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Autore: Nebula216    02/01/2013    1 recensioni
"[...] -Sembri nostra madre.-
Esordì Hassan appoggiato allo stipite della porta. La prima luce della luna illuminava la sua pelle dorata, rendendola più chiara e opaca di quello che era alla luce del sole: le vesti erano ricoperte di polvere, probabilmente perché qualche cavallo non aveva voluto farsi prendere. Risi, togliendogli dai capelli un filo di paglia.
-E tu sembri un puledro conciato in questo modo. Chi ha fatto storie adesso? Shetan? Hani? Ayman?-
Mio fratello scostò lo sguardo, imbronciato.
-…Farah Dihba.-
Sussurrò a denti stretti e facendomi scoppiare, non volontariamente, in una risata allegra [...]"
Prima FF su Assassin's Creed, spero vi piaccia.
Genere: Azione, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altaïr Ibn-La Ahad, Malik Al-Sayf, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Roberto di Sable
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4:Gerusalemme
 

Gerusalemme era una città talmente grande che, se fossi uscita da sola, mi sarei persa dopo pochi attimi.
Ancora non mi sembrava vero che fossi arrivata in Terra Santa, non potevo minimamente immaginare che uno dei miei più grandi sogni si fosse realizzato; eppure ero là, carezzata dai raggi caldi e dorati del sole, sorridente come una bambina alla quale è stato regalato il suo primo gioiello.
Osservai la gente dal balcone della casa che mio padre aveva scelto come dimora per il tempo che saremo rimasti lì: presi un piccolo grappolo d’uva matura, mangiandone i chicchi con allegria, mentre Margaret sistemava la camera che mi era capitata… lamentandosi oltretutto dei soldati maleducati.
-Ma guarda te se questi uomini devono iniziare a fischiare come cardellini! Ah signorina mi dispiace che sia finita in questo porcile!-
Se devo esser sincera, non l’ascoltavo affatto, ero rapita dai colori delle stoffe al mercato, dai bambini che si rincorrevano nella folla, persino dai venditori che tiravano asini troppo testardi per proseguire: Gerusalemme era totalmente diversa dalla mia casa.
Più colorata, più calda… decisamente più accogliente.
Sorrisi, chiudendo gli occhi e lasciando che un leggero venticello mi carezzasse la pelle: l’umidità che caratterizzava la mia terra svanì al minimo tocco delicato del soffio orientale.
Avrei voluto restare in quella città per tutta la vita, e sapevo che sarei stata capace di farlo se avessi avuto l’occasione: il coraggio non mi mancava, e come poteva essere assente?
Di audacia ne avevo da vendere… dovevo solo avere la mia occasione.
Riaprii gli occhi.
-Non ti preoccupare Margaret… non ti preoccupare.-
-Ah, lei signorina è troppo buona! Fossi stata in lei una scudisciata a quei porci non gliela levava nessuno!-
Non potei fare a meno di ridere, ben immaginando la scena che la governante aveva proposto: sapevo benissimo che era capace di farlo, per questo cercavo di tenerla calma e tranquilla con mansioni diverse. Quella mattina, se non l’avessi portata via, avrebbe tirato una giara colma d’olio in testa a un soldato per un suo commento poco… galante.
Con un sorriso, mi voltai.
-Margaret, che ne dici se andiamo al mercato? Non ho voglia di star chiusa in questa camera, voglio vedere la città.-
La governante, quando finì di piegare delle stoffe, mi fissò, con i pugni sui gomiti: in un modo o nell’altro l’avrei convinta, non era così severa come mio padre.
Sapevo benissimo che, per lei, quella posizione significava “Non se ne parla”, ma non aveva la stoffa per esser severa con me: mi aveva cresciuta e allevata come se fossi stata sua figlia, mi aveva sempre difesa e protetta nelle mie fughe infantili… come poteva non appoggiarmi?
La governante sospirò.
-Pochi minuti signorina. Non voglio incappare nell’ira di suo padre.-
Con un sorriso da orecchio a orecchio, presi un velo e me lo avvolsi intorno ai capelli.
-Sbaglio o mio padre è a svolgere uno dei suoi tanti incarichi Margaret?-
-Sì, ma…-
Mi voltai, guardandola negli occhi con serenità.
-Niente “ma” Margaret: basterà convincere le guardie e tutto andrà bene.-
La governante sospirò, salvo poi prendere a sua volta un velo e farmi strada nei corridoi della nostra nuova casa.
Era immensa, io stessa sarei stata capace di perdermi in poco tempo e ancora non riuscivo a spiegarmi come mai Margaret avesse memorizzato, così in fretta, i corridoi da seguire da quelli a cui non potevo accedere. Nonostante volessi bene a mio padre, qualche volta mi veniva spontaneo pensare che le sue scelte per la mia sicurezza fossero… eccessive.
Avevo bisogno di aria, non potevo sempre star chiusa in quelle mura.
Aggirammo facilmente le guardie, dato che queste ultime non facevano altro che pattugliare le stesse zone della dimora: certo potevano allargarsi un pochino, pensai sarcasticamente mentre seguivo Margaret nella folla del mercato.
I bambini giocavano allegri e spensierati, si rincorrevano tra gli adulti che cercavano di vendere i prodotti locali o che, per un motivo o per un altro, discutevano. Tutta quella vitalità mi fece sorridere di cuore: non avevo modo, nella mia terra natale, di vedere la gente così piena di vita, allegra e tranquilla… me ne stavo ore e ore nelle mura, raramente potevo uscire per una cavalcata o una passeggiata e, se accadeva, ero sempre scortata da qualche guardia.
La mia non poteva esser considerata davvero vita se la paragonavo a quella che avevo di fronte.
Sospirai, prima di sentire un bambino sbattere contro le mie gambe.
-Bashir! Tutto bene?-
Un altro bambino, di cinque anni, mi si avvicinò, mentre stavo aiutando il piccolino.
-S…Sì. Grazie signorina.-
Sorrisi.
-Di niente piccolino, stai bene vero?-
Il bambino annuì, per poi guardare quello che, ad occhio, mi parve suo fratello vista la somiglianza. Quest’ultimo lo guardò.
-Andiamo Bashir, mamma deve essere avvertita!-
-Sì Jamal. Grazie signorina!-
Prima che potessi dire altro, i due piccoli scattarono e scomparirono nella folla, mentre Margaret mi rivolse uno sguardo.
-E’ tardi signorina Aisha… dobbiamo rientrare.-
Tardi?
Il sole aveva appena superato il mezzogiorno, come poteva esser tardi?
-Ma… Margaret, non è nemmeno calato il sole.-
-Suo padre tornerà a momenti signorina, è giusto attenderlo.-
Sospirai, salvo poi seguire la mia accompagnatrice tra la gente che, almeno a mio avviso, sembrava cambiata: erano timorosi, nervosi…
Non sorridevano più come prima.
Qualcosa non tornava.
 
