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Autore: Nimel17    31/12/2012    6 recensioni
Un re fa un accordo con una potente creatura ma poi, disgustato dalla magia nera, esilia il mago, che giura di prendersi tutto quello cui il sovrano tiene. Molti anni più tardi, la principessa ed erede del regno non sa cosa l'attende sulla strada dentro la foresta per tornare a casa dopo la sua festa di fidanzamento e non sa che non tutto è quello che sembra. E che sarà lei a farne le spese.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Belle, Signor Gold/Tremotino
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Cosa?”
Regina scagliò il calice contro la parete,  mentre il servo fuggiva via dalla camera. Gaston se ne stava pigramente appoggiato alla porta, l’espressione imbronciata.
“Genio! Mostrami immediatamente Rumpelstiltskin!”
Il volto evanescente nello specchio sospirò.
“Sapete bene che lui copre tutte le superfici in cui potrei spiarlo. È inutile, mia regina.”
La donna si sedette, respirando due, tre volte.
“Molto bene. È un inconveniente, un grosso inconveniente, ma possiamo farcela.”
Suo figlio alzò le spalle, poi le posò le mani sulle spalle.
“Quella principessa non ci è necessaria, madre. Ci sono sicuramente altri regni…”
Regina si dimenò e lo guardò, furibonda.
“Zitto, sciocco! Se solo tu non te ne fossi uscito con quella maledettissima frase, lei avrebbe acconsentito a sposarti! Simpatizzerei per lei, se non avessi avuto la disgrazia d’esserti madre.”
Gaston arrossì, ma se ne stette zitto. Era abituato a quegli scatti d’ira, anche se ne ignorava il motivo reale.
“Va’ a parlare con re Maurice, e vedi di esprimere tutto il tuo rincrescimento. Almeno il padre, deve esser convinto di queste nozze.”
Lui chinò il capo posando la mano sull’elsa della spada e uscì senza ulteriori parole. Regina sospirò e si versò un’altra coppa di vino. Le stava venendo un’emicrania feroce e lei non desiderava altro che uscire a cavalcare, come quando era una ragazzina.
“Perché ve la prendete tanto, Maestà? Riconosco che Gaston non brilla per intelligenza, ma è pur sempre vostro figlio.”
Regina scacciò il volto del Genio in un altro specchio e iniziò a sciogliersi la pesante acconciatura, lasciando cadere per terra i preziosi fermagli di diamanti. Poi fu la volta del trucco, che stava iniziando forse a portare un po’ esageratamente.
“Ella! Vieni subito qui!”
La domestica bionda accorse subito, una fanciullina linda e graziosa, impaurita come un topolino in una cucina.
“Aiutami con il vestito.”
Le mani della serva erano piccole, ma le dita erano affusolate e perfette per sciogliere i nastri e i lacci del corsetto e con il tempo avevano imparato a togliere l’aderente pelle nera dei suoi abiti come se fossero scialli di lana.
“Puoi andare. Se avrò bisogno, ti chiamerò.”
Ella s’inchinò profondamente e uscì dalla stanza, lasciando sola Regina.
Sola. Come lo era stata da ventidue anni a questa parte.
L’immagine riflessa allo specchio mostrava un’altra donna rispetto a quella di prima: i capelli, lunghi e lisci, le scendevano senza freni lungo la schiena, il volto mostrava poche rughe sottili ma i lineamenti erano ancora quelli di una giovane donna, gli occhi scuri e luminosi a causa delle lacrime che iniziavano a spuntare dalle ciglia lunghe.
“Hai visto, Daniel? Hai visto, cosa sono diventata?”
Tua madre sa cos’è meglio per te, tesoro, fidati.
Era tutta colpa di sua… no, non meritava quell’appellativo. Era tutta colpa di Cora.
Lei aveva ucciso Daniel.
Lei l’aveva venduta al vecchio re Leopold.
“Ovunque ti trovi, Cora, spero che tu stia marcendo tra le fiamme del più profondo Inferno.”
Stava parlando da sola, ma quella non era una novità per lei. Aveva da tempo imparato a non fidarsi di nessun altro se non di se stessa. Aveva commesso due volte quell’errore, in due giorni consecutivi: aveva rivelato il suo segreto a Biancaneve e aveva creduto che la madre potesse accettare Daniel.
Ma Biancaneve non aveva mantenuto il silenzio e sua madre aveva strappato e frantumato il cuore del suo innamorato davanti ai suoi occhi.
