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Autore: dreamlikeview    31/12/2012    18 recensioni
Nella Londra tudoriana, Louis un ragazzo costretto a ricavarsi da vivere prostituendosi ed Harry, nipote del re Enrico VII, svogliato e in cerca di avventure si incontreranno, sarà mai amore? O meglio sarà possibile per loro amarsi nonostante le regole severe imposte dal sovrano?
[Contenuto Larry, esplicito.]
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'All about them.'
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A Lu, che mi ha contagiato con l'Angst e
che aspetta questa shot da tre giorni e
che mi fa ridere con  i nostri nonsense:3



 
 
Londra, dicembre 1490
Una fredda notte invernale, Harold Edward Milward Styles Tudor, chiamato da tutti Harry, nipote adottivo, del re Enrico VII Tudor d’Inghilterra – che era colui che stava iniziando a mettere le basi per la futura superpotenza inglese, colui che stava spianando la strada al secolo d’oro inglese che sarebbe subentrato con la futura regina Elisabetta I, colui che aveva messo fine alla guerra delle due Rose, sconfiggendo l’esponente degli York nell’ultima battaglia,consolidando il trono sposando Elisabetta di York, unendo così le due “Rose” inglesi, Lancaster e York, colui che ora regnava incontrastato sull’Inghilterra – passeggiava tranquillo per le vie gelide di Londra, alla ricerca di qualche svago. Ad Harry la vita di corte non andava a genio. Lui era uno spirito libero. Lui non doveva portare alto il nome della famiglia dei Tudor, né era un discendente al trono. Lui in pratica poteva fare tutto quello che gli pareva, purché non infangasse il nome della famiglia. Certo, anni prima da ragazzino era stato fortunato ad essere stato trovato dalla consorte del re, che lo aveva accolto in casa come un figlio, e nonostante non lo fosse, da figlio era trattato. Harold era molto riconoscente alla donna, e per lei provava un profondo rispetto, cosa che non avveniva per colui che lui definiva “zio” perché fin da quando era entrato in casa aveva iniziato a dettare leggi su leggi. Erano quattro anni che Harry era in quella casata, e sempre trovava scuse plausibili per sgattaiolare via, senza farsi vedere da nessuno. A volte usciva da una delle finestre delle sue stanze e si dirigeva nei sobborghi di Londra, dove la malavita dominava incontrastata, dove lui era cresciuto, dove trovava sempre divertimento. 
Se con lui la vita era stata clemente, portandolo ad essere adottato dal re d’Inghilterra, tale vita non era stata clemente con un ragazzo di umili origini, che da lì a poco, avrebbe scosso la vita del giovane Harold.
Louis Tomlinson, figlio maggiore di una povera famiglia, fratello maggiore di dieci sorelle tutte femmine, era costretto a lavorare in una cava di giorno con il padre e a prostituirsi di notte, per portare avanti l’intera famiglia. Era stato proprio il padre a presentargli un uomo, un suo vecchio amico, che aveva detto di avere un lavoro ottimo per suo figlio. Ovviamente, il padre di Louis non sapeva a quale lavoro si riferisse. Se l’avesse saputo, non avrebbe mai costretto il figlio a fare ciò. Ma ignaro, una notte lo aveva mandato da quest’uomo, dicendogli che lui li avrebbe aiutati, dandogli un lavoro e facendogli guadagnare più soldi di quanti ne guadagnasse normalmente insieme al padre, e quindi, lo aiutava a mantenere la famiglia.
La prima volta, Louis non aveva voluto crederci.
Avrebbe dovuto concedersi volenterosamente a degli uomini che cercavano esperienze con altri uomini. Era assurdo. All’epoca l’omosessualità era un reato, punibile con la pena di morte. Lui non voleva rischiare la vita.
La prima volta, infatti, fu quasi violentato.
La seconda volta, successe.
La terza volta, iniziò a collaborare con i “clienti”.
Con le volte a venire ci aveva trovato gusto, e alla fine era diventato anche piuttosto bravo,chi se lo sarebbe aspettato da un verginello come lui.
 
Harry e Louis erano due ragazzi destinati ad incontrarsi. Non potevano non farlo. Erano legati da un sottile filo. Un filo che li univa sin dalla nascita. Quel filo rosso che sceglie due persone e le unisce, infischiandosene del sesso e della classe sociale. Harry con la sua fortuna sfacciata che si era ritrovato da ragazzino, e Louis con la sua – purtroppo – sfortuna che lo aveva caratterizzato dalla nascita erano destinati ad incontrarsi per la prima volta quella notte di dicembre, quando il ragazzo dai capelli ricci castani e gli occhi smeraldini era fuggito di casa ancora una volta, bisognoso di divertirsi, e il ragazzo dai capelli lisci castano chiaro e scaglie di ghiaccio negli occhi si era diretto per l’ennesima volta al lavoro.
 
