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Autore: Ryo13    01/01/2013    2 recensioni
Storia della follia a cui può spingere l'amore, narrata nella forma di un racconto. Adam e Amelia non possono vivere l'uno senza l'altro, ma questo li spingerà ad intraprendere un cammino oscuro, che rompe i limiti della vita, della morte, della morale.
 
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Your mind plays on you'
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Spero che questo capitolo riesca a far comprendere il carattere di Amelia e le sue reazioni ^^
Probabilmente, questo, è anche il capitolo dove troviamo informazioni del vero Adam di prima mano narrate in terza persona, quindi, per questo, più fedeli ai fatti accaduti ^^
È un piccolo scorcio sul passato che ci induce a comprendere ancora meglio il perché dei fatti verificatisi successivamente! *-*
E sicuramente capirete molto di più soprattutto ciò che riguarda il "funzionamento" dell'Adam attuale!
Spero vi piaccia! <3

Capitolo04_zpscd612381

 

Amelia era una scienziata che aveva fatto presto fortuna grazie al suo genio. Era stata una bambina prodigio con i voti sempre alti e una grande capacità comprensiva e di penetrazione. La sua mente analitica affascinava e spaventava gli adulti che la circondavano perché se da un lato erano curiosi dei ragionamenti perfettamente logici di una bambina così piccola, dall’altro non potevano fare a meno che cogliere il lato grottesco in cui quella stessa bambina era in qualche modo “disumanizzata” dalla sua stessa forza logica. Era come osservare un adulto intrappolato nel corpo piccino di un essere innocente. E quella innocenza, appunto, era ciò che più creava ambiguità.
Solo la crescita pose fine a questa ambivalenza di sentimenti che Amelia suscitava negli altri. Già da adolescente prese a frequentare l’università e ben presto si ritrovò laureata e specializzata nel campo che più di tutti l’affascinava: quello delle tecnologie intelligenti.
Sebbene ancora in fase sperimentale, la scienza aveva fatto molti passi avanti in questo settore, ma fu grazie all’aiuto di Amelia che raggiunse vette di successo mai toccate prima.
Il primo e quasi unico progetto di cui ella si occupò, fin dalla prima volta in cui prese servizio alla INC – la più grande e famosa compagnia di progettazione robotica – fu quello della riproduzione umana su un robot: lo scopo era quello di riuscire a creare un androide che avesse non solo l’aspetto esteriore simile a quello di un essere umano, ma che fosse anche in grado di compiere i più basilari processi del corpo. Alla tecnologia fornita dalla compagnia – quella di una struttura ossea in acciaio ricoperta da pelle sintetica e modellata con forme umanoidi – Amelia aggiunse un impianto computerizzato centrale, sito nella cavità cranica che non aveva precedenti per rapporto dimensioni / capacità di memoria. E, siccome Amelia puntava a un obiettivo dagli orizzonti più ampi, non passò molto tempo che, oltre alla costruzione di un corpo fisico funzionante, non avviasse un nuovo progetto che avesse come obiettivo l’archiviazione degli schemi comportamentali umani e la traduzione di questi in linguaggio di computer. A ogni stimolo corrispondeva una reazione: più lo stimolo si arricchiva di “voci” che lo caratterizzassero, più specifica, appunto, ne risultava l’azione conseguente.
Allora se allo stimolo “pianto” corrispondeva la reazione “chiedere con garbo: “C’è qualcosa che non va? Hai bisogno di aiuto?”, se al pianto si aggiungeva la voce “bambino” si apriva l’opzione di dire: “Ti sei perso?”; e così via in una struttura sempre più complicata e complessa su cui era necessario lavorare per anni e soprattutto rendere il lavoro aggiornabile nel tempo, già quando l’androide fosse stato in funzione, in modo tale che esso, anche da solo, si sarebbe potuto servire di programmi che rintracciassero particolari schemi di comportamento e li archiviasse aggiornandoli di sempre più nuove voci a cui avrebbe potuto far corrispondere delle azioni di reazione.
E mentre la struttura di base degli input veniva costruita tramite computer, per codici, (dove, per esempio, la parola “rabbia” si traduceva con un elenco di sintomi che il robot avrebbe dovuto riscontrare nel soggetto osservato, ovverosia “alzamento del tono della voce, aumento della pressione sanguigna, conseguente arrossamento della pelle, contrazione dei muscoli facciali, movimenti scattanti, ecc…) la relazione tra gli input, il linguaggio, e il comportamento, dovevano essere copiati direttamente da una mente umana.
Fu così che, al progetto, venne integrato Adam, un ragazzo sulla ventina, simpatico e solare, che si era prestato al compito per il bene della scienza.
