Capitolo
9: “Remember”
Quel giorno,
Crystal pranzò in assoluto silenzio
sotto lo sguardo preoccupato dei suoi genitori, i quali tentavano
inutilmente
di inserirla nella loro solita conversazione pomeridiana. Non
riuscì nemmeno a
finire ciò che aveva nel piatto, cosa che fece accigliare
sua madre visto che
le uniche volte che Crystal lasciava degli avanzi erano quando stava
male.
-“Tutto
ok?” le chiese allora Ingrid, guardandola
con amorevole maternità mentre protendeva una mano per
accarezzarle i capelli.
La ragazza si
limitò ad una scrollata di spalle e
rimase in costante silenzio, come se avesse perso la
capacità di parlare e
avesse potuto comunicare solo a gesti.
Il padre, il
quale aveva cercato di rimanere
indifferente alla situazione poiché pensava che si trattasse
di semplice
stanchezza dovuta alla scuola, intervenne dandole una lieve pacca sulla
spalla.
-“Su
con il morale!” esclamò sorridendo e ricevendo
così un’occhiataccia da parte della moglie che lo
stava decisamente incenerendo
con lo sguardo. “M – ma…”
provò a replicare qualcosa in sua difesa ma
l’espressione di Ingrid gli fece cambiare repentinamente
idea.
Crystal
però, aveva abbozzato un lieve sorriso,
apprezzando il tentativo del padre di tirarla su di morale, nonostante
non vi
fosse riuscito neanche un po’.
-“C’è
qualcosa che non va?” continuò la mamma,
scompigliandole leggermente il ciuffo che le ricadeva sbarazzino sulla
fronte.
-“No,
tutto ok, sono solo molto stanca.” questa fu
la scusa che riversò ai suoi genitori, convincendo poco
entrambi.
Ma si sa che
quando una figlia non è dell’umore
giusto e ha deciso di starsene zitta, conviene non insistere per
sforzarla di
parlare, altrimenti potrebbero aprirsi le porte dell’inferno.
-“Dato
che non ho molto appetito e ritengo di aver
finito di mangiare… posso andare a studiare?”
azzardò Crystal, guardandoli uno
alla volta.
-“C
– certo, vai pure.” rispose sua madre,
decisamente colta alla sprovvista da quella domanda.
La ragazza non
se lo fece ripetere un’altra volta e,
dopo essersi alzata da tavola, costrinse le proprie gambe a raggiungere
velocemente il suo rifugio, nonché la sua amata camera, per
poi buttarsi di
peso sul letto.
Possibile
che nell’esatto istante in cui aveva di nuovo trovato il
sorriso, era arrivato
qualcos’altro per portarglielo via?
Crystal si mise
a pancia in su con le mani congiunte
sopra lo stomaco, intenta a fissare il soffitto senza un pensiero
preciso in
testa.
In
quel momento la sua mente era solo un ammasso inutile di confusione
totale, e
per quanto tentasse di riemergere da quello stato confusionale, le
sembrava
solo di affondare sempre di più.
Sempre con un
atteggiamento alquanto passivo
estrasse il cellulare dalla tasca dei jeans per fissare il display
sperando in
qualche segnale. Mentre stava per rimetterlo dov’era, la
suoneria cominciò
a riecheggiare tra
le mura della stanza.
Così,
dopo aver dato la conferma alla chiamata,
avvicinò il cellulare all’orecchio in attesa.
***
Da quando aveva
lasciato Crystal a casa, Jun non si
dava pace mentre mille pensieri vorticavano fastidiosamente nella sua
mente. Se
c’era qualcosa che odiava era proprio non riuscire a
controllare ciò che gli
passava per la testa.
Secondo
lui non c’era niente di più odioso
dell’essere vittima dei propri pensieri,
perché non li concepivi te di tua spontanea
volontà, ma erano loro che si
artigliavano nella tua testa senza chiedere il permesso e dandoti il
tormento.
Anche ora che se
ne stava disteso sul divano era
controllato da quell’insieme di frasi e suoni che risuonavano
dolorosamente nel
suo cranio. Perlomeno aveva avuto la fortuna di trovare la casa vuota,
altrimenti GiKwang e DongWoon lo avrebbero interrogato per scoprire il
motivo
del suo stato d’animo facendolo sentire ancora peggio.
