Fanfic su artisti musicali > Avenged Sevenfold
Segui la storia  |       
Autore: juliaBarakat    31/12/2012    1 recensioni
Julie è una ragazza che tenta di far funzionare la sua vita e inseguire i suoi sogni in una realtà che le impedisce anche di respirare diversamente dagli altri; nella sua vita fondamentale è il ruolo del signor Purr, il suo marito degli Anni Cinquanta, e poi ci sono Mark e Suz, i suoi compagni di viaggio da sempre, grazie ai quali può inseguire il sogno di arrivare all'arena di Wembley. E infine, ma non per importanza, c'è Gerard, che diventerà un ponte sempre più solido per raggiungere i suoi sogni. Ma il ruolo che più è importante nella vita incasinata di Julie è quello ricoperto da tre band: gli Avenged, i 30 seconds to Mars e i My Chemical Romance, che da una passione adolescenziale si trasformeranno in amici, colleghi e fan del suo piccolo gruppo senza nome. Gli unici ostacoli nella scalata al successo sono i problemi familiari che sempre più gravano sulle spalle di Julie: i debiti del padre, i furti del fratello, il giro di droga e marijuana che gira in casa sua. Julie sarà in grado di abbattere tutte queste barriere per inseguire i suoi Guys on Stage e con loro i suoi sogni di una vita?
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Synyster Gates, The Rev, Zacky Vengeance
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Le ultime due ore passarono in fretta. Troppo in fretta. Uscita dalla lezione di fisica, estremamente stressante per una come me, che con la logica c’aveva litigato alla nascita, salutai Mark e Gee e mi diressi in direzione di casa mia, tappando un orecchio con la cuffia del mio i-Pod. Partì “Eternal Rest”, e un sorriso mi si dipinse in faccia.

Chissà cosa avrebbero pensato le superbarbies della mia scuola se avessero ascoltato quella musica. Potevo quasi immaginarle, mentre si atteggiavano nelle loro mossette migliori, per mostrare disgusto verso questa cosa sconosciuta…la musica.

Girai l’angolo di casa mia, e alzando gli occhi mi trovai davanti uno scenario che non mi aspettavo. Non vidi il mio piccolo cortile trasandato, né la catapecchia di mio padre parcheggiata. Erano tutti oscurati da una folla di persone, che si accalcavano le une sulle altre per vedere qualcosa al di là di…una volante della polizia? A casa mia?
Aggrottai le sopracciglia, e accelerai il passo. Arrivata vicino alla calca, iniziai a spintonare urlando: “E’ casa mia quella. Fatemi passare, dannazione!”
Arrivai di fronte alla volante, e la scavalcai per raggiungere mio padre che parlottava agitato con un poliziotto. Appena mi vide, si affrettò a liquidare l’agente, che rimase con un palmo di naso, e corse verso di me afferrandomi le spalle.

“Cosa diavolo ci fai a casa tu?” chiese arrabbiato.

Mentre mi strattonava, risposi: “O-Oggi non c’è la mensa a scuola, pensavo di poter tornare senza problemi.”

Mi lasciò andare e si passò una mano sulla testa quasi totalmente calva. Era completamente sudato, e in evidente stato di agitazione.

“Devo fare una richiesta scritta o posso sapere che succede?”

Mi guardò di sottecchi e sospirò. “Hanno beccato tuo fratello. Con un bel po’ di cocaina.” Si accasciò sul gradino di fronte alla porta di casa, e io rimasi impietrita di fronte a lui.

“C-Cocaina? Adam? Ma se non ha nemmeno il tempo di andare al bagno perchè deve giocare, come può spacciare?”

Frank scosse la testa. “Non lo so, Julie. Non lo so.”

Quando mi chiamava per nome, sapevo che era davvero preoccupato. A volte dimenticavo che era pur sempre mio padre, e che aveva sgobbato per tirarci su da solo, senza un lavoro e senza una moglie. Mi faceva tenerezza, ora mi sembrava diverso dall'uomo che tutte le mattine mi sbraitava di fare in fretta e di togliermi di torno. Ora vedevo un uomo debole e solo su quelle scale. E dovevo essere io a fare la forte.