Il suo odio era rivolto anche a Gaston: lui doveva esser figlio di Daniel, non di Leopold.
Doveva averlo concepito in una notte d’amore, non mentre un vecchio tentava di consumare le nozze senza curarsi della giovane donna sotto di lui che gridava e piangeva.
La sua vendetta era stata mentirgli, dicendo che suo figlio, l’erede maschio, era morto durante il parto, mentre aveva in realtà fatto sì che venisse allevato dalla sua unica amica, Malefica.
Quando Leopold era morto, ucciso dalle sue preziose vipere, aveva presentato Gaston come un figlio illegittimo del suo defunto marito.
Bevve dell’altro vino, sapendo che non l’avrebbe stordita quanto avrebbe voluto. In breve tempo, re Maurice sarebbe venuto da lei, per farsi consolare e piagnucolando riguardo l’orribile mostro che gli aveva sottratto la figlia, proclamando bandi in cui avrebbe certamente pregato eroi coraggiosi di salvarla.
Il bicchiere rimase sospeso a mezz’aria.
“Genio! Genio!”
La faccia del suo sciocco spasimante apparve in una nube azzurra.
“Ditemi, mia regina.”
“Re Maurice farà qualsiasi cosa per riavere sua figlia indietro, vero?”
“Sicuramente, Maestà. Ho spiato a lungo il loro rapporto affettivo.”
Regina si alzò di scatto e con un gesto della mano era nuovamente vestita, acconciata e agghindata, pronta ad affascinare il re in modo da manovrarlo a suo piacimento.
Trovò il monarca assieme a Gaston, che aveva saputo fingere una certa tristezza in quel suo volto impassibile, vacuo. Dio, come somigliava a Leopold! Entrambi si alzarono al suo ingresso.
“Madre.”
“Regina. Grazie d’esser venuta.”
Lei si precipitò a stringergli le mani, esibendo la sua espressione più addolorata e compassionevole.
“Povero, povero Maurice! Che tragedia è avvenuta alla cara Belle. È come se avessi perso una figlia.”
Gli occhi chiari dell’uomo erano gonfi e rossi di pianto e lo facevano assomigliare ancora di più ad un grosso rospo. La donna provò un brivido di ribrezzo, chiedendosi da dove sua figlia avesse preso tutta la sua bellezza.
“Regina, amica mia…. Non ho parole per esprimere il mio dolore. È tutta colpa mia! Avrei dovuto dirle prima di quel mostro, avrei dovuto proteggerla meglio…”
Le lacrime avevano iniziato a sgorgare ancora dagli occhi del re, che aveva ripreso a singhiozzare coprendosi il viso con una mano. Regina si trattenne a stento dal roteare gli occhi e si chinò su Maurice, posandogli le mani sulle spalle.
“Non dirlo nemmeno per burla, Maurice! L’unico a essere colpevole è quel serpente infido di Rumpelstiltskin. Ma si può rimediare alla situazione.”
Sia il re sia suo figlio la guardarono con un’aria di stolida incredulità.
“In fondo, mio figlio è il suo legittimo fidanzato, acclamato in molti regni per la sua abilità nei combattimenti.”
Gaston sembrò seguire il suo pensiero e sorrise, orgoglioso. Si era sempre creduto un campione nell’uso delle armi e lei aveva deciso di sfruttare la sua vanità.
“Ucciderò quel mostro e riporterò la mia Belle qui, sana e salva, sire.”
Regina accarezzò una guancia del figlio, fingendo grande tenerezza.
“Se c’è qualcuno che può riuscire, Maurice, è senza dubbio il mio figliolo.”
Il re annuì, speranzoso.
“Se salverai mia figlia, principe, il mio dono di nozze sarà metà del mio regno, in attesa della mia dipartita.”
Madre e figlio s’inchinarono, proclamandosi onorati della fiducia e generosità dell’uomo. Mentre uscivano dal salone, gli occhi di Gaston brillavano di aspettativa e la sua mano era già stretta intorno all’elsa della spada. Regina serrò la bocca di fronte alla sua ingenuità: davvero suo figlio credeva di poter sconfiggere il Signore Oscuro con un’arma qualsiasi?
Ma lei avrebbe rimediato a ciò: serviva solo ricorrere alla Magia Nera e poi avrebbe cercato il pugnale che poteva controllare Rumpelstiltskin.