Come suo solito, Louis entrò nella piccola locanda, caratterizzata da pochi tavoli sparsi nella sala centrale, un bancone vicino al quale i clienti potevano tranquillamente prendere da bere seduti sugli appositi sgabelli in legno chiaro, alla sinistra del bancone poi c’era una rampa di scale che portava all’unica camera con un letto. Stanza in cui Louis svolgeva il lavoro peggiore del mondo. Era una sgualdrina, seppur fosse un uomo. A lui pesava sempre più questa situazione, ma fingeva di farsela piacere, per poter permettere alle sue sorelle di avere un futuro migliore del suo. Magari se avesse guadagnato abbastanza, loro non avrebbero dovuto far questo. Avrebbero trovato un lavoro decente, e ben pagato, senza dover fare lavori aggiuntivi, come era toccato a lui.
Arrivò puntuale. Salutò la padrona della locanda, e salì le scale dirigendosi dal primo cliente, che gli avevano annunciato essere un pezzo importante. Erano le undici di sera, e già c’era qualcuno? Di solito non arrivavano prima dell’una di notte, o le due. E Louis aveva tutto il tempo di farsi un’idea di quello che faceva, e del perché lo facesse, quando invece arrivavano così presto, lo destabilizzavano, facendolo cadere ancora una volta in quel tunnel senza via d’uscita.
Quando spalancò la porta, dovette deglutire diverse volte, prima di rendersi conto di che angelo avesse davanti. I capelli riccissimi gli ricadevano sulla fronte, gli occhi grandi, luminosi, verdi smeraldo intensi come pochi altri occhi aveva visto. Percorse i tratti del suo viso con minuzia. Pelle candida, fossette sulle guance paffute, collo dritto. Doveva essere un aristocratico, ed era un aristocratico veramente molto bello.
Restò immobile sul ciglio della porta, per un tempo che parve interminabile.
Lo fissò, fino a che il riccio non si degnò di alzare lo sguardo su di lui, restando piacevolmente sorpreso da chi si era trovato di fronte. Gambe lunghe, braccia muscolose, collo fine e pelle leggermente abbronzata. Restò incantato dal viso angelico che aveva il ragazzo di fronte a lui, i tratti erano morbidi, il naso leggermente all’insù, occhi azzurro cielo, e capelli castani spettinati che gli ricadevano sul viso ribelli. Si fissarono,studiandosi. I due non avevano affatto intenzione di interrompere quel gioco di sguardi che s’era venuto a creare tra di loro. Restarono così, persi l’uno nell’altro per attimi interminabili, quando Louis si rese conto che lui non poteva fare così. Doveva svolgere il suo lavoro, e doveva anche muoversi, perché sapeva che non ci sarebbe stato solo il riccio, bensì anche altre persone, che come lui volevano solo una scopata e basta.
Sospirò, prima di chiudersi la porta alle spalle, e poi entrò lentamente nella stanza, avvicinandosi al primo cliente della serata. Sperava almeno che quello, da aristocratico, lo pagasse di più.
“Mi chiamo Harold, ma puoi chiamarmi Harry” – si presentò il riccio. Louis annuì distratto, e lo fece distendere sul letto.
“Potresti anche dirmi il tuo nome.”
Louis continuò a tacere e sbottonò la casacca del riccio.
Prese a toccargli il petto in modo lento, facendosi schifo da solo. Non sopportava tutto quello, ma era costretto a farlo.
Harry gli fermò le mani, ribaltando velocemente le posizioni e bloccandolo sotto di sé. Louis fremette di paura, nessuno aveva mai fatto così, di solito non gli rivolgevano la parola, si accontentavano di essere toccati, per poi fargli davvero male violandolo sempre nella sua intimità, e poi lasciandolo lì sul letto, con una manciata di corone, che non superavano mai il numero di due o tre, se proprio gli andava bene ne erano quattro, ma non di più.
“Voglio sapere il tuo nome, okay?” – sussurrò con voce sensuale il riccio, cercando con quella di convincerlo.
“W-William..” – balbettò il ragazzo. Meglio usare il secondo nome, piuttosto che il nome con cui lo chiamavano tutti quelli per lui importanti. Non voleva sentirsi ulteriormente sporco. Perché Louis si sentiva sporco dentro e fuori.
“E ci voleva tanto a dirlo?” – sorrise. E Louis si sentì morire dentro. Quel sorriso era uno dei più belli, no senz’altro il più bello che avesse mai visto, e decise che prima che quella nottata fosse finita, lui avrebbe rivisto quel magnifico sorriso. Doveva rivederlo, per forza. Era bellissimo.
Il ragazzo che ora lo sovrastava era bellissimo.
“Sai che sei bellissimo, William?” – disse in un sussurro, abbassando piano la testa, sfiorandogli le labbra con le sue. E Louis si ritrovò a chiedersi perché un ragazzo che voleva solo divertirsi era così dolce con lui. Nessuno era mai stato dolce. Rozzi, duri, violenti, insensibili, a volte spiritosi, altre comprensivi, ma dolci mai.
Quanto tempo era che non si sentiva fare un complimento così? Il massimo che otteneva da tutti era un “Ottimo lavoro, sgualdrina” se gli andava bene.
Ed Harry si chiedeva perché quel ragazzo non parlasse affatto. A lui non piaceva il silenzio,viveva nel silenzio.
Sospirò, e poi si chinò ancora su di lui baciandolo inizialmente con lentezza, e per capire se anche lui voleva. Aveva percepito dal suo sguardo quando era entrato nella stanza che in quel ragazzo c’era qualcosa che non andava.
Infatti, si alzò da lui e si sedette su quel letto incrociando le gambe davanti a sé e fissandolo.
“S-senti Harold.. non so a che gioco stai giocando, m-ma io devo lavorare.. qu-quindi facciamo una cosa ve-veloce.” – balbettò, facendo capire al riccio che la sua supposizione era vera.
“Perché sei qui? Insomma, perché lo fai? Si vede nei tuoi occhi che non vuoi trovarti qui.”
Louis sbuffò. Non voleva fargli capire che lui era costretto a fare quello, lui era costretto a scopare con perfetti sconosciuti, lui non voleva fare quel lavoro, lo faceva solo per le sue sorelline..
“Senti, se vuoi farmi perdere tempo, dimmelo.”- sentenziò il ragazzo senza lasciar trapelare dalla voce le sue emozioni, cercando di far capire al ragazzo che doveva muoversi, che lui aveva altro da fare. Magari riusciva a comprare qualcosa di caldo per le sorelle con quello che avrebbe guadagnato quella notte, le temperature erano sempre più basse e le piccole avevano freddo.
Harry sbuffò, e decise che avrebbe scoperto di più su quel ragazzo. Non voleva dirgli chi fosse, non voleva che si sentisse costretto a fare qualcosa che non volesse fare, per questo si limitò a baciarlo ancora,lasciandosi poi coinvolgere dai tocchi sicuri ed esperti dell’altro.
Louis ringraziò il cielo che non avesse continuato a fare domande, procedendo con il suo lavoro, reprimendo dentro al petto un singhiozzo. Per una volta che uno degli uomini con cui era costretto ad andare si interessava a lui, lui lo rifiutava in quel modo, per cosa? Paura di affezionarsi?
Oh sì, Louis cercava ancora quella cosa chiamata amore, lui sperava che quella vita fosse finita presto, che anche lui prima o poi avrebbe trovato l’amore, avrebbe avuto un lavoro dignitoso e con l’amore della sua vita sarebbe stato finalmente felice, libero da tutto quello che doveva vivere.
Ma era solo una fantasia, per l’ennesima volta uno sconosciuto era entrato dentro di lui, per l’ennesima volta qualcuno aveva violato il suo corpo. Lui fingeva di volere, quando non voleva, e l’altro ignaro continuava a spingere dentro di lui. Ma stavolta Louis sentì qualcosa di diverso nascergli dentro al petto, qualcosa che non sapeva cosa fosse. Harry era dolce con lui. Harry non voleva fargli del male. Harry voleva divertirsi, ma voleva far divertire anche l’altro. Harry era attento a lui. Harry non staccava gli occhi dai suoi. Harry.. no, no, Harry non si stava prendendo il suo cuore in una fottuta notte, no.
Il riccio sorrise, baciandogli le labbra. E Louis poté gustarsi ancora quel magnifico sorriso, prima di chiudere gli occhi lasciandosi andare in quel bacio carico di passione che l’altro ragazzo gli stava donando.
Lentamente Harry uscì da Louis, senza staccare i suoi occhi da quelli del ragazzo, sorridendogli ancora. Louis deglutì. Non voleva staccarsi. Si era sentito bene con Harry, per una volta era stato davvero bene, per una volta non era stato trattato come un oggetto, ma come una persona, per una volta qualcuno aveva pensato a lui, per una volta non aveva finto di provare piacere, per una volta era stato davvero bene con qualcuno.
Rimase ad occhi chiusi sul letto, fino a quando non sentì il giovane rivestirsi e lanciargli un sacchetto di monete.
“Ci vediamo.” – disse freddamente.
Cosa gli prendeva, ora? Perché si comportava così?
Louis sospirò. Si era illuso ancora una volta. Harry uscì dalla porta, chiudendosela alle spalle, lasciandosi dietro un Louis mesto e triste, che fissava il soffitto. Aspettando il prossimo.
E l’uomo entrò dopo alcuni minuti.
Louis spalancò gli occhi, era gigantesco in confronto a lui.
Deglutì diverse volte osservandolo. Una cosa che gli piaceva fare era osservare i clienti.
“C-con calma..” –balbettò il castano fissandolo. Muscoli evidenti, altezza decisamente maggiore di quella di Louis, spalle larghe.
Louis tremò di paura.
“Non ho tempo da perdere, puttanello.” – sentenziò avvicinandosi pericolosamente al ragazzo, che indietreggiò sul letto, visibilmente terrorizzato. Lo afferrò per le spalle, spingendolo contro il muro, facendogli sentire dolore alla schiena. Il cuore di Louis batteva troppo forte, troppo velocemente, lo sentiva esplodere nel petto, per la paura. Era terrorizzato. Non gli era mai successo, niente gli aveva trasmesso tanta paura in vita sua, ma quei tocchi violenti, dolorosi, decisamente il contrario di quelli di Harry poco prima, sì. Non seppe perché, si ritrovò a gridare il nome di Harry, in cerca di aiuto.
“E sta zitto” – sibilò quello, picchiandolo sulla guancia, e a Louis scapparono delle lacrime. Non gli era mai capitato di essere trattato così male. Sì, non era trattato nei modi migliori, ma di certo non l’avevano mai picchiato prima d’ora. Perché picchiare uno che voleva concedersi di sua spontanea volontà?
 
