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Autore: Deirbhile    31/12/2012    6 recensioni
Dalla storia:
“Magari è vero che le persone non sono mai come sembrano, Pirandello aveva perfettamente ragione. Ognuno di noi indossa una maschera. Solo che fino ad ora ero convinta che l'unica che usasse Roberta Della Corte fosse una maschera esfoliante per liberare i pori” constatò Chiara.
Chiara e Roberta sono due liceali qualunque: a Chiara piace leggere e studiare, stare in mezzo alla natura e portare i capelli rossi legati in una treccia. A Roberta piace ostentare la sua bellezza statuaria, mostrarsi in centro a fare shopping con il suo ragazzo e nascondere i propri pensieri in fondo all'alcol.
E allora perché, dopo quattro anni passati ad odiarsi, sentono lo strano desiderio di capirsi a vicenda?
Fra amiche iperprotettive, genitori sempre assenti, scontri diretti e qualche attacco di panico, Chiara e Roberta capiranno finalmente che c'è qualcuno disposto a cicatrizzare le loro ferite.
[STORIA CONCLUSA]
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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La mattina dopo Chiara si alzò con un emicrania così forte da farle sembrare di avere la testa piena di massi rotolanti e ringraziò mentalmente che quel giorno fosse domenica e non ci fosse scuola

La mattina dopo Chiara si alzò con un emicrania così forte da farle sembrare di avere la testa piena di massi rotolanti e ringraziò mentalmente che quel giorno fosse domenica e non ci fosse scuola. Si mise a sedere, sentendo la schiena scricchiolare, segno che aveva dormito tutta la notte su un fianco in posizione fetale (cosa che avveniva solo quando si sentiva particolarmente vulnerabile), e vide che l’orologio segnava appena le otto e trenta. Sibilò una parolaccia, da quando frequentava Roberta era diventata notevolmente più sboccata, vedendo che Benedetta stava rumorosamente sistemando la sua valigia sul letto di fianco al suo. Quando la sorella maggiore aveva deciso di trasferirsi in un appartamento a Perugia con due care amiche del liceo per studiare lì e lasciare la casa familiare, Chiara aveva insistito perché il suo letto fosse spostato nella stanza degli ospiti, con la scusa di volere più spazio per sé nella camera. Ma in verità, la visione del letto vuoto a fianco al suo era troppo triste per essere sopportata ogni mattina. Così, di comune accordo, il letto tornava alla sua locazione originaria solo quando Benedetta si concedeva quelle brevi parentesi nel paesino di nascita.

 

- Si può sapere che diavolo stai facendo? Sono le otto del mattino-  mugugnò, non senza il suo caratteristico grugnito di disapprovazione.  Benedetta, tutta sorridente e radiosa, Chiara ancora non si spiegava la sua energia mattutina, si girò e notò che la sorellina era già sveglia.

- Sistemavo le mie cose. Senza offesa,ma hai lo stesso colorito di uno zombie- ridacchiò, sistemando accuratamente il pigiama nella valigia.

- Lo so, grazie a dio è domenica- sbuffò la rossa, lasciandosi di nuovo cadere all’indietro, con la testa pulsante e gli arti anchilosati.

- Duro il post-sbornia, eh?- chiese ironicamente Benedetta, voltandosi verso di lei con un’espressione tutt’altro che rassicurante. Cavolo, come faceva ad essere così perspicace? Non che il viso cereo di Chiara e i suoi occhi vacui fossero poco eloquenti. Negare l’evidenza era fuori discussione, almeno Benedetta l’avrebbe coperta in caso sua madre avesse messo il naso da quelle parti, e Chiara decise di sputare il rospo.

- È così evidente?- borbottò, con il viso schiacciato contro Freddie, il ranocchio di peluche.

- Direi di si. Oh, Chiara, perché non ascolti chi ci è passato prima di te, una buona volta? Poteva essere pericoloso-  disse apprensiva la sorella maggiore, avvicinandosi al letto.

- Tranquilla, nessun ragazzo ha approfittato di me. Non ero così ubriaca-

In verità, Chiara non poteva dire di ricordare esattamente ciò che era successo dopo il quinto bicchiere di vodka alla pesca. Ricordava il motivetto di quella canzone di Bruno Mars, che proprio non voleva uscirle dalla testa, e di essere salita al piano di sopra e aver incontrato Roberta, ma il resto per ora le era totalmente ignoto.

