Heilàà
c: buonaseeera
amori belli. Ecco a voi la mia penultima figlia, partorita qualche sera
fa, in
uno dei miei inspiration-moments che colpiscono sempre nei momenti meno
opportuni. Erano le due di notte, ma avevo una voglia pazzesca di
scrivere, so.
Anticipo una cosa: nella parte in cui Harry parla del suo tweet in cui
citò una
frase di “Sweet Disposition”
c’è un errore di collocazione temporale. Il tweet
è di aprile, la partita di calcio è di ottobre,
so: sorry. Colpa mia, I know,
ma non voglio cambiarlo perché fa parte delle mie teorie.
Sì, credo fermamente
che Harry, quando scrive frasi di canzoni che gli piacciono, lo faccia
perché
vuole sentirle sotto un video Larry. Sono pazza, lo so, skst.
Okaay, vi lascio alla OS, buona lettura libellule. ❤
Seventeen
Il
diciassette non è solo un numero,
no, è il riassunto di due vite separate
che hanno trovato un sentiero comune.
È l’amore che assomiglia a due cifre,
ma in
realtà è un numero solo.
"Quanti
anni hai detto
che abbiamo?"
Chiese
Louis all'infermiera
che gli stava medicando la ferita sul braccio procurata dall'ago della
flebo.
"Lei
ne ha 84, signor
Tomlinson, il suo compagno di stanza ne ha 82"
Rispose
gentilmente la
signorina, sempre accompagnando le parole con un sorriso cordiale.
"Che
memoria di
merda"
Commentò
il vicino di letto,
il quale sembrava dormire fino a qualche secondo prima.
"Parla
quello che non
ricorda se ha pisciato o no"
Sbottò
il più vecchio con un
sorriso.
"Però
mi ricordo quante
volte al giorno pisci tu"
"Sentiamo:
quante?"
"Diciassette"
Affermò
sicuro Harry, con una
smorfia di compiacimento a deformare le rughe ormai troppo visibili sul
suo
viso.
"Tutto
culo"
commentò l'altro, facendo uno sforzo incredibile per cercare
di ricordare
qualcosa che spingeva contro le pareti del suo cervello, come volesse
farsi
sentire in qualche modo. "Scommetto che però non ricordi
quando mi hai
pisciato sui pantaloni"
"Ma
per chi mi hai
preso? Guarda che il più giovane qua sono io"
Fece Harry, sorridendo inevitabilmente a causa della massa di ricordi
che si
era improvvisamente risvegliata nel suo preconscio. "Lo ricordo come
fosse
ieri. La prima volta che ci parlammo eravamo al bagno del bootcamp, io
stavo
pisciando e tu arrivasti dal nulla, esordendo con un banalissimo
"ciao".
Io, per salutarti, dovetti girarmi, ma non ricordavo che stavo ancora
facendo
pipì. Così mi girai e ti pisciai sui pantaloni.
L'unica cosa che riuscii a dire
per riparare il danno fu "oops!" e tu iniziasti a ridere, io mi
lasciai trasportare e finimmo per metterci d'accordo per vederci la
sera.
Ricordi quale fu la prima cosa che mi chiedesti quel giorno?"
"Quanti
anni avessi. Tu
mi dicesti che ne avevi sedici, ma non volevo crederti. Per me ne
avevi-"
"Diciassette.
Credevi
che ne avessi diciassette."
"Già."
Silenzio,
come capitava ormai
innumerevoli volte. Sospiri e sorrisi, rumore di pelle che invecchia e
di
dentiere che si spostano nella bocca.
"E
quel tatuaggio che mi
ero fatto da giovane, sul petto, te lo ricordi?"
"Seventeen
black?"
"Sì,
quello. Se non
avessimo mai fatto coming out la gente crederebbe ancora che fosse il
titolo di
un libro."
"Era
il segno della
paura, invece, ricordi?"
"La
paura e la
sofferenza che dovevamo portarci dietro il diciassette di ogni mese."
Il
sorriso di Harry si spense
e quello di Louis fece lo stesso.
"Poi
però abbiamo
imparato a conviverci con la paura, e il diciassette ha iniziato a
portarci
fortuna"
Volle
aggiungere Louis, per
vedere di nuovo il sorriso del suo compagno.
"A
me porta fortuna
ancora adesso, sai?"
Riprese
a sorridere il più
giovane.
"Anche
a me"
Di
nuovo, silenzio.
Il letto che scricchiolava, il suono piatto e monotono della voce del
medico
nella stanza di fianco.