Harry era amareggiato. Non sapeva perché si fosse comportato in quel modo.
Oh, sapeva sicuramente che quel ragazzo gli avesse detto qualche bugia, lo sentiva dentro di sé. Forse il nome, o forse non era stato sincero sul volere o no, quello. Fatto stava che Harry si era messo d’impegno per non fargli sentire dolore, per non farlo soffrire più di quanto non avesse già fatto. Harry aveva umili origini, sì era viziato, ma era anche sensibile. Gli aveva lasciato un sacchetto di monete ed era andato via di fretta, distogliendo la sua attenzione da lui e da quello che gli stava scatenando dentro. Non aveva mai provato niente di simile. Voglia di non fargli male, voglia di coccolarlo, voglia di soddisfarlo. Solo lui sapeva quanta voglia avesse dentro di sé di restare accanto a lui e portarlo a casa, magari.
No, non poteva. Lui doveva solo divertirsi, allora perché non voleva andare via dopo che aveva visto quell’energumeno salire le scale?
Era rimasto nella locanda, seduto al bancone a sorseggiare qualche intruglio preparato dalla donna che serviva i clienti. Era assorto nei suoi pensieri su quella notte, quando avvertì un urlo dal piano di sopra. Sembrava urlare il suo nome, restò un attimo basito, e pensò che si fosse illuso solamente. Non era possibile, no?
Dopo il terzo urlo, decise di alzarsi e correre di sopra. Spalancò la porta e quello che vide gli fece accapponare la pelle. Quel ragazzo bellissimo con cui prima aveva condiviso il letto, quel bellissimo ragazzo che meritava solo il meglio,meritava attenzioni, meritava di essere trattato come un re, era sotto le mani di quell’energumeno e dai suoi lamenti si capiva che gli stesse facendo male, dai suoi lamenti sentiva che doveva proteggerlo, doveva prenderlo tra le braccia e dirgli che andava tutto bene.
Non ci pensò due volte, si avvicinò con prepotenza a quell’uomo e lo spostò velocemente da Louis, spingendolo verso il muro. L’uomo lo guardò dall’alto. Superava in stazza anche Harry, ma questo non era intimorito affatto.
“Cosa vuoi ragazzino?” – urlò quello, quando Harry si fu parato davanti a Louis, coprendolo con il suo corpo.
“Salve” –sorrise strafottente –“cosa ne dite di una bella denuncia al re Enrico VII d’Inghilterra, per molestie su un ragazzo? Sapete che l’essere attratti da giovani ragazzi è punito con la morte?” – chiese retorico il giovane tranquillo, sfidandolo con lo sguardo. Quello intimorito lo guardò, mantenendosi lontano.
“E tu chi saresti?”
“Harold Edward Milward Styles Tudor, nipote di Enrico VII” – sentenziò Harry sicuro di sé come non lo era mai stato prima d’ora. Sapeva che era una pessima mossa usare la sua acquisita nobiltà come mezzo, ma era l’unico modo per non dover affrontare faccia a faccia quel bestione, altrimenti sarebbe rimasto ferito o anche morto, perché no? Con un bestione del genere.. ma quello spalancò gli occhi alla massima apertura e lo fissò, prima di correre via e lasciare i due ragazzi da soli. Louis ansimava forte e tremava per il dolore e la paura alle spalle di Harry, che a sua volta era preoccupato per Louis. Non appena quello si fu chiuso la porta alle spalle, il riccio si voltò verso di lui e gli accarezzò la guancia che era stata colpita dall’uomo e Louis finalmente si decise a riaprire gli occhi.
“N-nipote de-del r-re?” –balbettò, rendendosi conto di chi si trovava davanti. Harry scosse la testa.
“Per te sono lo stesso di prima, non voglio che cambi atteggiamento con me solo perché sono il nipote adottivo del re.” – sorrise dolce, e per la terza volta in una sera Louis si sentì morire davanti a quel sorriso meraviglioso di quel meraviglioso ragazzo.
“Ti ha fatto male?” – chiese poi, ancora, il riccio. Il castano annuì leggermente e l’altro sospirò.
“Mi dispiace, davvero. William, posso fare qualcosa per te?”
“Hai già fatto abbastanza, grazie.. ora..” – disse, ma Harry lo fermò per un braccio, facendolo sedere sul letto.
“Devo lavorare io..” – borbottò il ragazzo, alzandosi di nuovo, mentre il giovane aristocratico lo tirava, stavolta sedendosi lui per primo, e poi tirandolo sulle proprie ginocchia, e iniziando a cullarlo. Sentiva i tremiti dell’altro, un po’ per il freddo, e molto di più per la paura che provava in quel momento. Louis lasciò andare la testa all’indietro, appoggiando la testa sulla sua spalla, e chiudendo gli occhi. Si beò della dolcezza di quel ragazzo, delle sue attenzioni, delle sue carezze, e delle sue coccole. Non gli era mai successo prima di quella notte. Essere trattato accuratamente dal riccio, essere difeso da un ragazzo sconosciuto, essere quasi..amato.
Nessuno dei due ragazzi sapeva cosa fosse l’amore, nessuno dei due l’aveva mai provato, nessuno dei due sapeva quella non sarebbe stata una semplice notte, ma l’incontro di due anime destinate a stare insieme.
“Va meglio?” – chiese Harry, improvvisamente. L’altro si girò verso di lui, affondando il viso sul suo collo ed annuendo. Ad Harry fece tanta tenerezza quella posizione,sembravano davvero due amanti che avevano appena finito di fare l’amore, e non due perfetti sconosciuti che avevano avuto una nottata di passione e basta.
Qualcuno bussò diverse volte sulla porta, facendo sussultare il castano, che si strinse ad Harry, cercando di fargli capire che non voleva restare solo. Il riccio capì al volo, e lo adagiò sul letto, sfilandosi la casacca e correndo alla porta a torso nudo. La aprì leggermente e vide un uomo. Un uomo piuttosto anziano, e riconobbe uno dei funzionari della corte dello zio adottivo. Deglutì.  Fortunatamente l’altro non lo riconobbe, poiché il giovane era coperto dalla massiccia porta in legno.
“Mi dispiace, è ancora occupato” – fece Harry con voce cavernosa, mascherando la sua, vedendo l’espressione delusa dell’altro richiuse la porta con un tonfo e girò la chiave.
Louis, intorpidito dal freddo aveva indossato la casacca di Harry, che lo fasciava completamente e gli andava anche decisamente larga, poiché il giovane Harold aveva le spalle ben più larghe di quelle di Louis.
“Allora.. mi dici qualcosa di te, William?”- chiese sedendosi accanto a lui, e scrutandolo con quei suoi occhioni profondi e smeraldini, dove il ragazzo si perse per attimi infinitesimali.
Sospirò sommessamente prima di rispondere.
“Allora, posso dirti che ho ventun’anni, che sono povero e che di giorno lavoro in una cava con mio padre e di notte..” – deglutì, lasciando la frase in sospeso.
“Stasera riposati” – gli sorrise dolce accarezzandogli la guancia.
“Posso..? Davvero..? Non vuoi..?”                                  
“Stavi per essere violentato, William. Dormi che è meglio, ti pagherò io tutto quello che perderai.” – sorrise.
“Non capisco, io pensavo che i nobili fossero viziati.” – commentò ironico il castano, facendo ridere Harry.
“Beh, io sono molto viziato, ma non sono un nobile. Cioè, non di origini. Ero un orfano quando la regina mi trovò cinque anni fa, avevo solo tredici anni.” – alzò le spalle, sorridendogli. In fondo, sapeva di potersi fidare di quel castano dai pezzi di cielo negli occhi. E fu così, che i due si ritrovarono a parlare fra di loro, tutta la notte, per un tempo che a loro parve infinito, fino a che Louis, stanco e ancora traumatizzato non si addormentò tra le braccia di Harry,che nel frattempo aveva preso a tempestarlo di coccole e carezze per farlo star bene.
 
