... Johnny
Dopo due viaggi in metropolitana e
una piccola camminata, arrivammo davanti al palazzo.
Audrey mi sorrise imbarazzata e io forse lo ero più di lei. Cercai in tutte le
maniere di convincerla a lasciar perdere, ma non ne volle sapere, alla fine
passò anche ad ignorarmi e limitarsi a trascinarmi da una parte all'altra.
Le sarò riconoscente tutta la vita per questo. Lei, una totale estranea, mi
prende e mi toglie via dalla strada come se ci conoscessimo da una vita, mentre
chi forse avrebbe dovuto farlo o almeno impedirlo, ora non so neanche dove sia.
Certo era anche colpa mia, sopratutto colpa mia, ma non mi sarei mai aspettato
che nessuno non muovesse un solo dito. Mentre lei si.
E la cosa che mi spaventava, era che non sembrava l'avesse fatto solo perché
una volta era una mia fan, credo che se fossi stato un altro l'avrebbe fatto
ugualmente. Troppo buona, quella ragazza, troppo ingenua, forse.
« Sai la strada che abbiamo fatto fino ad ora? - mi chiese con uno strano sorrisetto
sulle labbra- E' nulla in confronto ai sei piani di scale che ci aspettano
adesso. Mi dispiace tanto, ma l'ascensore è rotto.» Scoppiai a ridere, stava
per portare un barbone dentro casa sua e l'unica preoccupazione che aveva era
di non farlo faticare troppo con sei piani di scale.
La seguii su, fino al sesto piano, dove arrivata alla porta numero trenta esitò
un attimo. Ecco, adesso ce le hai un po' di preoccupazioni vero, Audrey?
« Ehm... In realtà, non ricordo se ho messo in ordine prima di uscire. In caso
ignora tutto, ok?» Come non detto.
Gli feci un sorriso di approvazione, mi sembrava tutto così assurdo. Insomma,
ero io quello che si doveva vergognare, io il barbone, non lei, eppure ad ogni
passo che faceva la vedevo in tensione, come se non fosse mai abbastanza.
Glielo dovevo dire prima o poi, che non era abbastanza quello che stava
facendo, era perfino troppo.
Entrammo a casa sua: un appartamentino medio, con una grande sala, una piccola
cucina e un corridoio che portava alla camera da letto, dove all'interno c'era
il bagno.
« Siediti pure dove vuoi, o fai quel che vuoi, insomma... fa come se fossi a
casa tua. Anche se questa non è proprio come la tua, è molto più piccola, molto
più brutta, neanche a paragone... Forse non dovrei parlare così a raffica, eh?
Va bene. Io vado a prepararmi per la cena, tu...»
« Io starò bene, tranquilla, ti aspetterò per tutto il tempo che ci metterai
quindi non fare le cose di fretta, lo so che voi donne ci mettete un' eternità»
La rassicurai.
Tirò quasi un sospiro di sollievo, poi sorrise e andò verso il bagno
assicurandomi di non metterci troppo.
Io mi sedetti sul divano della sala e iniziai a dare un'occhiata alle riviste
che c'erano sul tavolino davanti a me: giornali come Vogue o People, che non mi
erano mai interessati, ma non avevo niente di meglio da fare.
Audrey...
Chiusi la porta del bagno alle mie spalle e mi ci appoggiai un secondo, ero in
totale panico da almeno mezz'ora: portare Johnny a casa mia mi faceva
quest'effetto. Chissà perché.
Senza contare che ormai avevo due personalità a me sconosciute che si
alternavano: quella "parlantina", ovvero quella che mi costringeva a
parlare a vanvera e senza un minimo di logica, e quella "ebete" che
si limitava a sorridere mentre le guance andavano a fuoco.
Va bene Drey, ora ti calmi e vai a farti una doccia super veloce, poi ti
vesti, ti trucchi e tutto andrà per il meglio. Sù.
Dopo circa tre quarti d'ora ero finalmente pronta. Alla faccia del "super
veloce".
Mi ero agghindata
per bene facendo avanti e indietro tra il bagno e la mia camera, e ora esitavo
a mettere il naso nella sala: dove si trovava Johnny, a meno che non fosse
evaporato, visto il tempo che ci avevo messo.
Per mia fortuna –o sfortuna- lo
trovai ad ammirare una foto posata sulla mensola: mi ritraeva all’età di sei
anni, credo. E mi mancava anche un dente davanti.
