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Autore: SayOvolollo    02/01/2013    0 recensioni
Questa è la storia di due ragazzi, due ragazzi che per caso, si sono ritrovati insieme. Questa storia parla della loro vita, delle loro avventure, delle piccole cose di ogni giorno, ma soprattutto è una storia reale. Non ho in mente cosa succederà alla fine della storia. Forse questa storia non avrà fine e rimarrà incompleta.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Hey, sono a casa!”
Esclamò salendo le scale di corsa, come era solita fare, anche se in quel momento aveva due sacchetti pesanti in ogni braccio. I sacchetti erano pieni di scatole di dolcetti francesi, altri muffin di Pierre-questa volta era riuscita a infilargli i soldi in tasca con il bigliettino con scritto “te l'ho fatta!”- e merendine varie. Dopotutto, se non le fosse piaciuto il cibo in Italia, cosa avrebbe dovuto mangiare? Non era sicura che le merendine di cui andava pazza fossero in vendita anche in Italia, quindi aveva fatto scorta industriale. Salì direttamente in camera senza fermarsi in cucina. Erano le dodici e venti. Perfettamente in orario. Sarebbe arrivata prima se solo Louis non l'avesse trattenuta per darle un pacchetto, e le disse di aprirlo non prima di essere arrivata in Italia, Lei promise che l'avrebbe aperto non appena avrebbe avuto del tempo libero a casa dei nonni. Non appena fece irruzione in camera notò che la madre le aveva fatto la valigia, e aveva fatto entrare tutto, come per magia. La teca portatile con dentro la sua iguana a cui aveva dato il nome di Louis era pronta sul letto. Prese uno zaino abbastanza capiente dal fondo dell'armadio e ci buttò tutte le merendine dentro. Era pieno, riuscì a chiuderlo per un pelo, facendosi male anche ad una mano. Fece la prova a caricarselo sulle spalle. Era pesante sì, abbastanza anche, ma riusciva a tenerlo perfettamente. Prese il suo Jambè e la teca con l'iguana entrambi in una mano, e provò a prendere la valigia con l'altra. Impossibile.
“Jaaaaaaaaames!” Urlò dalla camera, sperando che il fratello grande la sentisse. Era l'unica femmina con altri tre fratelli maschi in famiglia. Uno più piccolo di lei, Hugo, di sei anni. Tutto una lentiggine, occhi grigi come il padre, biondo, come tutti i componenti della famiglia dopotutto, e un aria da diavoletto che non smentiva per niente il suo vero carattere: era una vera peste! Poi un fratello di quindici anni, Charlie, perseguitato dalle ragazze per la troppa bellezza, che ogni mese cambiava fidanzata, scorbutico all'ennesima potenza, ma che più volte l'aveva difesa davanti a delle ragazzine della sua classe che la stavano insultando pesantemente e più volte aveva dimostrato-a distanza di anni-di volerle bene. Tanto anche. Poi c'era James, 17 anni e un amore di ragazzo. Anche lui aveva tante ragazze che gli ronzavano attorno, ma soprattutto per il suo carattere da tenerone. Era un ragazzo dolcissimo e sempre pronto ad aiutare chiunque si trovasse in difficoltà. Passava molto tempo con Leila, e soprattutto, sarebbe stata la persona che più le sarebbe mancata, dopo Louis ovviamente. La porta si aprì e sulla soglia apparve Charlie, senza maglietta, scalzo, con un paio di jeans indosso e l'aria assonnata di chi è stato buttato dal giù letto a forza.
“Oh ma che schifo Charlie, copriti, non sei un bello spettacolo! E poi io avevo chiamato James, non te!” Disse Leila con una smorfia. Mentiva, lo stava solo punzecchiando, lo sapeva bene che suo fratello avrebbe potuto essere uno tra i tre ragazzi più belli del paese, assieme a James e Louis. Il fratello le fece una linguaccia.
“Lo so che non avevi chiamato me, pensi che sia venuto qui di mia spontanea volontà? James sta aiutando papà a scaricare Skype sul tuo nuovo Mac, così potremo sentirci e vederci, anche se io non ho tutto questo piacere di vedere la tua faccia in HD su uno schermo di computer. Comunque, che vuoi da James?”
“Brutto scemo, dillo che ti mancherò e che sarai felice di sentirmi, dillo!”
“Nah, per niente.”
“Ah, si? Va bene okay, questa me la segno.” Disse, mettendo il broncio.
Il fratello le si avvicinò e le cinse la vita con le braccia, baciandole la fronte. “Mi mancherai, idiota. Contenta ora?” Disse velocemente staccandosi da lei e ricomponendosi.
Leila, lo guardò sorridendo. Poi gli si buttò di nuovo addosso, coprendogli il viso di baci.
“Awww, il mio fratellone che mi dimostra affetto!”
“Heeey, guarda che non sono James-il-pupazzo-coccoloso, sono Charlie!”
“Scusa, ma sai, me lo dovrò far bastare per nove mesi, almeno fino alla prossima estate!”
“Oh beh, hai ragione. Ma ora mi dici perché chiamavi James?”
“Volevo un aiuto per scendere la valigia, io con lo zaino, il Jambè e Louis non ce la faccio a trasportarlo di sotto!”
“Devi proprio portarti il tamburo e la lucertola?”
“Non si chiama tamburo, si chiama Jambè e quella non è una lucertola, è la mia iguana e si chiama Louis!”
“Ah già, si chiama come il tuo fidanzatino!”
“Smettila! Non è il mio fidanzatino, siamo solo amici!”
