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Autore: _myhappyending    02/01/2013    3 recensioni
Passano 5 anni dalla morte di Artù e uno strano uomo si presenta a Camelot lasciando una strana profezia a Merlino. «Di mito è il suo nome, oro colato i suoi capelli, le onde del mare negli occhi.
Nobile cuore del più valoroso cavaliere le è stato dato, animo coraggioso e puro.
Trovala, Emrys, e ti porterà al tuo completo destino.
Ma attento, la sua persona è la tua gioia e la tua pena. Solo lei, però, può portarti al tuo re, solo lei è la chiave perché il solo e futuro re rinasca. Ascolta le mie parole, Emrys.»
E Merlino lo fa, cerca ovunque quella donna finchè invece non è proprio lei ad andare dal mago, e con lei una dolce sorpresa.
Genere: Malinconico, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Gwen, Merlino, Nuovo personaggio, Principe Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Chapter 1.
If you get lost you can always be found.

 
Altri cinque anni erano passati dalla morte di Artù e Merlino non aveva dimenticato le parole dell’uomo. Aveva già sentito una simile profezia dal drago, quando lo aveva avvertito di togliere di mezzo Morgana. Stavolta non se lo sarebbe fatto ripetere due volte, non avrebbe rischiato di nuovo di far cadere il regno in mani sbagliate.
Perché era così che si sentiva Merlino, ogni giorno della sua vita. In colpa. Si svegliava la mattina con fare triste, preparava la colazione a un Gaius ormai fin troppo vecchio, si dirigeva nelle camere di Artù e vedeva la regina malata dormire da sola, a volte anche piangendo, e pensava solamente “Se avessi fatto…  Artù sarebbe ancora qui”, “Se avessi potuto…  Artù sarebbe ancora vivo”, “Se fossi stato in grado di…  Artù vivrebbe ancora”.
Aveva girato in lungo e in largo tutto il regno di Camelot, la cittadella e la periferia, senza incontrare nessuna donna che corrispondesse all’indicazione del profeta. Ogni tanto cedeva, si demoralizzava, ma poi osservava Ginevra distrutta dalla polmonite. Che cosa sarebbe successo se fosse morta senza eredi? Camelot sarebbe stata in pericolo.
E poi, quell’uomo aveva detto “solo lei è la chiave perché il solo e futuro re rinasca”. Artù sarebbe rinato, Artù sarebbe tornato a Camelot, non importava quanto Merlino avrebbe dovuto cercare. Per sempre, anche.
 

- - - -

 
Aveva appena finito di piovere sulla strada che giungeva verso Camelot. Il sentiero era diventato scosceso, instabile e fangoso. Le foglie bagnate si attaccavano agli stivali della giovane donna bionda che si apprestava a raggiungere il regno, mentre un pungente odore di muschio le pizzicava il naso all’insù.
Teneva per le briglie un cavallo magro, nero, rubato da un allevamento poco distante poiché troppo stanca per continuare il viaggio a piedi.
La prossima volta viene a prendermi lui, se proprio vuole fare il bravo padre e tenermi con sé. Pensò sborbottando. Medea, questo era il suo nome, era una giovane donna di venti anni, capelli color paglia e occhi color del mare. Era rimasta orfana di madre da poco, e suo padre Roland, fabbro famoso del regno di Camelot, le aveva inviato una lettera in cui le ordinava di andare a vivere con lui, poiché troppo giovane per sostentarsi da sola.
Non ero troppo piccola quando invece ci hai lasciate da sole, vero? Aveva pensato subito dopo aver stracciato la lettera.
Ed eccola lì, tre giorni dopo, in viaggio verso la famosa cittadina. Aveva sentito tante storie su quel regno glorioso, che fin dagli antipodi era stato uno dei più forti e valorosi dei Cinque Regni.
Ma aveva anche sentito storie paurose su quel re cattivo che aveva ucciso in massa streghe, druidi e qualsiasi altra creatura magica. Le voci di tale brutalità erano arrivate fino ai villaggi più lontani, ma la tradizione orale comportava sempre l’aggiunta di qualche leggenda non sempre fondata.
Poi, dalle storie di re Uther, si era passati alle storie di re Artù, completamente diverse da quelle del padre. Chiunque avesse avuto l’onore di parlargli, ne aveva il ricordo di un uomo buono, un re giusto e pacifico, coraggioso e leale, disposto a morire per il suo regno più e più volte.
Pareva fosse morto dieci anni prima a causa di una terribile guerra a Camlann, dove aveva dimostrato il suo valore, il suo coraggio, ed era morto con onore, aveva vinto la sua guerra per Camelot, per far risplendere il suo regno.
Medea non ci credeva molto, a queste cose. Nel villaggio dove abitava, la gente era sempre prepotente, i cavalieri del re saccheggiavano le case, stupravano le donne. Non era possibile, per la concezione di cavaliere nella sua mente, che uno di loro potesse essere così valoroso.
Giunse all’inizio di un lago grande, al cui centro, in lontananza, si poteva scorgere un’isola. Tutt’intorno, la nebbiolina e la mancanza di sole pitturavano tutto di grigiastro. «Ci riposiamo, Lyon?» Aveva dato a quel cavallo anche un nome, solo per ringraziarlo del trasporto senza cibo.
Per farlo riposare, tirò giù i sacchi dalla schiena del cavallo e li posò sotto un albero, legò le briglie allo stesso tronco e poi si avvicinò al lago. L’acqua era cristallina, limpida. Mettendo le mani a coppetta, prese un po’ d’acqua e si bagnò il viso, rinfrescandosi. Si chiedeva come sarebbe stata la sua nuova vita a Camelot, cosa avrebbe fatto? La sua vita sarebbe stata monotona, ma se proprio i cavalieri erano così nobili come si narrava, allora almeno avrebbe potuto camminare per le strade senza preoccuparsi di esser rapita.
Sorrise a quel pensiero, ma mentre si tirava su, venne distratta da un mugolio. Sembrava un lamento, una richiesta di aiuto. Si guardò in giro velocemente e si accorse di un uomo sdraiato per terra, metà corpo nell’acqua, metà fuori. Medea corse verso di lui, lo fece voltare e si accorse di una ferita sul fianco. L’uomo non parlava, ma era completamente bagnato. Di fronte a lui, a qualche metro di distanza, vi era una specie di barca. Aveva viaggiato per mare e si era ferito? «Signore, mi sentite?»
Il ragazzo aprì gli occhi azzurri e guardò quelli di Medea, indicando con il dito la sua gola. «A.. Acqua..» sussurrò. Medea prese la sua borraccia e fece bere il ragazzo. Non sapeva cosa fare per la ferita, così provò a toccarla con la mano, ma, stranamente, si accorse che non c’era ferita. La pelle sotto la ferraglia era intatta, ma la retina era strappata e sanguinante, doveva essersi rimarginata, forse. «Signore, come vi sentite?»
«Do.. Dove sono?» domandò, tirandosi su con il busto. Sembrava confuso, e si toccò i capelli biondi per spostarli dal viso.
«Siamo quasi arrivati a Camelot, mio signore». Rispose lei, in rispetto all’armatura che portava. Bene, un cavaliere. Pensò, ironicamente.
«E tu chi sei?»
«Medea, mio signore»
«E io… Io chi sono?»
Medea sussultò un attimo e corrugò la fronte, alzando poi gli occhi al cielo. Bene, ci mancava anche questa. 
   
 
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