“Mi dispiace, pa’.” Gli dissi, sedendomi accanto a lui. E notando ancora la folla di gente che la polizia faticava a trattenere mi alzai in piedi e urlai.
“COSA DIAVOLO AVETE DA GUARDARE? Credete che i vostri figli siano migliori di mio fratello? Credete che vadano davvero a giocare al parco la sera? Avete dei santarellini a casa voi, vero? Sparite piuttosto, ed andate a controllare a casa vostra, perché quella che pulite ogni giorno dal banco della cucina, non è affatto farina, impiccioni!”

Gli occhi puntati addosso. Ecco la sensazione più brutta del mondo. Rimasi con le braccia lungo il corpo, rigide e lo sguardo severo. Davanti a mio padre e alla mia piccola casa, quasi volessi proteggere entrambi.
La gente se ne andò vociferando, e io entrai in casa, dove stavano interrogando mio fratello.

“Non so chi ce l’ha messa quella droga lì, vi ho detto che non lo so!”

Riuscii a sentirlo urlare dal salotto. Entrai lentamente, e l’agente mi vide quasi subito.

“Ragazzina, che ci fai qui? Esci fuori immediatamente.”

Rimasi impalata sulla porta. “E’ mio fratello.”

L’agente aprì la bocca per dire qualcosa, ma ne uscì solo un flebile “Ah”, e io andai a sedermi accanto ad Adam.

“Che vuoi?”

“Cosa sta succedendo, Adam? Non avevamo una vista già abbastanza schifosa così? Eh? Dovevi per forza metterti a spacciare per comprarti l’ultimo stupido videogioco del cavolo?” avevo il fiatone. Non affrontavo mai la gente in maniera così diretta, eppure in pochi minuti era successo due volte. E mi sentivo…bene.

Alzò gli occhi al cielo e si scostò dall’altra parte del sofà. “Tu non capisci niente. Va’ nella tua camera ad ascoltarti l’ultimo merdoso cd dei Green Shit.”

“E tu continua pure a rovinarti la vita.” Sentenziai, e mi alzai per raggiungere la mia camera, lasciando i due agenti che interrogavano mio fratello con un’espressione tra l’impaziente e il divertito.

Arrivata in camera, mi lanciai tra i miei cuscini e iniziai a singhiozzare. Non ne avevo davvero motivo. Lui rovinava la sua vita, lui ne pagava le conseguenze. Perché avrei dovuto preoccuparmi per un idiota come lui? Una vocina flebile nel mio cervello mi rispose:“Perché è tuo fratello, sciocchina.”.
Guardai l’orologio. Mancava mezz’ora all’arrivo di Gee. Chissà cosa avrebbe pensato di me, se mi avrebbe evitato da quel giorno, pensavo mentre infilavo nervosamente la chitarra nella custodia. Chissà se avrebbe capito, chissà. Asciugai le lacrime che mi rigavano le guance, e mi allenai a sorridere allo specchio, sicura che avrei dovuto resistere fino a casa di Suz. Lì avrei incontrato la mia seconda famiglia, e con loro avrei potuto parlare e sfogarmi, e mi avrebbero capita, perché loro mi capivano sempre.

NdA.
pubblico un capitolo al giorno, perché sono troppo potente, ya. No vabbè, è che ultimamente mi va tanto di scrivere, e quindi scrivo.
Questo capitolo è davvero breve, non volevo mettere troppa roba in uno solo, perché altrimenti si perde la suspence. u_u

ancora grazie alle ragazze che la seguono sia qui, sia sul forum dei Green Day. E' importante ricevere recensioni, per migliorarsi, no?
Enjoy! :)


  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Avenged Sevenfold / Vai alla pagina dell'autore: juliaBarakat