Per provare a
darsi una calmata afferrò il telefono
dal tavolino posto accanto al divano e compose il numero di Crystal,
che sapeva
già a memoria nonostante glielo avesse dato Woonie solo un
paio di giorni prima
e non lo avesse mai composto.
Fu questione di
un solo squillo e una voce femminile
e familiare rispose con una punta di incertezza.
-“C
– Crystal?” chiese, per assicurarsi di non aver
sbagliato numero.
Dall’altra
parte percepì un lieve sbuffo e non poté
non sorridere.
-“No,
Britney Spears.” replicò.
Nonostante non fossero in
una delle situazioni
migliori, li bastava sentire le loro voci per sentirsi rincuorati e
felici
almeno in parte.
-“Wow,
allora ho fatto proprio un bell’affare a
sbagliare numero!” scherzò mentre tamburellava le
dita sulla propria pancia.
-“E
dai, smetti di fare lo scemo e dimmi piuttosto
per quale motivo mi hai chiamato…?” non era
propriamente una domanda, più che
altro un ordine.
-“Mi
chiedevo se oggi sei occupata… credo che
dovremmo parlare.” disse, riacquistando quella poca
serietà che gli rimaneva.
-“Non
mi dire che finalmente te ne sei accorto?!
Comunque sono libera, anzi, ti sarei enormemente grata se mi
delucidassi
l’intera questione. Quindi, dimmi l’ora, il luogo,
come e perché. Ah no, il
perché già me l’hai detto.”
Sull’ultima
frase gli parve quasi di vederla
sorridere, ed effettivamente Crystal aveva un angolo della bocca appena
rivolto
verso l’alto.
-“Ti
passo a prendere io tra un quarto d’ora, dove
andremo ancora non lo so, ma tranquilla cercherò di rimanere
nei confini
nazionali.”
Non le diede
nemmeno il tempo per ribattere qualcosa
che riattaccò, alzandosi di scatto dal divano per andare da
lei.
***
-“Ma
non so se faccio in tem…” Crystal non ebbe
occasione di terminare
la frase perché
la linea era già caduta
“…po.”
Allora la
ragazza sospirò passandosi una mano tra i
capelli e si tirò su con il busto per guardarsi intorno
spaesata. Un quarto d’ora.
Tra
un quarto d’ora avrebbe potuto avere delle
risposte… forse, dato che,
conoscendolo, avrebbe cercato di essere il più misterioso
possibile. Ma lei,
testarda com’era, avrebbe fatto tutto il possibile per
estorcergli tutta la
verità.
Uscì
dalla camera con impressionante velocità e
corse in bagno a darsi una sistemata veloce e a lavarsi i denti, visto
che
prima aveva la testa altrove per farlo.
Una volta
terminato tornò in cucina dove avvertì i
genitori che sarebbe uscita per andare a prendere una cosa di cui aveva
assolutamente bisogno in centro.
I due si
guardarono sempre più stupiti dal
comportamento della figlia e scrollarono le spalle non sapendo
cos’altro dire o
fare.
Crystal non
aveva aspettato nemmeno il loro consenso
che si era già precipitata fuori casa e aspettò
pazientemente la solita
macchina nera che ormai conosceva fin troppo bene.
Fu questione di
pochi attimi e vide l’auto che
attendeva svoltare l’angolo per poi fermarsi proprio davanti
a lei. Il
finestrino si abbassò automaticamente e la voce di lui la
raggiunse
all’istante.
-“Sali
o aspetti il mio invito ufficiale?” sempre il
solito sbruffone. Nonostante tutto non era cambiato di una virgola, ma
a lei
piaceva proprio così.
-“Un
po’ di galanteria non fa certo male.”
replicò
divertita mentre saliva in macchina e si allacciava la cintura.
“Allora, dove
andiamo?”
-“In
centro a fare una passeggiata al parco, lontano
da orecchi indiscreti.” rispose lanciandole
un’occhiata di sbieco e rimettendo
in moto.
-“Non
vedo l’ora di sentire la tua affascinante
storia.” lo prese un po’ in giro.
-“Oh,
io non sarei così impaziente di conoscerla,
dopo potresti pentirti di avermi conosciuto.”
Quella frase le
fece salire un brivido lungo la
spina dorsale e scosse la testa come a scacciare via quella brutta
sensazione
di disagio.
-“Smettila
di fare lo scemo!” esclamò allora, con
una punta di acidità nella voce.
Lui non rispose
e guidò fino al parcheggio di fronte
al parco, proprio dove aveva lasciato la macchina anche la volta che
erano
andati al Luna Park.
