Capitolo
2
“…I say love it is a flower,
and you
its only seed...” [1]
Fu il profumo
della sua pelle
a risvegliarlo. Il profumo della sua pelle e i ricordi della notte
appena
trascorsa. Rimase ad occhi chiusi, ad attendere di riprendere
lentamente
coscienza, mentre un pigro sorriso gli distendeva le labbra.
Sarah…
Il ricordo di
ogni singolo
momento in cui l’aveva chiamata per nome gli procurò un piacere
intenso: lo
aveva pronunciato guardandola negli occhi mentre la spogliava; lo aveva
sussurrato al suo orecchio toccandola… lo aveva mormorato col respiro
affannato
mentre entrava in lei. E ogni volta che lo aveva pronunciato, gli era
sembrato
che fosse un suono sempre più dolce.
Un suono
dolce che,
inspiegabilmente, lo turbava.
La pioggia,
fuori, cadeva
ancora. Più lenta, ma costante. Lo percepiva dal sommesso ticchettio
che faceva
da sottofondo al silenzio della stanza. Indugiò ancora per qualche
istante con
gli occhi chiusi, lasciandosi cullare dai pensieri.
Aveva fama di
riscuotere un
discreto successo con le donne; gli incontri intensi e senza legami,
quelli che
lui preferiva, non erano un problema.
Kate, ad
esempio.
In genere
evitava di avere
storie con le sue partner, ma Kate Pike era diversa dalle altre, per
questo era
l’unica eccezione. Era disinibita e spiritosa, pronta come lui a
godersi una
notte di piacere senza complicazioni. Inoltre era tenera e
appassionata, quel
tanto che bastava per farlo sentire speciale. Aveva un unico difetto:
Kate
adorava ancora più di lui di sentirsi libera e non dava mai ad un uomo
la
sensazione di essere importante, se non tra le lenzuola. Con lei si
aveva
sempre la sensazione, non appena terminato l’amplesso, di poter essere
immediatamente sostituito da un altro uomo, che lei avrebbe amato con
lo stesso
entusiasmo e trasporto.
Kate era
fatta così, prendere
o lasciare. E a lui, nonostante tutto, andava bene: nessun impegno,
puro e
semplice divertimento, quando entrambi ne avevano voglia.
Con Sarah,
invece, era stato
tutto diverso.
Anche lei,
come Kate, era
tenera e appassionata; un’amante perfetta, che lo aveva seguito senza
indugi né
inibizioni nell’intimo viaggio alla ricerca del piacere. Ma a
differenza di
Kate, con Sarah si era sentito completamente coinvolto, corpo e mente,
poiché
in lei aveva percepito il medesimo coinvolgimento di sensi ed emozioni.
Tutto questo
era pericoloso,
lo sapeva. Molto pericoloso.
Tuttavia il
piacere, non solo
fisico, provato con lei, lo tentava molto e lo stava spingendo su un
terreno
fragile, rischioso; ma gli era impossibile resistere.
Voleva averla
ancora, una
sola notte non gli bastava.
Sarebbe
rimasto lì fino alla
mattina successiva, poi doveva rientrare a Washington. E lei gli aveva
detto,
proprio poche ore prima, che avrebbe lasciato l’albergo solo l’indomani.
Mentre
facevano l’amore,
inspiegabilmente si era trovato a dirle che era meravigliosa e che
voleva
trascorrere dell’altro tempo con lei…
Era sembrata
sorpresa: “Avevi
detto solo per una notte…”.
“Hai ragione.
Allora sarà
solo per due notti…” aveva ribattuto pronto lui, cercando di
sdrammatizzare ciò
che temeva d’averle trasmesso poco prima, facendole quella proposta con
più
passione di quanta avrebbe mai immaginato lui stesso di sentire nella
propria
voce.
Lei lo aveva
guardato negli
occhi, turbata. Poi gli aveva detto, prendendolo in giro e tentando a
sua volta
di sdrammatizzare:
“Non sei così
irresistibile,
sai?”.
Eppure aveva
colto
un’emozione strana nel suo sguardo. Un’emozione pericolosa. Che
tuttavia lo
intrigava moltissimo.
