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Autore: June_    31/12/2012    5 recensioni
Un Johnny Depp barbone costretto a chiedere l'elemosina nelle strade di Parigi e una giovane donna che tenterà di farlo tornare il famoso attore di sempre. Insieme riusciranno nell'intento?
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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... Johnny

Dopo due viaggi in metropolitana e una piccola camminata, arrivammo davanti al palazzo.
Audrey mi sorrise imbarazzata e io forse lo ero più di lei. Cercai in tutte le maniere di convincerla a lasciar perdere, ma non ne volle sapere, alla fine passò anche ad ignorarmi e limitarsi a trascinarmi da una parte all'altra.
Le sarò riconoscente tutta la vita per questo. Lei, una totale estranea, mi prende e mi toglie via dalla strada come se ci conoscessimo da una vita, mentre chi forse avrebbe dovuto farlo o almeno impedirlo, ora non so neanche dove sia.
Certo era anche colpa mia, sopratutto colpa mia, ma non mi sarei mai aspettato che nessuno non muovesse un solo dito. Mentre lei si.
E la cosa che mi spaventava, era che non sembrava l'avesse fatto solo perché una volta era una mia fan, credo che se fossi stato un altro l'avrebbe fatto ugualmente. Troppo buona, quella ragazza, troppo ingenua, forse.
« Sai la strada che abbiamo fatto fino ad ora? - mi chiese con uno strano sorrisetto sulle labbra- E' nulla in confronto ai sei piani di scale che ci aspettano adesso. Mi dispiace tanto, ma l'ascensore è rotto.» Scoppiai a ridere, stava per portare un barbone dentro casa sua e l'unica preoccupazione che aveva era di non farlo faticare troppo con sei piani di scale.
La seguii su, fino al sesto piano, dove arrivata alla porta numero trenta esitò un attimo. Ecco, adesso ce le hai un po' di preoccupazioni vero, Audrey?
« Ehm... In realtà, non ricordo se ho messo in ordine prima di uscire. In caso ignora tutto, ok?» Come non detto.
Gli feci un sorriso di approvazione, mi sembrava tutto così assurdo. Insomma, ero io quello che si doveva vergognare, io il barbone, non lei, eppure ad ogni passo che faceva la vedevo in tensione, come se non fosse mai abbastanza.
Glielo dovevo dire prima o poi, che non era abbastanza quello che stava facendo, era perfino troppo.
Entrammo a casa sua: un appartamentino medio, con una grande sala, una piccola cucina e un corridoio che portava alla camera da letto, dove all'interno c'era il bagno.
« Siediti pure dove vuoi, o fai quel che vuoi, insomma... fa come se fossi a casa tua. Anche se questa non è proprio come la tua, è molto più piccola, molto più brutta, neanche a paragone... Forse non dovrei parlare così a raffica, eh? Va bene. Io vado a prepararmi per la cena, tu...»
« Io starò bene, tranquilla, ti aspetterò per tutto il tempo che ci metterai quindi non fare le cose di fretta, lo so che voi donne ci mettete un' eternità» La rassicurai.
Tirò quasi un sospiro di sollievo, poi sorrise e andò verso il bagno assicurandomi di non metterci troppo.
Io mi sedetti sul divano della sala e iniziai a dare un'occhiata alle riviste che c'erano sul tavolino davanti a me: giornali come Vogue o People, che non mi erano mai interessati, ma non avevo niente di meglio da fare.



Audrey...


Chiusi la porta del bagno alle mie spalle e mi ci appoggiai un secondo, ero in totale panico da almeno mezz'ora: portare Johnny a casa mia mi faceva quest'effetto. Chissà perché.
Senza contare che ormai avevo due personalità a me sconosciute che si alternavano: quella "parlantina", ovvero quella che mi costringeva a parlare a vanvera e senza un minimo di logica, e quella "ebete" che si limitava a sorridere mentre le guance andavano a fuoco.
Va bene Drey, ora ti calmi e vai a farti una doccia super veloce, poi ti vesti, ti trucchi e tutto andrà per il meglio. Sù.
Dopo circa tre quarti d'ora ero finalmente pronta. Alla faccia del "super veloce".

Mi ero agghindata per bene facendo avanti e indietro tra il bagno e la mia camera, e ora esitavo a mettere il naso nella sala: dove si trovava Johnny, a meno che non fosse evaporato, visto il tempo che ci avevo messo.

