Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: Holly Rosebane    30/12/2012    16 recensioni
Schiacciai un tasto, e la spia luminosa divenne rossa. Un “bip” mi avvertì che la registrazione era iniziata. Andai a sedermi, lasciandomi cadere senza forze sulla sedia.
«Ciao a tutti, come va?» Esordii. Che inizio di merda. Non mi era mai piaciuto fare discorsi.
«Oggi è il 31 dicembre, qui a Londra sono le nove di sera… e io ho qualcosa da dirvi», seguitai. « È abbastanza importante, quindi… uhm… ascoltatemi bene».
-
Presi il bicchiere di vetro dal tavolino accanto alla sedia. Lo alzai lievemente, imitando il gesto del brindisi. Fissai il liquido trasparente brillare alla luce della lampada a muro.
«Qui dentro c’è qualcosa che ho davvero faticato a procurarmi», commentai, osservando attentamente le sfaccettature nel cristallo. «E una volta che avrò bevuto, non tornerò più indietro».
Genere: Introspettivo, Malinconico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Last Message

 
 
 
« First, you think the worst is a broken heart, 
What's gonna kill you is the second part… 
And the third, is when your world splits down the middle,
And fourth, you're gonna think that you fixed yourself, 
Fifth, you see them out with someone else… 
And the sixth, is when you admit that you may have messed up a little.
 »

 
The ScriptSix Degrees of Separation
 
 
 
 

Posizionai  la costosa videocamera, in modo che potesse riprendermi bene.
Non mi era mai servita a nulla, e l’avevo pagata anche troppo. Perché? Il gusto d’averla, ecco tutto.
L’accesi, una semplice e breve melodia cristallina si diffuse nella camera d’albergo. Se non fosse stato per tutto il casino che stavano facendo gli altri fuori dalla porta, avrei potuto ottenere un bel silenzio. Atmosfera.
«Harry, aprici! Piantala di fare il bambino!»
La voce di Zayn. E pure parecchio incazzata. Bussò pesantemente.
 Se non avessi chiuso a chiave con due mandate, avrebbe anche potuto sfondare la porta. Lo ignorai.
«Non fare stupidaggini! Cerchiamo di ragionare!»
Liam. Che tenero, si preoccupava per me. Ci ha sempre fatto da padre, da quando lo conoscemmo ad ora. Ignorai anche lui.
Schiacciai un tasto, e la spia luminosa divenne rossa. Un “bip” mi avvertì che la registrazione era iniziata. Andai a sedermi, lasciandomi cadere senza forze sulla sedia.
«Ciao a tutti, come va?» Esordii. Che inizio di merda. Non mi era mai piaciuto fare discorsi.
«Oggi è il 31 dicembre, qui a Londra sono le nove di sera… e io ho qualcosa da dirvi», seguitai. « È abbastanza importante, quindi… uhm… ascoltatemi bene».
Sospirai, mordendomi il labbro. Udii un altro colpo pesante alla porta. Niall imprecò. Doveva essersi fatto anche male.
«Io avevo un sogno. Un grande sogno. Diventare un cantante di successo». Tutto il tempo passato nel bootcamp di X-Factor mi passò davanti agli occhi. Sorrisi al ricordo.
Quando ancora credevo in qualcosa, quando ancora avevo la forza di sperare.
«Penserete che io sia riuscito a realizzarlo, vero?» Chiesi. Risi amaramente. «Invece no. E voglio che voi tutti sappiate come stanno veramente le cose», aggiunsi. «Tutto accadde in questi ultimi mesi… precisamente da quando iniziai ad uscire con Taylor…»

 
 