Proprio mentre Benedetta stava per ribattere che poteva essere comunque pericoloso, Chiara avvertì una forte nausea prenderle la bocca dello stomaco e si fiondò in bagno, inciampando nelle coperte e rischiando di cadere.

- Ecco, appunto- mormorò sconfitta la bionda, scuotendo la testa, per poi seguire l’altra in bagno e verificare le sue condizioni.

Qualche minuto, e conato di vomito, dopo le due sorelle erano sedute al bancone della cucina, ciascuna con davanti una tazza fumante, a scrutarsi in silenzio. Chiara, con una mano sullo stomaco brontolante, sorseggiava mesta il suo caffé americano, lamentandosi di tanto in tanto del fatto che l’aspirina aveva sempre avuto poco effetto su di lei. Benedetta, ora di umore decisamente più nero, si limitava ad alzare le spalle, rimestando senza espressione il suo latte bollente coi cereali.

- Mamma e papà?- domandò cauta Chiara che, dopo aver quasi vomitato l’anima, aveva poca voglia di parlare e soprattutto aveva paura di un’altra strigliata. La bionda fece le spallucce e, continuando imperterrita a giocherellare con la colazione, bofonchiò che forse erano andati in chiesa.

- Sei arrabbiata, vero?- chiese in fine, dopo aver tentato circa cinque argomenti di conversazione diversi senza aver ricevuto in risposta nient’altro che borbottii di dissenso e monosillabi.

- Sei la mia sorellina e ti conosco, mi fido di te… ma questa volta hai esagerato- concesse Benedetta, alzandosi per riporre la tazza nel lavello e versarsi un bicchiere di succo di pompelmo, come sua abitudine. Da quando se n’era andata, Margaret continuava a comprarlo, pur sapendo che né a Chiara né a Matteo piaceva, forse nella speranza che la figlia maggiore tornasse più spesso a casa. Benedetta era sempre stata il collante della famiglia, col suo carattere gioviale e pacificatore aveva sempre mantenuto in equilibrio le sorti di tutti e quattro i Torri e, Chiara pensava, ora che non abitava più con loro i suoi stessi genitori sembravano persi e le dinamiche fra di loro erano molto più tese.

- Lo so-  sospirò afflitta, ingollando l’ultimo sorso di caffé e stropicciandosi gli occhi arrossati dal sonno.

- Oramai la sbronza te la sei presa, quindi non posso farci più di tanto… tu però promettimi che non succederà di nuovo- disse Benedetta, fissandola con un’espressione seria e preoccupata.

- I-io… te lo prometto, tranquilla-

La sorella maggiore fece per uscire dalla cucina e dare un’occhiata ai suoi appunti sull’ultima lezione alla facoltà di Giurisprudenza, ma si fermò di scatto, come se si fosse appena ricordata di qualcosa di importantissimo.

- Volevo chiedertelo ieri sera, mentre stavamo per addormentarci, ma tu eri così fusa che sapevo non mi avresti risposto… dove hai lasciato la giacca con le cerniere che mi piace tanto?-

Chiara si lasciò sfuggire un sospiro liberatorio, visto che, appena Benedetta le si era rivolta in quel tono tanto sospettoso, aveva trattenuto il respiro nel timore di un’ulteriore ramanzina.

-Oddio, la giacca… non ricordo, dovrebbe essere in macchina però, tranquilla- mentì, ricordandosi improvvisamente che la suddetta giacca probabilmente era stata lasciata a villa Della Corte.

- Dopo vado a controllare-  replicò scettica la sorella, per poi sparire nel salotto a studiare per chissà quale esame universitario.

Chiara, ancora molto disorientata, decise di salire su in camera e mettere qualche cd allo stereo, magari dei Pink Floyd, visto che aveva notevolmente bisogno di rilassarsi, e di starsene per conto suo almeno finché non le fossero passati completamente i sintomi del dopo- sbornia.

Pensò bene di andare prima a darsi una ripulita in bagno, poiché era sicura di avere gli occhi ancora completamente ricoperti del trucco della sera precedente, e, mentre si sciacquava via il fondotinta col latte detergente, si rese conto di avere ancora residui di un rossetto rosso agli angoli delle labbra.

