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Autore: LunaNera17    02/01/2013    2 recensioni
Nuova generazione, una Rose un po' stravagante e lunatica, uno Scorpius riflessivo e per niente arrogante. Niente odio, niente insulti, nessuna inimicizia secolare. No.
Rose e Scorpius non si sono praticamente mai parlati, e tra loro non c'è altro che un'inconsapevole curiosità nei confronti dell'altro.
Due mondi diversi, due famiglie agli antipodi, ma due anime più affini di quanto si possa pensare. A loro l'arduo compito di decidere se dare ascolto ai pregiudizi e al proprio orgoglio o guardare avanti e, perchè no, scoprire anche l'amore.
Una Rose/Scorpius senza pretese, preludio di ciò che inizialmente avrei voluto scrivere (e che forse prima o poi scriverò). Buona lettura!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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S.

 

Nella vita ho incontrato tante persone strane, stravaganti anche per gli standard del mio mondo –il che non è facile-. Non ho mai avuto problemi a rapportarmi con qualcuno, più o meno ho sempre capito che atteggiamento adottare con le persone studiando il loro nei miei confronti. Eppure una sola persona è riuscita a spiazzarmi completamente, con lei non so mai cosa dire né cosa fare, anche se cerco di mascherare al meglio questa mia insicurezza. Mi irrita terribilmente non riuscire nella mia opera di inquadramento, ma in contemporanea mi incuriosisce.

Certe volte mi chiedo se sia semplicemente lunatica, oppure geniale, o matta, o le tre cose messe insieme.

Fatto sta che Rose Weasley è in assoluto la creatura più strana che abbia mai conosciuto… tralasciando Schiopodi Sparacoda, Mantidi Cornute e tutti quei begli esserini che Hagrid ci porta a lezione.

La prima volta che la vidi, in una lezione mista Serpeverde Corvonero, incrociandomi mi lanciò un’occhiata piena di diffidenza e antipatia e passò avanti, andandosi a sedere accanto a suo cugino Louis. Dopo quel primo incontro avevo deciso di inserirla nella lunga lista di persone prevenute e seccanti, ma mi dovetti presto ricredere.

Un paio di lezioni dopo infatti, mentre il professore di trasfigurazione lodava il mio lavoro davanti a tutta la classe, facendomi eseguire nuovamente l’incantesimo che ci aveva appena spiegato, notai tra gli sguardi annoiati della classe uno più vivo, attento. Rose mi stava fissando, soddisfatta, forse ammirata, e quando si accorse che l’avevo scoperta arrossì un poco e mi regalò un breve sorriso. Non timido, compiaciuto.

Li per lì interpretai l’evento come uno sfoggio di ipocrisia: chi era quella ragazzina per guardarmi male e poi dopo nemmeno quindici giorni diventare tutta sorrisi e moine? Un’opportunista, una ragazzina stupida e dalla cotta facile, ecco cos’era.

Inutile dirlo, mi ero sbagliato di nuovo. Nel mese successivo Rose Weasley alternò momenti di indifferenza totale nei miei confronti, ad altri in cui mi osservava attentamente, ad altri ancora in cui mi guardava con irritante aria di sfida. Era palesemente compiaciuta se riusciva a rispondere prima di me alle domande di un professore, per il resto però mi trattava come fossi un conoscente di poco conto. Ma mai una volta la vidi rivolgermi uno sguardo cattivo.

Per anni tentai di interpretare il suo strambo comportamento, e per anni fallii. Con i suoi cugini non c’erano stati problemi, i loro caratteri erano semplici, chiari, palesi, ma lei no.

Col passare del tempo cominciai semplicemente ad abituarmi a quella figura indefinita che era Rose, la relegai in un angolo del mio catalogo con un punto interrogativo in testa e smisi di pormi problemi.

Fino al mio quinto anno di scuola.

Era una giornata particolarmente fredda di inizio dicembre, la neve ricopriva interamente il parco di Hogwarts, creando uno degli spettacoli più suggestivi su questa terra. Ed io ovviamente non potevo trovarmi che nel bel mezzo del parco, a zampettare infreddolito nella neve con la speranza di tornare in fretta tra le accoglienti mura della scuola.

Avevo appena trascorso l’ora di Cura delle Creature Magiche più sfiancante della storia, in cui il vecchio Hagrid, incanutito ma ancora appassionato di mostri, aveva deciso di farci mettere cappelli e sciarpe alla sua nuova passione: mostriciattoli con una grande testa da serpente e lunghe zampe da insetto. Il guardiacaccia pazzo ovviamente aveva dato loro un affettuoso nomignolo, quale Formichelli sibilanti, o Zamponi Bilingui (si la cara vecchia lingua biforcuta è stata sostituita da due schifosissime lingue). Per me comunque restavano Schifosi Mutanti.