 
 
 
Belle stava correndo nel bosco, con ancora addosso il vestito da sposa e l’anello nuziale. I rovi e i rami le graffiavano la pelle, la terra e il fango sembravano risucchiare i suoi piedi e le sembrava che nel buio migliaia di occhi gialli la spiassero per poi ritirarsi nelle tenebre.
Cadde all’improvviso, inciampando su una radice che sembrava essere spuntata dal nulla. Il ginocchio le bruciava terribilmente e macchie rosse trasparivano dalla gonna. Provò a rialzarsi, ma il piede era rimasto catturato nell’estremità dell’albero, che sembrava stranamente stringersi sempre di più attorno alla sua caviglia.
“Belle!”
Ruby stava correndo verso di lei, il viso scoperto dal cappuccio.
“Sono prigioniera, non riesco a liberarmi!”
La fanciulla si tolse il mantello e in quel momento la luna illuminò la radura: intorno a loro c’erano dieci o dodici lupi che la stavano fissando, ringhiando e scoprendo le zanne.
Belle cercò di indietreggiare, urlando. Ruby le si avvicinò, mentre le sue mani affusolate stavano diventando zampe pelose.
“Perdonami, ma tu sei un’umana. E noi abbiamo fame.”
Un primo lupo le balzò addosso, atterrandole in grembo, e le morse una spalla. Lei gridò e cercò di divincolarsi, ma riuscì solo a sbattere la testa contro qualcosa di duro e spigoloso, che le fece riaprire gli occhi.
I lupi erano scomparsi e non c’erano alberi o rovi a trattenerla prigioniera, solo le coperte. Belle si prese la testa tra le mani, cercando di calmare il ronzio rimbombante nelle orecchie. Non aveva dormito che un’ora, eppure non aveva voglia di tornare a dormire. Dalla notte della proposta di matrimonio di Rumpelstiltskin, non aveva fatto che incubi, su di lui e su lupi che la divoravano.
Si sciacquò il viso nel catino d’acqua fredda che aveva a disposizione, prese il mantello e sgusciò via per incontrarsi con la sua amica. Quella era la prima sera in cui aveva il permesso di uscire e aveva bisogno di confidarsi con qualcuno. L’aria era tiepida e profumata di tigli e mughetto, ma Belle rabbrividì, in quanto le ricordava la brezza dell’illusione creata dal suo rapitore.
Ruby era nella loro radura, stringendosi addosso la mantella rossa con aria preoccupata. Gli occhi verdi perlustravano la zona, irrequieti e le sue mani si stringevano nervosamente attorno ad una piccola daga.
“Belle! Grazie a Dio sei qui, pensavo che quel mostro ti avesse uccisa!”
Lei si sedette al suo fianco, sospirando e lottando per trattenere le lacrime. Ruby le cinse le spalle con un braccio e Belle chinò il capo, emettendo un singulto.
“Lui vuole me. Vuole rubare il regno a mio padre…”
Tese la mano, mostrando la pietra scintillante alla luce della luna. L’amica sussultò e si mise una mano sulla bocca, orripilata.
“Oh mio Dio, Belle, ti ha… ti ha…?”
“No. Quel… mostro è sicuro che io accetterò, prima o poi.”
Ruby scoppiò a ridacchiare, cercando di soffocare le risa.
“Aspetterà che tu sia attratta da quel coccodrillo? Gesù, che ego enorme!”
Anche Belle si lasciò scappare dei risolini, nonostante fosse terrorizzata per il suo futuro.
“Può minacciare di uccidere mio padre, se non accetterò.”
Ruby tornò seria.
“Belle, se Rumpelstiltskin è così determinato ad avere la sua vendetta, tuo padre lo ucciderà ugualmente. Non accettare.”
Il labbro inferiore di Belle tremò, ma nessuna lacrima scese dagli occhi. Lei aveva sempre creduto che, se avesse fatto una cosa coraggiosa, il coraggio sarebbe venuto a lei, ma nelle mani di Rumpelstiltskin si sentiva sempre meno coraggiosa. Non che lui le avesse fatto fisicamente del male, a parte maledirla e obbligarla a trasformarsi in cigno durante il giorno, ma era ancora peggio. Le sembrava di avere una spada di Damocle appesa sopra la testa, che poteva cadere da un giorno all’altro. Certo il Signore Oscuro si divertiva a sue spese della sua angoscia e voleva allungare il più possibile l’incertezza di suo padre nel saperla viva o morta.
“Chi è questa… umana?”
Entrambe le ragazze si riscossero dai loro pensieri e Ruby saltò subito in piedi, mettendosi davanti a Belle.