Lanciò un gridolino allarmato, pulendosi via subito quella macchiolina scarlatta dal volto, e passandosi le mani sulle labbra diverse volte, fino a farle diventare quasi bianche. Ora ricordava cos’era successo dopo aver incontrato Roberta e, guardandosi allo specchio, si coprì la bocca con una mano, con in volto un’espressione di puro terrore.

-O mio dio, ti prego. Oddio, oddio, non è possibile, dimmi che non è vero- cominciò a mormorare sconnessamente, con le mani così tremanti da far cadere quasi tutti i prodotti che c’erano sulla specchiera nel lavandino.

- Oh, cazzo-  imprecò poi, rendendosi conto che, effettivamente, quel bacio non doveva esserselo solo immaginato, era avvenuto davvero. Aveva davvero baciato Roberta Della Corte, dopo essersi scolata cinque bicchieri di vodka, nella sua camera, con tanto di flirt spudorato da parte di quella.

E Roberta aveva davvero risposto con impeto, quasi scaraventandola contro la parete, come se quel bacio fosse esattamente ciò che si aspettava. Con le mani tremanti, finì velocemente di lavarsi i denti e sistemarsi i capelli e, indossata una felpa larga del Trinity College di Dublino, si lasciò cadere pesantemente sul suo letto. Non riusciva a muovere nemmeno un muscolo e abbandonò in partenza l’idea di sentire un po’ di musica, visto che a malapena riusciva a percepire i suoi pensieri, tanto erano confusionari.

“Mi sono ubriacata e ho baciato Roberta” pensò per la milionesima volta, senza sapere se ridere dall’euforia o piangere per tutto ciò che quel gesto avventato avrebbe potuto comportare. Anche Roberta la sera prima si era ubriacata e, anche se oramai la sua storia con Massimo era capitolata, questo non voleva dire che tutt’ad un tratto avesse cambiato orientamento sessuale, prendendosi una sbandata per lei. Probabilmente era così ubriaca da non rendersi conto di ciò che faceva e ora, dopo essersi liberata dall’influsso dell’alcol, stava già progettando di tagliare i ponti con lei. Chiara sentì le lacrime bruciarle gli occhi stanchi a quel pensiero. Si, probabilmente sarebbe andata così. Roberta si sarebbe ricordata con disgusto di quel bacio, sarebbe tornata da Massimo per paura di essere guardata male da Vanessa e l’avrebbe archiviata, tornando ad essere quella di sempre, cattiva e vuota ragazzina figlia di papà.

- Ti prego, no- sussurrò Chiara, abbracciando il cuscino e cominciando a piangere. Sentì la gola bruciarle dai singhiozzi e, per la prima volta, capì cosa intendevano le sue amiche quando dicevano che si, la perdita della persona di cui si era innamorati era davvero la cosa più dura da superare.

 

                                                                       ***

 

Dopo aver passato quasi tutta la mattinata a letto ad auto-commiserarsi nell’apatia più totale, cosa decisamente non da lei, Chiara fu chiamata per il pranzo da sua madre, che le intimò di darsi un contegno, visto che quel giorno avrebbero avuto come ospiti un importante cliente di suo padre e la moglie.

- Su, alzati… non so proprio cosa ti succeda ultimamente- borbottò Margaret contrariata, alla vista di sua figlia rannicchiata sul suo letto, con l’aria di chi ha visto giorni migliori.

- Nemmeno io, credimi- grugnì Chiara, asciugandosi frettolosamente gli occhi. Non voleva altre domande. Si diresse così verso l’armadio, tirò fuori un jeans scuro, una t-shirt con una stampa e una giacca grigia abbastanza casual e cominciò a vestirsi, chiedendosi come mai si sentisse così uno schifo anche dopo che il mal di testa e la nausea le erano passati.

Dopo aver finito di spazzolarsi i capelli e essersi passata un velo di trucco, scese al piano di sotto, incrociando sua sorella sulle scale.

- Va meglio?- le chiese a bassa voce Benedetta, ora di nuovo sorridente come suo solito.

- Si, abbastanza-  rispose, anche se sapeva che la sua espressione spenta non sarebbe passata inosservata a pranzo.

