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Autore: Alexandra_ph    31/12/2012    3 recensioni
Questa FF (scritta nell'ormai lontano dicembre 2007) è un piccolo regalo per il nuovo anno...
Questo racconto parte da un "E se...". Una storia che sa "di vecchio", ma anche "di nuovo".
Il mio personalissimo augurio a tutti voi di BUON ANNO!
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

 

 

Solo per una notte

 

 

Il locale, un pub che le aveva consigliato l’albergatore, era molto caratteristico, in tono con la piccola cittadina sulla costa che aveva scelto come meta per trascorrere il week-end. Erano appena le nove di sera e non era ancora affollato, tuttavia vi era già della musica di sottofondo e le luci erano soffuse. L’arredamento, completamente in legno e ottone, ricordava l’interno di una nave da crociera.

Si stava guardando attorno, meditando nel frattempo se ordinare un bicchiere di vodka ghiacciata. Aveva una disperata voglia di un sorso di liquore; avrebbe attenuato l’ansia che si stava lentamente impadronendo di lei. L’idea del nuovo incarico, che l’attendeva a Washington il lunedì successivo, la stava agitando più del dovuto. Inspiegabilmente era come se si sentisse che, in un modo o nell’altro, quel nuovo incarico le avrebbe cambiato la vita.

Certe sensazioni la turbavano… faticava ancora a gestirle, sebbene fosse ormai abituata ad averle ogni tanto e nei momenti più impensati. Questa volta, però, era diverso: non una sensazione di pericolo imminente, semplicemente una sorta di aspettativa, come se a breve tutte le sue sicurezze (quelle poche che faticosamente aveva conquistato negli anni) sarebbero state messe a dura prova da qualcosa.

O da qualcuno.

Era stata cambiata di assegnazione, cosa normalissima nel suo ambiente. Le avevano detto che avrebbe lavorato in un’ottima squadra. E le poche informazioni che era riuscita a recuperare prima di partire, l’avevano rassicurata. La sua esperienza ne avrebbe tratto giovamento e la sua carriera, probabilmente, altrettanto.

Allora perché queste strane sensazioni?

Forse perché, da tempo, si sentiva troppo sola.

Erano mesi che non godeva del contatto con un uomo. Di quella sensazione di intimità fisica ed emotiva che annebbia i sensi e fa vibrare il cuore. Ma non c’era tempo per una storia importante. Non c’era tempo per nulla, da parecchie, troppe settimane.

Neppure per una notte di solo piacere, senza alcun impegno.

Ma cosa andava a pensare? Doveva essere proprio arrivata al limite…

Cercò di superare, con la solita forza di volontà, il desiderio di vodka e ordinò dell’acqua tonica.

Si portò il bicchiere alle labbra, aspirando il profumo della fettina di limone che l’accompagnava… con un po’ di fantasia poteva immaginare che vi fosse il liquore trasparente, grazie al sentore dell’agrume.

Individuò in un angolo un tavolino particolarmente appartato e decise di trasferirsi lì, per abbandonarsi alla musica e ai pensieri.

Si era appena seduta quando nel locale entrò un uomo. Dopo che si fu avvicinato al bancone lo sentì chiedere una birra; poi lo vide sedersi ad uno degli sgabelli, mentre attendeva che gli servissero l’ordinazione.

Poteva osservarlo di spalle e notò immediatamente che aveva un bel fisico. Era molto alto, il torace ampio e i fianchi stretti.

Non appena gli fu servito il boccale di birra alla spina, egli si voltò, appoggiando la schiena al bancone e allungando pigramente davanti a sé le gambe lunghe e muscolose. Portandosi il bicchiere alle labbra sorseggiò il liquido biondo, mentre con gli occhi si guardava attorno. Quando posò lo sguardo su di lei e si accorse che lo stava fissando, smise per un attimo di bere e le rivolse un sorriso.

Lei si sentì improvvisamente mancare il fiato: il sorriso di quell’uomo era incredibilmente sexy e rendeva ancor più affascinante il bel volto maschio che la stava osservando.