Pigramente
allungò il
braccio, alla ricerca del suo corpo morbido, dalla pelle profumata e
vellutata.
Quel corpo morbido e invitante che aveva amato per tutta la notte e che
desiderava ancora.
Incontrò
solamente il
lenzuolo.
Aprì
finalmente gli occhi e
si guardò attorno, confuso. Il profumo della sua pelle, che ancora
aleggiava
nella stanza, era soltanto un ricordo.
Lei se n’era
andata.
***
Fiori. Tutti
quei dannati fiori.
L’Ammiraglio
gli stava
parlando e lui non riusciva a concentrarsi sulle parole del suo
superiore.
Riusciva solo a pensare a quel dolce profumo di fiori.
La pelle di
Sarah profumava
allo stesso modo… Ed era liscia e vellutata al tatto, esattamente come
lo
sarebbero stati i petali delle rose bianche che riempivano quel
giardino, se
solo li avesse sfiorati. Ne era certo.
Aveva appena
ricevuto una
medaglia al valore, eppure l’unico ricordo che aveva di quel momento
era
l’attimo in cui aveva riportato l’attenzione sul presidente Clinton per
ringraziarlo. Per tutto il resto del tempo la sua mente era stata
invasa
unicamente dal ricordo di lei.
Tutta colpa
di quei dannati
fiori.
L’Ammiraglio
Chegwidden gli
stava dicendo qualcosa riguardo al fatto che il guardiamarina Roberts
avrebbe
fatto parte del suo team, su consiglio del tenente Austen.
Qualcuno
avrebbe dovuto
sostituire Meg… il guardiamarina Roberts, pur volonteroso, era ancora
troppo
inesperto per diventare suo partner nelle indagini cui era solitamente
assegnato.
Doveva ancora farsi le ossa. Tuttavia sarebbe stato un valido supporto
e
avrebbe avuto modo di imparare.
Si stavano
avvicinando
all’uscita di quel giardino… forse, finalmente, sarebbe stato in grado
di
concentrarsi meglio. Invece, proprio in quel punto, sembrava quasi che
il
profumo di quelle dannate rose fosse ancora più intenso.
Era voltato
verso Bud; gli
aveva appena rivolto un sorriso d’incoraggiamento, per fargli capire
che era
felice d’averlo in squadra.
All’improvviso
una voce gli
fece esplodere il cuore nel petto.
Non
era possibile…
Si voltò e si
sentì mancare:
in piedi, sull’attenti, c’era lei, che aveva appena salutato
Chegwidden.
Indossava l’uniforme verde militare dei Marine ed era bellissima.
Ancora più
bella di come la
ricordava.
“Capitano di
Corvetta Harmon
Rabb, Maggiore Sarah Mackenzie.”.
La voce
dell’Ammiraglio che
faceva le presentazioni gli arrivò lontana, come se giungesse da un
altro
pianeta: si sentiva come se gli avessero improvvisamente scollegato
tutti i
circuiti cerebrali. L’unico pensiero che riuscì ad attraversargli la
mente fu
che lei, poco prima di fare l’amore, non si era inventata un nome per
accontentarlo, ma gli aveva rivelato il proprio.
Gli sembrò
che fosse
impassibile, per nulla turbata dalla scoperta di trovarsi di fronte
allo
sconosciuto che l’aveva amata per un’intera notte.
“Mac…”.
Rivolgendogli un
lieve sorriso, tese la mano verso di lui.
Che stava
dicendo?
Mac?
Gli si stava
presentando come
Mac… già, forse l’abbreviativo di Mackenzie.
Un Maggiore
dei Marine.
Non l’avrebbe
mai detto.
Un Maggiore
dei Marine non
aveva il diritto di avere una pelle tanto morbida, di essere tanto
bella e di
profumare di fiori…
Doveva aver
fatto qualcosa
che non andava, perché improvvisamente si rese conto che tre paia di
occhi
erano puntati su di lui: quelli dell’Ammiraglio, sorpresi e indagatori;
quelli
di Bud, incuriositi, e poi i suoi… non riuscì a capire… sembravano…
delusi?
