Capitolo
1
Solo
per una notte
Il locale, un
pub che le
aveva consigliato l’albergatore, era molto caratteristico, in tono con
la
piccola cittadina sulla costa che aveva scelto come meta per
trascorrere il
week-end. Erano appena le nove di sera e non era ancora affollato,
tuttavia vi
era già della musica di sottofondo e le luci erano soffuse.
L’arredamento,
completamente in legno e ottone, ricordava l’interno di una nave da
crociera.
Si stava
guardando attorno,
meditando nel frattempo se ordinare un bicchiere di vodka ghiacciata.
Aveva una
disperata voglia di un sorso di liquore; avrebbe attenuato l’ansia che
si stava
lentamente impadronendo di lei. L’idea del nuovo incarico, che
l’attendeva a
Washington il lunedì successivo, la stava agitando più del dovuto.
Inspiegabilmente
era come se si sentisse che, in un modo o nell’altro, quel nuovo
incarico le
avrebbe cambiato la vita.
Certe
sensazioni la
turbavano… faticava ancora a gestirle, sebbene fosse ormai abituata ad
averle
ogni tanto e nei momenti più impensati. Questa volta, però, era
diverso: non
una sensazione di pericolo imminente, semplicemente una sorta di
aspettativa,
come se a breve tutte le sue sicurezze (quelle poche che faticosamente
aveva
conquistato negli anni) sarebbero state messe a dura prova da qualcosa.
O da qualcuno.
Era stata
cambiata di
assegnazione, cosa normalissima nel suo ambiente. Le avevano detto che
avrebbe
lavorato in un’ottima squadra. E le poche informazioni che era riuscita
a
recuperare prima di partire, l’avevano rassicurata. La sua esperienza
ne
avrebbe tratto giovamento e la sua carriera, probabilmente, altrettanto.
Allora perché
queste strane
sensazioni?
Forse perché,
da tempo, si
sentiva troppo sola.
Erano mesi
che non godeva del
contatto con un uomo. Di quella sensazione di intimità fisica ed
emotiva che
annebbia i sensi e fa vibrare il cuore. Ma non c’era tempo per una
storia
importante. Non c’era tempo per nulla, da parecchie, troppe settimane.
Neppure per
una notte di solo
piacere, senza alcun impegno.
Ma
cosa andava a pensare? Doveva essere proprio arrivata al limite…
Cercò di
superare, con la
solita forza di volontà, il desiderio di vodka e ordinò dell’acqua
tonica.
Si portò il
bicchiere alle
labbra, aspirando il profumo della fettina di limone che
l’accompagnava… con un
po’ di fantasia poteva immaginare che vi fosse il liquore trasparente,
grazie
al sentore dell’agrume.
Individuò in
un angolo un
tavolino particolarmente appartato e decise di trasferirsi lì, per
abbandonarsi
alla musica e ai pensieri.
Si era appena
seduta quando
nel locale entrò un uomo. Dopo che si fu avvicinato al bancone lo sentì
chiedere
una birra; poi lo vide sedersi ad uno degli sgabelli, mentre attendeva
che gli
servissero l’ordinazione.
Poteva
osservarlo di spalle e
notò immediatamente che aveva un bel fisico. Era molto alto, il torace
ampio e
i fianchi stretti.
Non appena
gli fu servito il
boccale di birra alla spina, egli si voltò, appoggiando la schiena al
bancone e
allungando pigramente davanti a sé le gambe lunghe e muscolose.
Portandosi il
bicchiere alle labbra sorseggiò il liquido biondo, mentre con gli occhi
si
guardava attorno. Quando posò lo sguardo su di lei e si accorse che lo
stava
fissando, smise per un attimo di bere e le rivolse un sorriso.
Lei si sentì
improvvisamente
mancare il fiato: il sorriso di quell’uomo era incredibilmente sexy e
rendeva
ancor più affascinante il bel volto maschio che la stava osservando.
Senza
distogliere lo sguardo,
continuò a fissarlo, portando a sua volta il bicchiere alle labbra.
Egli fece
altrettanto e per alcuni secondi rimasero a guardarsi.