Senza distogliere lo sguardo, continuò a fissarlo, portando a sua volta il bicchiere alle labbra. Egli fece altrettanto e per alcuni secondi rimasero a guardarsi.

Il momento magico fu spezzato dall’ingresso di un gruppetto di quattro uomini che ordinarono da bere e poi si diressero ad un tavolo dal lato opposto al suo; osservò anche gli ultimi arrivati, ma nessuno reggeva il confronto con l’avventore alto e bruno, dal sorriso speciale.

Poco dopo entrarono altre persone, qualche uomo e alcune donne… il locale si stava lentamente riempiendo.

L’affascinante sconosciuto era ancora al bancone, ma ora le dava la schiena e poté osservarlo con calma. Indossava una camicia bianca, ampia, dal taglio sportivo, e un paio di jeans sbiaditi. Ai piedi portava scarpe da jogging e una felpa blu era posata in grembo.

Due donne, appena entrate, lo puntarono immediatamente. Gli si affiancarono, cercando di farsi notare; egli rivolse loro un sorriso e scambiò qualche breve battuta, senza tuttavia prestar loro troppa attenzione.

Continuava a guardarsi attorno e, ritornando a posare pigramente lo sguardo su di lei, le fece un breve cenno col bicchiere. Le due donne se ne accorsero e seguirono il suo sguardo, individuandola. Le vide irrigidirsi per un attimo, ma poi ripresero a parlare e a flirtare con lui.

Ad un tratto una delle due, la rossa, lo invitò a ballare: gli aveva preso la mano e faceva cenno col capo alla piccola pista dal lato opposto, dove alcune coppie già danzavano.

Egli, tuttavia, rifiutò. Lo vide scuotere leggermente la testa e dire qualche parola alla donna; lei sembrò delusa, ma poco dopo entrambe si avvicinarono al gruppetto dei quattro uomini che erano entrati dopo di lui, e fu lasciato solo. Per nulla turbato, ordinò una  nuova birra e poi si alzò, dirigendosi dalla sua parte.

Fece solo pochi passi per raggiungerla, tuttavia furono sufficienti perché lei potesse osservare l’eleganza dei suoi movimenti.

Non le chiese il permesso di sedersi. Lo fece e basta. E continuò a guardarla con lo stesso sguardo di fuoco, mentre sorseggiava pigramente la birra ghiacciata. Lei si sentì turbata da quello sguardo, ma continuò ad osservarlo a sua volta, come incatenata da quegli occhi magnetici dei quali ora, che erano più vicini, poteva scorgerne il colore: grigi, con una lieve sfumatura verde. Ma da quanto erano profondi era certa che, in momenti di particolare coinvolgimento emotivo, avrebbero potuto assumere la cupa tonalità del blu della notte.

Si accorse di desiderare di poter assistere ad uno di quegli attimi, per leggere in quegli occhi l’intensità del desiderio… pur non conoscendolo affatto, qualcosa in lui le faceva supporre che potesse essere un uomo animato da forti passioni.

Era davvero bello. E aveva mani grandi, lunghe, dalle dita perfettamente curate.

Ad un tratto lui parlò, e lei poté osservare compiaciuta che anche la sua voce era piacevole, profonda, quasi sexy.

“Vuoi ballare?”

Si rivolse a lei fin dall’inizio come se la conoscesse da tempo.

“Credevo che non ne avessi voglia…” rispose, alludendo al suo rifiuto di poco prima.

“Ho voglia di farlo con te, non con lei” precisò lui, subito pronto.

Esitò un attimo. Ballare con lui… essere tra le sue braccia… avrebbe potuto condurla altrove. Ma in fondo non era ciò che aveva desiderato, quando lui non era ancora entrato nel locale?

Nel frattempo si era alzato e le stava porgendo la mano, per nulla preoccupato dalla sua esitazione. Sembrava fin troppo sicuro di sé. Invece che infastidirla, come sarebbe accaduto con qualunque altro uomo, una volta tanto quella sicurezza le piacque. La trovò intrigante.