Finalmente
notò che lei gli
aveva porto la mano, a mo’ di saluto, e lui non gliel’aveva neppure
stretta.
Imperdonabile.
Ecco perché
lo stavano
osservando così.
Vide che
stava per ritrarla e
si affrettò a prendergliela, mormorando:
“Harm.”.
Il contatto
tra le loro mani
durò solo una frazione di secondo, ma per lui fu un tormento
indescrivibile.
Nel frattempo
l’Ammiraglio
stava domandando, probabilmente sorpreso dal suo insolito
comportamento, se già
si conoscessero.
“Sissignore…”
gli sfuggì
dalle labbra.
Certo che si
conoscevano.
Eccome se si conoscevano!
“Nossignore.”.
No.
Contemporaneamente
a lui, lei
aveva detto no.
Saggia donna.
In fondo non
si conoscevano
affatto. Ricordava a memoria il suo corpo, ma non la conosceva. Sapeva
come
farla gemere tra le sue braccia, ma non sapeva altro di lei.
L’Ammiraglio
lo stava
guardando, ancora più sorpreso.
Si affrettò a
bofonchiare
qualcosa, inventandosi un’assurda storia che lei gli ricordava una
donna
conosciuta all’Accademia. Dopodiché seguì il gruppetto che si stava
avviando
all’auto. A quanto sembrava Sarah Mackenzie avrebbe preso il posto di
Meg
Austen come sua partner.
Nella mente
gli transitò un
solo pensiero: come avrebbe fatto a lavorare con lei?
***
Era tesa.
Diffidente. Guidava
concentrata, ma non smetteva un attimo di lanciargli occhiate.
Temeva
che l’avrebbe tradita per la faccenda di suo zio oppure…
Oppure cosa?
Oppure stava
disperatamente
cercando di tenere a bada le sue emozioni, proprio come stava tentando
di fare
lui?
Dio, com’era
bella.
Ogni fibra
del suo essere
stava fremendo dal desiderio… in quel preciso istante avrebbe voluto
fermare
l’auto e gettarsi su di lei come un selvaggio.
“Perché mi
guardi così?”.
Santo Cielo.
Cosa le saltava
in mente di fargli una domanda simile proprio in quel momento?
“Perché sei
bella…
bellissima”.
“Dobbiamo
parlare.”.
“Di che
cosa?”.
“Di noi due.
Di te e di me.”.
“Sarah…”.
“Mac. Io, per
te, sono Mac.”.
“Cosa vuoi
dire?”.
“Che Sarah
non esiste. Non è
mai esistita, tra noi.” La sua voce era fredda, determinata.
“E’ questo
che vuoi?”.
“Tu che cosa
vorresti?”
“Non lo so…”
“Ecco,
appunto. Quindi io
sono Mac.”.
“Ma…”
“Smettila,
Capitano. Dovremo
lavorare assieme. Non possiamo farlo se non scordiamo tutto quanto”.
“Tu ci
riesci? Riesci a
dimenticare?”.
“L’ho già
fatto”, disse
risoluta.
“Davvero?
Tutto quanto?”.
“Tutto
quanto”.
“Anche come
ti sentivi tra le
mie braccia? O come imploravi che ti facessi mia?”
Lo sguardo
che gli rivolse lo
fece sentire dannatamente sleale… ma non era riuscito a trattenersi. La
vide
arrossire ed inspirare profondamente.
No, non aveva
scordato tutto
quanto.
Le rivolse
uno dei suoi
sorrisi favolosi, sperando… sperando in che cosa?
Aveva ragione
lei. Non
c’erano possibilità per loro: lui non voleva complicazioni. Non le
aveva mai
volute, non avrebbe cominciato a volerne ora. Neanche se lei era la
donna più
sensuale e desiderabile con cui avesse fatto l’amore.
“Il tuo è un
sorriso
affascinante, Capitano. E di certo ti fa ottenere ciò che vuoi. Ma io
non ti
conosco e non ho intenzione di giocarmi la carriera per un’unica notte…
“.
“Che cosa
proponi, allora?”