Per mia fortuna –o sfortuna- lo trovai ad ammirare una foto posata sulla mensola: mi ritraeva all’età di sei anni, credo. E mi mancava anche un dente davanti.

Spalancai gli occhi e diventai rosso carminio per l’imbarazzo. Prima o poi le dovrò togliere quelle dannate foto!

« Wow!» Esclamò lui, che notò la mia silenziosa presenza « Stai davvero bene» Sorrise, e io diventai ancora più rossa di prima.

« Grazie, e scusa per il ritardo...»

« Tranquilla, ho saputo come passare il tempo» Indicò la foto con la testa mentre si sforzava di non ridere troppo

« Già, molto simpatico signor Depp. Vogliamo andare, adesso?» Incalzai facendo la finta offesa, ma lui esitò un attimo tornando serio

« Si, ehm, Audrey... non è che potrei-»

Lo interruppi notando che guardava verso il corridoio « Ma certo! Oddio che stupida. Mi è completamente passato di testa, scusa, davvero. Ti serve qualcosa? Credo di avere quasi tutto in bagno, cerca pure. Sai, erano di Andrew...

Se ti vuoi cambiare ho anche vestiti» Mi sfuggì una risatina che sembrava più un nitrito di pony e avvampai improvvisamente per l’imbarazzo.

Non sapevo se fosse il caso proporgli di mettersi i vestiti di Andrew, ne tanto meno proporgli di mettersi altri vestiti: mi suonava talmente scortese... Sotterratemi, ora.

« Insomma, il bagno è da quella parte.» Dissi infine lasciandomi cadere sul divano, affranta per il mio pochissimo auto controllo emotivo.

« Grazie. Ci metterò pochissimo te lo giuro, non voglio farti tardare.» E detto questo, sparì dietro la porta della mia camera, diretto verso il bagno.

Stop. Rewind. La mia camera?! LE FOTO!

Mi precipitai –nel vero senso della parola- nella mia camera da letto: anche lì era pieno di foto. Mie foto. Compromettenti. Molto.

Quando arrivai, Johnny era già dentro il bagno e io misi cautamente giù una ad una le cornici, ad alcune ci buttai qualche foulard sopra. Fortuna che avevo tolto tutti i suoi poster dalle pareti qualche anno fa, perché mai mi sarei aspettata che potesse entrare nella mia camera!

Finita l’opera di camuffamento, sentii l’acqua della doccia scendere.

Johnny Depp si sta lavando a pochi metri da me. Nudo nella mia doccia. Con la mia schiuma!  

Cos’è che m’impedisce di entrare la dentro e stuprarlo?!

Ah già: è chiuso a chiave. Porcamiseria!

Senza che mi accorgessi del tempo che passava, proprio mentre poggiavo sul letto dei vestiti puliti per lui, la porta del bagno si aprì ed io mi girai di scatto per lo spavento.

Un Johnny nudo o quasi –aveva solo un asciugamano stretto sulla vita- e tutto bagnato mi comparì davanti.

Oddio! Oggi muoio davvero.

Cercai di non far caso alle goccioline che gli scendevano allegramente sul petto e d’istinto misi subito una mano sugli occhi, impedendomi di vedere altro e probabilmente impazzire. Mentre lui, che non si aspettava di trovarmi li, richiuse la porta alla velocità della luce.

« Scusa, scusa, scusa, scusa! Volevo solo darti dei vestiti non immaginavo tu uscissi proprio adesso! Non ho sentito l’acqua fermarsi. Non che stessi origliando, eh! C’era anche poco da origliare, ma comunque non lo stavo facendo!

E’ così imbarazzante... e io sono ancora qua! Perché sono ancora qua?!» Smisi di parlare a vanvera e mi decisi ad uscire dalla camera.

Lo sapevo, lo sapevo che avere il bagno nella camera da letto prima o poi avrebbe causato qualche danno!

Lo sentii ridere e poi uscire nuovamente dal bagno; io nel mentre mi soffocavo contro il cuscino del divano per la figuraccia.

« Allora, come sto?» La sua voce mi arrivò ovattata per colpa del cuscino, così lo scaraventai dall’altra parte della stanza senza pensarci due volte, facendo finta di niente.

Figura di merda numero: due.

Davanti a me non c’era assolutamente l’uomo che avevo fatto entrare un’ora fa a casa mia, in quel momento davanti a me c’era davvero Johnny Depp.