Quella notte, entrambi avevano dato la condanna alle loro vite.
 
Era passato un mese da quella notte se si poteva dire, magica per i due giovani.
Harry faceva visita a Louis ogni sera, gli portava un sacchetto di monete e i due giovani si divertivano a chiacchierare tra di loro. Harry a volte si presentava con due bastoni di legno e i due iniziavano a dare di scherma, mentre il più piccolo insegnava al maggiore come usare la spada, magari in futuro gli sarebbe servita.
Tutte le sere Harry prima di salire da Louis prendeva qualcosa da mangiare, vedeva sempre il ragazzo lasciare parte della sua cena, mormorando un “per le mie sorelle”, perché sì, Harry aveva scoperto perché Louis si prostituisse in quel modo. Solo per il bene delle sorelle. Era da ammirare agli occhi del più piccolo, che dopo averlo scoperto lo guardava con ammirazione, come se fosse stato un idolo, un modello da seguire. Ogni sera, Harry lasciava due sacchetti i monete a Louis, uno per se stesso ed uno da dare ai proprietari della locanda.
 
Più il tempo passava, più i due si piacevano.
Più il tempo passava, più i due diventavano affiatati.
Più il tempo passava, più i due si innamoravano.
 
Londra, 1° febbraio 1491
Era il compleanno di Harry.
Louis lo sapeva, Harry gliel’aveva confessato qualche giorno prima. Ed erano quasi due mesi che i due si conoscevano, quindi due eventi da celebrare. Aveva in mente una sorpresa per lui, che gli avrebbe di sicuro fatto piacere. E poi voleva capire se quello che sentiva per il riccio era solo attrazione, o qualcosa di più.
Dalla prima volta che i due si erano incontrati, qualcosa era scattato, e Louis quella notte voleva capire se era così, o tra i due c’era solo una profonda amicizia.
Osservò la stanza e si sentì soddisfatto. Aveva acceso un piccolo focolare per tenerla al caldo, poi aveva riempito la stanza di fiori secchi, che nascondevano ancora il loro profumo, e infine si era preparato lui, d’altronde i suoi abiti erano quasi sempre gli stessi. Pantaloni pesanti marroni, casacca bianca e una maglia di lana fatta a mano da sua madre per tenerlo al caldo quando in inverno alla cava doveva spalare la neve. Però Louis si sentiva bene. Aveva intenzione di dire ad Harry il suo vero nome, ormai si fidava di lui, e voleva dimostrarglielo.
Si fidava come mai in vita sua si era fidato di qualcuno.
Puntuale come un orologio, Harry bussò alla porta della stanza di Louis, sorridente come mai. Il suo William era lì ad aspettarlo, come poteva non essere felice?
E infatti il castano arrivò alla porta, aprendola permettendogli l’accesso. Harry sorrise nel trovarselo davanti e Louis si perse in quel sorriso. Harry si guardò intorno e non capì il perché di quella stanza così.. preparata. In un primo momento, pensò che Louis volesse dirgli di andare via,perché dei nuovi clienti erano lì per lui, ma poi il castano prese un pezzo di stoffa bianca e lo appoggiò sugli occhi del riccio, che deglutì e sorrise contemporaneamente. Una sorpresa per lui..?
“Ti fidi di me?” – sussurrò all’orecchio del più piccolo il maggiore, appoggiandogli le mani sulla pancia, congiungendo il proprio petto con la schiena del minore.
“S-si..” – balbettò Harry, cercando di capire cosa succedesse intorno a sé.
“Shh..” – Louis portò una mano sulle labbra del più piccolo, accarezzandole –“stai zitto, lascia parlare me” – sussurrò provocatorio all’orecchio del ragazzo, che rabbrividì. Louis sorrise soddisfatto, e prima di iniziare gli baciò l’orecchio sussurrandoci dentro –“e comunque, William è il mio secondo nome, il mio primo nome è Louis..”
Harry avrebbe voluto chiedergli come mai avesse un secondo nome, di solito era un privilegio dei nobili, ma riservò le domande per dopo, Louis gli aveva detto di stare in silenzio..
Con una mossa agile il maggiore sfilò la maglia di lana al giovane Tudor, passando poi a sbottonare leggiadramente i bottoni della camicia chiara che il giovane indossava, fino a fargliela scivolare giù per le spalle. Harry fremeva sotto i tocchi di Louis, e sentiva un certo rigonfiamento nei pantaloni, il maggiore aveva deciso di farlo impazzire, la situazione era chiarissima. Con minuzia Louis percorse con le sue sottili labbra esperte tutto il torace e la schiena di Harry, prima di farlo distendere sul letto e passare a sfilargli i pantaloni. Aveva deciso di fargli provare tutti i piaceri, e avrebbe usato tutti i metodi che lui conosceva. Harry voleva parlare, voleva dirgli qualcosa, ma si mordeva le labbra sperando che quella dolce e piacevole tortura non finisse mai. Louis continuò a torturare Harry con quei dolci, umidi baci, con quella cura che ci stava mettendo nel fargli provare qualcosa, qualcosa che andasse oltre il semplice sesso.
Quando Harry fu completamente nudo,e Louis sentì che il ragazzo era davvero eccitato si fermò.
“Harry..” – sussurrò Louis, ad un centimetro dalle sue labbra –“voglio appartenerti, voglio essere solo tuo..”
Gli sfilò la benda, facendogli aprire gli occhi. Non riusciva più a tenersi tutto dentro.
“Mi fido di te” – continuò –“io ti amo, Harry.” – confessò velocemente. –“buon compleanno.”
Harry non resistette. Si avventò sulle labbra di Louis baciandole, modellandole contro le sue, possedendole come  avrebbe da sempre voluto fare.
E “ti amo anch’io, Louis” – sussurrò il minore, mentre velocemente portava una mano a sfilargli i vestiti, e con l’altra lo aiutava a ribaltare le posizioni, trovandosi a cavalcioni su di lui e riprendendo da dove si erano fermati. Non era il modo migliore di passare il compleanno, quello?