Si alzò anche lei e mise la mano nella sua. Il contatto con la sua pelle le procurò un senso di calore in tutto il corpo, piacevole e conturbante. Lo seguì sulla pista e si lasciò prendere tra le braccia, mentre la musica improvvisamente diventava lenta e sensuale.

Lui la strinse forte a sé, forse più di quanto il ritmo stesso richiedeva. Le sue mani grandi, calde, erano fin troppo intime sulla sua schiena, una premuta in centro, tra le sue scapole, l’altra decisamente più in basso, a farla aderire maggiormente ai suoi fianchi.

Lei sollevò lo sguardo, quasi a cercare nei suoi occhi una risposta a quel comportamento un po’ sfacciato… ma in fondo non le importava granché sapere perché la stava stringendo come se volesse farla sua proprio lì, in quel locale. Le piaceva la sensazione che le stava trasmettendo quel suo abbraccio possessivo; in pochi secondi aveva fugato tutte le sue preoccupazioni e le aveva trasmesso una sensualità erotica che mai nessuno, prima di allora, le aveva fatto provare tanto rapidamente.

Permise a quell’emozione di scorrere in lei come liquido caldo e si lasciò andare al suo abbraccio, stringendosi a lui maggiormente, mentre a sua volta gli posava le mani sulle spalle, a sfiorargli delicatamente la pelle alla base della nuca.

Lui la sovrastava di circa quindici centimetri e il suo corpo, che le era sembrato aitante e bello al solo osservarlo, rispondeva perfettamente alle aspettative anche al contatto.

Si lasciò guidare dalla musica e dai movimenti invitanti di quel corpo vigoroso stretto al suo, in una danza sensuale che andava ben oltre la stessa melodia.

 

***

 

Aveva ballato con lei per circa mezz’ora, finché il ritmo non era cambiato, su richiesta degli altri avventori del locale che ad una certa ora esigevano sempre danze più scatenate.

Quando le note di un pezzo rock li avevano costretti ad allontanarsi, lo avevano fatto a fatica: il filo invisibile che li aveva uniti fin dal primo sguardo, durante tutto il tempo in cui avevano danzato l’una nelle braccia dell’altro si era trasformato in un contatto di sensazioni fisiche ed emotive che aveva turbato entrambi.

Lui era parso restio a rinunciare a quel contatto e aveva proposto una passeggiata lungo il piccolo molo; poi, ad un certo punto, le aveva proposto di scendere e camminare lungo la spiaggia.

L’aveva presa per mano, e, da perfetto cavaliere, con l’altra aveva preso le sue scarpe, che si era tolta perché amava sentire la sabbia umida sotto i piedi.

Lentamente si incamminarono verso il piccolo gruppo di scogli oltre ai quali la spiaggia diventava più selvaggia e dove, più in là ancora, vi erano alcuni cottage utilizzati in estate dai villeggianti. In quel periodo dell’anno probabilmente erano ancora chiusi.

La serata si era fatta più fresca mentre qualche goccia sporadica cominciava a farsi sentire; la sola camicia non le bastava più. Non aveva previsto un fuori programma all’aperto; dopo un po’ di musica al pub, aveva pensato che sarebbe rientrata subito in albergo.

Sentiva caldo solo alla mano che lui tratteneva nella propria; quel contatto le bruciava la pelle. Quasi le avesse letto nel pensiero, ad un tratto lui abbandonò la presa e le mise il braccio attorno alle spalle, stringendola impercettibilmente a sé.

“Va meglio?” domandò, piegandosi verso il suo orecchio.

Fu il soffio del suo alito tra i capelli o il calore che sprigionava il suo corpo a farle battere all’improvviso più rapidamente il cuore?

“Ho un po’ freddo…” riuscì solo a rispondere.

“Allora occorre far qualcosa” disse lui, il tono sorridente e allusivo.

E, senza darle il tempo di riflettere su quelle parole, la fermò, trattenendola alla vita con l’altra mano, che rapida si era liberata delle scarpe, lasciandole cadere a terra.

L’avvolse di nuovo tra le braccia, come quando stavano ballando.