Spalancai gli occhi e diventai rosso
carminio per l’imbarazzo. Prima o poi le dovrò togliere quelle dannate foto!
« Wow!» Esclamò lui, che notò la mia
silenziosa presenza « Stai davvero bene» Sorrise, e io diventai ancora più
rossa di prima.
« Grazie, e scusa per il ritardo...»
« Tranquilla, ho saputo come passare
il tempo» Indicò la foto con la testa mentre si sforzava di non ridere troppo
« Già, molto simpatico signor Depp.
Vogliamo andare, adesso?» Incalzai facendo la finta offesa, ma lui esitò un
attimo tornando serio
« Si, ehm, Audrey... non è che
potrei-»
Lo interruppi notando che guardava
verso il corridoio « Ma certo! Oddio che stupida. Mi è completamente passato di
testa, scusa, davvero. Ti serve qualcosa? Credo di avere quasi tutto in bagno,
cerca pure. Sai, erano di Andrew...
Se ti vuoi cambiare ho anche
vestiti» Mi sfuggì una risatina che sembrava più un nitrito di pony e avvampai
improvvisamente per l’imbarazzo.
Non sapevo se fosse il caso
proporgli di mettersi i vestiti di Andrew, ne tanto meno proporgli di mettersi
altri vestiti: mi suonava talmente scortese... Sotterratemi, ora.
« Insomma, il bagno è da quella
parte.» Dissi infine lasciandomi cadere sul divano, affranta per il mio
pochissimo auto controllo emotivo.
« Grazie. Ci metterò pochissimo
te lo giuro, non voglio farti tardare.» E detto questo, sparì dietro la porta
della mia camera, diretto verso il bagno.
Stop. Rewind.
La mia camera?! LE FOTO!
Mi precipitai –nel vero senso della
parola- nella mia camera da letto: anche lì era pieno di foto. Mie foto.
Compromettenti. Molto.
Quando arrivai, Johnny era già
dentro il bagno e io misi cautamente giù una ad una le cornici, ad alcune ci
buttai qualche foulard sopra. Fortuna che avevo tolto tutti i suoi poster dalle
pareti qualche anno fa, perché mai mi sarei aspettata che potesse entrare nella
mia camera!
Finita l’opera di camuffamento,
sentii l’acqua della doccia scendere.
Johnny Depp si
sta lavando a pochi metri da me. Nudo nella mia doccia. Con la mia schiuma!
Cos’è che
m’impedisce di entrare la dentro e stuprarlo?!
Ah già: è
chiuso a chiave. Porcamiseria!
Senza che mi accorgessi del tempo
che passava, proprio mentre poggiavo sul letto dei vestiti puliti per lui, la
porta del bagno si aprì ed io mi girai di scatto per lo spavento.
Un Johnny nudo o quasi –aveva solo
un asciugamano stretto sulla vita- e tutto bagnato mi comparì davanti.
Oddio! Oggi
muoio davvero.
Cercai di non far caso alle
goccioline che gli scendevano allegramente sul petto e d’istinto misi subito
una mano sugli occhi, impedendomi di vedere altro e probabilmente impazzire. Mentre
lui, che non si aspettava di trovarmi li, richiuse la porta alla velocità della
luce.
« Scusa, scusa, scusa, scusa!
Volevo solo darti dei vestiti non immaginavo tu uscissi proprio adesso! Non ho
sentito l’acqua fermarsi. Non che stessi origliando, eh! C’era anche poco da
origliare, ma comunque non lo stavo facendo!
E’ così imbarazzante... e io sono
ancora qua! Perché sono ancora qua?!» Smisi di parlare a vanvera e mi decisi ad
uscire dalla camera.
Lo sapevo, lo
sapevo che avere il bagno nella camera da letto prima o poi avrebbe causato
qualche danno!
Lo sentii ridere e poi uscire
nuovamente dal bagno; io nel mentre mi soffocavo contro il cuscino del divano
per la figuraccia.
« Allora, come sto?» La sua
voce mi arrivò ovattata per colpa del cuscino, così lo scaraventai dall’altra
parte della stanza senza pensarci due volte, facendo finta di niente.
Figura di merda
numero: due.
Davanti a me non c’era assolutamente
l’uomo che avevo fatto entrare un’ora fa a casa mia, in quel momento davanti a
me c’era davvero Johnny Depp.
