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Autore: Out of this world    19/07/2007    16 recensioni
Molte volte mi chiesi come poteva essere Edward da umano...
Genere: Romantico, Triste, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Chiedo scusa per l’enorme ritardo! Ma ammetto che questo capitolo mi ha dato non pochi problemi! E’ stato veramente pesante e duro scrivere una cosa del genere.
Per ora vi saluto distrattamente, è tardi e il pc grida vendetta xd. Per cui non posso far altro che salutarmi e ringraziarvi per l’appoggio che mi date! Il prossimo sarà l’ultimo capitolo! E, si spera, arrivi presto!
Ciao ciao!
Lore-Minako

 

 

 

~ A Beautiful Mortal - Chicago 1918
capitolo 9: La spagnola.

 

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Il tempo passò inesorabile e solo una mattina, mentre Edward faceva colazione, notai con orrore che il calendario segnava il 5 Agosto 19018.
Ero in quell’epoca da una settimana.
Con un sospiro, guardai con affetto quella testa rossa che mangiava piano i suoi biscotti al cioccolato. Proprio come una bambino.
Ma non c’era niente di infantile in quei due smeraldi che aveva come occhi. C’era solo costante amarezza, angoscia, morte.
E, ogni volta che mi veniva voglia di tornare nel presente, vedendomi specchiata li dentro il mio cuore si stringeva in una morsa inequivocabile. Volevo stare con lui.
Forse per colpa della litigata avuta con l’Edward del presente, forse perché volevo proteggerlo e capire come mai ero riuscita a toccarlo… fatto sta che tutto ciò rendeva il mio soggiorno lì più interessante.
« Io vado. » annunciò stanco Edward senior, prendendo un cappello. La moglie gli schioccò un dolce bacio sulla guancia, mentre il figlio gli fece un cenno col capo.
Ma in quel momento iniziò a tossire, tanto che dovette sostenersi alla porta di entrata.
« Dovresti stare a casa. » buttò lì Elizabeth apprensiva. « Ti prego, Edward. Hai una brutta tosse. »
« Suvvia, amore. E’ solo un po’ di tosse. Mi è andato di traverso il tè. »
Nessuno credette a quella scusa butta lì solo per zittire la moglie, e quest’ultimo se ne andò. Lizzie sospirò.
« Edward, io esco. Vado al mercato. Tu resta casa, mi raccomando. » disse la rossa, mentre Edward annuiva stanco.
« Ciao tesoro. » annunciò baciandolo amorevolmente sulla fronte.
« Ciao, mamma. » rispose Edward, più stanco e malinconico che mai. E, con un sorriso triste, la donna uscii di casa, facendo svolazzare la gonna elegante.
Rimasi da sola con lui.
Con un’aria stravolta e il viso solcato da profonde occhiaie – che comunque non erano niente in confronto a quelle che aveva da vampiro – si alzò, prendendo il piatto con ancora alcuni biscotti per riporlo in cucina. Trascinandosi sui piedi, tornò al tavolo, e prese la tazza vuota del tè.
Ma la prese male e, cadendogli di mano, finì sul pavimento in un’esplosione di cocci.
« Dannazione. » imprecò alzando gli occhi al cielo. Quindi si accovacciò per iniziare a prendere i pezzi più grossi, quando una scheggia gli punse il pollice.
« Ahi. » esclamò, quando alcune gocce di sangue si spargevano sulle piastrelle lucide.
Accadde tutto in un secondo. Un profumo senza eguali si diffuse nell’aria: era un sapore terribilmente dissetante, che fece scaturire in me le più fervidi bramosie.
E, prima che potessi rendermele conto, gli fui addosso.
Sentii il suo corpo caldo su di me, mentre cercavo di prendergli la mano. Lo lanciai lontano dal tavolo, facendolo cadere sul tappeto del piccolo salotto.
In quel momento non capivo più niente. C’era solo il sue sangue, tanto invitante da farmi inebriare i sensi. E non diedi neanche troppo peso al fatto che potessi toccarlo, mentre sotto di me chiudeva gli occhi gemendo.
Dentro di me volevo fermarmi. Volevo alzarmi, porgergli una mano e curargli quella ferita come se niente fosse. Ma non ce la feci. Avevo sete, terribilmente sete. Erano da giorni che non andavo a caccia, e, supposi, i miei occhi dovevano essere onice pura.
Ero a poca distanza dal suo petto, dove batteva forte il suo cuore. Pieno di sangue, pensai.
Stavo per mordergli la pelle, quando lo sentii gemere più forte. E un’altra ondata di odore squisito mi inebriò. Ma quando vidi un taglio profondo nella sua testa perdere sangue, mi sentii male.
Di scatto mi allontanai, e tornai ad essere un fantasma. Lo capii quando sorpassai per la fretta il tavolo.
« Edward. » dissi senza voce.
Era a terra, il dito non sembrava neanche più così invitante ora che vedevo cosa gli avevo fatto.
La testa continuava a perdere sangue, se pur – notai – il taglio non era così profondo. E mi chiesi con cosa mai avesse potuto tagliarla.
E solo quando notai che il mio anulare era coperto di sangue capii che dovevo essere stata io.