Una volta scesi
entrambi dall’auto le si avvicinò e
la prese per mano mentre si avviavano verso il cancello che consentiva
loro
l’entrata al parco e lei fu colta da un altro brivido quando
le loro dita si
intrecciarono automaticamente tra di loro.
I primi minuti
della passeggiata li passarono in silenzio,
come se stessero aspettando di addentrarsi meglio in quella fitta
vegetazione
nel mezzo della città che distaccava per ambiente dai
palazzi circostanti.
-“Allora…
da dove potrei cominciare?”domandò in un
sussurro flebile JunHyung.
-“Non
chiederlo a me.” rispose lei accennando un
sorriso timido mentre indicava una panchina lì vicina
proponendo tacitamente di
sedersi.
In meno che non
si dica si ritrovarono entrambi
seduti, l’uno di fianco all’altra, e stretti in un
dolce abbraccio.
Crystal
teneva la testa appoggiata sulla spalla di lui ed inspirò
per un attimo il suo
profumo, chiudendo gli occhi, e
senza
pensare ad altro se non al batticuore che le causava ogni volta la sua
vicinanza.
Lui,
invece, posò il mento sopra i suoi capelli, avvolgendo le
braccia intorno alle
sue spalle e avvicinandola delicatamente a sé, come se in
qualche modo avesse
voluto impedirle di scappare da lui.
-“Sto
aspettando…” sussurrò la ragazza in
attesa dell’inizio
del racconto.
-“Ponimi
qualche domanda, così mi riuscirebbe meglio
informarti su ciò che vuoi sapere tu.”
-“Mmh
– si portò un indice alle labbra con fare
pensoso – innanzitutto vorrei sapere il nome di lei, per pura
curiosità.”
-“Si
chiama JinKyung.” una smorfia si impossessò del
suo volto alla pronuncia di quel nome.
-“Sei
sicuro che l’incontro che ho avuto io nel
bagno sia collegato a lei?”
-“Più
che sicuro, l’ho vista fuori dalla tua scuola,
temo che abbia cominciato a frequentarla anche lei.”
-“E
questo Jongin chi sarebbe di preciso? Stamani
hai detto che è uno del
giro…”
JunHyung trasse
un respiro profondo, cercando le
parole giuste per spiegarle come stavano le cose.
-“Cercherò
di spiegarti tutto dal principio, così
capirai meglio… pronta?”
Con
l’indice le alzò il viso per guardarla negli
occhi e le annuì con un cenno del capo deciso.
-“Lei
frequentava la mia stessa scuola e mi si
avvicinò. Era la classica ragazza popolare che quando mette
gli occhi su
qualcosa fa di tutto affinché le appartenga, ed io ero nel
posto sbagliato al
momento sbagliato. Mi tormentò nel vero senso della parola,
e alla fine mi
costrinse a credere di ricambiare i suoi sentimenti, e credimi se dico
che tuttora
non mi capacito di come abbia fatto. Fatto sta che venni a sapere che i
nostri
rispettivi genitori si conoscevano dai tempi dell’infanzia, e
progettavano già
il nostro futuro.”
Fece una pausa
per farle assimilare l’introduzione,
poi riprese sotto lo
sguardo incoraggiante che lei gli rivolse.
-“Lei
aveva la sua cerchia di amiche e di amici e mi
inoltrò in quel giro di conoscenze che non riuscivo ad
apprezzare per niente.
Si credevano tutti superiori e si davano delle arie e quel
comportamento
non mi andava
proprio giù. Come se non
bastasse scoprii che i suoi genitori erano coinvolti in brutti affari,
ed era
proprio questo traffico illegale a permettere loro la posizione
altolocata
all’interno della società.”
-“Scusa
se ti interrompo… ma per brutti affari cosa
intendi?” chiese Crystal.
-“Intendo
truffe, erano dei truffatori in tutto e
per tutto, persino nella scelta delle loro amicizie.”
-“E
– e i tuoi genitori lo sapevano?”
azzardò la
ragazza.
Quella
domanda lo colpì violentemente al petto, era meglio se non
glielo avesse
chiesto. Sentii un lieve bruciore alle guance e gli angoli degli occhi
cominciarono a pizzicargli. Non poteva permettersi di piangere, non
ora, non
lui.
Insomma,
era o non era lo strafottente JunHyung? No, non lo era più
grazie a lei.
