua frase infastidita l'aveva fatta ragionare e ripensare a quello che l'aveva scossa fino a qualche ora prima della crisi depressiva. 

Disappointed, going crazy.
 

Note finali: Eccomi con un nuovo capitoletto post-vacanze natalizie!
spero che abbiate passato delle feste piacevoli :)
Anyway, la canzone in grassetto è Sky is over di Serj Tankian e, non saprei, è tutta vacanza che la canto e sencodno me ci 
stava bene in questa ragnatela di incomprensioni e confusione. E' una frase che mi trasmette la frustrazione nell'aiutare il prossimo quando non lo vuole e, viceversa, quel volere essere aiutati 
ma allo stesso tempo sentire che non lo si sta facendo nel modo giusto.
Ok, il jet lag ha preso il sopravvento, quindi io spero che vi sia piaciuto e mi auguro che mi lasciate qualche commentino :)
 

  
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