Il momento
magico fu spezzato
dall’ingresso di un gruppetto di quattro uomini che ordinarono da bere
e poi si
diressero ad un tavolo dal lato opposto al suo; osservò anche gli
ultimi
arrivati, ma nessuno reggeva il confronto con l’avventore alto e bruno,
dal
sorriso speciale.
Poco dopo
entrarono altre
persone, qualche uomo e alcune donne… il locale si stava lentamente
riempiendo.
L’affascinante
sconosciuto
era ancora al bancone, ma ora le dava la schiena e poté osservarlo con
calma.
Indossava una camicia bianca, ampia, dal taglio sportivo, e un paio di
jeans
sbiaditi. Ai piedi portava scarpe da jogging e una felpa blu era posata
in
grembo.
Due donne,
appena entrate, lo
puntarono immediatamente. Gli si affiancarono, cercando di farsi
notare; egli
rivolse loro un sorriso e scambiò qualche breve battuta, senza tuttavia
prestar
loro troppa attenzione.
Continuava a
guardarsi
attorno e, ritornando a posare pigramente lo sguardo su di lei, le fece
un
breve cenno col bicchiere. Le due donne se ne accorsero e seguirono il
suo
sguardo, individuandola. Le vide irrigidirsi per un attimo, ma poi
ripresero a
parlare e a flirtare con lui.
Ad un tratto
una delle due,
la rossa, lo invitò a ballare: gli aveva preso la mano e faceva cenno
col capo
alla piccola pista dal lato opposto, dove alcune coppie già danzavano.
Egli,
tuttavia, rifiutò. Lo
vide scuotere leggermente la testa e dire qualche parola alla donna;
lei sembrò
delusa, ma poco dopo entrambe si avvicinarono al gruppetto dei quattro
uomini
che erano entrati dopo di lui, e fu lasciato solo. Per nulla turbato,
ordinò
una nuova birra e
poi si alzò,
dirigendosi dalla sua parte.
Fece solo
pochi passi per
raggiungerla, tuttavia furono sufficienti perché lei potesse osservare
l’eleganza
dei suoi movimenti.
Non le chiese
il permesso di
sedersi. Lo fece e basta. E continuò a guardarla con lo stesso sguardo
di
fuoco, mentre sorseggiava pigramente la birra ghiacciata. Lei si sentì
turbata
da quello sguardo, ma continuò ad osservarlo a sua volta, come
incatenata da
quegli occhi magnetici dei quali ora, che erano più vicini, poteva
scorgerne il
colore: grigi, con una lieve sfumatura verde. Ma da quanto erano
profondi era
certa che, in momenti di particolare coinvolgimento emotivo, avrebbero
potuto
assumere la cupa tonalità del blu della notte.
Si accorse di
desiderare di
poter assistere ad uno di quegli attimi, per leggere in quegli occhi
l’intensità del desiderio… pur non conoscendolo affatto, qualcosa in
lui le
faceva supporre che potesse essere un uomo animato da forti passioni.
Era davvero
bello. E aveva
mani grandi, lunghe, dalle dita perfettamente curate.
Ad un tratto
lui parlò, e lei
poté osservare compiaciuta che anche la sua voce era piacevole,
profonda, quasi
sexy.
“Vuoi
ballare?”
Si rivolse a
lei fin
dall’inizio come se la conoscesse da tempo.
“Credevo che
non ne avessi
voglia…” rispose, alludendo al suo rifiuto di poco prima.
“Ho voglia di
farlo con te,
non con lei” precisò lui, subito pronto.
Esitò un
attimo. Ballare con
lui… essere tra le sue braccia… avrebbe potuto condurla altrove. Ma in
fondo
non era ciò che aveva desiderato, quando lui non era ancora entrato nel
locale?
Nel frattempo
si era alzato e
le stava porgendo la mano, per nulla preoccupato dalla sua esitazione.
Sembrava
fin troppo sicuro di sé. Invece che infastidirla, come sarebbe accaduto
con
qualunque altro uomo, una volta tanto quella sicurezza le piacque. La
trovò intrigante.
Si alzò anche
lei e mise la
mano nella sua. Il contatto con la sua pelle le procurò un senso di
calore in
tutto il corpo, piacevole e conturbante. Lo seguì sulla pista e si
lasciò
prendere tra le braccia, mentre la musica improvvisamente diventava
lenta e
sensuale.