Lei non ricordava di aver mai provato una sensazione di così intensa intimità col semplice trovarsi nell’abbraccio di un uomo. Con lui era come se il mondo intero fosse rinchiuso in quell’abbraccio e, al tempo stesso, tutto ciò che non contava venisse lasciato fuori.

Poi, quasi impercettibile, avvertì la sua mano che le scorreva sulla guancia, in una lenta e tenera carezza. Le sue dita si avvicinarono alla bocca e gliela sfiorarono dolcemente, come se stessero toccando i fragili petali di un fiore.

La sua reazione istintiva fu immediata: al suo tocco, schiuse leggermente le labbra; non appena lo fece, lui la baciò.

Quando sentì la sua bocca posarsi su di lei, un intenso calore la invase ovunque. Ogni punto in cui il suo corpo incontrava quello di lui sembrava incendiarsi. E il freddo la stava abbandonando rapidamente, nonostante la pioggia fosse aumentata.

“Vieni con me…” mormorò lui sulle sue labbra, la voce un sussurro roco e appassionato.
”Dove?”.

“Laggiù, in quel cottage…” disse, sollevando lentamente la testa e indicando con lo sguardo.

Lei si sentì cogliere dal panico: dopotutto lo conosceva da meno di tre ore. Ma comprese anche che poteva fidarsi e gli credette, quando lo sentì dire:

“Non accadrà nulla, se non lo vorrai.”.

Gli credette, anche se percepì con l’istinto, poiché il buio le impediva di scorgere il suo viso, che mantener fede a quella promessa gli sarebbe costato parecchio.

La tentazione di scoprire quanta passione era in grado di suscitare in lui, s’impadronì di lei.

“D’accordo”, rispose. Ma comprese immediatamente che quella risposta altro non era che la propria capitolazione: quell’uomo l’aveva sedotta senza neppure tentar nulla per riuscirci. Era stato sufficiente che fosse semplicemente se stesso.

Si accorse che sorrideva dal lieve incresparsi delle labbra, ancora troppo vicine alle sue. Poi sussurrò: “Dammi la mano...”.

Raccolse le scarpe da terra e insieme iniziarono a correre lungo la spiaggia, sulla sabbia ormai bagnata.

 

***

 

Prima di entrare nel cottage lui si fermò sotto il portico e l’abbracciò nuovamente.

“Voglio fare l’amore con te.” Pronunciò queste parole mentre le scostava una ciocca di capelli bagnati dalla guancia, ugualmente bagnata.

Sapeva che sarebbe accaduto; tuttavia sentirglielo dire dalla sua voce profonda la eccitò, se possibile, ancora di più.

“Lo so…”, rispose, semplicemente. Poi si spinse oltre e aggiunse: “Anch’io.”.

Per un attimo pensò che l’avrebbe baciata ancora. Ma lui era diverso dagli altri uomini: si limitò ad assorbire l’informazione, quasi come se stesse valutando i pro e i contro. O come se stesse assaporando ogni singolo moto dell’animo celato dietro a quel consenso, un preludio di emozioni, anticipo del preludio dei sensi.

“Solo per una notte?” domandò infine.

Lei apprezzò la sua sincerità e il suo coraggio: con quella domanda avrebbe potuto giocarsi ogni possibilità di averla.

Decise che valeva la pena accontentarsi, dopotutto.

Un’occasione simile, e per di più con un uomo simile, non le sarebbe capitata un’altra volta e sarebbe stato un vero peccato sprecarla inseguendo sogni romantici e irrealizzabili. Non lo conosceva che da tre ore, eppure avrebbe dato qualunque cosa per avere quell’uomo, o uno come lui, nella propria vita.

Ma quello, appunto, era solamente un sogno.

La realtà era ciò che lui le stava offrendo in quel momento.

“Solo per una notte” rispose convinta.

L’interno del cottage era anonimo eppure, non appena la porta fu chiusa e si trovarono uno di fronte all’altra, completamente fradici, l’atmosfera cambiò all’improvviso e si caricò dell’elettricità che scorreva intensa tra loro.

