Premessa dell'autrice:
Io non ne so assolutamente nulla di FF, questo è il mio primo tentativo di scriverne, quindi vi prego di scusarmi se ci saranno errori, o cose di questo genere. Più che una scrittrice, sono una gran lettrice, ma mi piace un mucchio scrivere così ho voluto cimentarmi anche in quest'impresa. Grazie mille a tutti, non tirate troppi pomodori! ahahah
It’s the moment of truth,
and the moment to lie,
The moment to live and the moment to die,
The moment to fight, the moment to fight,
To fight, to fight, to fight!
This is war-30 Seconds to Mars
1. This is war.
La guerra era finita, ma aveva lasciato dei profondi solchi. Solchi in quel castello dove milioni di maghi e streghe, traditori, coraggiosi, sinceri, scaltri -e chi più ne ha più ne metta-, erano passati, prima di quelli che invece c'erano, durante la battaglia. E si erano fatti sentire, a costo di un arto, a costo della propria bacchetta, a costo della propria vita. Quella notte non importava a che casa si appartenesse, quale fosse lo stato di sangue. Quella sera importava solo spazzare via il terrore, e quando si era visto Voldemort sparire, insieme a molti suoi seguaci, un sorriso si era creato sul nostro volto. Il nostro cuore era ancora rivolto là, ai nostri cari, morti per noi, e per tutto il mondo magico, ma la nostra mente fantasticava già a come sarebbe stato bello svegliarsi la mattina senza aver paura di morire. Ma non era così semplice.
Come potevano le persone, dimenticare da un giorno all'altro? Come si poteva ridere, in famiglia, con un fratello, un cugino, un genitore morto? La verità è che quella era guerra. E la guerra c'era ancora nei loro cuori, negli sguardi apprensivi delle madri, nei loro sorrisi tristi che ancora piangevano la morte di un caro a distanza di mesi.
C'era la guerra negli abbracci troppo prolungati delle madri, davanti all'Espresso di Hogwarts, che un tempo avrebbero imbarazzato i figli -che fino a mesi prima, erano ormai troppo grandi per queste smancerie da poppanti-, ma che adesso infondevano sicurezza. C'era la guerra nelle madri che volevano rincorrere quel treno, fermarlo, dirgli di lasciare i propri figli -quelli rimasti- da loro, a consumare quel briciolo di allegria che sarebbe cessato, in casa, senza gli sguardi fieri di quei ragazzi che erano fieri di aver fatto la loro guerra.
C'era la guerra negli abbracci stretti di Harry e Ron, che soffocavano prima Hermione, e poi Ginny. Ron rivolse uno sguardo imbarazzato ad Hermione, che aveva definito la loro relazione come semplice amicizia, dichiarando che si era lasciata andare quella sera, dicendo che non voleva morire sola. Lei gli sorrise di rimando, sentendo che nel suo stomaco si stava consumando un'altra piccola guerra. Le faceva male vedere Ron impacciato per il suo amore non ricambiato, le faceva male passare un anno scolastico senza né Harry né Ron, con la sola compagnia di Ginny e degli altri che avevano avuto il coraggio di tornare.
Voleva piangere, voleva che loro andassero con lei, migliori amici per sempre. Se l'erano promesso, chissà se loro ancora lo ricordavano. Qualcosa si era rotto, in Hermione, quella sera. Ricordava gli occhi che aveva incontrato, duellando. Quegli occhi colmi di lacrime, di rimpianti. Ricordava il dolce verde degli occhi di Harry, quando era andato a consegnarsi al Signore Oscuro. Ma non le facevano più male, quegli occhi. Perché lui era stato salvato. Lui si era salvato. Le facevano male un altro paio di occhi, che otto anni prima, aveva incontrato per la prima volta sull'Espresso di Hogwarts. Quegli occhi di chi era morto, morto dentro. Di chi non sapeva se gioire o piangere quando Il Bambino Sopravvissuto, era sopravvissuto di nuovo. Quegli occhi davanti ai quali erano scivolati i propri genitori, quegli occhi che ci tenevano a non versare alcuna lacrima - quegli occhi che adesso erano puntati sulla sua nuca. E a distanza di mesi c'era ancora quello sguardo arreso di chi non può fare nulla, di chi non ha bisogno di essere salvato da una -doppia- cicatrice a forma di saetta, di chi ha bisogno di essere salvato da quel sentimento che lui non aveva mai provato, e non era mai stato provato per lui.
Adesso Draco la guardava, Hermione Granger, stritolata da quell'amore, quasi soffocata in quell'abbraccio, tanto che stava per aver un'indigestione di amore, la guardava e voleva esserci lui, stretto tra quelle braccia.
Rabbia.
Come si fa ad invidiare una Mezzosangue, una stupida che viene abbracciata da quei rammolliti di Potter e Weasley? Devo essere rammollito. Stupido, stupido Draco.
