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Autore: Silinka    02/01/2013    6 recensioni
Perchè è impossibile spezzare il filo rosso che il destino ha legato alle nostre dita.
***
«Va bene che ci conosciamo da tempo, ma non ti sembra un po’ frettoloso spogliarti per me appena al secondo appuntamento?» chiese con tono ironico Zayn.
Presa alla sprovvista lanciai un urlo. Paonazza per l’imbarazzo e l’irritazione strinsi convulsamente a me il telo che mi copriva e che, prima d’accorgermi di non essere sola nella stanza, avevo iniziato ad allentare incautamente. Mi addossai completamente alla porta tenendo gli occhi iniettati di risentimento ben fissi sul ragazzo che aveva parlato.
Zayn, che era coricato sul mio letto con le mani portate dietro la testa a mo di cuscino, mi stava fissando interessato con una strana luce negli occhi. Un’espressione pacata gli distendeva il volto.
Montò in me il nervoso.
«Si può sapere che cazzo ci fai in casa mia Malik?» chiesi furiosa con la voce alterata dall’isteria dopo infiniti attimi di silenzio durante i quali, lavorando freneticamente, il cervello aveva analizzato e messo in chiaro la situazione in cui mi ero ritrovata.
«Te l’ho detto Felix che ci saremmo rivisti presto» rispose con semplicità scrollando le spalle ed aprendosi in uno
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1. Dreamin'.

[ Trallallerolallalà efp ha deciso di tenere il banner tutto per sé, graaazie mille ._.

1. Dreamin’.

  Sullo schermo del computer era proiettato ancora una volta il suo viso. Doveva essere almeno la millesima volta che in quei cinque giorni mi soffermavo a guardarlo. Era una cosa che non dipendeva da me, era lui che mi attirava a se ed io non potevo far altro che ubbidire.
 Una foto in bianco e nero mi occupava l’intero schermo del PC.
 Una foto in bianco e nero scattata chissà dove e chissà quando aveva  monopolizzato i pixel dello schermo del mio computer; sorrideva, uno stupendo sorriso da trentadue denti che, inevitabilmente, si era appiccicato come una calamita alle mie labbra.
 Ormai erano dieci minuti che ero distesa bocconi sul letto a rimirare quegli occhi incolore sognando che potessero realmente posarsi su di me e farmi sorridere con il cuore come non facevo da tempo. Ah quanto mi sarebbe piaciuto!
 Sembrava quasi che la tenue luce che m’illuminava da dietro confluisse in lui, unicamente in lui, nelle sue labbra allargate a mostrare i candidi denti, nei suoi occhi che mi scrutavano, nel suo volto incantevole.
 Allungai una mano per chiudere la parte superiore del portatile e, di conseguenza, sottrarlo al mio sguardo. Era meglio così. Quando svanì fu come riemergere dopo una lunga apnea. Incrociai le braccia sul laptop appoggiandovi su il mento fissando un punto indefinito davanti a me. Persa in un’altra immagine in bianco e nero lasciai che l’ennesimo sospiro fuoriuscisse silenzioso dalle mie labbra e mi galleggiasse rumorosamente nella testa.
 Basta vaneggiare su un futuro impossibile d’avere. Mi facevo solamente del male così, ma era talmente bello poter fantasticare! Mi piaceva sentirmi leggera e poter volare senza pensieri nel nulla dei miei mondi incantati.
 La sua voce continuava imperterrita a creare suadenti armonie nelle mie orecchie.
 “Louis William Tomlinson chi diavolo sei?”.
 Cambiò la canzone, cambiò il ritmo e la musica, cambiarono le parole e lui rimase lo stesso incanto custodito nell’oscurità del regno che si celava dietro le mie palpebre calate. Era lui la luce che mi riscaldava e teneva lontano i demoni che altrimenti mi avrebbero catturato e fatto di me il fantasma di ciò che ero.
 Era la mia ancora.
 Ritmo musica note.
 Sentivo il cuore battere a ritmo con loro.
 “Then I see you on the street
In his arms, I get weak
My body fails, I'm on my knees
Praying”.[1]
 Mi lasciai trasportare lontano da quella melodia, lasciai che mi cullasse nel sonno in cui stavo lentamente cadendo. Le sue mani sicure mi sorressero stringendomi a sé mentre cadevo nel vortice che mi stava risucchiando. Il solito nero privo di qualsiasi cosa. Ormai c’ero abituata, non mi faceva più così paura come le prime volte. Ma ora c’era lui, ora c’era Louis a tenermi su e illuminarmi.
 Bleh, quanta dolcezza.
 Il punto è che era la prima cosa cui mi appassionavo dopo quello che era successo.
 Dopo il dopo non ero più riuscita a farmi prendere da nulla, avevo avuto paura, mi ero sempre tirata indietro, non volevo che le cose mi risucchiassero distruggendomi come già successo. Mi ero completamente estraniata dal mondo affrontando tutto con fredda superficialità. Poi… Poi erano arrivati loro, era arrivato lui, e tutto era semplicemente riniziato.
 Non mi sentivo in quella maniera da un’epoca a quello che ricordavo. Così emozionata, piena, felice, viva.
 Sentivo il cuore pomparmi nel petto, lo sentivo rimbombare, sorridevo; certi giorni sorridevo così tanto che, sotto le coperte, la notte, dopo che mi ero coricata e con la mente avevo ripercorso velocemente la giornata appena terminata, mi dolevano le guance. Erano sensazioni conosciute ma, al tempo stesso, estremamente nuove da renderle sorprendentemente mozzafiato.