La stanza in breve tempo fu piena di respiri, ansimi, gemiti, piccoli urletti, e tanti ti amo sussurrati, detti,urlati dai due amanti.
“Tuo, sono solo tuo..” – sussurrò Louis ad occhi chiusi, mentre Harry continuava a spingere dentro di lui, senza fargli male, con cura e dedizione.
“Mio, sì, mio..”-ansimò il riccio –“ed io sono tuo, solo tuo..” –sussurrò ancora.
Harry sorrise contro le sue labbra, regalandogli un altro bacio carico d’amore e sentimento, passione e voglia di vivere. Ricchezza contro povertà, casata reale contro casetta umile, smeraldo contro ghiaccio, riccio contro liscio, corpo in uno, un’unica persona, un amore.
Harry ansimò forte il nome del compagno, quando insieme a lui venne in un urlo soffocato contro le labbra dell’altro, che non si mosse di un millimetro.
“Resta, resta così.. mi piace sentirti dentro di me..” – sussurrò il più grande, stringendo Harry a sé, facendo cozzare le loro fronti, perdendosi l’uno nello sguardo dell’altro, sguardo che in quel momento era carico di significati, parole non dette e sentimenti repressi. Non parlarono per un lungo istante, non parlarono per tanto tempo, restarono persi l’uno nello sguardo dell’altro, innamorati più che mai.
I respiri si mischiavano, i cuori battevano all’unisono. Le fronti imperlate di sudore si toccavano, il focolare scoppiettava allegro infondendo calore nella stanza, calore che si mischiava a quello emesso dai due amanti, che da soli scaldavano la stanza. Harry accarezzò un fianco a Louis, fino a toccargli le labbra, sfiorandogliele dolcemente. E Louis gli baciò le dita affusolate, e poi contro di esse sorrise spontaneo. Emise uno dei suoi sorrisi più belli, uno di quei sorrisi che ti coninvolgono. E così fece, coinvolse anche il compagno in quel sorriso spontaneo e pieno di felicità per i due.
Nessuna parola, gli occhi parlavano da soli, si amavano.
Quegli sguardi lo urlavano.
Le loro bocche si cercarono ancora, scontrandosi, assaggiandosi, modellandosi.
Non c’erano vincitori, non c’erano vinti. Solo un amore era nato, si era consolidato, quella notte.
Buon compleanno, Harry –pensò Louis, sorridendo spontaneamente.
Avevano capito cos’era l’amore.
Amore portava un nome per loro.
Per Harry, portava il nome di Louis, o William.
Per Louis, portava il nome di Harry, o Harold.
I loro sorrisi parlavano per loro, così come gli sguardi, erano dannatamente felici.
“Mi sento completo..” – sussurrò Harry contro le labbra di Louis, prima di baciarlo nuovamente. Prima di fare ancora, per la millesima volta sue quelle labbra.
Stavolta il cuore di Louis batteva all’impazzata, ma dall’emozione, dal sentimento che stava provando, non di certo per paura. E in quel bacio, Harry gli prometteva che gli avrebbe trovato un lavoro migliore.
Con quelle carezze, Harry gli prometteva che si sarebbe preso cura di lui.
Con quei gesti, Harry gli prometteva che si sarebbe preso cura anche delle sue sorelline.
E Louis con quelle strette, gli prometteva che non sarebbe andato con nessun altro se non lui.
Con quei baci, gli prometteva che sarebbe stato solo suo e di nessun altro.
Con quei sorrisi, gli prometteva che si sarebbero presi cura l’uno del cuore dell’altro, senza mai infrangerlo.
“Se te lo stai chiedendo, ho il secondo nome perché mio nonno si chiamava William, mio padre voleva chiamarmi Louis, e così.. Louis William..” – sorrise. Voleva essere totalmente sincero con Harry, quindi sì, doveva svelargli anche la provenienza del suo nome di battesimo.
Harry era troppo preso dal momento per rispondere, aveva in mente tutt’altro.
Si staccò piano da lui, e si stese accanto, coprendolo poi con le coperte pesanti preparate dal maggiore, attaccandolo a sé intrecciando le gambe tra di loro e stringendolo al proprio petto con fare protettivo.
Gli accarezzò la schiena, affondando il viso tra quei fili di seta spettinati, baciandoglieli.
Sotto le sue carezze, Louis chiuse gli occhi, assopendosi.
Harry, vigile ed attento, vegliava su di lui.
“E.. Louis?” – lo chiamò timoroso.
“Sì, Harry?” – domandò il castano, con la voce roca e impastata dal sonno che stava prendendo il sopravvento.
“Ti amo anch’io.” – confessò, prima che il castano sorridesse felice e sprofondasse in un sonno profondo, tra le braccia dell’amante, che si addormentò con lui in pochi attimi.
Completi, soddisfatti, appagati, amati. Ecco come si sentivano Louis ed Harry in quel momento. Semplicemente felici.
 
Ma non sapevano che di lì a poco, sarebbero stati sottoposti ad una prova ardua per loro due, dalla quale probabilmente uno dei due non si sarebbe mai salvato.
 
Londra, dicembre 1492
Erano passati due anni da quando si erano conosciuti, da quando avevano la relazione nascosta, da quando Louis aveva smesso di prostituirsi per guadagnare, non che si approfittasse di quello che gli regalava Harry, ma dentro di sé, ringraziava quel riccio per tutto quello che stava facendo per lui, per proteggerlo in quel modo da tutto ciò che lo circondava, per farlo sentire amato, per fare di tutto per lui. Louis si sentiva felice con Harry, ed Harry si sentiva felice con Louis. Erano due metà che si completavano, l’avevano capito col tempo.
I due passeggiavano per la città, senza attirare troppo l’attenzione, passando inosservati alla gente. Avevano deciso di non starsene sempre rintanati nella stanza di quella taverna e si incontravano sempre in posti isolati, come immense radure fuori città, dove arrivavano a cavallo, oppure a volte restavano a casa di Louis, se lui doveva badare alle sorelline. Le bambine erano affezionate al riccio, che rendeva felice il loro fratellone, e il riccio aveva capito perché Louis fosse tanto legato a quelle bambine.
 