“Cominciamo
come colleghi, e
poi chissà? Magari potremmo diventare persino amici.”.
Amici?
Grandioso.
***
Una pistola
puntata alla
schiena non era proprio quello che lui intendeva per “AMICI”.
Come aveva
fatto a fregarlo
così?
Che domanda
idiota! Ovvio
come c’era riuscita: gli aveva sorriso, lo aveva involontariamente
sfiorato, lo
aveva guardato…
E lo aveva
fatto impazzire,
per tutto quel dannato viaggio, facendogli desiderare di baciarla fino
a farla
implorare di prenderla, esattamente come aveva fatto l’altra notte,
ogni volta
che l’aveva baciata.
Poi lo aveva
incuriosito con
pochi sprazzi della propria vita e lui aveva desiderato prenderla di
nuovo tra
le braccia, ma per confortarla. Quella storia sul suo alcolismo l’aveva
turbato.
Quindi
l’aveva spiazzato,
consegnandolo allo zio come suo prigioniero, dopo che era riuscita ad
averlo
sotto tiro.
Ed ora aveva
di nuovo voglia
di lei.
Suo zio, il
Colonnello
O’Hara, dopo che lo aveva convinto
a
costituirsi con un discorso appassionato, promettendogli di difenderlo
in
tribunale, aveva appena domandato alla nipote dove lo aveva conosciuto.
Prima di
rispondere, lei gli
aveva rivolto una lunga occhiata. In quello sguardo, lui aveva potuto
leggere
tutto il suo desiderio. E scoprirlo, lo aveva nuovamente infiammato.
“In un
giardino di rose, zio
Matt”, aveva risposto alla fine, dolcemente, riferendosi al loro
incontro
ufficiale; ma in fondo la risposta poteva valere anche per il loro
incontro
“ufficioso”: la sua pelle profumava di fiori, e per lui era meglio di
un
giardino.
Il Colonnello
si allontanò da
loro, per andare a definire gli ultimi dettagli prima di consegnarsi
alla
giustizia.
Lei fece per
seguirlo, ma lui
la fermò, prendendola per una mano. Non appena la toccò, si pentì
d’averlo
fatto. Doveva mantenere le distanze, altrimenti non avrebbe resistito.
Era
troppo pericolosa…
“Credevo
avessimo detto di
diventare amici… è puntandomi un’arma alla schiena che avevi in mente
di
provarci?”.
Lei non
rispose.
“Ok, Mac.
Passerò sopra a
questo insignificante dettaglio. E hai ragione tu: l’unico modo per
riuscire a
lavorare assieme è cercare di diventare amici… Posso avere il permesso
di
provarci? E senza trovarmi di nuovo con una pistola puntata contro?”.
Lei non
rispose. Sorrise e
s’incamminò per raggiungere suo zio.
Per un po’
lui rimase a
guardarla allontanarsi.
Indossava un
prendisole a
fiori, che le accarezzava dolcemente fianchi e gambe, ondeggiando ad
ogni suo
passo. Aveva un modo così sensuale di muoversi che sembrava stesse
danzando...
Quell’immagine
gli riportò
alla mente il suo corpo stretto al proprio mentre ballavano al pub… e
una
strofa della canzone, l’ultimo lento prima che la musica cambiasse:
“…
I say Love it
is a flower, and you its only seed…”
Ricordava
d’aver pensato per
un attimo che quelle parole potessero adattarsi a lei…
E anche ora,
nel ricordarle,
quel pensiero insidioso tentava di farsi nuovamente strada nella sua
mente:
l’amore è un fiore… e tu il suo unico seme…
Si impose di
scacciare
quell’idea al più presto, rapidamente, così come era venuta. Già
lavorare con
lei sarebbe stato un tormento, ma non aveva alternative… altri pensieri
su di
lei erano fuori discussione.
Aveva deciso:
niente
complicazioni.
I
versi che fanno da
titolo o sottotitolo ai capitoli sono tratti dal testo della canzone ‘THE ROSE’, cantata da
Betty Midler.
Un
GRAZIE a DESI
per avermela fatta scoprire
attraverso il suo video.