Ero rimasto indietro rispetto ai miei compagni per farmi curare il polso, che esibiva come un raccapricciante bracciale uno sfogo rosso di bolle pruriginose, causato da una di quelle adorabili bestiole dalle lingue urticanti mentre tentavo di fargli un favore. Hagrid mi aveva preparato un impacco con uno strano unguento che aveva lenito il bruciore, aggiungendoci anche un po’ di neve gelata “per velocizzare la guarigione”. Aveva preso da un po’ l’abitudine di curare le ferite dei propri studenti personalmente, per evitare le innumerevoli sgridate dell’infermiera. Per lo meno nel preparare antidoti per i danni delle sue bestiacce era molto bravo.

Mi tastai le dita della mano sinistra, che ormai avevano perso sensibilità a causa dell’impacco gelato, e tirai un sospiro. Dovevo sbrigarmi a tornare al castello, se no per pranzo mi sarebbe rimasto a mala pena un pugno di briciole.

Stavo per raggiungere i gradini del portone quando uno strillo spaventato mi fece voltare di botto. Poco più in là una figura minuta era seduta per terra, ricoperta di neve dalla testa ai piedi. Avvicinandomi scoprii che si trattava di una ragazza, si stava massaggiando la testa e borbottava parole sconnesse.

Quando poi scorsi un boccolo rosso tra il manto bianco di neve realizzai davanti a chi mi trovavo.

“Tutto ok?” quasi gridai, per sovrastare il vento. Rose Weasley alzò il viso verso di me, gli occhioni azzurri mi scrutarono spaventati, mentre mi accostavo.

“Attento c’è il ghiac…” mi avvertì, ma troppo tardi. Finii disteso nella neve, accanto a lei, ricevendo un poco piacevole colpo nel fondoschiena.

“Ouch… non bastava la mano, adesso anche il sedere” borbottai massaggiandomi, mentre mi issavo a sedere.

Rose mi guardò e scoppiò a ridere, inaspettatamente.

“Sei tutto pieno di neve!” esclamò tra le risate. La fissai incredulo, si era resa conto del suo stato?

“Weasley non sei in condizione di parlare, ma ti sei vista? Sembri un pupazzo di neve!”
La ragazza arrossì un poco, si alzò con cautela e si pulì i vestiti con gesti secchi. La imitai.

“Beh, vedo che non hai niente di rotto, quindi…” provai a congedarmi, ma fui interrotto.

“Sono stati i Formichelli?” stava guardando il mio braccio bendato “Che bestiacce, sono davvero pericolose… Hagrid non si dovrebbe ostinare a portarle a lezione”

Scrollai le spalle, senza commentare.

“Come hai fatto?... Voglio dire, perché ti sei avvicinato così tanto..”

“Per mettergli la sciarpa… Non sia mai che prendano un colpo di freddo” risposi con una smorfia. Rose ridacchiò. Poi senza preavviso mi prese la mano ferita, la portò all’altezza dei suoi occhi e iniziò a studiarla con espressione assorta.

“Che stai facendo?”

“Sssh”

“Ma…”

“Ti fidi?”

“Mi fido…? Ma che doman…”

“Ti fidi si o no?” mi interruppe di nuovo, spiccia.

“Mm, si?” feci titubante. Non riuscivo a ostentare la mia solita sicurezza di fronte a lei, la qual cosa mi urtò.

Rose Weasley agitò la bacchetta, pronunciò un incantesimo a bassa voce e subito un piacevole tepore mi percorse le dita.

“Stavano andando in ipotermia, ti ho salvato la mano, 5 a 4 per me”

“Uhm grazie… aspetta ma 5 a 4 che vuol dire?” chiesi, aggrottando la fronte.

La rossa si portò una mano davanti alla bocca, sorpresa di ciò che lei stessa si era lasciata sfuggire.

“Niente di importante” balbettò un poco, poi però parve riprendere la sicurezza di sempre “Ora devo proprio andare, il pranzo mi chiama” si voltò verso il castello, fece qualche passo, poi si volse nuovamente verso di me.

“A presto Scorpius Malfoy!” gridò nel vento, mi sorrise vittoriosa, poi girò i tacchi e corse via definitivamente.