Con un gesto fulmineo mi ripulì, allontanandomi il più possibile dalla sua figura che gemeva imprecando.
Era da questo che Edward si teneva sempre alla larga? Era per questo che prendeva tante precauzioni?
Mi sentii uno schifo.
Tante volte mi ritrovavo arrabbiata, sconvolta e perfino scocciata quando magari mi teneva stretta a lui allontanandomi un secondo dopo.
Era da quello che mi proteggeva?
« Voglio tornare a casa. » singhiozzai, senza versare neanche una singola lacrima.
« VOGLIO TORNARE A CASA! »
Aspettai esanime che tutto iniziasse a vorticare, segno che stavo tornando indietro. Ma non accadde.
Rimasi lì, con il fiatone, a guardare il mio Edward rimettersi su a fatica, mentre si toccava dolorante la testa, oramai piena di sangue. Ma, per fortuna, non mi resi conto di quanto sangue gli fosse uscito. La sua chioma rossiccia rendeva tutto molto confuso: non capii, stordita com’ero, quale rosso faceva parte dei capelli e quale del suo sangue delizioso.
Passarono alcuni minuti, nella quale oramai non riusciva neanche ad alzarsi. Probabilmente gli girava la testa.
Alla fine, la maniglia del portone girò, ed entrò Elizabeth.
Appena vide suo figlio, quasi svenne.
« EDWARD! » urlò con voce roca, mentre lasciava cadere per terra il sacchetto con la verdura. Non volendo vedere la scena, mi concentrai sui pomodori e le melanzane che ricadevano disordinatamente sul pavimento.
Era colpa mia.
Era solo ed esclusivamente colpa mia.
« Va tutto bene. » bofonchiò Edward, chiudendo gli occhi.
« No che non va bene. Cosa diavolo hai fatto! » quasi urlò disperata, mentre piangeva forte. Tremante si buttò sul telefono, facendo un numero a memoria. Aspettò alcuni minuti, e iniziò a singhiozzare più forte.
« Mandatemi un dottore, ve ne prego. Mio figlio sta male. Perde sangue dalla testa. » pianse preoccupata. Poi la sua espressione si fece a dir poco disperata.
« No, non ha la spagnola. Si è fatto male e… pronto! PRONTO?! »
« Mamma. Va tutto bene. Sono scivolato. » mormorò Edward, toccandosi la testa, gemendo.
« Vuoi morire dissanguato?! Devo trovarti un medico! » annunciò camminando verso la porta di uscita. E la senti chiamare disperatamente un dottore.
« Edward? » mormorai avvicinandomi un poco.
« Edward? Mi dispiace… » singhiozzai.
« Ti amo, Edward, ti prego, ascoltami, ti amo! » ripetei accasciandomi a terra.
Poi, Elizabeth entrò con un uomo dietro.
« Dio sia lodato, e anche lei. » mormorò tremante, mentre l’uomo – evidentemente un medico che passava e l’aveva notata – chiudeva la porta.

E sobbalzai quando notai due occhi ambrati e dei capelli biondo cenere.
« Cosa ti è successo? » gli chiese piano a Edward. Lui sospirò, e mormorò qualcosa che non capirono, ma io sì.
« Penso di essere scivolato. » ecco cosa disse. Ma evidentemente solo io e il mio udito potevamo scorgerlo, come anche Carlisle. Ma non lo diede a vedere. Non doveva certo mettere in allarme anche sua madre dicendo che aveva sentito un mormorio appena distinto.
Quindi, con fluidità, lo prese in braccio, chiedendo a Lizzie dove poteva metterlo. Lei lo accompagnò nella sua stanza, e io rimasi da sola con un enorme peso nel petto.
Avevo fatto del male a Edward.
E non me lo sarei mai perdonata.