Si era fatto la barba, lasciando
come suo solito i baffetti –anche se più curati rispetto a prima- e la parte
del mento con il pizzetto, i capelli erano in ordine anche se ancora lunghi, ma
gli stavano da Dio! E anche i vestiti di Andrew gli stavano bene, non pensavo
che avessero la stessa taglia: il golfino color panna si intonava benissimo
alla sua carnagione, nonostante non fosse proprio nel suo stile e i jeans
larghi... beh, anche quelli!
Ma che vado a
pensare?
“Il golfino
color panna si intona alla sua carnagione?!” Ok. Sto esagerando.
Anche se non era decisamente facile
dargli un parere su come stesse da vestito, considerando che avevo la sua
immagine da nudo ancora in testa, mi ripresi dallo stato di shock bavoso in cui
ero e mi degnai di rispondere.
« B-b-bene. Molto.» Balbettai.
Si sforzò di non ridere, quasi non
riuscendoci « Grazie Audrey, anche tu molto» Marcò l’ultima parola con
lo stesso mio tono un po’ impacciato, poi sorrise sornione.
Ho una voglia
di sotterrarmi pari a mille.
Mi sforzai di tornare in me « Bene,
ora che siamo tutti e due tirati a lucido, direi che è ora di andare!» Dissi
precipitandomi ad afferrare cappotto e borsa
« Giusto» Lui fece lo stesso
col suo giubbotto, e poco dopo ci ritrovammo nei parcheggi del palazzo.
... Johnny
La seguii in un piazzale enorme e
quasi privo di luce, oltre che di vita... Quando poi sentii il suono delle
portiere di un’auto e le luci all’interno accendersi, capii che si trattava di
un parcheggio. Ma non capii, se possedeva una macchina, perché girasse in
metropolitana.
Cercai di insistere almeno per poter
guidare io e toglierle così una fatica, ma ovviamente rifiutò più volte
ripetendomi che “tanto non sapevo la strada”.
Eravamo in viaggio da dieci minuti
buoni, e da quel che si poteva intuire dal paesaggio non eravamo in procinto di
arrivare.
« Solo altri cinque minuti» Mi
sorrise all’improvviso Audrey, che sembrava avermi letto nel pensiero.
Ero piuttosto nervoso, non avevo ben
capito dove mi stesse portando, ma dalla sua telefonata avevo il presentimento
di non essere proprio il benvenuto, e poi la scena di prima non aiutava: avevo
finto indifferenza, ma farmi vedere mezzo nudo da una persona conosciuta
qualche ora prima era davvero imbarazzante.
Sembrava esserlo stato più per lei
in realtà, ma almeno era vestita, lei.
« Posso?» Allungai la mano per
indicare la radio spenta. Pensai che un po’ di musica mi avrebbe aiutato a
sciogliermi.
Lei annuì convinta senza distrarsi
dalla strada.
Poco dopo fermò l’auto dietro ad un
grande casolare e girandosi verso di me spense la radio.
« Siamo arrivati. Ora, prima
che tu possa fuggire non appena incontrerai Leo, devi sapere che non è
assolutamente quel che sembra. Ignoralo semplicemente, okay?» Sorrise.
« Okay. Ma chi è Leo?» L’aveva
già nominato sì, ma se si meritava un discorsetto prima di essere conosciuto,
avrei voluto i particolari.
« Leo è il proprietario di
questa meraviglia qui davanti –indicò la locanda- ed un mio carissimo amico, ma
per chi non lo conosce, è veramente irritante. Sì, credo sia questo il termine
giusto.
Il fatto è che mi sta facendo un
grosso favore e vorrei che voi andaste d’accordo, almeno un pochino, visto che
dovrai vederlo per un po’. E lo dico a te perché parlare di questo con lui è
assolutamente impensabile.»
« Capisco» Mi ero fatto più o
meno un’idea di come potesse essere questo individuo, ma non capivo come Audrey
potesse andarci d’accordo.
« Bene, entriamo allora!»
Sorrise aprendo la portiera.
Dalla macchina all’ingresso
continuava a ripetermi che dovevo ignorare i comportamenti di Leo, e che non
era pessimo come sembrava, all’ultimo mi aveva cortesemente chiesto di non
ridere, poco prima di suonare il campanello. Non ne capivo il perché.
La porta fu spalancata da un uomo
sulla trentina, vestito di tutto punto: sembrava il proprietario.
« Siete in vitavdo!!! –sbraitò
senza neanche guardarci in faccia- Avevo detto un’ova Audvey, un’ova!!! E
indovina che ove sono?!» Forse in quel momento capii il perché non dovessi
ridere.