   «Hey Fee [N.d.A.: in tedesco si legge Fii] svegliati, piccola è ora che ti svegli» sentii sussurrare da una voce roca al mio orecchio. Calde labbra si adagiarono appena sotto per rendere più dolce quel risveglio che non voleva arrivare.
 Mugugnai qualcosa nel sonno, contrariata, in totale disappunto con chiunque mi stesse disturbando. E chi me lo faceva fare di svegliarmi? Non ci pensavo proprio.
 Tirandomi le coperte fin sopra la testa ignorai completamente ciò che disse il mio compagno e mi voltai dall’altra parte dandogli le spalle. Ancora non avevo voglia di aprire gli occhi e abbandonare il bellissimo sogno che mi inebriava la mente.
 La voce roca risuonò in una leggera risatina.
 Il cuore, fino ad allora assopito, prese a pompare a massima velocità.
   «Fai i capricci come i bambini?» proseguì con tono dolce e sommesso il ragazzo.
 Nuovamente grugnii qualcosa di incomprensibile. Le palpebre pesanti tremolarono sotto il secondo bacio di quella mattina dato sull’angolo destro della bocca. Con uno sforzo immane riuscii a rimanere immobile fingendomi profondamente assopita. Volevo vedere Lui come si sarebbe comportato. Sì, Lui, perché ormai ero più che certa si trattasse di un lui in generale se non proprio di lui Lui, Lui il ragazzo più perfetto dell’universo.
 Avvertii il tocco caldo delle sue mani risalirmi lungo la schiena e poi le molle protestare cigolando sotto il suo peso che si aggiungeva al mio. Mi aveva scavalcato mettendosi comodo sul mio letto. Non avevo vie di scampo: da un lato il suo corpo dall’altro il muro. Ero in trappola. Una favolosa trappola a dire il vero.
 Di nuovo le sue mani sul mio corpo, questa volta avevano oltrepassato l’ostacolo delle spesse coperte e stavano percorrendo la mia pelle facendola increspare. Avrei resistito ancora per poco con quella farsa. Per guadagnare qualche altro minuto scrollai le spalle cercando di levarmelo di dosso.
   «Oh – commentò con tono triste – mi scacci via così eh Fee? Ed io che volevo farti un po’ di coccole questa mattina» disse malinconico e non mi fu difficile figurarmi il suo volto spento dalla radiosa allegria che era sua per eccellenza. Quel pensiero rese triste anche me.
 Spalancai gli occhi nel medesimo istante in cui sentii la sua pesa svanire. Non volevo se ne andasse, era ancora troppo presto. Inoltre io volevo il mio buongiorno dato come si doveva. Senza di quello la giornata non sarebbe stata la stessa.
   «No!» ribattei subito stringendogli l’avambraccio preda del terrore di vederlo svanire assieme agli ultimi residui della dormita. «Resta, per favore. Sono sveglia, sì sono sveglia» aggiunsi lasciando che la voce scemasse nel silenzio. Vederlo lì davanti a me fu come… Come… Era un po’ come guardare la stella più luminosa e bella di tutta la galassia seduta in prima fila con pop-corn e Coca-Cola da mezzo litro. In parole più comuni: uno spettacolo mozzafiato.
 Ora sì che mi pentivo di non abbandonato prima il sonno e tornare subito vigile quando mi era stato richiesto.
 Automaticamente avvertii le labbra contrarsi e allargarsi in simultanea con le sue mentre si apriva in quel sorriso capace di far sciogliere tutti i ghiacciai dell’intero globo. Avevo un angelo che con un semplice sorriso era in grado di far prendere fuoco alla legna bagnata disteso nel letto accanto a me. Acquisendo quella consapevolezza i rimbombi del cuore aumentarono di volume e dovetti fare un grande sforzo per udire ciò che stava dicendo il giovane.
   «Sei arrossita, e hai le guancie tutte rosse. Sembri un pomodoro dagli occhi di smeraldo. Mi piace un sacco vederti arrossire» soffiò al mio orecchio con quella maledettissima voce sexy che si divertiva a tirare fuori nei momenti meno opportuni – come quello ad esempio – solo per il puro gusto di vedermi diventare bordeaux.