Si era fatto la barba, lasciando come suo solito i baffetti –anche se più curati rispetto a prima- e la parte del mento con il pizzetto, i capelli erano in ordine anche se ancora lunghi, ma gli stavano da Dio! E anche i vestiti di Andrew gli stavano bene, non pensavo che avessero la stessa taglia: il golfino color panna si intonava benissimo alla sua carnagione, nonostante non fosse proprio nel suo stile e i jeans larghi... beh, anche quelli!

Ma che vado a pensare?

“Il golfino color panna si intona alla sua carnagione?!” Ok. Sto esagerando.

Anche se non era decisamente facile dargli un parere su come stesse da vestito, considerando che avevo la sua immagine da nudo ancora in testa, mi ripresi dallo stato di shock bavoso in cui ero e mi degnai di rispondere.

« B-b-bene. Molto.» Balbettai.

Si sforzò di non ridere, quasi non riuscendoci « Grazie Audrey, anche tu molto» Marcò l’ultima parola con lo stesso mio tono un po’ impacciato, poi sorrise sornione.

Ho una voglia di sotterrarmi pari a mille.

Mi sforzai di tornare in me « Bene, ora che siamo tutti e due tirati a lucido, direi che è ora di andare!» Dissi precipitandomi ad afferrare cappotto e borsa

« Giusto» Lui fece lo stesso col suo giubbotto, e poco dopo ci ritrovammo nei parcheggi del palazzo.

 

... Johnny

 

La seguii in un piazzale enorme e quasi privo di luce, oltre che di vita... Quando poi sentii il suono delle portiere di un’auto e le luci all’interno accendersi, capii che si trattava di un parcheggio. Ma non capii, se possedeva una macchina, perché girasse in metropolitana.

Cercai di insistere almeno per poter guidare io e toglierle così una fatica, ma ovviamente rifiutò più volte ripetendomi che “tanto non sapevo la strada”.

Eravamo in viaggio da dieci minuti buoni, e da quel che si poteva intuire dal paesaggio non eravamo in procinto di arrivare.

« Solo altri cinque minuti» Mi sorrise all’improvviso Audrey, che sembrava avermi letto nel pensiero.

Ero piuttosto nervoso, non avevo ben capito dove mi stesse portando, ma dalla sua telefonata avevo il presentimento di non essere proprio il benvenuto, e poi la scena di prima non aiutava: avevo finto indifferenza, ma farmi vedere mezzo nudo da una persona conosciuta qualche ora prima era davvero imbarazzante.

Sembrava esserlo stato più per lei in realtà, ma almeno era vestita, lei.

« Posso?» Allungai la mano per indicare la radio spenta. Pensai che un po’ di musica mi avrebbe aiutato a sciogliermi.

Lei annuì convinta senza distrarsi dalla strada.

Poco dopo fermò l’auto dietro ad un grande casolare e girandosi verso di me spense la radio.

« Siamo arrivati. Ora, prima che tu possa fuggire non appena incontrerai Leo, devi sapere che non è assolutamente quel che sembra. Ignoralo semplicemente, okay?» Sorrise.

« Okay. Ma chi è Leo?» L’aveva già nominato sì, ma se si meritava un discorsetto prima di essere conosciuto, avrei voluto i particolari.

« Leo è il proprietario di questa meraviglia qui davanti –indicò la locanda- ed un mio carissimo amico, ma per chi non lo conosce, è veramente irritante. Sì, credo sia questo il termine giusto.

Il fatto è che mi sta facendo un grosso favore e vorrei che voi andaste d’accordo, almeno un pochino, visto che dovrai vederlo per un po’. E lo dico a te perché parlare di questo con lui è assolutamente impensabile.»

« Capisco» Mi ero fatto più o meno un’idea di come potesse essere questo individuo, ma non capivo come Audrey potesse andarci d’accordo.

« Bene, entriamo allora!» Sorrise aprendo la portiera.

Dalla macchina all’ingresso continuava a ripetermi che dovevo ignorare i comportamenti di Leo, e che non era pessimo come sembrava, all’ultimo mi aveva cortesemente chiesto di non ridere, poco prima di suonare il campanello. Non ne capivo il perché.

La porta fu spalancata da un uomo sulla trentina, vestito di tutto punto: sembrava il proprietario.