« Che ore sono, Leo?» Chiese
con calma ironia Audrey mentre si faceva spazio per permetterci di entrare.
« Tavdi! Ecco che ove sono!
–Leo nel frattempo andava avanti e indietro tra un enorme sala e non so dove,
senza però cessare i rimproveri- Non mi ascolti mai!
La puntualità è tutto nella vita
Dvey! Non capisco come tu faccia ogni giovno!» Tornò da noi con in mano una
chiave e una piccola cartella che continuava a consultare.
« Leo, siamo in ritardo di
pochi minuti, non farne un dramma, dai! Non vuoi conoscere il tuo nuovo
ospite?»
« Come no.» Rispose sempre con
gli occhi sulla cartella.
A questo punto toccava a me, pensai
« Lei deve essere Leo, Audrey mi ha parlato molto di lei. Piacere-»
« Leonavd. Leonavd Dupvés, pev
chi non mi conosce.» Rispose acidamente.
So che non è educato, in più Audrey
mi aveva appena chiesto di fare tutto il contrario, ma mi sentii autorizzato a
rispondere allo stesso modo.
« Johnny. John Christopher
Depp, per chi non mi conosce.» Vidi Audrey spalancare gli occhi e
contemporaneamente quelli di Leonard si alzavano da quella stupida cartella.
« Tu vuoi uccidevmi, ammettilo!!!
–sbottò contro la sua amica- Non posso cvedevci, non posso cvedevci!» Le lanciò
la chiave, che lei prese al volo trattenendosi dal ridere, e fuggì via
continuando a dire « Non posso cvedevci!» con toni sempre più acuti.
« E’ stato un piacere!» Dissi
salutandolo con la mano, che prontamente Audrey si affrettò ad abbassare.
Iniziò a ridere « Gli sei piaciuto!
Dai vieni, ti faccio vedere la tua stanza... Leo non ne sarebbe capace adesso!»
Guardò la targhetta della chiave con sopra un numero e si girò verso la
scalinata di destra. Già, in quel posto ai lati del salone c’erano due enormi
scalinate: una a destra e l’altra a sinista perfettamente identiche. Da quel
che potevo intuire portavano alle stanze, al piano di sopra.
La mia era la trent’otto.
Da quel che diceva Audrey, ogni
stanza aveva uno stile diverso e lei era riuscita a vederne solo un paio
purtroppo.
Quella che mi era stata assegnata
era piuttosto moderna: un letto in stile orientale dai bordi neri, un grande
armadio sempre in legno nero, un divano in pelle nera con cuscini rossi, una
cassettiera dove sopra si trovava un piccolo televisore e un tavolino basso,
vicino al divano.
« Questo dev’essere lo stile
“depresso”.» Esclamò Audrey con una smorfia dispiaciuta.
« Ma no dai, i cuscini sono
rossi.»
« Sì, rosso sangue. E’ un
chiaro invito al suicidio... L’ha fatto apposta!» Sbottò infine, mettendosi le
mani sui fianchi mentre guardava allibita un poster incorniciato nella parete.
Era una foto in bianco e nero di una
ragazza vestita tutta in pelle. Diceva: “suicide girl”.
« Il fotografo?»
« Leo! Oh, è così infantile a
volte... Adesso vado giù e-»
« Audrey, ci sono quattro muri
e un letto, va più che bene! –la interruppi- E poi non credo che il tuo amico
possa sopportare altro per questa sera: mi è sembrato abbastanza scosso.»
Si sciolse in una risata « Oh beh, è
comprensibile: incontrarti all’improvviso fa un certo effetto!»
« Ma dai, non sono una divinità...» Scossi la testa, non ero più abituato ai
tipici comportamenti dei miei fan. Veramente, li avevo quasi scordati, quindi
il tutto era eccessivamente strano, per me.
« No, hai ragione: tu sei
Johnny Depp. A parer mio, molto più che una divinità. Perché una divinità, a
meno che non sei un miracolato non la vedrai mai, invece a te ti si può vedere,
si possono vedere tutti i giorni le cose meravigliose che fai, le emozioni che
trasmetti, e non solo seguendo un copione. A te non serve un copione, tu i tuoi
personaggi ce li hai dentro e ti basta solo tirarli fuori quando serve. Ma
anche fuori dai film, fuori dalla vita dietro una telecamera non smetti di
essere meraviglioso neanche un istante. Probabilmente non te ne accorgi, ma
anche alzando leggermente la mano o accennando un sorriso migliori la giornata
di chi ti vede, subito. E questo non solo perché sei un adone da esposizione,
ma per la persona splendida che sei...» Intanto si era lasciata cadere sul
bordo del letto, e continuava ad elogiarmi con occhi sognanti.