"Sono
sicuro che non
ricordi quando venni a tifare per te a una partita di calcio"
"Lo
ricordo benissimo,
invece. Giocavo per beneficenza per la BlueBell Wood, e tu, Liam e
Niall
eravate venuti a vedermi. Ero agitato da morire e tu mi
tranquillizzasti con
uno dei tuoi baci. Ricordi quale numero portavo sulla maglia quel
giorno?"
"Il
diciassette, lo
avevo scelto io. Avevo vinto la scommessa e quindi avevo potuto
scegliere il
numero della tua maglietta."
"Quale
scommessa?"
"Avevamo
scommesso che
se io avessi tweettato una frase di Sweet Disposition, nel giro di
venti minuti
sarebbe finita a fare da sottofondo a un video Larry"
"E
avevi ragione. Il
video uscì un quarto d'ora dopo il tuo tweet"
Ammise
con nostalgia Louis,
fissando le coperte bianche del proprio letto d'ospedale.
"Scommettere
con te è
sempre stato uno spasso, vincevo sempre io"
"Era
tutta fortuna, la
regina indiscussa sono sempre stata io"
"La
regina obesa con il
culo di una Kardashian"
Harry
trattenne una risata e
guardò Louis in attesa di una risposta alla sua frecciatina.
"Solo
perché mangiavo
tante torte, baby cakes"
"Non
mangiavi solo
quelle, sweetcheeks"
Girarono
con fatica il collo,
all'unisono, e si guardarono negli occhi per qualche secondo. Il verde
degli
occhi di Harry era rimasto giovane e acceso, così come
l'azzurro di quelli di
Louis. Nessuno riusciva a negare, però, che il loro colore
diventasse più
acceso quando incontrava quello degli occhi del compagno.
"La
torta più buona che
io abbia mai mangiato è stata quella del mio ventunesimo
compleanno. Aveva un
piccolo 'me' in cima, metà Louis e metà Power
Ranger, una meraviglia."
"Non
pensavo ti fosse
piaciuta così tanto, credevo ti avesse fatto schifo"
"Come
avrebbe potuto
farmi schifo? Me la regalasti tu. E ricordi quante stelline ci facesti
mettere?"
"Diciassette
stelline
rosa"
"Sì,
diciassette."
L'infermiera
lasciò la stanza
cercando di non far rumore mentre chiudeva la porta. La
verità era che nessuno
dei due si era accorto che lei fosse rimasta ad ascoltarli tutto quel
tempo, ma
d'altra parte c'erano abituati. Succedeva sempre così:
iniziavano a parlare e
il resto spariva, come se si formasse una bolla intorno a loro e
ciò che stava
fuori non contasse minimamente.
"Il
diciassette era
anche il numero del mio cartellino per le audizioni"
"Sì,
era la somma dei
numeri. 155204. Non l'ho mai dimenticato."
"Dio,
Harold, sei un mostro!
Come fai a ricordarlo?"
Harry
si girò lentamente
verso suo marito e sorrise.
"Hai
presente quei verbi
di latino che non vorresti studiare ma che ricorderai per sempre?
Proverai
mille e mille volte a toglierteli dalla testa ma non ci riuscirai. Come
le
parole della tua canzone preferita, quella canzone che hai ascoltato
migliaia
di volte ma che non ti ha mai stancato e mai lo farà. Ecco,
per me è così. Non
potrei mai dimenticarlo"
"Eri
dolce da giovane e
lo sei ancora adesso. Come fai?"
"A
fare cosa?"
"A
essere sempre così
meravigliosamente impeccabile. Non sono mai riuscito a trovarti un
difetto,
sai? Non hai mai fatto qualcosa di inopportuno in 66 anni che ti
conosco."
"Forse
sei tu che non
vedi i miei difetti"
"Forse
ti amo e
basta"
"Forse,
sì."
La
mano di Harry scivolò
fuori dalle coperte e trovò quella del suo uomo, la strinse
forte.
"Mi
prometti che se me
ne andrò non mi dimenticherai?"
Chiese
Harry con un filo di
voce, con un'insolita stretta al cuore, qualcosa che non aveva mai
sentito
prima.
"Tu
non te ne
andrai"
Disse
sicuro Louis,
stringendo più forte la mano enorme di Harry.
"Tu
promettilo"
Il
dolore al petto si fece
più forte e si espanse fino alle caviglie, per poi risalire
velocemente alla
testa.
"Promesso"
La
mano di Harry lasciò
lentamente la presa, ma Louis non la lasciò. Harry chiuse
gli occhi, il battito
del suo cuore si fermò all'improvviso.
"Ti
amo"
Poi,
l'ultimo filo di voce si
spezzò.