Quella notte dicembrina, i due giovani si erano recati in una radura poco fuori città, dove avevano sistemato delle coperte comprate dal riccio, e si erano stesi ad osservare il cielo invernale. La neve quell’anno non era ancora venuta giù, ed anche se la temperatura era bassa i due si scaldavano tra di loro.
Louis era accucciato contro Harry, che lo circondava con le braccia.
“Sai? Quando ero piccolo giocavo con le nuvole..” – ridacchiò in un sussurro il castano, stringendosi al petto dell’altro, alla ricerca di calore.
“Davvero? E come si fa? Io non l’ho mai fatto..” – mormorò Harry, accarezzandogli i capelli.
“Uhm..” – e Louis indicò un nuvolone grigio che si avvicinava a loro, minacciandoli di pioggia o peggio, neve.
“Quello sembra un cavallo!” – esclamò. Harry fissò la nuvola, ma non riusciva a capire perchè assomigliasse ad un cavallo. Era solo una massa informe che viaggiava nel cielo, spostata dal vento.
“Louis, io..” – si mise seduto, cercando di vedere meglio. Ma niente, non riusciva a vedere questo cavallo.
Louis ridacchiò, e, alzandosi seduto, gattonò fino alle spalle di Harry.
“Immaginazione, Harreh, ci vuole immaginazione” – fece coprendogli gli occhi con le mani –“adesso chiudi gli occhi,e riaprili quando tolgo le mani”- sussurrò Louis –“ricorda, immaginazione.”
Harry annuì. Si stupiva sempre di come fosse eccitante fare qualcosa con lui, anche giocare con le nuvole gli scatenava forti emozioni dentro di sé. Il castano lentamente staccò le mani dagli occhi del più piccolo, appoggiandole sulle sue spalle, iniziando a massaggiargliele. Harry restò qualche secondo con gli occhi chiusi, per poi riaprirli e osservare di nuovo il punto davanti a sé.
Sbatté le palpebre e lo vide. Un cavallo nella nuvola, se si concentrava lo vedeva anche galoppare nella prateria che era il cielo scuro di quella notte, costellato da mille stelle.
“Lo vedo! Lo vedo, Louis! Vedo il cavallo!” – esclamò estasiato il riccio, girandosi per cercare le labbra del castano, che era alle sue spalle.
E lo baciò, distendendolo sulla coperta che ancora avevano sotto di loro. Gli passò le mani nei capelli,stringendoli tra le sue mani, mentre Louis gli avvolgeva la schiena con le sue gambe, attirandolo più vicino al suo corpo, per sentirlo ancora contro di sé.
Harry lo baciò con foga, con ardore, con desiderio sempre maggiore.
Louis lo baciò con dolcezza, con amore, con desiderio sempre maggiore.
Non sentirono dei cavalli avvicinarsi a loro, non sentirono le guardie reali arrivare,probabilmente alla ricerca di Harry, perché era troppo tempo che lui spariva per giornate intere. Non sentirono nulla, fino a che un calcio potete non spostò il riccio dal castano, facendolo rotolare da una parte.
“Signorino Harold!” – esclamò uno degli uomini.
Harry sbiancò. Come avevano fatto a trovarli?
Uno di loro prese Louis per le braccia alzandolo prepotentemente da terra, mentre Harry fu preso con più gentilezza.
“Cosa ci fate voi qui?” – chiese una guardia al ragazzo.
“Noi..” – iniziò Harry, ma fu interrotto da una guardia che strattonò Louis. Harry si sentì morire dentro, voleva aiutarlo, sapeva quanto fosse fragile, e sapeva che avesse paura della violenza.
“Lasciatelo!” – urlò Harry.-“lasciate andare Louis!” – ordinò.
“Signorino, voi non state bene, è sicuramente l’influenza di questo straccione.” – confermò la guardia, e con una mossa agile afferrò Harry, portandolo su un cavallo, mentre l’altra legava le mani di Louis e lo attaccava al cavallo. Harry guardava Louis, cercando perdono nei suoi occhi, non voleva che vivesse tutto quello a causa sua.
 
In breve tempo, arrivarono al palazzo reale, dove Louis fu sbattuto nelle segrete,ed Harry condotto nelle sue stanze, ovvio. Essendo il pupillo della regina, nessuno gli avrebbe mai fatto del male, ma Louis, Louis era in pericolo. Harry doveva fare qualcosa, doveva salvarlo. Il giorno dopo avrebbe avuto una sottospecie di processo, ed Harry era deciso a farlo uscire vivo da quella situazione, anche se avesse dovuto sacrificarsi per lui. Una persona come Louis la si incontra una volta sola nella vita, ed Harry non aveva assolutamente intenzione di farsi scappare la sua persona.
Non dormì per nulla quella notte, pensando al suo povero Louis tutto solo al freddo in quelle segrete.
Louis, dal canto suo, aveva paura.
Paura di perdere Harry, paura di morire, paura di tutto.
Se ne stava raggomitolato su se stesso in quella cella. Non aveva osato aprire bocca, aveva solo contemplato lo sguardo di Harry. Aveva male alle gambe, male alle braccia, male a tutto il corpo.
Se Harry avesse saputo come lo avevano trattato quando lo avevano sbattuto nella cella, li avrebbe fatti frustare, come minimo. E piangeva. Louis piangeva silenziosamente con la testa incastrata tra le ginocchia che erano tirate al petto. E cercava di calmarsi, sapeva che Harry lo avrebbe scagionato, ma allo stesso tempo aveva paura.
Passò tutta la notte a piangere, pensando ad Harry lontano da lui, chissà dove.
 