Avrebbe voluto colpirla. Ucciderla. Bruciarla. Incenerirla. Draco Malfoy non deve invidiare nessuno, sono gli altri che devono invidiarlo.
Hermione si voltò verso l'Espresso, dando le spalle alle ultime raccomandazioni degli amici. Ma non incontrò il rosso acceso del tanto familiare treno, bensì un grigio, come metallo fuso in cui si affoga, appena screziato da due lacrime di diamante che non volevano essere versate, non davanti a loro, non davanti a lei. Draco la guardava, atterrito da quello sguardo d'ambra, quella dolcezza infinita, che sembrava la risposta alla domanda che si era appena posto - cosa cazzo ti manca, stupido?
Hermione si voleva tuffare in quel metallo fuso, dimenticandosi di quanto bruciasse, il metallo fuso.
Draco si voleva tuffare in quell'ambra, dimenticandosi che dentro l'ambra, si rimane intrappolati. E non se ne esce più.
Le loro gambre cominciarono a muoversi, contemporaneamente. Andavano a tempo, seguendo quello di una musica che sentivano solo loro. Stavano andandosi incontro, sempre più veloci, desiderosi di unire il metallo all'ambra, desiderosi di salvarsi, perché Harry Potter aveva salvato il mondo, ma non loro.
Una mano strinse il polso di Hermione, tirandola indietro. I loro sguardi si staccarono, e la magia era finita. Hermione si accorse che quasi tutti la stavano guardando con disprezzo, odio, perché stava andando incontro a Malfoy come ad un vecchio amico, mentre avrebbe dovuto Schiantarlo, incenerirlo. Trasfigurarlo in un furetto in memoria dei vecchi tempi.
L'ambra degli occhi di Hermione si scontrò con gli occhi duri di Ron, pieni di collera, che le porgevano una domanda muta, ma che capirono tutti gli spettatori di quel muto teatrino.
Che cazzo stai facendo, Hermione?
"Io stavo solo.. stavo andando verso il treno. Ormai è ora, sono saliti quasi tutti e non volevo finire nel vagone di.. qualcuno indesiderato." Si giustificò lei, brevemente.
"Qualcuno indesiderato tipo Malfoy?" Chiese allora Ron, desideroso di una conferma abbastanza buona da smentire lo sguardo che si erano scambiati poco prima "l'indesiderato" e la sua donna.
"Io ti.. saluto, Ron. Perderò il treno." E mentre Hermione si mordeva la lingua per non essere stata capace di rassicurare l'amico, un Draco ancora stordito la seguiva.
Appena entrambi furono sopra il treno, questo partì a gran velocità, e a gran velocità si divisero loro, quasi come se credessero che l'altro avesse una bomba che stava per scoppiare fra pochi secondi. Provarono tuttii vagoni, dal primo al penultimo, ma perfino il vagone di Ginny era pieno, visto che ormai si erano già riuniti tutti quelli del settimo anno di tutte le case -tutte tranne Serpeverde, ovvio- e se anche Ginny avrebbe voluto scacciare un'Hannah Abbot e qualcun altro di poco desiderato dal vagone, non potè, perché era appena cominciato un pianto collettivo di chi aveva perso qualcuno in battaglia, quindi, ormai tutti piangevano. Tutti tranne quella fiera Ginny, quella che a volte sapeva essere più forte di tutti i suoi fratelli, dei quali all'appello, da troppo tempo, ne mancava uno. Il suo era un pianto silenzioso, che cominciava all'alba e finiva a quella del giorno successivo per poi ricominciare, come una danza monotona, un rituale che ogni giorno ti avvicina alla morte, a quella interiore. Perché quando non c'era il ricordo di Fred a tormentarla, c'era il tormento di George, i suoi pianti silenziosi, i suoi rimpianti, e ancora nelle mura del castello rimbombava quel grido che prima doveva essere un grido gioioso, mentre George urlava al fratello che ce l'avevano fatta, ma che si era trasformato poco dopo in un urlo straziante, quasi come se stesse morendo anche lui, per lasciare che l'altro vivesse.
"Hai visto, Freddie? Le uniche due volte in cui siamo stati divisi sono state state fatali, per il mio orecchio, e per te. Non avrebbero dovuto dividerci, nessuno avrebbe dovuto farlo. Portami con te, Fred, portami con te. Non voglio stare qui da solo, il negozio, la famiglia.. io sono fragile, Fred. Non ho imparato nulla da te. Io ti dono la mia vita, Fred." Gli aveva sussurrato per ben una settimana, con la testa sul suo petto, quasi in attesa di sentire il cuore ricominciare a battere, all'unisono con il suo, come sempre.