 Se non fossi stata paralizzata dalle emozioni sicuramente l’avrei picchiato, un colpo ben assestato nello stomaco non glielo avrebbe tolto nessuno. Gli andava bene che ero ancora mezza rincoglionita e trovarmelo addosso di prima mattina mi metteva addosso un certo irrazionale buon umore.
   «Vaffanculo William» riuscii a sibilare senza voce. Avevo usato il suo secondo nome apposta, gli dava parecchio fastidio quando lo facevo ed io mi divertivo apposta per quello. Era una sorta di vendetta personale anche se, ad essere sincera, mai sarei riuscita a fargli del male, nemmeno involontariamente.
 Louis assottigliò lo sguardo sfidandomi.
   «Sai che succede quando mi provochi vero dolce Fee» chiese retorico sorridendo in modo malizioso. Oh sì che sapeva che sapevo cosa sarebbe successo da lì a poco se non avessi deposto le armi, peccato che non avevo alcuna intenzione di lasciarlo vincere. Stavo puntando proprio alla “punizione” che mi sarebbe toccato patire se lo voleva sapere; però non glielo avrei detto, il gioco avrebbe perso tutto il suo fascino in quel caso.
 Scrollai le spalle restando vaga.
   «E chi lo sa» ricambiai il sorriso con altrettanta malizia appoggiandogli una mano sulla guancia calda e appena ispida per l’invisibile strato di barba che stava crescendo sulla sua mascella. Punse piacevolmente il palmo della mia mano, non l’avrei più tolta da lì.
   «Ah beh, se è così… ». Non terminò la frase impedendomi di ribattere in qualsivoglia maniera adagiando le sue soffici labbra sulle mie. Il mondo esplose in mille coloratissime scintille ardenti. Se così si presentava la felicità, allora sì, ero più che felice.
 Gli feci passare entrambe le braccia attorno al collo per attirarlo maggiormente a me e la delicatezza del nostro contatto venne sostituita da una più forte passione e desiderio. Schiusi appena le labbra e subito la sua lingua s’intrufolò nella mia bocca esplorando il misterioso antro come se quella fosse la prima volta che veniva accolto lì dentro. I capelli di Louis ricaddero in avanti venendomi ad accarezzare, solleticandomi piacevolmente la fronte e le gote ora dello stesso colore del sangue che vorticava rumorosamente nelle mie orecchie.
 Il tocco delle mani del ragazzo si fece via via più audace. Prendendomi per i fianchi mi fece aderire a sé, schiacciandomi contro il suo petto sodo e il suo bacino desideroso di darmi il buongiorno a sua volta. Il calore delle carezze si diffuse in breve tempo in tutto il corpo mentre mi sfiorava la pelle sotto la maglietta a mezze maniche, mi accarezzava il ventre e mi depositava seducenti tocchi sul collo.
 Louis continuò a baciarmi per un tempo che mi parve infinito, e comunque troppo breve per non farmene desiderare dell’altro. Io baciai lui con quanta più passione avevo in corpo.
 Ormai mi sovrastava, era completamente disteso su di me, le gambe intrecciate con le mie in un nodo indissolubile, si reggeva sui gomiti per non gravare troppo sul mio fragile corpo con il suo peso.
 Mi piaceva come buongiorno. Sì, si prospettava davvero una bella giornata all’insegna del buon’umore. Mi piaceva anche averlo al fianco, mi faceva sentire meno incompleta. Non importava come, mi bastava averlo.
 Con un sonoro schiocco abbandonò nel bel mezzo delle danze le mie labbra, scostandosi da me per rimanermi sospeso sopra e osservarmi rapito. Chissà cosa stava vedendo in quel momento. Io, davanti agli occhi, avevo la perfezione fatta a persona.
   «Ben svegliato mio dolce mostriciattolo» squittì allegro scoccandomi un sonoro bacio sulla punta del naso gelato.
   «Ciao» mi limitai a sospirare abbandonandomi al suo abbraccio. Chiusi gli occhi per godere al massimo quel momento: il suo profumo, il calore del suo corpo, la sua presenza accanto a me, lui in generale.