Il giorno dopo, Louis fu preso violentemente e portato al cospetto del re d’Inghilterra.
Stanco, affaticato, distrutto fisicamente, triste, spaventato.
Non appena giunse nella sala del trono, la osservò. Non era come l’aveva immaginata, era di più. Troppo sfarzosa, troppo ricca, era troppo e basta. Ne fu quasi disgustato.
Fu spinto in malo modo davanti al sovrano.
“Il tuo nome?” – chiese Enrico VII guardandolo male.
“L-Louis T-Tomlinson” – balbettò il giovane, con la voce incrinata dalle lacrime.
Ne seguì un interrogatorio che durò ore, peggio di quelli dell’Inquisizione, senza torture, non ancora almeno.
“Quindi ammetti, Louis Tomlinson di aver sedotto il mio figlioccio e di averlo usato senza ritegno solo per prendere più soldi possibili?”
“No-no..” – balbettò il giovane –“i-io lo amo..”
E pianse ancora, invocando mentalmente il nome di Harry, cercando di farlo giungere da lui, prima che fosse troppo tardi, prima che gli dessero la condanna.
“Certo, io lo so chi sei. Tu sei il ragazzo che ha soddisfatto i piaceri del mio consigliere, e so che lavori in quella taverna. Ti sei approfittato di Harold e dei suoi buoni sentimenti!” – sentenziò il re, senza ascoltare le suppliche del giovane.
“Io, re Enrico VII Tudor, ti con-” – la porta della sala del trono si aprì, ed un Harry adirato fece il suo ingresso nella sala, parandosi davanti al giovane Louis. Non avrebbe mai accettato che il suo amato venisse condannato.
“Louis non ha fatto proprio niente, zio. Sono io che di mia spontanea volontà l’ho aiutato.” – sentenziò.
“Harold!” – strillò la consorte del re –“non rispondere così a tuo padre.”
“Madre, vi prego, non posso farlo morire, non posso” – ribatté il giovane, supplicando la donna con gli occhi. Lei scosse la testa. Non poteva niente contro le decisioni del marito. Non poteva aiutare il figlioccio, anche se dentro di lei sapeva che non era la cosa giusta condannare quel ragazzo senza uno straccio di prove contro di lui, solo la parola del consigliere che per caso aveva visto i due ragazzi correre mano nella mano via dalle stalle, quando Harold era stato lì quella mattina per prendere i cavalli.
Louis lo guardò riconoscente, anche se Harry non lo vide, perché gli dava le spalle, parandolo con il suo corpo.
“Risparmiati le scenette pietose. Il ragazzo sarà giustiziato domani all’alba, per essere stato con altri uomini e per aver sedotto un membro della corte per i suoi comodi.”
Louis deglutì, spaventato, mentre Harry scuoteva la testa energicamente.
Harry fu irremovibile. Non si mosse da davanti a Louis fino a che una guardia non lo scostò, e afferrò Louis.
“Harry!” – urlò Louis, disperato. Era la sua unica ancora di salvezza.
Harry seguì i tipi che portavano via il suo Louis, e lo afferrò per le mani strattonandolo a sé.
“Louis, ti amo, ti giuro che ti farò uscire, te lo prometto!” – disse piano, mentre calde lacrime iniziavano a scorrere sul suo viso.
“Ti amo, Harry, comunque vada..” – singhiozzò Louis, mentre una guardia lo strattonava di nuovo, facendo perdere la prese ad Harry.
“Ti amo, William!” – urlò Harry –“ti amerò per sempre!”
Louis si lasciò scappare un sorriso. In tutta quella drammaticità, lui sorrideva. Sorrideva per Harry, sorrideva per il ragazzo che amava, che stava dichiarando davanti a tutti che lo amava, infischiandosene della situazione delicata.
“Harold, ovviamente tu resterai chiuso in camera tua.” – ordinò.
Harry scosse la testa, dentro di sé. Doveva fare qualcosa per farlo uscire da lì, doveva farlo fuggire. Quella notte stessa, altrimenti il giorno dopo sarebbe stato troppo tardi.
Dopo qualche minuto di quiete, quando il prigioniero fu portato giù nelle segrete, Harry fu scortato nelle sue stanze e lì chiuso a chiave. Ma nessuno sapeva che Harry era abitato a fuggire e sgattaiolare via.
Quando non sentì più nessun rumore fuori, spalancò la finestra. Prese le lenzuola del suo letto a baldacchino e ne fece una fune. La buttò giù dalla finestra e ne legò un’estremità ad un chiodo sporgente della finestra. Tanto non sarebbe dovuto risalire, che gli importava?
Senza farsi vedere dalle guardie, sgattaiolò via, entrando nel castello e correndo giù per le scale che portavano alle segrete. Conosceva quei cunicoli umidi, freddi e bui. Erano l’unica via d’uscita senza essere notati da nessuno, ne percorse almeno una decina, prima di arrivare alla cella dove era imprigionato Louis.
“Amore, amore mio!” – urlò Harry, avvicinandosi alle sbarre. Lo guardò, era terribile senza il suo bel sorriso, senza la sua solarità. Spento, triste e imprigionato, ma sempre meraviglioso come pochi.
Louis alzò gli occhi, ritrovandosi nello sguardo di Harry, e sbarrò gli occhi.
“Harry cosa ci fai qui?” – strillò Louis, avvicinandosi alle sbarre, afferrando le mani che l’amato aveva appoggiato sulle sbarre della cella.
“Ti salvo la vita, no?”
“Per la seconda volta?”
“Per tutte le volte che vorrai.” – sorrise Harry.
Dannazione, non aveva la chiave. Come poteva aprire quella gabbia per uomini?
Poi ebbe l’illuminazione, e guardò l’amato negli occhi.
“Lou, devi fidarti di me, okay?”
 