Lui la
strinse forte a sé,
forse più di quanto il ritmo stesso richiedeva. Le sue mani grandi,
calde,
erano fin troppo intime sulla sua schiena, una premuta in centro, tra
le sue
scapole, l’altra decisamente più in basso, a farla aderire maggiormente
ai suoi
fianchi.
Lei sollevò
lo sguardo, quasi
a cercare nei suoi occhi una risposta a quel comportamento un po’
sfacciato… ma
in fondo non le importava granché sapere perché la stava stringendo
come se
volesse farla sua proprio lì, in quel locale. Le piaceva la sensazione
che le
stava trasmettendo quel suo abbraccio possessivo; in pochi secondi
aveva fugato
tutte le sue preoccupazioni e le aveva trasmesso una sensualità erotica
che mai
nessuno, prima di allora, le aveva fatto provare tanto rapidamente.
Permise a
quell’emozione di
scorrere in lei come liquido caldo e si lasciò andare al suo abbraccio,
stringendosi a lui maggiormente, mentre a sua volta gli posava le mani
sulle
spalle, a sfiorargli delicatamente la pelle alla base della nuca.
Lui la
sovrastava di circa
quindici centimetri e il suo corpo, che le era sembrato aitante e bello
al solo
osservarlo, rispondeva perfettamente alle aspettative anche al contatto.
Si lasciò
guidare dalla
musica e dai movimenti invitanti di quel corpo vigoroso stretto al suo,
in una
danza sensuale che andava ben oltre la stessa melodia.
***
Aveva ballato
con lei per
circa mezz’ora, finché il ritmo non era cambiato, su richiesta degli
altri
avventori del locale che ad una certa ora esigevano sempre danze più
scatenate.
Quando le
note di un pezzo
rock li avevano costretti ad allontanarsi, lo avevano fatto a fatica:
il filo
invisibile che li aveva uniti fin dal primo sguardo, durante tutto il
tempo in
cui avevano danzato l’una nelle braccia dell’altro si era trasformato
in un
contatto di sensazioni fisiche ed emotive che aveva turbato entrambi.
Lui era parso
restio a
rinunciare a quel contatto e aveva proposto una passeggiata lungo il
piccolo
molo; poi, ad un certo punto, le aveva proposto di scendere e camminare
lungo
la spiaggia.
L’aveva presa
per mano, e, da
perfetto cavaliere, con l’altra aveva preso le sue scarpe, che si era
tolta
perché amava sentire la sabbia umida sotto i piedi.
Lentamente si
incamminarono
verso il piccolo gruppo di scogli oltre ai quali la spiaggia diventava
più
selvaggia e dove, più in là ancora, vi erano alcuni cottage utilizzati
in
estate dai villeggianti. In quel periodo dell’anno probabilmente erano
ancora
chiusi.
La serata si
era fatta più
fresca mentre qualche goccia sporadica cominciava a farsi sentire; la
sola
camicia non le bastava più. Non aveva previsto un fuori programma
all’aperto;
dopo un po’ di musica al pub, aveva pensato che sarebbe rientrata
subito in
albergo.
Sentiva caldo
solo alla mano
che lui tratteneva nella propria; quel contatto le bruciava la pelle.
Quasi le
avesse letto nel pensiero, ad un tratto lui abbandonò la presa e le
mise il
braccio attorno alle spalle, stringendola impercettibilmente a sé.
“Va meglio?”
domandò,
piegandosi verso il suo orecchio.
Fu il soffio
del suo alito
tra i capelli o il calore che sprigionava il suo corpo a farle battere
all’improvviso
più rapidamente il cuore?
“Ho un po’
freddo…” riuscì
solo a rispondere.
“Allora
occorre far qualcosa”
disse lui, il tono sorridente e allusivo.
E, senza
darle il tempo di
riflettere su quelle parole, la fermò, trattenendola alla vita con
l’altra mano,
che rapida si era liberata delle scarpe, lasciandole cadere a terra.
L’avvolse di
nuovo tra le
braccia, come quando stavano ballando.
Lei non
ricordava di aver mai
provato una sensazione di così intensa intimità col semplice trovarsi
nell’abbraccio di un uomo. Con lui era come se il mondo intero fosse
rinchiuso
in quell’abbraccio e, al tempo stesso, tutto ciò che non contava
venisse
lasciato fuori.