In silenzio lui accese una lampada, la cui luce pallida rischiarò appena la stanza; poi sparì per pochi attimi e tornò con due asciugamani, uno dei quali lo porse a lei che, come lui, iniziò a frizionarsi i capelli.

Mentre si asciugavano, si accorse che il suo sguardo non l’aveva lasciata nemmeno per un secondo. Era uno sguardo profondo, che la turbava, poiché da solo riusciva a trasmetterle tutto il desiderio che stava bruciando in lui. Gli occhi di quell’uomo erano talmente belli ed espressivi che, ne era certa, avrebbe potuto imparare a leggervi ogni sua emozione, se solo ne avesse avuto l’opportunità. E come aveva immaginato soltanto poche ore prima, il colore dei suoi occhi, accesi di desiderio, aveva assunto l’intensa sfumatura blu della notte.

“Come ti chiami?” domandò lui, ad un tratto, rompendo il silenzio.

Lei scosse la testa.

“Non vuoi dirmelo?”.

“No.”.

“Perché?”

“Preferisco così.”.

Le si avvicinò; prese dalle sue mani la salvietta e la gettò, assieme alla propria, in un angolo, a terra.

“Voglio un nome, uno qualunque. Anche inventato, se preferisci, ma devi essere tu a dirmelo…”.

“Per identificare il mio volto tra le tue numerose conquiste?” volle provocarlo lei.

“No. Lo voglio per avere un nome con cui pensarti, col quale chiamarti mentre faccio l’amore con te… un nome per dirti quanto sei bella…”.

Non riuscì più a ribattere nulla. Quelle parole la spiazzarono.

Rapita dal suo sguardo, mormorò semplicemente: “Sarah…”.

Continuando a guardarla negli occhi, lentamente iniziò a slacciarle i bottoni della camicia e gliela fece scivolare dalle spalle… rimase di fronte a lui in jeans e reggiseno di pizzo blu.

Lo vide deglutire e subito dopo inspirare profondamente, quasi a trattenersi. Oppure per prendere coraggio, prima di toccarla.

Mentre la sua mano sfiorava il punto esatto in cui il pizzo incontrava la pelle, le disse con un sussurro e gli occhi velati dal desiderio:

“Sei bellissima, Sarah…”.

Lei si sentì sciogliere.

Sollevò la mano verso di lui  e incominciò a slacciargli a sua volta la camicia.

“Io mi chiamo…” iniziò a dire lui. Ma lei, rapida, gli posò l’altra mano sulle labbra, impedendogli di continuare.

Scosse la testa mentre lui le baciava dolcemente le dita.

“Non vuoi sapere il mio nome?” chiese lui.

“No.”.

“Sicura?”.

“Sicurissima. Non voglio essere tentata dalla possibilità di rintracciarti… e poi non ne ho bisogno.”.

“Neppure per dirmi quanto sono bello?” la stuzzicò lui, rivolgendole un sorriso stupendo.

Sorrise anche lei, mentre gli faceva scivolare l’indumento a terra, scoprendo due spalle favolose, un torace ampio, braccia forti e il ventre piatto.

Lo divorò con gli occhi e poi glielo disse, in un sussurro:

“Sei bellissimo… TU sei bellissimo.”.

Sorrise di nuovo e lei si rese conto che avrebbe potuto regalare il suo cuore a quel sorriso. Con dita tremanti gli sfiorò dolcemente il volto e lui non riuscì più a trattenersi: la prese tra le braccia  e la sollevò da terra, come se non pesasse nulla; la portò in camera e la depose sul letto. Si liberò delle scarpe e si stese accanto a lei.

Lentamente le tolse il reggiseno, soffermandosi a guardarla, affascinato dal suo petto nudo. Le sue mani si colmarono di lei, della sua parte più morbida.

E lei si sentì sciogliere a quel contatto.

Lui ricercò quella morbidezza anche con le labbra e a lei parve di morire dal piacere.

Ma quando le tolse i jeans e cominciò a toccarla, fu certa che con lui, anche solo per una notte, sarebbe volata in alto, forse fino in paradiso.

 

 

 

 

 

                                              
  
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