- Caspita, sei proprio bella-  le fece notare la sorella, aggiungendo scherzosamente che lei non aveva avuto tanti spasimanti al liceo quanto Chiara.

- Ma scherzi? Ricordo ancora quanto quel tipo, com’è che si chiamava, ah si, Giovanni, come dimenticarlo! Si presentò sotto casa nostra il giorno del tuo compleanno con un mazzo di rose bianche. Sono rimasta traumatizzata a vita, credimi. Gli undicenni non dovrebbero assistere a dichiarazioni così melense- borbottò Chiara, facendo imporporare le guance della sorella dall’imbarazzo.

-Oh, si, darling, me lo ricordo anche io- si aggiunse sua madre ridacchiando e l’atmosfera, tesa a causa del nervosismo di Matteo che in un angolo di lisciava nervosamente la cravatta verde, per un attimo fu alleggerita dalle loro risate cristalline. Poi la donna le rimproverò bonariamente di finire di sistemare bene la tavola, per non fare brutta figura con gli ospiti. Chiara eseguì gli ordini con lo sguardo basso, per paura che Benedetta, empatica com’era, potesse leggerle nel pensiero.

Dispose in maniera maniacale le posate, stese la tovaglia color panna in modo da farla aderire tutta al tavolo e lucidò perfino i bicchieri per il vino con lo zelo tipico del suo carattere. Non appena ebbe finito, si sedette con uno sbuffo su una sedia, preparandosi ad entrare nella parte della figlia perfetta ed educata, ad accogliere gli ospiti in maniera impeccabile e ad intrattenerli con la sua fluida parlantina. A volte quella situazione, il fatto di dover sempre recitare una parte, la metteva parecchio a disagio. Soprattutto perché prima di parlare doveva pensare a come pesare le sue parole,

uniformarle alla sua facciata di ragazzina perfettina e contenere quell’ironia e quella sagacità che la caratterizzavano. Forse entrare in una maschera non sua l’avrebbe aiutata a dimenticare per qualche ora i casini combinati la sera prima e a starsene un po’ in pace, ma il caos nella sua testa minacciava di farla impazzire. Il ricordo delle labbra di Roberta l’avrebbe tormentata per tutto il pranzo, ne era sicura.

Quel flusso indefinito di pensieri fu fortunatamente interrotto dal suono del campanello che, insistente, ruppe l’atmosfera di tranquillità della cucina.

- Vado ad aprire- si alzò subito Matteo, ritto come un fusto e altrettanto teso nel tono di voce. Chiara si alzò per prendere posizione vicino alla porta e salutare gli ospiti, ma quando sentì suo padre conversare dubbioso con chi aveva suonato al campanello, le si gelò il sangue nelle vene. No, non poteva essere. Era sicura di aver sentito la voce melliflua di Roberta.

- Chiara, tesoro, credo sia per te- sbuffò Matteo, una volta entrato in cucina con un’espressione contrita.

- Chi è?-  gracchiò Chiara, con le mani che tremavano e il viso pallido.

- Non lo so, credo una tua compagna di classe… dice che deve darti una cosa, fa’ subito- disse spazientito l’uomo, rifugiandosi di nuovo in un angolino della cucina e lasciandosi tranquillizzare da sua moglie.

- Chiara, heilà, ci sei?-

Benedetta le sventolò una mano davanti agli occhi, divertita, vedendo che non si era ancora mossa dalla cucina. Chiara deglutì tre volte e poi si decise ad andare alla porta.

- Che ha stamattina? Sembra totalmente addormentata- mormorò Margaret a sua sorella, mentre a passi incerti si dirigeva attraverso il salotto.

Scostò di poco la porta, giusto il minimo per vedere la chioma color ebano di Roberta, ancora bene acconciata come la sera precedente,e il suo viso, lievemente stranito. La aprì del tutto, sentendo le gambe molli. Probabilmente era venuta per darle la giacca, che teneva dietro la schiena, e dirle di dimenticare quello che era successo la sera precedente perché per lei non aveva significato assolutamente nulla.

- Ciao- pigolò Chiara, appoggiandosi alla porta d’ingresso per non inciampare nei suoi stessi piedi.

- Ciao… ti… ho portato al giacca… eccola, l’hai dimenticata- sussurrò Roberta, con lo sguardo basso, allungandole la giacca bianca con le cerniere di Benedetta. La rossa la prese lentamente, stando attenta a non sfiorare la sua mano.