Non riuscivo a credere che stesse
parlando di me, che avevo fatto io di tanto straordinario?
« ... non so veramente come tu
faccia ad essere così, è impossibile per una persona essere stupenda tutto il
tempo, ma tu ci riesci: ecco perché sei più che una divinità!»
Si bloccò di colpo, e le sue guance
iniziarono a colorarsi poco a poco, non credo si fosse resa conto di quanto
aveva detto.
Audrey...
Ommioddio.
L’ho appena definito “un adone da esposizione”?! Ditemi di no, vi prego.
Ditemi che non
ha sentito!
*Come fa a non
aver sentito? Siete soli e stavi parlando con lui!*
Eh? E tu chi
sei?
*Madama Doré!
Chi vuoi che sia? Sono la tua coscienza!*
Ho una coscienza?
Da quando? Dov’eri in tutti questi anni?!
*Da quando ho
deciso di pararti il fondoschiena, che stai facendo fin troppe figure di merda
oggi. E adesso basta. C’è fin troppo silenzio qui, gli vuoi dire qualcosa a
questo povero cristiano o lo lasci così a bocca aperta, come un merluzzo?*
« Ehm, probabilmente ho parlato
troppo. E’ comunque tutto collegato al fatto che fai un certo effetto!» *Eh...
stavi andando bene, prima dell’ultima frase.*
« Probabilmente hai sbagliato
persona – rise-, non sono così.» Scosse la testa
« Testardo, ecco come sei. Non
ti è bastato un monologo, per farti cambiare idea.» Okay, forse nominare il
monologo non era esattamente la cosa migliore da fare.
Fece spalluce « Lo dovresti sapere,
che sono testardo. Ma, grazie comunque, per tutto quello che hai detto. La
parte dell’adone da esposizione farò finta di non averla sentita, ma per tutto
il resto, grazie davvero.» Scoppiai a ridere, anche se in effetti c’era poco da
ridere, collezionavo figuracce quel giorno!
« Sì, speravo la ignorassi!»
Passammo qualche minuto a
sorriderci, forse facendo mente locale di quello che era potuto succedere in
poche ore, quando finalmente una certa coscienza mi ricordò di una certa cena.
Così mi alzai dal lato del letto dove facevo muffa.
« Johnny, io ora devo andare,
ma per qualsiasi cosa chiamami, sai, in caso ti servisse aiuto o Leo decidesse
di farti la corte, o di punzecchiarti o che so io...»
« Farmi la corte?» Esclamò
sbarrando gli occhi. Ah, ho dimenticato di dirgli che è gay?
« Ehm, si. E’ gay. Ma non credo
lo farà, non è da lui, al massimo ti infastidirà un pochino...
Comunque sia, ti do il mio numero di
cellulare» Ero pronta a dettarglierlo, quando vidi che non faceva niente
per poterlo salvare, se non guardarsi intorno.
« ... ma tu non hai un
cellulare, giusto? Scusa, l’ho scordato. Beh allora facciamo così: io ne dovrei
avere un altro da qualche parte, domani torno qui e te lo porto.
Se hai bisogno di qualcosa prima,
puoi chiamarmi dal telefono della reception, Leo ti darà il mio numero. Attento
però, è molto suscettibile.» Sorrisi, sperando vivamente che il mio amico non
lo mangiasse vivo fino all’indomani.
Lui serrò le labbra prima di parlare
« Audrey, non c’è bisogno che ti occupi di me così tanto, hai già fatto molto e
io davvero non so più come ringraziarti o ripagarti e-»
« Oh tranquillo, puoi
ripagarmi a rate, sorridi» Lo incitai, e lui sorrise davvero.
« La prima rata è andata! Però
le voglio giornaliere, eh!
Ora è meglio che ti riposi, e io è
meglio che vada se voglio vivere... Ci vediamo domani, Joh»
« A domani Audrey, e anche se è
banale: grazie ancora, infinitamente.» Ma quanto è bello quando sorride, oh!
Dopo il sorriso di ricambio – a
malincuore, lo ammetto- uscii dalla sua stanza.