Poi, quasi
impercettibile,
avvertì la sua mano che le scorreva sulla guancia, in una lenta e
tenera carezza.
Le sue dita si avvicinarono alla bocca e gliela sfiorarono dolcemente,
come se
stessero toccando i fragili petali di un fiore.
La sua
reazione istintiva fu
immediata: al suo tocco, schiuse leggermente le labbra; non appena lo
fece, lui
la baciò.
Quando sentì
la sua bocca
posarsi su di lei, un intenso calore la invase ovunque. Ogni punto in
cui il
suo corpo incontrava quello di lui sembrava incendiarsi. E il freddo la
stava
abbandonando rapidamente, nonostante la pioggia fosse aumentata.
“Vieni con
me…” mormorò lui
sulle sue labbra, la voce un sussurro roco e appassionato.
”Dove?”.
“Laggiù, in
quel cottage…”
disse, sollevando lentamente la testa e indicando con lo sguardo.
Lei si sentì
cogliere dal
panico: dopotutto lo conosceva da meno di tre ore. Ma comprese anche
che poteva
fidarsi e gli credette, quando lo sentì dire:
“Non accadrà
nulla, se non lo
vorrai.”.
Gli credette,
anche se
percepì con l’istinto, poiché il buio le impediva di scorgere il suo
viso, che
mantener fede a quella promessa gli sarebbe costato parecchio.
La tentazione
di scoprire
quanta passione era in grado di suscitare in lui, s’impadronì di lei.
“D’accordo”,
rispose. Ma
comprese immediatamente che quella risposta altro non era che la
propria
capitolazione: quell’uomo l’aveva sedotta senza neppure tentar nulla
per
riuscirci. Era stato sufficiente che fosse semplicemente se stesso.
Si accorse
che sorrideva dal
lieve incresparsi delle labbra, ancora troppo vicine alle sue. Poi
sussurrò:
“Dammi la mano...”.
Raccolse le
scarpe da terra e
insieme iniziarono a correre lungo la spiaggia, sulla sabbia ormai
bagnata.
***
Prima di
entrare nel cottage
lui si fermò sotto il portico e l’abbracciò nuovamente.
“Voglio fare
l’amore con te.”
Pronunciò queste parole mentre le scostava una ciocca di capelli
bagnati dalla
guancia, ugualmente bagnata.
Sapeva che
sarebbe accaduto;
tuttavia sentirglielo dire dalla sua voce profonda la eccitò, se
possibile,
ancora di più.
“Lo so…”,
rispose,
semplicemente. Poi si spinse oltre e aggiunse: “Anch’io.”.
Per un attimo
pensò che
l’avrebbe baciata ancora. Ma lui era diverso dagli altri uomini: si
limitò ad
assorbire l’informazione, quasi come se stesse valutando i pro e i
contro. O
come se stesse assaporando ogni singolo moto dell’animo celato dietro a
quel
consenso, un preludio di emozioni, anticipo del preludio dei sensi.
“Solo per una
notte?” domandò
infine.
Lei apprezzò
la sua sincerità
e il suo coraggio: con quella domanda avrebbe potuto giocarsi ogni
possibilità
di averla.
Decise che
valeva la pena
accontentarsi, dopotutto.
Un’occasione
simile, e per di
più con un uomo simile, non le sarebbe capitata un’altra volta e
sarebbe stato
un vero peccato sprecarla inseguendo sogni romantici e irrealizzabili.
Non lo
conosceva che da tre ore, eppure avrebbe dato qualunque cosa per avere
quell’uomo, o uno come lui, nella propria vita.
Ma quello,
appunto, era
solamente un sogno.
La realtà era
ciò che lui le
stava offrendo in quel momento.
“Solo per una
notte” rispose
convinta.
L’interno del
cottage era
anonimo eppure, non appena la porta fu chiusa e si trovarono uno di
fronte
all’altra, completamente fradici, l’atmosfera cambiò all’improvviso e
si caricò
dell’elettricità che scorreva intensa tra loro.