 

 

« E’ una taglio alquanto interessante. »

Sentii la voce di Carlisle dire a Lizzie, quando, un quarto d’ora dopo, tornarono in salotto, dove ero rimasta a rimuginare con i sensi di colpa.
« Si rimetterà? » chiese preoccupata Elizabeth. Carlisle sorrise.
« Certo signora, non si deve preoccupare. Anche le schegge che aveva nel braccio non daranno problemi. Gliele ho levate tutte. »
Anche sul braccio? L’avevo ferito anche lì?
« Mi dispiace per questa mia stupida agonia… ma sa, coi tempi che corrono. » iniziò Elizabeth, dirigendosi verso il cucinino.
« Vuole del te? » chiese poi a Carlisle. Lui negò con la testa.
« Mi duole non accettare l’invito, ma fra poco è il mio turno all’ospedale. » rispose, guardando l’ora sul suo orologio.

« Capisco. Bè, che il signore l’aiuti. » disse in un sospiro Elizabeth, accompagnandolo alla porta. Carlisle accennò un ennesimo sorriso.
« Anche a lei, Miss Masen. Buona giornata. »
E con un’espressione tranquilla uscii, lasciando la casa in un inusuale silenzio tetro. Quindi, sospirando, si diresse verso il corridoio. Non mi alzai neanche per costatare dove era andata. Mi sentivo un mostro.
« Voglio tornare da Edward. » mi ritrovai a mormorare con voce sconnessa. Ma non successe niente.
Ma perché? Perché?!
Io volevo tornare a casa, dannazione!
Ma, proprio quando stavo per urlare dalla disperazione, il telefono iniziò a squillare. E in men che non si dica Elizabeth ci si fiondò sopra.
« Pronto? » chiese sulle spine, le occhiaie più evidenti che mai.
Passarono alcuni interminabili secondi, nelle quali comparve perfino Edward sulla porta del corridoio, con aria stanca. Aveva una benda sulla fronte e una sul braccio destro, entrambe sporche di sangue. Ma cercai di non farci troppo caso.
Perché in quel momento Elizabeth posò il telefono sul tavolo, e, con sguardo vacuo si voltò verso il figlio.
« E-era l’ospedale. Tuo padre è malato. »
E le lacrime sulle sue guance iniziarono a scendere. Edward iniziò a tremare.
« Malato? » ripetè, mentre la rabbia gli saliva fino agli occhi.
« Smettila di trattarmi come uno stupido! Mamma, è malato o ha la spagnola?! »
Le sue erano quasi urla. E sua madre gemette più forte.
« E’ spagnola, amore. »

 

Raggiungemmo in pochi minuti l’ospedale. Elizabeth era talmente sconvolta da non negare neanche a Edward di andarci, sanguinante com’era.
Solo quando Carlisle li vide sgridò Edward.
« Non avrebbe dovuto alzarsi dal letto! » esclamò vedendolo arrivare zoppicando. Ma Edward non gli diede peso, e lo sorpassò, pietrificandosi poi di fronte al letto nel quale era disteso suo padre, completamente esanime.
« Papà… » mormorò senza voce, sedendosi su una sedia li vicino.
Elizabeth gli prese la mano, ma un medico si avvicinò.
« Scusate, ma rischiate di prendervi anche voi la spagnola. » mormorò. Nessuno gli diede retta.
E rimasero lì per tutte le ore seguenti.

 

Con l’arrivare della sera se ne andarono. Io non ce la facevo più.
Ero stufa, triste e amareggiata. Mi mancava Edward. Perché quello di fronte a me non era il mio Edward.
No, non era lui.
Eppure… aveva il suo viso, la sua voce, i suoi capelli.
Stavo forse impazzendo?
Poteva darsi.
« Edward. » gemetti, quando tutti andarono a dormire.
« Voglio Edward. » singhiozzai, dandomi dei pugni in testa.
« EDWARD! »

Passai la notte così, a chiamare il nome di colui che amavo, di colui che mi completava, e di colui che – forse – non avrei più visto.

 

 

La mattina dopo Edward insistette per accompagnare la madre al mercato.
Decisamente, infatti, non stava bene. Per tutta la notte l’avevo sentita tossire, e di certo non era sfuggito a Edward.
Quindi eccoli camminare per strada con le buste della spesa, mentre io li seguivo a ruota. Tutto ciò mi risultava parecchio pesante dal punto di vista emotivo. Ero a pezzi.
Ad un certo punto Edward si fermò di fronte a una drogheria.
« Torno subito. » annunciò a sua madre. Questa annuì, e lui scomparve all’interno del negozio.
A quel punto, Lizzie ricominciò a tossire violentemente, piegandosi su se stessa.
Quello che avvenne dopo mi diede il colpo di grazia.