“Si, si.. dicono tutti così..” Annuì il fratello con un ghigno stampato sul viso, prendendo l'enorme e pesante valigione, cominciando a scendere. Leila lo ignorò. Ormai sapeva che lo faceva per provocarla e non voleva battibeccare prima della partenza. Della grande partenza. Prese lo zaino, il suo Jambè e Louis, e raggiunse tutti gli altri di sotto.
“Ciao mamma, ciao papà, Hugo, James!” Salutò allegramente il fratellone, la madre e il padre con un bacio sulla guancia, mentre al fratellino scompigliò i capelli dolcemente.
“Leila, Leila, guarda cos'abbiamo fatto per te!” Suo fratello Hugo saltellò verso di lei con le mani dietro la schiena, dietro di lui seguiva il resto della famiglia che si godeva la scena sorridendo. Il piccolino le porse un pacchetto abbastanza grande, come un foglio A4, ed era anche un po' pesantuccio. Provò ad agitarlo, ma non fece nessun rumore. Era piatto. Qualcosa le fece pensare ad una cornice. Strappò via la carta: aveva ragione. Era una foto dei suoi fratelli e dei suoi genitori incorniciata, sulla cornice di vetro stava una scritta fatta con un pennarello indelebile rosso: “Così non potrai mai dimenticarci.” Leila rimase a bocca aperta, poi appoggiò la cornice sul tavolo e corse ad abbracciare i suoi familiari, uno per uno. “Come potrei dimenticarvi? Siete fantastici! Mi mancherete un sacco!” Aveva gli occhi lucidi. Ma no, non voleva piangere. “Oh, dimenticavo il Calvin Klein!” Inventò una scusa per non farsi vedere con gli occhi lucidi dalla sua famiglia, così corse in bagno e chiuse la porta, asciugandosi silenziosamente le lacrime e sentendo la madre che diceva ai suoi fratelli di andarsi a preparare per andare all'aeroporto. Si bagnò gli occhi e li asciugò con l'asciugamano, così non sarebbero apparsi arrossati agli occhi degli altri, si spruzzò ancora un po' di profumo e poi portò la bottiglietta in soggiorno, e la mise dentro uno degli scompartimenti esterni della valigia. I fratelli scesero dieci minuti dopo ben vestiti e profumati. Hugo aveva un paio di sneaker della Adidas, dei jeans e una felpa del suo cartone animato preferito dello stesso colore delle scarpe. Charlie invece, aveva un paio di Nike Blazer nere, un paio di pantaloncini che gli arrivavano al ginocchio, e una maglietta nera. James, aveva delle Converse Padded Collar di pelle nere, dei jeans neri, e una camicia rossa a quadretti. Erano bellissimi, pensò Leila. Suo padre invece aveva dei jeans, una camicia bianca, giacca e cravatta e delle sneaker totalmente bianche, e la madre una tailleur formato da una gonna azzurra, una camicia bianca e una giacca abbinata alla gonna. Wow, si erano vestiti davvero bene solo per accompagnarla all'aeroporto. Era fiera di andare in giro per le strade assieme alla sua famiglia. La gente che passava li guardava e sorrideva. Avevano sempre il sorriso stampato in viso, ed era una cosa di cui la famiglia Austin andava fiera.
Entrarono tutti in macchina, e Leila insistette per tenere l'iguana sulle gambe. Charlie le volle portare la valigia, Hugo le permise a malincuore di mettersi dalla parte del finestrino, e, alla fine del viaggio in macchina, James la prese sulle spalle e se la portò in giro per tutto il tragitto a piedi, anche dentro l'aeroporto, mentre suo papà le portava lo zaino, Charlie la valigia, Hugo il Jambè e la sua mamma le portava l'iguana, tenendo la teca il più lontano possibile che poteva da sé con un'aria totalmente contrariata. Fecero il giro dell'aeroporto di Parigi, entrando in tutti i negozi presenti per ammazzare il tempo dell'attesa. Ma alla fine, arrivò il momento tanto atteso: il suo aereo stava per decollare e lei doveva raggiungere al più presto l'hostess che l'avrebbe accompagnata.
“Su, nanerottola, non farla lunga altrimenti mamma scoppia a piangere.” disse Charlie facendole un sorriso. Leila ricambiò il sorriso e lo abbracciò per un lungo momento mentre lui le accarezzava i capelli. “Mi mancherai. Tanto.” le sussurrò in un orecchio, e per un attimo Leila rimase a bocca aperta, ma poi sorridendo gli stampò un grosso bacio sulla guancia e abbracciò Hugo.
“Sorellona, mi mancherai tanto... posso usare la tua tazza mentre tu non ci sei?”
“Hugo!”
“Oh.. scusa mamma.. mi mancherai tanto Leila!”
“Sei sempre il solito, piccola peste. Comunque si, puoi usarla!” gli sorrise vedendo il suo viso illuminarsi. Abbracciò mamma e papà. La mamma scoppiò a piangere, l'abbracciò forte e la riempì di raccomandazioni. Il papà invece stava notevolmente trattenendo le lacrime, l'abbracciò e le diede una pacca sulla spalla. Poi fu il turno di James, che l'abbracciò forte, la coccolò per un po' e con un mitico “Divertiti!” la lasciò andare, dandole in mano il carrello con la valigia, il Jambè, lo zaino e la teca con Louis. Lei trascinò quasi correndo il carrello verso l'hostess, lasciandosi alle spalle sua madre tra le braccia di Charlie, Hugo che la guardava immobile con gli occhi velati di lacrime, con la sua giraffa di peluche che gli pendeva da una mano e che toccava terra con una zampa e con la cosa. L'hostess le prese il carrello.
“Che tenera famigliola. Parti per un po', eh?”
“Eh già!”
   
 
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