« Siete in vitavdo!!! –sbraitò senza neanche guardarci in faccia- Avevo detto un’ova Audvey, un’ova!!! E indovina che ove sono?!» Forse in quel momento capii il perché non dovessi ridere.

« Che ore sono, Leo?» Chiese con calma ironia Audrey mentre si faceva spazio per permetterci di entrare.

« Tavdi! Ecco che ove sono! –Leo nel frattempo andava avanti e indietro tra un enorme sala e non so dove, senza però cessare i rimproveri- Non mi ascolti mai!

La puntualità è tutto nella vita Dvey! Non capisco come tu faccia ogni giovno!» Tornò da noi con in mano una chiave e una piccola cartella che continuava a consultare.

« Leo, siamo in ritardo di pochi minuti, non farne un dramma, dai! Non vuoi conoscere il tuo nuovo ospite?»

« Come no.» Rispose sempre con gli occhi sulla cartella.

A questo punto toccava a me, pensai « Lei deve essere Leo, Audrey mi ha parlato molto di lei. Piacere-»

« Leonavd. Leonavd Dupvés, pev chi non mi conosce.» Rispose acidamente.

So che non è educato, in più Audrey mi aveva appena chiesto di fare tutto il contrario, ma mi sentii autorizzato a rispondere allo stesso modo.

« Johnny. John Christopher Depp, per chi non mi conosce.» Vidi Audrey spalancare gli occhi e contemporaneamente quelli di Leonard si alzavano da quella stupida cartella.

« Tu vuoi uccidevmi, ammettilo!!! –sbottò contro la sua amica- Non posso cvedevci, non posso cvedevci!» Le lanciò la chiave, che lei prese al volo trattenendosi dal ridere, e fuggì via continuando a dire « Non posso cvedevci!» con toni sempre più acuti.

« E’ stato un piacere!» Dissi salutandolo con la mano, che prontamente Audrey si affrettò ad abbassare.

Iniziò a ridere « Gli sei piaciuto! Dai vieni, ti faccio vedere la tua stanza... Leo non ne sarebbe capace adesso!» Guardò la targhetta della chiave con sopra un numero e si girò verso la scalinata di destra. Già, in quel posto ai lati del salone c’erano due enormi scalinate: una a destra e l’altra a sinista perfettamente identiche. Da quel che potevo intuire portavano alle stanze, al piano di sopra.

La mia era la trent’otto.

Da quel che diceva Audrey, ogni stanza aveva uno stile diverso e lei era riuscita a vederne solo un paio purtroppo.

Quella che mi era stata assegnata era piuttosto moderna: un letto in stile orientale dai bordi neri, un grande armadio sempre in legno nero, un divano in pelle nera con cuscini rossi, una cassettiera dove sopra si trovava un piccolo televisore e un tavolino basso, vicino al divano.

« Questo dev’essere lo stile “depresso”.» Esclamò Audrey con una smorfia dispiaciuta.

« Ma no dai, i cuscini sono rossi.»

« Sì, rosso sangue. E’ un chiaro invito al suicidio... L’ha fatto apposta!» Sbottò infine, mettendosi le mani sui fianchi mentre guardava allibita un poster incorniciato nella parete.

Era una foto in bianco e nero di una ragazza vestita tutta in pelle. Diceva: “suicide girl”.

« Il fotografo?»

« Leo! Oh, è così infantile a volte... Adesso vado giù e-»

« Audrey, ci sono quattro muri e un letto, va più che bene! –la interruppi- E poi non credo che il tuo amico possa sopportare altro per questa sera: mi è sembrato abbastanza scosso.»

Si sciolse in una risata « Oh beh, è comprensibile: incontrarti all’improvviso fa un certo effetto!»
« Ma dai, non sono una divinità...» Scossi la testa, non ero più abituato ai tipici comportamenti dei miei fan. Veramente, li avevo quasi scordati, quindi il tutto era eccessivamente strano, per me.

« No, hai ragione: tu sei Johnny Depp. A parer mio, molto più che una divinità. Perché una divinità, a meno che non sei un miracolato non la vedrai mai, invece a te ti si può vedere, si possono vedere tutti i giorni le cose meravigliose che fai, le emozioni che trasmetti, e non solo seguendo un copione. A te non serve un copione, tu i tuoi personaggi ce li hai dentro e ti basta solo tirarli fuori quando serve. Ma anche fuori dai film, fuori dalla vita dietro una telecamera non smetti di essere meraviglioso neanche un istante. Probabilmente non te ne accorgi, ma anche alzando leggermente la mano o accennando un sorriso migliori la giornata di chi ti vede, subito. E questo non solo perché sei un adone da esposizione, ma per la persona splendida che sei...» Intanto si era lasciata cadere sul bordo del letto, e continuava ad elogiarmi con occhi sognanti.