Il telefono squillò, svegliandomi.
Mi alzai di scatto dal letto della camera d’albergo, sbloccando il touch screen dell’iPhone in maniera automatica. Portai il cellulare all’orecchio, ancora mezzo addormentato.
«Pronto?»
«Harry».
Una rabbia improvvisa mi attanagliò la gola, facendomi serrare i pugni.
Era Edwin, il capo del nostro menagement. Da un po’ di tempo a quella parte, avevo cominciato a detestare particolarmente quell’uomo, e la stessa agenzia per cui lavorava.
Era stato lui ad imporre l’apparecchio per i denti a Niall, ad obbligare Zayn ad assumere un atteggiamento più forte e maturo. Ma, soprattutto… era stato lui a costringere Louis a non guardarmi nemmeno più negli occhi, in presenza delle telecamere.
«Cosa vuoi, Edwin?» Abbaiai, stanco. Provai il bruciante desiderio di appendergli in faccia, ma dei vincoli invisibili m’impedivano di farlo.
«Stasera dormirai nello stesso albergo di Taylor», disse, asciutto. Inarcai un sopracciglio.
«Che COSA?!» Praticamente urlai. «Non se ne parla!»
«Ragazzino, finché sei sotto contratto con la Modest, fai quello che dico io» commentò, intonando la stessa identica cantilena che mi propinava ogniqualvolta mi opponessi ai suoi voleri. E cioè sempre.
«Dobbiamo spingere su questa faccenda dell’Haylor. Primo, perché così la vostra popolarità già alle stelle continuerà ad aumentare, coinvolgendo anche i sostenitori della Swift», elencò, «e secondo, mostrando un interesse romantico nei suoi confronti, allontaneremo definitivamente tutti i sospetti sulla tua presunta omosessualità». Che odio. Chissenefrega. Non mi interessa. Lasciami in pace.
«Edwin, i sospetti e la popolarità puoi benissimo ficcaterli in…»
«Non capisci che protestare è inutile? Smettila di fare il bambino e pensa al tuo futuro! Vuoi continuare ad essere famoso, non è vero? Non vuoi che la gente si dimentichi presto di te, è così?» Incalzò, facendo leva sulle mie più grandi paure, conoscendo quanto debole fossi.
Mi morsi la lingua fino a sentire il sapore del sangue in bocca. Avvertivo l’odio bruciarmi la gola, le mani, il cuore.
«…Allora? Cosa farai, stasera?» Mi chiese, infine. Sentivo di aver perso qualcosa, dentro. Qualcosa di grande e importante. Avrei voluto piangere, ma non mi erano rimaste più lacrime.
«Dormirò nello stesso hotel della Swift».
«Bravo ragazzo. Vedi com’è facile?»

 
 

«Visto com’è facile manipolare i sentimenti di una giovane donna? Visto com’è facile distruggere qualcuno dall’interno?» Domandai a mia volta, alla piccola videocamera.
Dopo aver raccontato della telefonata di Edwin, non mi sentii per nulla soddisfatto. Era ancora troppo poco.
«Harry, porca puttana!» Urlò Zayn, dando un forte colpo alla porta. Inutile, non gli avrei aperto. Altrimenti avrebbe cercato di salvarmi. E non doveva.
«Ma la cosa brutta, è che lei ci crede sul serio», aggiunsi. «Taylor mi ama davvero. Non sospetta nulla». Mi passai una mano sul volto, cercando di levarmi via lo schifo di quel sistema orribile di dosso. Ma ormai ce l’avevo dentro, impossibile eliminarlo.
«La parte peggiore, però, arriva quando realizzi di aver perso qualcuno di importante. E che non puoi fare niente per riportarla da te».

 
 
 

I soundcheck mi distruggevano. Le prove in generale non mi facevano molto bene. Dovevo sforzarmi il doppio, perché non si sapeva mai quale impronta avrebbe avuto la voce, nella struttura.
Scesi dal palco, desiderando una bottiglietta d’acqua quasi quanto un assetato nel deserto. Salutai Niall e Zayn, dirigendomi dentro. Liam era da qualche parte a parlare al telefono con Danielle.
Mi chiesi dove potesse essere Louis. Aveva ricevuto una chiamata e si era allontanato chissà dove. Da quando Edwin ci impedì la bromance, non ci parlavamo molto. A dir la verità, spesso capitava di ignorarci. Non solo davanti alle telecamere.
Camminai a passo svelto lungo il corridoio, svoltai un angolo. Eccoli. Tomlinson e la macchinetta delle bevande, due in un colpo solo. A pochi metri dal distributore, Louis estrasse la sua acqua minerale e venne verso di me.
Gli feci un gran sorriso, pensando che da lì a poco avrebbe fatto qualche battuta oscena sul sedere niente male di una delle truccatrici. E poi davano a me del “pervertito”.
«Ehi, Lou…» esordii, ma sia il sorriso che la battuta mi morirono in gola.
Lui mi passò accanto senza fiatare, ma le parole sarebbero state superflue.
Bastava il suo sguardo.
Indifferente, freddo e stanco.
L’espressione del volto impassibile,il gelo negli occhi. Vissi quella scena come al rallentatore. M’immobilizzai sul posto, e lui mi superò. Non mi guardò nemmeno. Rimase solo il fresco spostamento d’aria, e il vago odore del suo profumo preferito, che scomparve quando si fu allontanato abbastanza.
Avvertii il cuore martellarmi in petto, e mi voltai verso di lui. Continuava per la sua strada, la bottiglietta d’acqua in mano, passo spedito. Senza guardare indietro.
Improvvisamente, realizzai che forse la chiamata che aveva ricevuto prima potesse essere di Edwin. E che fosse venuto a sapere della mia assenza per il suo compleanno, perché avrei dovuto stare da Taylor, a Los Angeles.
Fissai il pavimento, mentalmente assente. Capii che forse avevo perso più di quanto avessi voluto realmente.
 