Proprio in quel momento il mio
cellulare iniziò a vibrare e squillare come un dannato.
« Pronto?» Risposi senza
neanche guardare chi era
« Pronto? Pronto?! Perché sei
così calma?» E sapessi, un certo Johnny...
« Charlotte?»
« Si, Charlotte! Ma dove sei
Drey? Non ti sarai dimenticata della cena?! E’ più di mezz’ora che ti
aspettiamo»
« No, no, ma che dimenticata,
come dimenticare che devo sorbirmi quel deficiente?
Ho solo avuto un imprevisto, e
lasciamelo dire: che imprevisto! Ma ti giuro che sto arrivando, Charlie.»
Proprio mentre pronunciavo quella frase passai sotto gli occhi di Leo, che urlò
ancora una volta « La puntualità è tutto nella vita!»
« Era Leo quello? Beh, ha
ragione Drey, lasciatelo dire.»
« Sì, era Leo, quel
rompiscatole di Leo!» Alzai la voce per farmi sentire, salutandolo poi
silenziosamente con baci e segni di mano prima di uscire alla velocità della
luce dalla locanda.
« Ma perché sei alla locanda?»
Continuò Charlie, che stava per dare inizio ad uno dei suoi interrogatori senza
fine.
« Te l’ho detto, ho avuto un
imprevisto. Però non ti dico niente adesso, perché tanto lo so che hai messo il
vivavoce e mi state sentendo tutti, e poi devo guidare ora. Ciao ragazzi!»
Dall’altro capo si scatenò una serie
di risate e poi mi salutarono tutti in coro, prima di chiudere la chiamata.
E ora come
glielo spiego a Charlotte e Kate il mio “imprevisto”, senza che gli venga un
infarto?
*Non puoi,
credo. Poverette!*
Oh, ancora tu.
Com’è che spunti proprio adesso?
*Sono la tua
coscienza, e non spunto adesso, ci sono sempre stata! Te lo vuoi ficcare in
testa?!*
Non è vero, sei
comparsa quando c’era Johnny, non c’eri prima!
*Si che c’ero!*
Ti dico di
no...
*C’ero. Fine.
Stop! Quando sarei dovuta comparire, quando stavi con Andrew? Puah. Lì era
talmente tutto rose e fiori che lo sapevi da sola cosa fare, ma oggi ti ho
vista in difficoltà e sono intervenuta. Capito?!*
Ah. Allora
grazie, Coscienza.
*E non
chiamarmi Coscienza! Ce l’ho un nome: Erminia!*
Piacere, io
sono Audrey.
*Ma lo so già
chi sei! Santo cielo, fatemi cambiare testa: una qualunque, ma non questa!*
E dai,
rilassati... Proprio a me doveva toccare la coscienza mestruata? Ma guarda un
po’.
Taradadaaan! Ecco il capitolo due! O tre,
contando il prologo... Insomma, come volete, ma eccolo xD
Iniziamo con un carino Johnny’s Pov, ve li
avevo accennati, no?
Che dire... Sono finalmente arrivati alla
locanda e Leo ha fatto la sua comparsa, in tutto il suo splendore ecc, ecc...
Ecco, che siamo già in “argomento Leo”: per
rispondere anche ad una recensione, visto che mi sembra di non averlo ancora
fatto –sorry, risponderò, loggiuro!- purtroppo per voi, sì: i dialoghi di
Leo-bello avranno sempre la “v” al posto della “r”... Son, testarda? Lo so ç_ç
Ma è una cosa che fa parte del suo
personaggio, e se la togliessi non mi sembrerebbe più lui! Scusate.
Ah, qui c’è anche una nuova comparsa:
Erminia! La piccola vocina che tutti noi abbiamo, volenti o nolenti. Per lei mi
ispiro alla mia moglie bella, nessuno avrebbe potuto farla meglio! (Macci,
dovrebbe essere un complimento xD)
Anyway, la giornata di Audrey non è ancora
finita, la aspetta ancora la cena e tutto quello che succederà dopo... Ma non
mi spoilero da sola u.u
Sappiate solo che qualcosa succederà.
Muaha.
Queste piccole note iniziano a diventare
più lunghe dei capitoli, quindi basta, mi fermo qui. Ringrazio tutte, davvero,
le vostre recensioni mi emozionano sempre *-* alcune manco le merito... quindi
grazie, vi adoro già!
Un bacione sonnacchioso, oggi son parecchio
stanca, June.