“Un’amica, non è un pericolo per nessuno.”
Un lupo ululò poco lontano e anche Belle si ritrovò in piedi, quasi inconsapevolmente. Da quella posizione, poteva vedere una donna ancora inferiore alla mezza età, dal viso regolare e zigomi alti, i tratti un poco spigolosi, folti e lunghi capelli scuri che le ricadevano sulla schiena ricoperta da un mantello di piume grigie. Gli occhi ambrati erano fissi sui suoi, duri come gemme incastonate e le labbra erano atteggiate ad una linea sottile. Dietro di lei c’era un giovane uomo, ma non riusciva a distinguerne i lineamenti immersi nell’ombra.
Quei due erano i soli essere umani: intorno a loro c’era almeno una decina di lupi, come nel suo sogno, la maggior parte dal pelo grigio o fulvo, le zanne in bella mostra e le zampe piegate come se stessero per saltare da un momento all’altro.
Belle cercò di parlare in tono fermo, ma la voce le uscì fioca e tremolante.
“Ruby… chi sono?”
La donna di fronte a loro scoppiò a ridere, gettando la testa all’indietro.
“Ti posso sentire, umana. Mia figlia non ti ha parlato di me?”
Avanzò fino ad arrivare a pochi passi da loro, sorridendo, ma le sue pupille erano dilatate.
“Il mio nome è Anita.”
Belle indietreggiò, quando un dito gelido le sfiorò il mento, poi la gola.
“Tanto sangue che pulsa nelle vene… hai paura, piccola?”
Ruby spinse la sua amica dietro di sé, ringhiando.
“Non farle del male. Non ha fatto niente.”
“È un’umana. Dove ci sono loro, c’è la morte. Non ti è permesso stringere dei legami con loro.”
“Ho bisogno di un’amica!”
“Hai il branco.”
Accadde tutto molto velocemente. Anita afferrò Belle per la gola e contemporaneamente il giovane restato nell’ombra scattò in avanti e strinse Ruby tra le braccia, trascinandola verso il folto della foresta e bloccando i suoi tentativi di liberarsi.
“No! Lasciatela, lasciatela!”
Belle sentì delle corde avvolgerla e legarla intorno ad un albero, mentre Anita le conficcava le unghie nella carne. Ormai lei non lottava nemmeno più: come nei suoi incubi, i lupi l’avrebbero uccisa e divorata. Alzò la testa e si rifiutò di chiudere gli occhi.
“Avanti, uccidetemi! Che aspettate?”
“Quanto spirito. Forse dovremmo accontentarti, carina.”
Anita indietreggiò di parecchi metri, la sua camminata fluida e svelta nonostante la gonna lunga. Belle la vide con orrore piegarsi a quattro zampe e trasformarsi in lupo. Se la donna le faceva paura prima, adesso le gambe le tremavano ed era certa che sarebbe caduta se non fosse stata legata. La belva si avvicinava in circoli, lentamente, come per assaporare il suo terrore. Tutto intorno sembrava essersi fermato e lei poteva sentire chiaramente il ronzio del suo sangue, il battito sonoro del suo cuore. Il lupo alzò il muso al cielo ed emise un ululato che Belle non avrebbe saputo descrivere se non come un grido di vittoria, dopodiché si appiattì sul terreno e spiccò un balzo verso di lei, con le fauci spalancate.
Lei urlò, il suo autocontrollo andato in frantumi e chiuse gli occhi, serrandoli stretti e preparandosi a sentire i morsi della belva dilaniarla. Invece, percepì una folata improvvisa di vento e un guaito.
La sua vista era inizialmente offuscata, ma poteva vedere una sagoma posta davanti a lei. Anita era accasciata a terra, una zampa ripiegata su se stessa, ma lo sguardo era ancora di sfida e continuava a ringhiare al salvatore di Belle.
“Nessuno può toccare ciò che mi appartiene, dearie, spiacente. La ragazza appartiene a me e non permetterò che diventi una bistecca al sangue per te e i tuoi patetici cagnolini.”
Rumpelstiltskin si chinò e mise una mano sul petto dell’animale. Belle inorridì, avendo letto di quel trucco da magia oscura.
“No! Non farlo!”
La mano della creatura si fermò, proprio mentre intorno ad essa scintillava una nube gelatinosa e violacea. Lei ripetè, più calma.
“Non farlo. È la madre di Ruby, la mia amica.”
“Questo essere stava per ucciderti.”