 

« Spagnola. » annunciò con poca sensibilità un dottore, avvicinandosi per avvertire Edward. Lui rimase neutro.
Con la coda dell’occhio guardai Elizabeth, accanto al letto del marito. E in lontananza notai Carlisle, che fissava Lizzie.
« Lei sta bene? » chiese il medico squadrandolo dalla testa ai piedi, soffermandosi in particolar modo sulle bende che portava alla testa.
« Sì. » fu la sua unica risposta. Il medico, quindi, si allontanò.
Con un sospiro Edward si avvicinò ad una finestra, da cui entrava un leggero venticello estivo.
Guardarlo era una tortura. E quegli occhi color smeraldo che mi avevano tanto affascinata, ora mi sembravano vuoti. E avrei dato tutto ciò che avevo pur di vederli un attimo diventare ambrati, per riavere con me il mio Edward. Poco importava se eravamo dei mostri. Lo amavo, e mi vergognavo di me stessa per averlo incolpa così di qualcosa di cui non era sicuro.
Persa in quei miei pensieri, non mi accorsi che Edward, appoggiato alla finestra, aveva chiuso gli occhi, mentre si portava una mano alla testa.
Lo guardai curiosa. E iniziò a gemere piano. Di sottecchi, in lontananza, notai Carslie che aveva alzato lo sguardo.
Gemette più forte, e notai che il taglio aveva ripreso a perdere sangue.
Di scatto mi allontanai, mentre Carlisle marciava verso di lui velocemente, per poi toccargli la ferita.
« Perde sangue. » mormorò. Ma quello che non si aspettavamo, fu che Edward si mettesse a tossire.
« Edward. » mormorai a vuoto, mentre Carline lo guardava terrorizzato. Tossiva sempre più forte.
« Dannazione! » sentii Carlisle imprecare, mentre Edward non riusciva neanche più a respirare per quell’attacco di tosse. E poi, fece un passo avanti, aggrappandosi a Carl per non cadere.
« Te la sei beccata pure tu! » esclamò angosciato. Edward sospirò stanco. Feci un passo avanti.
« Edward. »
Aprii gli occhi e incontrarono di miei. Non seppi se mi aveva visto o se il suo era stata un’azione involontaria. In quel momento svenne, sotto i miei occhi.
Il suo corpo cadde a rallentatore. Quel corpo delicato e colorato, quel viso stanco e malato. Edward si era beccato la spagnola, e io non avevo potuto fare niente.
Indietreggiai, mettendomi a singhiozzare, mentre Carlisle veniva aiutato da altri medici per metterlo su un letto.
Quindi mi accasciai a terra, gemendo.
« Voglio tornare a casa. Basta con questo potere. Non ne posso più. Voglio vivere nel presente! »

E tutto prese a vorticare moltissimo.
Nella mia testa si susseguivano video, immagini, suoni…

 

Sei figlio mio, Carlisle. Devi andare a caccia di vampiri stanotte!

Jasper, il tuo destino è legato al mio. Non ti lascerò mai.

E’ un maschio, signora Masen! Uno splendido maschietto!

Se troppo stupido e troppo codardo per guardare in faccia la vita Emmett.

Con quel carattere non andrai da nessuna parte Rosalie.

 

Tu non mi sopporti, non è vero, Edward? Mi dispiace, forse eri abituato a vivere da solo con Carlisle, ma prima o poi mi dovrai accettarmi.

 

Sono stufo di questo stile di vita. Per colpa vostra sono sprofondato nella depressione!

 

Non siamo padroni del tempo Edward, solo della nostra vita. Tu vuoi nutrirti di umani? E sia. Non te lo impedirò.

Voglio qualcuno per Edward, Carlisle! E’ troppo giovane e troppo solo, e lo sai anche tu!

Questa Bella Swan ti sta dando alla testa! Siamo venuti per cacciare o per raccontarci le storielle d’amore?

Volevi che finisse sotto quella macchina?! Eh, Rose?

Credo di essermi innamorato. Ma non ho speranze. Lei mi odia.

Brava Rose, Bella non si è buttata! Fai un favore a te stessa e rimugina sulla disgrazia che hai provocato! Edward è andato dai Volturi!

Ho promesso a Jasper che sarei tornata. E se faccio una promessa a Jazz, io la mantengo.

Ti amo Bella.

 

 

 

Sarei morta. Sarei morta e basta.
Lo sentivo. Stavo viaggiando a velocità rapidissima.
Sarei sprofondata nell’oblio di un tempo senza fine.
Sarei morta per un capriccio da bambina.
Ma almeno, sarei morta, consapevole di essere stata amata veramente da qualcuno.

 

 

  
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