Non riuscivo a credere che stesse parlando di me, che avevo fatto io di tanto straordinario?

« ... non so veramente come tu faccia ad essere così, è impossibile per una persona essere stupenda tutto il tempo, ma tu ci riesci: ecco perché sei più che una divinità!»

Si bloccò di colpo, e le sue guance iniziarono a colorarsi poco a poco, non credo si fosse resa conto di quanto aveva detto.

 

 Audrey...

 Ommioddio. L’ho appena definito “un adone da esposizione”?! Ditemi di no, vi prego.

Ditemi che non ha sentito!

*Come fa a non aver sentito? Siete soli e stavi parlando con lui!*

Eh? E tu chi sei? 

*Madama Doré! Chi vuoi che sia? Sono la tua coscienza!*

Ho una coscienza? Da quando? Dov’eri in tutti questi anni?!

*Da quando ho deciso di pararti il fondoschiena, che stai facendo fin troppe figure di merda oggi. E adesso basta. C’è fin troppo silenzio qui, gli vuoi dire qualcosa a questo povero cristiano o lo lasci così a bocca aperta, come un merluzzo?*

« Ehm, probabilmente ho parlato troppo. E’ comunque tutto collegato al fatto che fai un certo effetto!» *Eh... stavi andando bene, prima dell’ultima frase.*

« Probabilmente hai sbagliato persona – rise-, non sono così.» Scosse la testa

« Testardo, ecco come sei. Non ti è bastato un monologo, per farti cambiare idea.» Okay, forse nominare il monologo non era esattamente la cosa migliore da fare.

Fece spalluce « Lo dovresti sapere, che sono testardo. Ma, grazie comunque, per tutto quello che hai detto. La parte dell’adone da esposizione farò finta di non averla sentita, ma per tutto il resto, grazie davvero.» Scoppiai a ridere, anche se in effetti c’era poco da ridere, collezionavo figuracce quel giorno!

« Sì, speravo la ignorassi!»

Passammo qualche minuto a sorriderci, forse facendo mente locale di quello che era potuto succedere in poche ore, quando finalmente una certa coscienza mi ricordò di una certa cena. Così mi alzai dal lato del letto dove facevo muffa.

« Johnny, io ora devo andare, ma per qualsiasi cosa chiamami, sai, in caso ti servisse aiuto o Leo decidesse di farti la corte, o di punzecchiarti o che so io...»

« Farmi la corte?» Esclamò sbarrando gli occhi. Ah, ho dimenticato di dirgli che è gay?

« Ehm, si. E’ gay. Ma non credo lo farà, non è da lui, al massimo ti infastidirà un pochino...

Comunque sia, ti do il mio numero di cellulare»  Ero pronta a dettarglierlo, quando vidi che non faceva niente per poterlo salvare, se non guardarsi intorno.

« ... ma tu non hai un cellulare, giusto? Scusa, l’ho scordato. Beh allora facciamo così: io ne dovrei avere un altro da qualche parte, domani torno qui e te lo porto.

Se hai bisogno di qualcosa prima, puoi chiamarmi dal telefono della reception, Leo ti darà il mio numero. Attento però, è molto suscettibile.» Sorrisi, sperando vivamente che il mio amico non lo mangiasse vivo fino all’indomani.

Lui serrò le labbra prima di parlare « Audrey, non c’è bisogno che ti occupi di me così tanto, hai già fatto molto e io davvero non so più come ringraziarti o ripagarti e-»

 « Oh tranquillo, puoi ripagarmi a rate, sorridi» Lo incitai, e lui sorrise davvero.

« La prima rata è andata! Però le voglio giornaliere, eh!

Ora è meglio che ti riposi, e io è meglio che vada se voglio vivere... Ci vediamo domani, Joh»

« A domani Audrey, e anche se è banale: grazie ancora, infinitamente.» Ma quanto è bello quando sorride, oh!

Dopo il sorriso di ricambio – a malincuore, lo ammetto- uscii dalla sua stanza.