In silenzio
lui accese una
lampada, la cui luce pallida rischiarò appena la stanza; poi sparì per
pochi
attimi e tornò con due asciugamani, uno dei quali lo porse a lei che,
come lui,
iniziò a frizionarsi i capelli.
Mentre si
asciugavano, si
accorse che il suo sguardo non l’aveva lasciata nemmeno per un secondo.
Era uno
sguardo profondo, che la turbava, poiché da solo riusciva a
trasmetterle tutto
il desiderio che stava bruciando in lui. Gli occhi di quell’uomo erano
talmente
belli ed espressivi che, ne era certa, avrebbe potuto imparare a
leggervi ogni
sua emozione, se solo ne avesse avuto l’opportunità. E come aveva
immaginato
soltanto poche ore prima, il colore dei suoi occhi, accesi di
desiderio, aveva
assunto l’intensa sfumatura blu della notte.
“Come ti
chiami?” domandò
lui, ad un tratto, rompendo il silenzio.
Lei scosse la
testa.
“Non vuoi
dirmelo?”.
“No.”.
“Perché?”
“Preferisco
così.”.
Le si
avvicinò; prese dalle
sue mani la salvietta e la gettò, assieme alla propria, in un angolo, a
terra.
“Voglio un
nome, uno
qualunque. Anche inventato, se preferisci, ma devi essere tu a
dirmelo…”.
“Per
identificare il mio
volto tra le tue numerose conquiste?” volle provocarlo lei.
“No. Lo
voglio per avere un
nome con cui pensarti, col quale chiamarti mentre faccio l’amore con
te… un
nome per dirti quanto sei bella…”.
Non riuscì
più a ribattere
nulla. Quelle parole la spiazzarono.
Rapita dal
suo sguardo,
mormorò semplicemente: “Sarah…”.
Continuando a
guardarla negli
occhi, lentamente iniziò a slacciarle i bottoni della camicia e gliela
fece
scivolare dalle spalle… rimase di fronte a lui in jeans e reggiseno di
pizzo
blu.
Lo vide
deglutire e subito
dopo inspirare profondamente, quasi a trattenersi. Oppure per prendere
coraggio, prima di toccarla.
Mentre la sua
mano sfiorava
il punto esatto in cui il pizzo incontrava la pelle, le disse con un
sussurro e
gli occhi velati dal desiderio:
“Sei
bellissima, Sarah…”.
Lei si sentì
sciogliere.
Sollevò la
mano verso di
lui e incominciò a
slacciargli a sua
volta la camicia.
“Io mi
chiamo…” iniziò a dire
lui. Ma lei, rapida, gli posò l’altra mano sulle labbra, impedendogli
di
continuare.
Scosse la
testa mentre lui le
baciava dolcemente le dita.
“Non vuoi
sapere il mio
nome?” chiese lui.
“No.”.
“Sicura?”.
“Sicurissima.
Non voglio
essere tentata dalla possibilità di rintracciarti… e poi non ne ho
bisogno.”.
“Neppure per
dirmi quanto
sono bello?” la stuzzicò lui, rivolgendole un sorriso stupendo.
Sorrise anche
lei, mentre gli
faceva scivolare l’indumento a terra, scoprendo due spalle favolose, un
torace
ampio, braccia forti e il ventre piatto.
Lo divorò con
gli occhi e poi
glielo disse, in un sussurro:
“Sei
bellissimo… TU sei
bellissimo.”.
Sorrise di
nuovo e lei si
rese conto che avrebbe potuto regalare il suo cuore a quel sorriso. Con
dita
tremanti gli sfiorò dolcemente il volto e lui non riuscì più a
trattenersi: la
prese tra le braccia e
la sollevò da
terra, come se non pesasse nulla; la portò in camera e la depose sul
letto. Si
liberò delle scarpe e si stese accanto a lei.
Lentamente le
tolse il
reggiseno, soffermandosi a guardarla, affascinato dal suo petto nudo.
Le sue
mani si colmarono di lei, della sua parte più morbida.
E lei si
sentì sciogliere a
quel contatto.
Lui ricercò
quella morbidezza
anche con le labbra e a lei parve di morire dal piacere.
Ma quando le
tolse i jeans e
cominciò a toccarla, fu certa che con lui, anche solo per una notte,
sarebbe
volata in alto, forse fino in paradiso.