 
 

Mi asciugai una lacrima con la manica del maglione di lana. Parlare di quella cosa mi faceva sempre un male sordo e lancinante.
«E, sapete?, le cose fra me e lui non sono più cambiate, da quel giorno», aggiunsi, tirando su col naso. «Non importava quante feste dessi in suo onore, quante telefonate gli facessi, quante volte cercassi di spiegare…» un’altra lacrima rovente mi scivolò lungo la guancia, cadendomi sul jeans. Fissai quel puntino più scuro per qualche istante. Poi, guardai la telecamera.
«Ecco perché sono qui, vi sto dicendo tutte queste cose», spiegai. «Non era così che avevo sempre sognato il mio futuro. Non era il modo in cui avrei voluto vivere».
Presi il bicchiere di vetro dal tavolino accanto alla sedia. Lo alzai lievemente, imitando il gesto del brindisi. Fissai il liquido trasparente brillare alla luce della lampada a muro.
«Qui dentro c’è qualcosa che ho davvero faticato a procurarmi», commentai, osservando attentamente le sfaccettature nel cristallo. «E una volta che avrò bevuto, non tornerò più indietro».
«Fanculo, Harry! Io sto chiamando la polizia! Se non ti sbrighi ad aprire tu, lo faranno loro!» Strillò Niall. Sorrisi, spavaldo.
«Qui fuori dalla porta ci sono tutti. Zayn, Liam e Niall. Sono chiuso in questa stanza da quattro ore, ormai» dissi, abbassando il bicchiere distrattamente. «Non ho alcuna intenzione di aprirgli. Altrimenti mi impedirebbero di togliermi la vita, e io questo non lo voglio», aggiunsi, quasi infantilmente. Mi alzai in piedi, fissando l’obiettivo della telecamera. Erano le ultime parole che stavo per dire, avrei fatto meglio a partorire qualcosa di memorabile.
«Di tutti, lì fuori Louis non c’è», dissi, invece. «Se ne sbatte così tanto della mia vita da non volerne nemmeno sapere. E ha ragione». Battei le palpebre. Un’altra lacrima cocente cadde a terra. Rabbia. Odio. Dolore.
«Se mai dovessi vedere questo messaggio, Louis… sappi che per me sei sempre stato… il fratello maggiore che non ho mai avuto. Quelle di Edwin erano tutte puttanate» un singhiozzo mal rattenuto mi sconquassò il petto. «Questo non è amore. Non nel modo in cui il mondo può intenderlo», farfugliai. Non ero gay. Ma Louis per me era più di quanto chiunque saprebbe comprendere. Nemmeno una coppia di fratelli gemelli  avrebbe potuto.
«Sarai sempre una parte di me. Pensami, quando le cose ti andranno male. Ricordati che sarò con te». Alzai il bicchiere di vetro, e sorrisi. Cazzo, avevo la vista appannata dalle lacrime.
«’Fanculo, menagement. Questo è per voi, e per tutto lo schifo che mi avete fatto vivere. Per aver distrutto i miei sogni, per aver giocato con i sentimenti di una donna, per avermi strappato la parte più grande del mio cuore» sputai, con tutta la rabbia che avevo in corpo.
Fuori continuavano a bussare forte, ma ormai era finita. Buttassero giù la porta, pensai.
 «Cin cin, Modest. Me ne sto andando, perché lo voglio io. Il burattino si è rotto le palle dei fili e del burattinaio. Fottetevi tutti. Mamma, Gemma, papà… vi ho sempre voluto bene. Anche a te, Dusty. Sei stato il gatto migliore del mondo. Ci vedremo dall’altra parte».
Mi portai il bicchiere alle labbra.
Eccoti, Harry.
Sei arrivato al capolinea.
 Sollevai leggermente il braccio, vidi la mortale bevanda scendere placida verso le mie labbra.
E pensai che, alla fin dei conti, escluso l’ultimo periodo… era stato bello finché era durato.