-Aspetta, deve esserci un altro modo. Non c’è bisogno che muoia.-
La figura non lo ascoltò: senza un minimo di compassione, afferrò l’anziano alle spalle e, con un colpo preciso della lama, spezzò la sua vita in una manciata di secondi.
Altri due, come lui, lo raggiunsero.
-Bella uccisione. La fortuna favorisce la tua lama.-
Esordì il più giovane, mentre l’assassino ripuliva la sua lama, per poi rispondergli
-Non la fortuna, l’abilità. Resta a guardare, potresti imparare qualcosa.-
-Davvero. ti insegnerà a trascurare tutto ciò che il Maestro ci ha insegnato.-
Replicò, con ira, l’ultimo: cosa gli stava passando per la testa?!
-E come avresti fatto?-
Gli domandò, a sua volta, il primo.
-Non avrei mai attirato l’attenzione su di noi.
Non avrei tolto la vita ad un innocente.
Io avrei seguito il credo.-
Niente da fare: la sua risposta sembrava una bazzecola alle orecchie del compagno che, orgoglioso, lo fissò da sotto il candido cappuccio.
-Niente è reale, tutto è lecito. Un giorno sarai come me Malik e comprenderai meglio queste parole. Non conta come si svolge un incarico… l’importante è che sia fatto.-
Aveva perso la retta via, come poteva dir questo?!
-Ma non sono questi i principi…-
Tentò di dissuaderlo, inutilmente: la risposta fiera del compagno arrivò presto
-I miei sono migliori.-
Sospirò, muovendo le braccia come per levarsi di dosso una colpa non sua: era meglio levarsi da lì.
-… Vado in avanscoperta… cerca di non disonorarci oltre.-
Detto questo, diede un’occhiata veloce al più giovane e corse via, lasciando i due compagni soli.
Curioso e timoroso allo stesso tempo, il ragazzo di rango inferiore si avvicinò all’altro
-Qual è la missione? Mio fratello non mi ha detto nulla, solo che devo essere onorato dell’invito.-
Onorato dell’invito: aveva detto giusto.
Con un passo, l’assassino orgoglioso si voltò verso di lui, rispondendo alla sua domanda.
-Pensiamo che i templari abbiano trovato qualcosa sotto le mura del tempio.-
-Un tesoro?-
Rispose, quasi stupito, il giovane.
-Non lo so. Ciò che conta è che il Maestro lo considera importante, altrimenti non mi avrebbe chiesto di recuperarlo.-
Replicò il primo, per poi seguire la strada che aveva preso l’altro.
Non era stato difficile trovare il luogo, sarebbe stato ancor meno difficile uccidere i templari: quegli schifosi stranieri avevano osato dichiarar guerra alla loro terra, e per cosa?
La risposta a questo quesito non l’aveva, sapeva soltanto che il Maestro voleva quell’oggetto…
Glielo avrebbe portato.
Uccise, in silenzio, una sentinella, per poi avvicinarsi a delle rovine e restare in ascolto assieme ai compagni.
Su un tavolo di legno robusto stavano delle pergamene di vario tipo, mentre sopra di esso si ergeva un manufatto dorato, caratterizzato da una luce che, alla fiamma delle poche lanterne, sembrava propria.
-Quella dev’essere l’Arca.-
Disse, con un sussurro, il fratello del più giovane, il quale deglutì stupito.
-E’… l’arca… dell’alleanza?-
-Non essere stupido, quella non esiste. È solo una favola.-
Rispose l’assassino orgoglioso, ricevendo un’occhiata stralunata dal giovane.
-Allora cos’è?-
Osò domandare, quando il fratello maggiore alzò una mano inquieto.
-Zitti! Arriva qualcuno.-


Angolo Autrice: Eccomi qua! Lo so, vi ho fatto aspettare tanto e mi dispiace, ma lo studio e tutto il resto mi hanno messo K.O l'ispirazione.
Che dire, la storia inizia a prendere una piega interessante, no?
Al prossimo capitolo (Già pronto e prossimo ad esser postato)! Son graditi commenti e pareri-consigli :)!
Bacioni!
Nebula216 <3
   
 
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