 Accompagnata da un sonoro sbadiglio aprii gli occhi emozionata all’idea di poter vedere ancora Louis che mi abbracciava così forte da poter sentire ogni suo battito rimbombarmi addosso. Invece, infausto destino che ce l’aveva con me e si divertiva a giocare con la mia vita, tutto ciò che vidi non furono altro che buio, nulla e vuoto.
 Ero nuovamente nella mia stanza, sola e avvolta nelle calde coperte che mi avevano accompagnato in quel favoloso sogno. Perché sì, tutto quello che avevo vissuto fino a poco prima non era stato altro che l’ennesimo sogno che vedeva come principale attore Louis.
 Trassi un profondo respiro per impedire alle lacrime, che erano giunte a pizzicarmi gli occhi, di sgorgare fuori. Non potevo permettermelo. Non potevo, né volevo, piangere per un ragazzo che nemmeno conoscevo.
 Mi sentivo talmente sciocca!
 Da sotto il cuscino estrassi il cellulare sbloccando lo schermo per controllare l’orario. Era un brutto vizio quello che avevo di nascondere il telefonino sotto il guanciale quando andavo a letto, ne ero consapevole; sapevo che faceva male e che avrebbe potuto causarmi danni con i raggi elettromagnetici che mandava, ma non me ne fregava un emerito cazzo detto con estrema sincerità. Avevo preso quell’abitudine durante l’anno precedente e, nonostante avessi lasciato andare molte cose di quel periodo cancellandole dai quaderni, dai ricordi e dalla mia vita, quel gesto non ero riuscita proprio ad estirparlo. Forse perché speravo ancora in un messaggio mandato a notte inoltrata, forse perché ogni tanto sognavo ancora che tutto fosse come allora, forse per non dimenticare proprio ogni singolo istante che avevo vissuto.
 Un debole fascio di luce si proiettò fino al soffitto squarciando con la sua delicatezza l’oscurità che era calata con l’avanzare della notte. Notai con piacere che Bill, instancabilmente, mi stava ancora sorridendo come quando l’avevo abbandonato prima di concedermi a Morfeo.
 Muovendo dolorosamente il collo mi accorsi di essermi addormentata appoggiata sopra il portatile, che fatale errore! Il giorno dopo mi sarei ritrovata con il collo sicuramente bloccato. Fantastico, speravo vivamente di sbagliarmi perché il torcicollo proprio non lo sopportavo.
 Papà doveva avermi creduto profondamente addormentata che non si era nemmeno azzardato a togliermi il computer dalle mani temendo di potermi svegliare. Facendo attenzione depositai il PC sulla scrivania tornado di corsa sotto le coperte. Quel piccolo tragitto era bastato a farmi ghiacciare i piedi. Ah come avrei voluto che Louis fosse accanto a me in quel momento, così avrei potuto sbatterglieli addosso e avvertire meno gelo.
 Scrollando la testa per scacciare quel pensiero controllai l’ora.
 Una lacrima ardente mi accarezzò la guancia destra cancellando l’ombra del bacio che il castano aveva finto di darmi durante il sonno ingannatore.
 “02:02, esprimi un desiderio Felicity”.



[1] One Direction, Up all night, Columbia Records, 2011.
  
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