Una volta sincronizzato il suo cervello, tramite sinapsi, al computer centrale, Adam avrebbe portato un micro impianto vicino al midollo spinale che avrebbe continuato a trasmettere al computer, che avrebbe tracciato i collegamenti sinottici. Ma il programma per la costruzione della personalità dell’androide comprendeva anche un registratore di immagini e suoni: pertanto, oltre ai collegamenti semantici, vennero archiviati in memoria anche tutte le esperienza di vita di Adam sotto forma di ricordi.
Ciò che non era stato previsto dalla responsabile del progetto era che si sarebbe innamorata di Adam.
Amelia si trovò per la prima volta a fare i conti con dei sentimenti che sembravano prevalere persino sulla passione per il suo lavoro. Adam fu il primo che la trattò come una persona normale, senza lasciarsi intimidire dalle sue doti intellettuali. Lui la prendeva in giro ogni volta che si esprimeva con paroloni e concetti prolissi e ragionamenti complicati e le insegnò la bellezza di una frase sussurrata con semplicità, di un gesto di affetto nei confronti di un’altra persona amata. La fece sentire donna e Amelia fu felice di riscoprire in lei questi sentimenti e la possibilità che aveva sempre portato in sé e mai potuto esprimere.
Non lo aveva mai detto ad alcuno, ma si era sempre sentita diversa dagli altri, e nessuno le era mai venuto incontro nel comprenderla. Aveva anche temuto che in lei mancasse qualcosa, irrimediabilmente sostituito da quella fredda logica di cui faceva sfoggio come una sorta di guscio protettivo che, però, aveva anche l’effetto di allontanarla da tutti. Fu per questo che Adam non soltanto rappresentò una boccata di aria fresca nella sua spontaneità e semplicità, ma fu anche colui il quale la fece riscoprire come persona nuova, dotata di sentimenti tanto profondi quanto fino ad allora insospettati.
Ciò a cui diede sfogo, tuttavia, era anche la parte più fragile e vulnerabile di se stessa, quella che non aveva mai avuto la forza di mostrarsi da sola. Adam era sempre lì a proteggerla e a cercare di farla crescere bene, in modo che Amelia si aprisse anche con gli altri nel modo giusto.
Purtroppo, non ebbe mai il tempo di insegnarle, come voleva, a essere una persona più espansiva e socievole o a contare sugli altri. Adam morì a causa di un incidente, uno come tanti. E la sua vita si spezzò, così come si spezzano quelle di molti altri, quasi tutti i giorni. Pensarla in questo modo – freddo, distaccato – non era di alcun conforto ad Amelia che aveva pur imparato a sentire profondamente col cuore. Cadde in una tremenda disperazione perché, sebbene Adam fosse solamente un uomo, per lei era diventato tutto. Anche se la sua mente comprendeva la morte, il suo cuore la rifiutava. E tanto più crescevano in lei questi sentimenti malati ed esasperati, tanto più si faceva strada l’idea di far rivivere Adam attraverso il suo androide.
La INC Corporation, intanto, aveva sospeso il lavoro sul prototipo robotico e decise di mettere da parte i dati della memoria di Adam poiché suo nonno, il presidente della compagnia, non poteva sopportare, nel suo lutto, che ciò che rimaneva dell’adorato nipote fosse profanato da una macchina, un essere artificiale e inanimato.
Lo stesso pensiero non lo condivideva Amelia, che anzi, non riuscendo a scrollarsi di dosso il proprio dolore, vedeva in quella memoria l’unica cosa che la teneva ancora legata al suo amore.
Prese così la decisione di terminare il progetto privatamente, di nascosto da tutti. Prelevò un modello robotico cui diede le medesime sembianze di Adam e, quando fu il momento, gli trasmise anche le tracce di memoria di cui era in possesso –visto che, dal momento che era stata la curatrice dell’intero progetto, aveva l’abitudine di conservare una copia dei dati nel proprio portatile –, eliminando però, tutto quello che non serviva ai suoi scopi: prima tra tutto l’ultimo, tragico ricordo della morte; l’estremo segnale sinaptico trasmesso al computer prima che Adam si spegnesse per sempre.
Amelia non desiderava che il suo Adam conoscesse il dolore e la perdita. Voleva che vivesse unicamente per lei, come lei faceva per lui. E si sarebbero appartenuti per tutta la vita.
Così, almeno, pensava la donna resa quasi folle dall’invincibile sofferenza che l’attanagliava. Non sapeva ancora, tuttavia, che non aveva affatto trovato un modo per sfuggire a quel tormento… ma solo uno che l’avrebbe precipitata ancora più a fondo, in un circolo vizioso cui avrebbe posto fine con un’altra decisione altrettanto definitiva: la morte.

[Continua...]

   
 
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