“Aiuto, aiuto, mi sento male” – strillò drammaticamente Louis, portandosi una mano sulla fronte.
Harry era nascosto poco più in là, nel buio dove non sarebbe mai stato visto.
La guardia arrivò in poco tempo, ed aprì la cella di Louis. Harry sbucò fuori e lo spinse dentro afferrando Louis per un  braccio e tirandolo via, fuori da lì.
Non passarono nemmeno due secondi, che la guardia già stava urlando aiuto alle altre guardie. Il riccio trascinò l’amato per tutti i corridoi che aveva percorso prima. Quelli erano solo dei passaggi segreti che lui aveva scoperto per caso, e in quegli attimi si stavano rivelando utili.
Harry correva mano nella mano con Louis, stringendogliela, a tratti troppo forte, per paura di lasciarlo indietro.
Dopo molti cunicoli, riuscirono a giungere nelle stalle.
“Harry, ti prego, Harry ascoltami!” – strillò Louis, mentre Harry cercava di mettere la sella su un cavallo, con il quale scappare. Louis lo fermò per le spalle, e lo guardò.
“Harry, non fare questa pazzia..”
“Non posso vivere senza di te, vengo con te, ora salta su, e voliamo via verso la nostra felicità!” – fece Harry mettendogli le braccia al collo, e avvicinando i loro corpi.
Allungò le labbra verso quelle del maggiore e lo baciò a lungo. Restarono in quella posizione fino a che non sentirono le campane di allarme, che risuonarono a lungo, fino a che i due non se ne accorsero e balzarono sul cavallo. Harry a reggere le redini e Louis dietro di lui a stringergli i fianchi. Con uno strattone di redini, Harry fece partire al galoppo il cavallo, che con i suoi zoccoli sfondò la porta di legno della stalla e partì velocemente. Louis si aggrappò con tutte le sue forze ad Harry e al galoppo i due giunsero fino alla radura dove erano stati trovati. Harry non si spiegava come avesse fatto ad andare così veloce, fatto stava che l’aveva fatto, ed era giunto di nuovo lì. Incurante della pioggia che batteva su di loro, rallentò la corsa.
I respiri affaticati, i cuori che battevano veloce per la paura..
“Mi hai salvato di nuovo..”  -balbettò Louis.-“tu mi salvi sempre, io.. ti metto solo in pericolo..”
“No, taci!” – lo zittì Harry, sentendo in lontananza cavalli al galoppo, tanti cavalli al galoppo.
Trasalì. La terra bagnata gli aveva fatto lasciare tracce evidenti, e ora li seguivano. Harry doveva proteggerlo, doveva salvarlo. Doveva, si, ma come?
Scese velocemente da cavallo, facendo scendere con sé Louis spedendo via il cavallo, e afferrando il compagno per una mano, lo trascinò dietro un albero, che scoprì essere cavo. Subito, Louis si tirò Harry con sé. E lo strinse forte al petto, come a volerlo proteggere. Voleva proteggerlo come Harry aveva fatto con lui, voleva proteggerlo per fargli capire che anche lui poteva contare su di lui, che non l’avrebbe mollato da solo, che comunque sarebbe andata sarebbero stati insieme.
Quando i passi dei cavalli sciamarono, i due giovani uscirono dal nascondiglio. Non sapevano quanto tempo fossero stati lì, ma probabilmente era stato parecchio, perché a terra c’era un sottile strato di neve. Faceva anche freddo, e loro non erano attrezzati per il freddo.
I due giovani si abbracciarono disperati, non sapendo cosa fare si scaldarono l’uno con il corpo dell’altro. Le nuvole presagivano ancora pioggia e forse neve. Si incamminarono abbracciati per la radura alla ricerca di un posto caldo in cui stare. Louis batteva i denti dal freddo, ed Harry non riusciva a sentirlo così debole accanto a sé. Si fermò per sotto un albero e si sfilò la casacca di lana, passandola a lui.
“Mettila, tieni..” – borbottò.
“No, non posso tu congelerai.”
“Mettila ho detto, io resisto. Tu eri anche nelle celle e sono umide. Forza.” – sorrise dolcemente, mentre aspettava che Louis si decidesse a prendere l’indumento e a metterlo addosso. Appena Louis si sentì più caldo, i due ripresero la ricerca, quando l’aria fu trafitta da un suono secco, come qualcosa che la fendeva.
Un urlo uscì dalla bocca di Harry, e il giovane si accasciò a terra dolorante.
Era stato raggiunto da una freccia, e probabilmente era avvelenata a giudicare dal bruciore che aveva avvertito dentro la pelle. Louis si accasciò vicino a lui, cercando di aiutarlo.
“Harry, ti prego, Harry non morire.. oddio, non morire..” – balbettò il castano, alzando la testa del riccio, cercando i suoi occhi, chiusi a causa del dolore.
“L-Louis, t-ti amo..” – sussurrò Harry, annaspando aria. Tremava dal freddo, tremava dal dolore, tremava per tutto. Non aveva mai avuto tanta paura come in quel momento, e temeva che qualcosa di brutto accadesse anche a Louis.
“Va via, amore mio, va via” – tossì-“salvati, me-mettiti in salvo. I-io me la caverò i-in qualche mo-do”
“Non ti lascio solo, non lo farò mai, stupido” – e una lacrima gli scappò dagli occhi.
Un secondo fendente colpì l’aria, colpendo Louis al centro della schiena. Il ragazzo ansimò dal dolore, prima di cadere steso accanto ad Harry. Riuscì appena a prendergli la mano.
Era chiaro come il sole che li avessero trovati. E da qualche parte erano nascosti.
“Ha-Harry..” – ansimò Louis, se quelli erano i loro ultimi istanti di vita, doveva dirgli tutto –“io-io ti-ti devo tu-tutto.. mi-mi hai fa-fatto sco-scoprire l’a-amore.. e-e..” – tossì-“mi ha-hai portato vi-via da-da lì.. ti-ti a-amo, Ha-Harry, ti-ti amerò” – tossì ancora –“an-anche nell’altra vi-vita”
“T-ti a-amo an-anche io, L-Louis..t-ti ringrazio di-di essere entrato ne-nella mia vita..”
Con le sue ultime forze, Harry si spostò più vicino a Louis, riuscendo ad abbracciarlo.
Entrambi sentivano il respiro dell’altro sempre più debole, il battito dei loro cuori era sempre più lento, un ultimo sfioramento di labbra si scambiarono, prima di lasciarsi andare al dolore e alla morte che in brevi istanti avvolse i loro corpi.
 
Quando i corpi dei due ragazzi furono rimossi dalla radura, sotto di essi, nella neve, al posto del loro sangue erano sbocciati due bucaneve viola. Come a simboleggiare che il loro amore aveva sconfitto la morte, il freddo e i pregiudizi. Quei due fiori non appassirono mai, né i venti, né le nevi, né le piogge, né i passi riuscirono a distruggerli, i due fiorellini restarono lì impressi nel terreno, a simboleggiare il passaggio di quei due ragazzi, che si erano amati davvero fino alla morte.
 
La leggenda narra che in inverno, durante le notti fredde, se ci si avvicina alla radura degli amanti, si può udire il soave suono della risata di Harry, e l’allegra voce di Louis che gli racconta le battute. E se si guarda attentamente tra gli alberi, si possono vedere gli spiriti dei due ragazzi scambiarsi coccole e baci.





NO, JIMMY PROTESTED!

Mie pulzelle belle. Non sono morta, sono ancora viva per la gioia di tutti.
Non sono stata bene, infatti sono rimasta indietro con qualche shot e con i Baby, ma prometto che rimedierò, in questi giorni.
Anyway. Questa..cosa angst è tremenda, cioé ç_ç l'ho scritta in fase di delirio da febbre a 38 mentre ero a letto su un bel quadernino lol
Comunque, volevo pubblicare qualcosa oggi, per augurarvi il buon anno, e dirvi che quest'anno che si sta concludendo è stato sia positivo che negativo.
Positivo, perchè ho iniziato a credere più in me stessa per quanto riguarda la scrittura, perchè sono migliorata obiettivamente me lo dite tutti é_é e perchè boh, spero ancora un giorno di scrivere un libro tutto mio, magari non angst come questa storia.. LOL poi mi sono diplomata e ho iniziato l'università, mi sono sbarazzata dei bullizzatoiri della mia scuola, e tanto altro.
Negativo per una serie di disavventure, che non starò qui a raccontarvi.
E niente.
Buon Anno, divertitevi anche per me stanotte, perchè io sono ancora a casa ammalata, e.. boh. 
Vi saluta anche la Vale che si sta lamentando perchè non ho scritto ancora i Baby lol
E vabeh.. io vado se no Lu mi fucila, sta aspettando da tre giorni aw, tenera lei :3 

BUON ANNO FOREVER_LETTRICI!(questa l'avevo letta in una recensione.. ma non ricordo chi l'avesse scritta, se non erro maybe detta anche babycake prenditi i crediti per la parola se l'hai detta tu c: ) 
La vostra "scrittrice" preferita, Chiara <3

P.s ho riletto fino a metà, quindi non l'ho corretto tutto, appena ho un attimo la rileggo, perdonate eventuali errori di battitura! 
   
 
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