“Per proteggere il segreto del suo popolo. Non agire come lei, dimostra che sei superiore.”
Gli occhi scuri di Rumpelstiltskin si fissarono nei suoi, increduli ma penetranti come non lo erano mai stati. Belle si ritrovò incapace di distogliere lo sguardo, sorpresa anche lei dalle sue parole.
Il Signore Oscuro si alzò lentamente e con un gesto della mano la sciolse dalle corde che la tenevano prigioniera. Lei si sentì cadere a terra, non avendo forze per sorreggersi, ma un paio di braccia la strinse e una mano le si posò sui capelli, accarezzandoli.
“Ssh dearie, ora ti porto a casa.”
Il tempo di un battito di palpebre e Belle si vide circondata dalle familiari mura del castello di Rumpelstiltskin. Lui la distese sul divano, stringendole le mani fredde per riscaldarle.
“Ora, dearie, mi spiegherai perché andavi a correre con i lupi, tenendomi all’oscuro di tutto.”
Belle tremava troppo per fidarsi a parlare, continuando a vedere davanti a sé gli occhi crudeli di Anita.
“I lupi…”
“Non ci sono più, dearie. Sei al sicuro.”
Lei fissò ipnotizzata le macchie scure sul suo vestito. Era sangue. Ma non era stata attaccata… sfiorò con le dita il braccio di Rumpelstiltskin, che si ritrasse.
Non mi aveva mai toccato prima d’ora volontariamente.
“Sei ferito.”
Lui seguì il suo sguardo e vide che si era accorta dei tre graffi che gli solcavano la pelle.
“Solo una sciocchezza. Non mi trasformerò dearie, ho già una maledizione addosso, basta e avanza.”
Belle arrossì e chinò lo sguardo per nasconderlo.
“Vado a prendere dell’acqua per pulirti la ferita, e… delle bende, sì, serviranno anche quelle.”
“Come, non hai intenzione di strapparti il vestito per fasciarmi, dearie?”
Lei trattenne a stento una risatina. Mentre prendeva un piccolo catino pieno d’acqua, un panno e delle garze, si rimproverò per quel momento di simpatia. Il momento successivo si rimproverò per essersi rimproverata, visto che Rumpelstiltskin le aveva salvato la vita.
Lo trovò seduto sulla poltrona davanti al fuoco, magicamente acceso. S’inginocchio vicino a lui e posò la stoffa inumidita sui graffi.
“Ahi! Attenta, dearie!”
“Scusa. Farò più piano.”
“Se tu non vagabondassi la notte con dei lupi, non sarebbe successo questo.”
“La notte è il mio solo tempo di libertà da umana.”
Una volta pronunciate quelle parole, lei si pentì subito, anche se aveva ragione. Il volto di Rumpelstiltskin era una maschera di pietra e gli occhi erano fissi.
“Cerca solo di non metterti in pericolo, la prossima volta.”
Belle sorrise e finì di fasciare la ferita.
“Lo prometto.”
Stava per rialzarsi, quando lui le strinse la mano e la trattenne sul braccio, avvicinando il suo viso.
È così bella.
“Ho risparmiato quella donna lupo per te, dearie.”
Le sfiorò la fronte con le labbra e lei rabbrividì inconsciamente. Ora erano tutti e due in piedi e Rumpelstiltskin la stava guardando con un’espressione mista di dolore e delusione.
È così bella.
“I tuoi occhi possono essere così crudeli, Belle, come posso essere crudele anch’io. Ma io ho ancora fiducia, dearie.”
“In cosa?”
“Che tu sarai mia, prima o poi.”
Lei impallidì.
“Ti dipingerò le mattine d’oro, ti tesserò romantiche serate, metterò la luna ai tuoi piedi… Belle.”
Si mosse verso di lei, ma fu ricompensato da un’occhiata di paura e orrore. Si fermò e alzò il braccio sano.
“Vai a dormire, dearie. hai subito un grande shock.”
Vivere senza la tua luce, amare senza il tuo cuore… io non esisto dentro di te.
 
 
 
 
Angolo dell’autrice: spero che il capitolo sia di vostro gradimento… le frasi in corsivo sono dei brevi pensieri di Rumpelstiltskin, ovviamente e le ultime citazioni sono tratte dal film “Labyrinth” con il fenomenale David Bowie. Anita, per chi non avesse visto la seconda stagione, è davvero la madre di Ruby, uccisa dalla stessa figlia per salvare Biancaneve. Buona giornata!
  
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