Ma quel cuore non batteva più, e non batteva più ciglio, Ginevra Weasley, con quel grido ancora nel cuore, nel petto. Avrebbe voluto urlare, strapparsi i capelli, Schiantare tutti e rimanere sola. Invece fece spallucce e mandò via dal vagone l'unica che avrebbe potuto mai capirla, che avrebbe mai potuto dirle quello che voleva sentirsi dire.
Draco ed Hermione si trovarono davanti all'entrata dell'ultimo vagone insieme. Si buttarono verso la porta contemporaneamente, e quando sembrava che riuscisse ad entrare lui, subito dopo lei aveva già varcato con una parte del corpo l'entrata. Era una lotta all'ultimo sangue, ma Hermione si rassegnò, sapendo che avrebbe comunque vinto lui, prima o poi. Rimase fuori al corridoio, aspettando che Malfoy si voltasse e le rivolgesse quel ghigno malefico che ancora una volta significava la sua vittoria, sbattendole la porta in faccia. Lui, al contrario, si sistemò per bene, mettendoci quanto più tempo che poteva, tempo in cui, notò Hermione, lei sarebbe potuta tranquillamente entrare a disturbare il suo viaggio solitario verso Hogwarts. Quando lui ebbe preparato ogni cosa e si fu sistemato bene, si voltò finalmente verso la Granger, ancora fuori dal vagone, che lo guardava, sconfitta.
"Che fai, non entri?" Le chiese lui, e lei si stupì quando non lesse né sarcasmo, né il suo solito tono strafottente nella voce.
"Come scusa? Ci siamo scontrati per entrare e stare da soli nel vagone, mi sono procurata anche un paio di lividi a causa tua, poi tu entri, e mi chiedi perché non entro anch'io?"
"Guarda, Granger, che io volevo solo il posto accanto al finestrino." Disse lui, semplicemente. Poi guardò l'espressione stupita sulla faccia della Granger, e scoppiò in una sonora risata.
Per la prima volta non era una risata cattiva, di scherno. Stava solo ridendo perché lei lo credeva ancora scontroso come lo era fino a l'ultima -o meglio, la penultima- volta che si erano visti. E quella risata era bellissima, era una risata incontrollata, sguaiata. Hermione non aveva mai sentito una risata così, non da lui, e se ne stupì, ma il suo stupore non fu tanto quanto quello di Draco, che non riusciva a credere di saper ridere così. Quand'è che aveva imparato?
Quella risata fece ridere anche Hermione, e la spinse ad entrare, ed inconsciamente non prese il posto davanti a quello di Malfoy, bensì accanto a lui.
Rimasero di stucco quando pensarono alla situazione, Draco Malfoy ed Hermione Granger, i due nemici giurati, seduti vicini in un vagone dell'espresso di Hogwarts quando c'erano altri posti liberi in cui avrebbero potuto sedersi ed ignorarsi tutto il viaggio, che ridevano allegramente come la più dolce delle coppie. Si voltarono, straniti. Si scrutarono un po', evitando volutamente di incrociare lo sguardo cosicché non accadesse nulla di ciò che era successo poco prima. Si chiesero se fosse giusto.
Andiamo, Hermione. Siamo in tempo di fine guerra. Siamo spregiudicati come il Bacio immortalato per errore, tra due sconosciuti, dopo la guerra. Hermione ricordò come era passionale quel bacio, pur essendo tra sconosciuti. Quasi come se stessero per cadere ed usassero l'uno il bacio dell'altra per non cadere, vi si attaccassero come un'ancora.
Andiamo, Draco. Siamo in tempo di fine guerra. Sei stato troppo tempo dalla parte sbagliata, ti sei lasciato influenzare da una corrente errata, mentre potevi rimanere nelle acque tranquille di chi ha la coscienza apposto. Adesso ne hai l'opportunità, butta l'ancora, e aggrappati a lei.
I loro sguardi cedettero, perché morivano dalla voglia di affogarsi, l'uno nell'ambra, l'altra nel ferro. E quando,questo magnetismo risultò così potente da far ritrovare Hermione attaccata a Draco, e lui attaccato a lei, non si sorpresero. Perché era da quando si guardavano, che c'era un bacio. E quasi come un Bacio del Dissennatore, si stavano prendendo l'anima. Ma una volta staccati, ci sarebbero state altre conseguenze. Perché mentre prima la loro vita era ormai monotona, dopo quel bacio tutto divenne caos. E una forte aria tesa, ostile,che voleva negare ciò che ormai li legava, regnava su di loro, mostrandosi sempre di più, tanto che sì, tutti ad Hogwarts erano abituati alle liti e alle frecciatine della Granger e di Malfoy, ma arrivarono a credere che fosse solo un gioco di ruolo, un gioco perverso dove giocavano a fare i cattivi, mentre di notte sfogavano tutto l'amore che avevano dentro.
E per una volta, i pettegolezzi, avevano -in parte- ragione.