La guardai allontanarsi stranito, la testa piena di domande e dubbi. Lo stridio di un gufo che lottava contro il vento mi riscosse dalla trance. Mi avviai anch’io verso il portone, con una sola nuova certezza. Finalmente avrei potuto togliere quel fastidioso punto interrogativo dal volto di Rose e aggiungere una definizione: “Interessante”.

***

 

R .

 

Arrivai in Sala Grande trafelata, ancora un po’ sporca di neve e disordinata. Tutti gli studenti erano già sistemati nei quattro lunghi tavoli delle case, e qualcuno di loro si voltò a guardarmi ridacchiando. Per lo più si trattava dei miei cari cugini e di qualche amico, per i quali ogni occasione era buona per prendermi un po’ in giro.

Corsi al mio tavolo, dove presi posto accanto alla mia migliore amica Helena Karim, sfavillante nella sua bellezza esotica: pelle color cioccolato e capelli corvini, che amava acconciare nei modi più strani, salvo poi essere sgridata dalla nostra cara preside Minerva McGranitt, ormai novantenne e ancor più rigida che in passato.

Helena mi rivolse uno sguardo severo.

“Sei sempre in ritardo Rosie” esordì; i suoi occhi scuri si puntarono nei miei. Risposi senza prender fiato.

“Lo so Elly, scusa, mi sono attardata a sistemare la serra, e poi volevo fare delle domande a Nev… ehm, il professor Paciock, ma mentre tornavo al castello sono scivolata e…” mi lanciai nel racconto del mio tuffo nella neve, con tanta foga che dopo un paio di minuti Helena mi bloccò ridendo.

“Ho capito, ho capito, va bene così, sei perdonata” mi disse. Non ero ancora giunta a parlarle dell’incontro con Scorpius, ma in quell’istante decisi di tenermelo per me. In fondo, mi dissi, perché raccontare un evento così banale?

Le sorrisi, gettandomi finalmente sul banchetto, ricco come ogni giorno di ogni ben di Dio. Purtroppo i primi erano già scomparsi, ma in compenso mi riempii il piatto di costolette d’agnello, involtini di carne e formaggio e purea di patate.

Avevo appena iniziato a mangiare quando anche Scorpius Malfoy fece il suo ingresso in sala. Su di lui non era rimasta la minima traccia di neve, i capelli e i vestiti sembravano perfettamente asciutti e impeccabili. Malfoy aveva la strana capacità di apparire sempre e comunque composto, elegante e fiero. Invidiavo quella sua capacità che in me era totalmente assente, ma la mia invidia nei suoi confronti si fermava puramente a quel livello. Intellettualmente parlando ero convintissima che ci sarebbe sempre stato un 5 a 4 per Rose, un punto a mio favore, un mezzo per innalzarmi sopra di lui.

Scorpius Malfoy era intelligente, anzi, brillante, lo ammiravo per questo ed ogni volta che lo sentivo rispondere bene a qualche domanda o eccellere in qualche campo, in me qualcosa scattava, forse una sana voglia di competizione, o il mio amore per le sfide o per la cultura oppure per entrambe le cose. Fatto sta che volevo la mia rivincita. Sempre.

“Che lezione abbiamo dopo pranzo?” chiese Helena, cercando la sua agendina nella borsa.

“Incantesimi” borbottai, con la bocca piena. La mia amica mi guardò rassegnata.
“Finirai per strozzarti un giorno o l’altro”

“Oh che bello, i dolci!” esclamai ignorandola.

Veder apparire torte, crostate e budini a volontà era sempre stata per me una fonte di gioia infinita. Forse a causa del fatto che in casa mia madre ci teneva tutti sotto controllo per evitare che mangiassimo troppi zuccheri, o forse perché lei i dolci proprio non li sapeva cucinare.

Mi servii con una generosa fetta di torta al cioccolato, Helena invece optò per la crostata al limone.

“Elly, ti spiace se prima di cena ci esercitiamo un po’ sull’incantesimo rallegrante? Non so, l’altra volta a lezione mi sembrava un po’ fiacco…”

“Ehm… scusa Rosie, non posso. Ho già promesso a Louis che avremmo fatto Trasfigurazione insieme”

“Aaaaah Louis… il mio bel cuginetto colpisce ancora!” la punzecchiai. Helena continuò a fissare il suo piatto, arrossendo appena.

“Aveva bisogno di aiuto, sarebbe stato scortese dirgli di no” rispose semplicemente.

“Si e io sono Morgana. Elly non arrampicarti sugli specchi, ti conosco come le mie tasche ormai”.