- Grazie, sei stata molto gentile-  disse, facendo per rientrare in casa. Tremava tutta e aveva paura che Roberta se ne fosse accorta, perché ora la guardava vacua, quasi come se si stesse concentrando per leggerle nel pensiero.

- No, di nulla, immagino che ieri sera con tutto quel caos tu non sia riuscita a trovarla- le sorrise, radiosa e tranquilla come Chiara non l’aveva mai vista.

- Si, immagino di si-

- Beh, com’è andata col dopo sbornia? Perché io ho dovuto prendere qualcosa come tre aspirine e cinque caffé prima di venire qui-  rise la riccia, non senza un velo di rossore ad imporporarle le gote.

- Per me era la prima volta, puoi immaginare…- rise anch’ella. Roberta le si avvicinò cauta, guardandola dritta negli occhi.

-Quindi… insomma… ricordi cos’è successo?- le domandò e a Chiara sembrò che nel suo tono di voce ci fosse una sorta di incontenibile impazienza. Sentì il cuore accelerare il battito e la testa girare impazzita. Poi l’istinto di sopravvivenza prese il sopravvento e, senza che nemmeno riuscisse ad impedirlo, scosse la testa in senso di diniego. L’espressione di Roberta, ora leggermente delusa, come se fosse stata presa in contropiede, la trapassò, con quei due occhi magnetici. Scosse anch’ella la testa, come a dirle di stare tranquilla, che nemmeno lei ricordava. O che non voleva ricordare.

Rimasero a fissarsi, forse con la consapevolezza di star entrambe mentendo, ma nessuna delle due riprese il discorso, le parole che le si congelavano sulla lingua e pesavano come piombo.

- Allora ci vediamo, scusa se ti ho disturbato- mormorò infine Roberta e, senza aspettare una risposta, attraversò quasi di corsa il giardinetto di casa Torri.

Chiara rimase fissa a guardarla andare via e si maledì, perché voleva correrle dietro e urlarle che si, lei ricordava tutto. Ma rimase inchiodata, con gli occhi annebbiati dalle lacrime a chiedersi come mai non avesse sputato quel rospo che la tormentava da giorni, come mai non le avesse detto che si era innamorata di lei. Perché ormai era chiaro, l’aveva capito nel vederla così insicura sulla soglia di casa sua, si era innamorata di Roberta. Tornò di corsa in casa, salendo le scale a due gradini alla volta, sentendo le lacrime bruciarle le guance come lava incandescente. Benedetta, avendola sentita sbattere la porta, si era avvicinata per controllare cosa fosse successo, ma Chiara singhiozzò che non voleva parlarne, che non era il caso. Si sarebbe data una sistemata in bagno e sarebbe scesa giusto in tempo per quando fossero arrivati gli ospiti. Benedetta non doveva essersi convinta molto, perché l’aveva seguita senza esitare sulle scale.

- No, Chiara, non chiudere la porta, fammi entrare- disse, bloccando la sorellina appena in tempo prima che si rifugiasse in bagno.

- No, Ben, non voglio parlarne… sono una stupida- singhiozzò, accasciandosi sul pavimento vicino al lavandino.

-Abbiamo dieci minuti prima che vengano quel cliente di papà e famiglia, quindi vedi di riassumere- le intimò affettuosamente Benedetta, sedendosi accanto a lei. Chiara ingoiò un paio di singhiozzi e poggiò la testa sulla spalla di sua sorella.

- Non posso, ho paura- mormorò, tirando su col naso. La bionda le circondò le spalle con un braccio.

- Tranquilla, non piangere. Se non vuoi dirmelo è okay, solo calmati. Qualunque cosa sia ne usciremo insieme, come abbiamo sempre fatto- le sussurrò con quel suo tono calmo e armonioso che faceva sempre tranquillizzare Chiara.

- Ho fatto una stupidaggine-  ammise fra le lacrime.

- A tutto c’è rimedio- la rincuorò Benedetta.

- A tutto, Ben, meno che all’amore-  disse. Poi si asciugò le lacrime e si alzò, con l’orgoglio ad impedirle di mostrarsi ancora vulnerabile.

 

  
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