Forse
ricordare era proprio ciò di cui aveva bisogno, e nessuno
meglio di lei poteva
ascoltare il suo sfogo.
-“No,
loro non lo sapevano – sospirò scuotendo
amaramente la testa, mentre la voce gli tremava – ma
nonostante ciò, furono
coinvolti a loro insaputa.”
-“E
com’è finita? Ne sono usciti?”
Quella
di Crystal non era curiosità, non voleva sapere gli affari
loro, non voleva
“spettegolare”, ma aveva notato che lui aveva
bisogno di parlarne e le sue
domande lo aiutavano a liberarsi di quel peso.
-“L
– loro sono… morti.” l’ultima
parola fu appena
sussurrata dalle sue labbra.
La ragazza si
irrigidì nel sentire quella frase ed
ebbe bisogno di un paio di secondi per assimilare tutto mentre una
lacrima
solitaria le attraversava la guancia, quando si rese effettivamente
conto di
ciò che aveva appena udito lo strinse in un abbraccio
mozzafiato, cercando di
fargli arrivare tutto il suo conforto.
-“S
– scusami, io non immaginavo che…”
Crystal
lasciò la frase in sospeso, incapace di proseguire.
Intanto
JunHyung stava combattendo contro le lacrime che minacciavano di
fuoriuscire.
Non voleva mostrarsi così debole e fragile, non davanti a
lei, perché ora come
ora aveva bisogno solo di forza.
Cristo!
Era riuscito a trattenerle per ben due anni, perché proprio
ora doveva sentirsi
così impotente?!
Poi riprese
coraggio e continuò il racconto della
sua “vita”.
-“Morirono
per uno stupido incidente, solo perché li
avevano scambiati per i genitori di JinKyung. Da quel momento odiai
tutto e
tutti, soprattutto lei e fuggii senza dirle niente. Fortunatamente
avevo i miei
amici e Kikwang mi accolse a braccia aperte offrendomi
ospitalità nella sua
casa.”
-“Ma
quindi lei non è di Seoul, giusto?”
-“Giusto,
noi vivevamo a Busan.”
-“E
come facevi a conoscere Kikwang e avere degli
amici qui a Seoul?”
-“Perché
io sono nato qui e la mia infanzia l’ho
passata qui. Mi trasferii con i miei a Busan perché a loro
mancava il loro
paese d’origine, all’età di undici anni
circa. E durante la mia vita là, rimasi
in contatto con Kikwang e gli altri.”
-“Cambiando
un attimo argomento… Jongin fa parte
della cerchia di amici di lei?”
-“Esattamente,
e i suoi amici fanno sempre ciò
che lei chiede loro.”
-“Grazie…”
sussurrò Crystal stringendosi ancora di
più a lui.
JunHyung le
rivolse uno sguardo interrogatorio, non
capendo l’origine del suo ringraziamento.
-“Di
cosa?” chiese infatti subito dopo.
-“Di
aver condiviso il tuo passato con me.” rispose
lei, alzando lo sguardo per ritrovarsi con il volto a pochi centimetri
dal suo.
“E sappi che mi dispiace moltissimo per i tuoi genitori,
davvero. I- io…”
-“Sshh!”
le posò un dito sulle labbra impedendole di
continuare “Non occorre che tu dica niente.” le
sorrise dolcemente
avvicinandola ancora di più a sé.
I
loro sguardi si incatenarono l’uno all’altro e non
si accorsero nemmeno che i
loro volti si erano avvicinati tanto che i loro nasi già si
sfioravano. Non si
sarebbero nemmeno resi conto del bacio che si stavano scambiando se non
fosse
stato per la scarica elettrica che aveva attraversato entrambi al
momento del
contatto tra le loro labbra.
Lui fece appena
pressione su quelle della ragazza,
la quale dischiuse prontamente le sue per permettere alle loro lingue
di
intrecciarsi e sfiorarsi ripetutamente dando così vita ad un
dolce bacio.
Era
un bacio diverso dagli altri. Aveva un gusto amaro nei loro cuori, ma
allo
stesso tempo pieno di dolcezza e passione.
Era uno di quei baci
strazianti e appaganti
allo stesso tempo.
Era
un bacio più unico che raro.
Ci
sarebbe voluto ben più di una ragazzina capricciosa per
separarli.
PS: Grazie mille a chi continua a recensirmi anche se non lo meriterei! E grazie anche ai nuovi recensori *^*