Proprio in quel momento il mio cellulare iniziò a vibrare e squillare come un dannato.

« Pronto?» Risposi senza neanche guardare chi era

« Pronto? Pronto?! Perché sei così calma?» E sapessi, un certo Johnny...

« Charlotte?»

« Si, Charlotte! Ma dove sei Drey? Non ti sarai dimenticata della cena?! E’ più di mezz’ora che ti aspettiamo»

« No, no, ma che dimenticata, come dimenticare che devo sorbirmi quel deficiente?

Ho solo avuto un imprevisto, e lasciamelo dire: che imprevisto! Ma ti giuro che sto arrivando, Charlie.» Proprio mentre pronunciavo quella frase passai sotto gli occhi di Leo, che urlò ancora una volta « La puntualità è tutto nella vita!»

« Era Leo quello? Beh, ha ragione Drey, lasciatelo dire.»

« Sì, era Leo, quel rompiscatole di Leo!» Alzai la voce per farmi sentire, salutandolo poi silenziosamente con baci e segni di mano prima di uscire alla velocità della luce dalla locanda.

« Ma perché sei alla locanda?» Continuò Charlie, che stava per dare inizio ad uno dei suoi interrogatori senza fine.

« Te l’ho detto, ho avuto un imprevisto. Però non ti dico niente adesso, perché tanto lo so che hai messo il vivavoce e mi state sentendo tutti, e poi devo guidare ora. Ciao ragazzi!»

Dall’altro capo si scatenò una serie di risate e poi mi salutarono tutti in coro, prima di chiudere la chiamata.

E ora come glielo spiego a Charlotte e Kate il mio “imprevisto”, senza che gli venga un infarto?

*Non puoi, credo. Poverette!*

Oh, ancora tu. Com’è che spunti proprio adesso?

*Sono la tua coscienza, e non spunto adesso, ci sono sempre stata! Te lo vuoi ficcare in testa?!*

Non è vero, sei comparsa quando c’era Johnny, non c’eri prima!

*Si che c’ero!*

Ti dico di no...

*C’ero. Fine. Stop! Quando sarei dovuta comparire, quando stavi con Andrew? Puah. Lì era talmente tutto rose e fiori che lo sapevi da sola cosa fare, ma oggi ti ho vista in difficoltà e sono intervenuta. Capito?!*

Ah. Allora grazie, Coscienza.

*E non chiamarmi Coscienza! Ce l’ho un nome: Erminia!*

Piacere, io sono Audrey.

*Ma lo so già chi sei! Santo cielo, fatemi cambiare testa: una qualunque, ma non questa!*

E dai, rilassati... Proprio a me doveva toccare la coscienza mestruata? Ma guarda un po’.






Taradadaaan! Ecco il capitolo due! O tre, contando il prologo... Insomma, come volete, ma eccolo xD

Iniziamo con un carino Johnny’s Pov, ve li avevo accennati, no?

Che dire... Sono finalmente arrivati alla locanda e Leo ha fatto la sua comparsa, in tutto il suo splendore ecc, ecc...

Ecco, che siamo già in “argomento Leo”: per rispondere anche ad una recensione, visto che mi sembra di non averlo ancora fatto –sorry, risponderò, loggiuro!- purtroppo per voi, sì: i dialoghi di Leo-bello avranno sempre la “v” al posto della “r”... Son, testarda? Lo so ç_ç

Ma è una cosa che fa parte del suo personaggio, e se la togliessi non mi sembrerebbe più lui! Scusate.

Ah, qui c’è anche una nuova comparsa: Erminia! La piccola vocina che tutti noi abbiamo, volenti o nolenti. Per lei mi ispiro alla mia moglie bella, nessuno avrebbe potuto farla meglio! (Macci, dovrebbe essere un complimento xD)

Anyway, la giornata di Audrey non è ancora finita, la aspetta ancora la cena e tutto quello che succederà dopo... Ma non mi spoilero da sola u.u

Sappiate solo che qualcosa succederà. Muaha.

Queste piccole note iniziano a diventare più lunghe dei capitoli, quindi basta, mi fermo qui. Ringrazio tutte, davvero, le vostre recensioni mi emozionano sempre *-* alcune manco le merito... quindi grazie, vi adoro già!

Un bacione sonnacchioso, oggi son parecchio stanca, June.









  
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