“Rose, guarda, i tuoi cugini ti chiamano” mi disse lei, cambiando totalmente discorso.

Pensai fosse solo una scusa per cambiare argomento, invece alzando lo sguardo vidi che Albus si stava sbracciando nella mia direzione, dal tavolo dei Grifondoro.

“Torno subito”

Mi alzai e raggiunsi il mio cugino preferito, compagno di giochi e di chiacchierate sin dalla più tenera età.

“Rosie buongiorno!” mi accolse allegramente “non ci siamo ancora salutati oggi”

“Già” sorrisi “come mai questo buon umore?”

“Niente di particolare, ho l’allenamento oggi” mi rispose. Sparsi per il tavolo c’erano gran parte dei miei familiari: James, a due posti di distanza, che ci stava provando spudoratamente con una biondina che non lo calcolava minimamente, la piccola Lily con Molly, entrambe al terzo anno, che discutevano fitto fitto su chissà cosa, Roxanne, un anno più piccola di loro, che rideva con un folto gruppetto di ragazzi, Hugo, altrimenti detto mio fratello, intento a strafogarsi di dolci insieme al suo migliore amico.

Tutti gli altri erano o troppo piccoli o troppo grandi per frequentare Hogwarts.

“La prossima partita è contro Serpeverde giusto?” chiesi, pur sapendo la risposta.

“Già, James fa bene a farci lavorare duro, muoio dalla voglia di battere                quello” sibilò.

Non ebbi bisogno di chiedere a chi si riferisse, in parte perché lo intuivo, in parte perché seguendo il suo sguardo di fuoco mi trovai a osservare Malfoy, che ignaro di tutto continuava a chiacchierare con i compagni.

“La butti troppo sul personale, Al, non fa bene ai nervi” lo stuzzicai.

“Niente di personale, è oggettivamente riconosciuto che Malfoy sia un arrogante, buono a nulla, figlio di papà, malfidato” snocciolò con rabbia.

James, che non era riuscito nel suo intento di conquista, si concentrò su di loro, gridando “Cantagliele Al!”.

Io personalmente non capivo tutto quell’astio nei confronti del biondo. Non mi sembrava che Scorpius Malfoy fosse particolarmente arrogante, né tantomeno buono a nulla. Si impegnava in tutto ciò che faceva, era determinato e apparentemente anche piuttosto piacevole come persona. Interessante insomma.

Probabilmente, pensai, tutto l’odio dei miei cugini verso la figura di Malfoy era dovuto al fatto che da quando il ragazzo era entrato nella squadra di Quidditch, Grifondoro non era riuscito ancora una volta a battere Serpeverde.  Ma questo ad Al non l’avrei mai detto.

“Come vuoi, ma non ti lamentare quando perderete… di nuovo!”

“Ehi! Ma tu da che parte stai?” si lamentò lui.

“Dalla mia” gli feci l’occhiolino, furbetta “Se voi e Serpeverde vi scannate a vicenda sarà più facile per Corvonero raggiungere la vetta”.

Al mi riservò uno sguardo pieno di risentimento, per poi tornare allegro come prima: d’altro canto, queste sono le regole della competizione.

“Ad ogni modo… mi hai fatto alzare solo per farmi fare un po’ di moto o devi dirmi davvero qualcosa?”

chiesi, ironica.

“Direi più la prima...” fece pensoso “sai, in questo periodo ti vedo un po’ appesantita, una passeggiatina non fa mai male”.

Serrai i denti e lo fulminai, mentre lui rideva a crepapelle per la mia espressione indignata: sapeva che nessuno poteva darmi della grassa, nessuno tranne lui. Ad Al era permesso tutto, o quasi.

“Beh, allora permettimi di tornare a poggiare il mio pesante didietro al mio tavolo. Ah e sappi che tiferò Serpeverde.  A presto Albus Severus!”

In compenso io ero l’unica a poterlo sfottere sul Quidditch. E a poterlo chiamare con il suo nome intero.

Ci regalammo a vicenda un sorriso d’affetto e sfida, come sempre, prima di tornare ciascuno alle rispettive case, lezioni e compagnie.

Eravamo come fratelli, io ed Albus: potevamo permetterci insulti e prese in giro tra noi, ma nessuno doveva osare insultare uno di noi due, se non voleva incorrere nell’ira dell’altro. Allo stesso tempo però una profonda amicizia ci spingeva a cercarci sempre, a confidarci i nostri problemi, a ridere e piangere insieme.

Di una cosa ero profondamente convinta, niente e nessuno ci avrebbe mai allontanati.

  
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