 

Crash!

 

Un colpo secco e il forte rumore di vetri rotti mi fecero saltare il bicchiere di mano.
 Cadde a terra, frantumandosi in mille pezzi, schizzando il liquido ovunque.
Mi guardai la mano vuota, sgomento, sentendo il cuore a mille e le gambe farsi molli. Sul pavimento, fra i cocci e poco lontano dai miei piedi, c’era un iPhone rotto che conoscevo fin troppo bene.
 La schermata era aperta sulla pagina delle note. Crollai in ginocchio, e guardai quelle quattro parole scritte a caratteri cubitali.

 

NON FARE CAZZATE, COGLIONE.
 

Sentii la maniglia della portafinestra che dava sul balcone aprirsi con uno scatto, poco lontano da me.
 Passi di corsa, il mio nome urlato nel dolore.
Rimasi immobile dov’ero, fissando ancora il cellulare. Solo quando i passi si fermarono, sollevai piano lo sguardo.
 Louis, stretto nella sua maglietta a righe bianca e blu e i pantaloni della tuta, mi guardava sconvolto.
Era scalzo. Alcune schegge di vetro si erano conficcate nei suoi piedi nudi, facendoli sanguinare in più punti. Anche le mani e le braccia erano coperte di graffi rossastri. Si era fatto male sfondando la finestra. Per me.

 
«Come hai fatto ad arrivare sul balcone? Siamo al ventiduesimo piano».
«Brutto idiota, non lo sai che Superman sa volare?»

 

Mi strinse in un abbraccio, forte.
Era freddissimo, ma mi trasmise tutto il calore del mondo.
 Improvvisamente, mi sentii come lontano mille miglia dal mondo. Come se non stesse succedendo davvero a me. Come se potesse essere solo un sogno.
Invece era fin troppo vero, soprattutto le lacrime di Louis che mi stavano bagnando il collo. Incredibile.
L’unico a cui non credevo di importare più, mi aveva appena salvato la vita.
Di nuovo.
Come sempre.






Look at me!

Dunque, sono consapevole del fatto che ora si solleveranno milioni di polemiche su alcuni contenuti di questa OS. Perciò ci terrei ad anticipare alcune cose.
La prima è che io non sono assolutamente contro Haylor. Anzi. Amo Taylor Swift, è la mia cantante preferita, dico davvero. E se lei è felice, lo sono anche io. Ma in questo caso... credo semplicemente che ci sia (o sia stato, onestamente non ci capisco più nulla...) lo zampino del menagement, il quale ha sapientemente architettato tutta questa bella recitina.
La seconda, è che io ci sono rimasta veramente male del cambiamento fra Harry e Louis, di come a malapena si possano guardare in faccia in pubblico.
La terza è che odio la Modest e il loro menagement.
La quarta, è che non sopporto il modo in cui cercano di manipolare i ragazzi, Harry in particolare.
La quinta, è che io non sono una Larry Shipper, ma amavo la loro amicizia così bella e profonda.
E basta. Let the flames begin.
Ciò detto, questa è la OS più impegnativa che abbia mai partorito, ed è strana come tutte le altre, ovviamente. Le parti in corsivo erano i ricordi di Harry, spero sia stato abbastanza chiaro! Credo di aver detto anche troppo, spero solo di poter "tamponare" la mancanza di materiale per le long con alcune "storie a botta secca" come queste!
Vi ringrazio infinitamente per tutto l'affetto che mi dimostrate nelle recensioni e per avere la costanza di sopportarmi in questo fandom, hahahah!
Ringrazio in anticipo chiunque abbia voluto leggere la storia, chiunque l'abbia anche solo guardata di sfuggita. Grazie davvero!
Ci terrei come sempre a sapere le vostre opinioni in merito (anche insulti, non faccio eccezioni, hahahah! Rispetto tutti u.u)!
Alla prossima, baci a tutti!

   
 
Leggi le 16 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Holly Rosebane