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Autore: dragon_queen    02/01/2013    4 recensioni
"Feci viaggiare lo sguardo per il cielo scuro, sul quale spiccavano tante e infinite stelle. Conoscevo l'astronomia, il vecchio Einar me l'aveva insegnata. Fissando quindi la posizione degli astri, riuscivo ad intuire il nome del pianeta sul quale in quel momento mi trovavo, a quel punto più che sicura che non fosse il mio: Midgard.
D'improvviso delle luci in lontananza, segno che gli abitanti di quel mondo non avevano tardato ad accorgersi del mio arrivo. Che avrei dovuto fare?
Combattere e proteggermi o arrendermi e aspettare di scoprire il mio destino?"
* * * * * * *
Rebekka è una ragazza combattiva, ma che, coinvolta in un'avventura più grande di lei, incontrerà qualcuno che la farà capitolare. Non ha ricordi del suo passato, ma sa che nasconde qualcosa di importante. E se poi infiliamo anche una strana convivenza con alcuni dei nostri Vendicatori e il dio degli inganni, allora sarà tutta da ridere. E Loki troverà finalmente qualcuno che saprà guardare al di là delle sue malefatte?
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La prima parte della storia sarà attinente al film, mentre la seconda tutta di mia invenzione.
Spero di vedere qualche recensione, positiva o negativa :3 :3
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ero sconvolta, letteralmente. Cosa era appena successo?

Non riuscivo ancora a rendermi conto che Loki si fosse mostrato, come dire...gentile. Certo, prima mi aveva malmenato ben bene, forse avevo anche una costola inclinata, ma poi, all'improvviso, era cambiato.

Era come se in lui convivessero due personalità distinte, tra le quali la parte più debole era quella buona, quella che io a sprazzi riuscivo a ricordare.

Ero certa che in fondo quella volta Thor avesse ragione: suo fratello, colui che aveva vissuto la sua l'infanzia ad Asgard, con lui, con me, era ancora presente nell'essere che adesso era il dio degli inganni che si accingeva a schiavizzare un intero pianeta solo per un recondito desiderio di vendetta.

Rimasi seduta contro la fredda parete d'acciaio, rannicchiata come una bambina, mentre sulle guance ancora portavo i segni delle lacrime che avevo appena finito di versare.

Quale sarebbe stato il mio destino? Sarei morta in quella cella? Mi sarei dovuta arrendere e diventare un burattino del dio? No, quello mai.

In fondo la Terra non era la mia casa, ma nonostante tutto era l'unica che mi era rimasta. In quel momento avvertii come una fitta alla testa, lo stesso che mi accadeva ogni volta che i ricordi tornavano a bussare alla mia memoria. Chiusi gli occhi e calmai il respiro.

Nel buio in cui mi ero rifugiata ricomparve la familiare luce dorata delle mura di Asgard.

 

* * *

 

Parevano passati degli anni, in quanto, anche se impercettibilmente, qualcosa era cambiato, compresa lei.

Era cresciuta, trasformandosi a poco a poco in quella principessa che avrebbe sostituito il padre sul trono di Alfheimr. C'era però qualcosa che non la convinceva, come una sensazione.

Negli ultimi tempi non si erano recati molto spesso ad Asgard come gli anni precedenti. Prima di allora, stranamente, nonostante i continui scontri, lei aveva finito con il legare molto con il secondogenito, tanto che ultimamente si erano scambiati un gran numero di lettere.

Lei gli raccontava dei suoi monotoni giorni a palazzo in attesa dell'incoronazione, mentre lui le raccontava delle stupide imprese di suo fratello e della pazienza che doveva impiegare per non sbattergli la testa contro il muro. Ultimamente aveva anche cominciato a confessarle le sue preoccupazioni riguardo l'ormai confermata ascesa di Thor al trono di Asgard.

L'aria al castello era tesa, si riusciva a toccare la tensione quasi con mano.

Stavolta, stranamente, fecero entrare anche lei nella sala del trono e, per la prima volta, vide Odino, seduto sul suo trono, visibilmente preoccupato.

Al suo fianco i due figli, ognuno su di un lato del trono, impettiti e solenni, anche se il maggiore pareva alquanto teso e frustrato.* Quando incontrò quegli occhi chiari, i quali fino a quel momento erano stati fissi sul padre, lei si trovò a sorridere.

Doveva ammetterlo: le era mancato.

Vide le labbra del moro inarcarsi in un accennato sorriso, che però scomparve non appena il padre prese a parlare, rivolto al padre.

Amico mio, siamo in guerra. Il testardo di mio figlio maggiore ha agito senza cognizione, scatenando la furia dei giganti di ghiaccio. Abbiamo bisogno del potere del cubo”

Notò gli sguardi confusi di entrambi i figli.

Ne abbiamo già parlato, vecchio mio. Nonostante si tratti di te, non posso risvegliare l'intero potenziale. Dovrai accontentarti di quello che hai già, il quale, a mio parere, è più che sufficiente”

L'occhio buono del padre degli dei scorse su entrambi, soffermandosi per un momento su di lei, prima che il padre le si parasse davanti.

Sai che se i Jotunn avranno la meglio su di noi, voi sarete i prossimi in quanto nostri alleati?” continuò Odino.

Lo so”

Bene, se sei pronto alle conseguenze...” e detto questo si alzò, facendo cenno a suo padre di seguirlo.

Lei rimase sola nella sala, continuando a fissare il pavimento. Le mani, giunte in grembo, tremavano, mentre si mordeva insistentemente il labbro inferiore. Lo sguardo che Odino le aveva rivolto aveva avuto il potere di farle abbandonare ogni certezza accumulata negli anni, come se avesse voluto che lei capisse qualcosa che però nessuno le aveva mai raccontato.

D'un tratto vide una mano afferrare il suo polso, costringendola a rialzare lo sguardo, incontrando quello di Loki.

Possiamo parlare?” le chiese, gentile.

Rimase per un attimo spiazzata dal tono, in quanto raramente lo usava con lei. Così, facendo un solo e semplice cenno di assenso, lo seguì su una delle tante terrazze.

Si fermarono, uno di fronte all'altra, il dio che non aveva ancora lasciato la sua mano.

-Rebekka, quello che sto per dirti non è per me facile, men che meno naturale, in quanto mai mi è capitata una simile situazione da affrontare”

Lei deglutì, tentando di non abbassare lo sguardo, ma impercettibilmente strinse un poco la mano di lui. Sembrò notarlo, in quanto lo vide sospirare impercettibilmente.

Stiamo per entrare in guerra. Potremo non tornare. Prima però di chiudere i cancelli di Asgard e impedire a chiunque di entrare, voglio fare l'ultima promessa”

Lei avvertì una strana sensazione di freddo attorno al dito della mano e abbassò lo sguardo. Un piccolo anello d'oro con una pietra verde stava ora attorno al suo dito medio, il quale brillava alla luce del sole.

Non sapeva cosa dire, portandosi semplicemente una mano alla bocca per reprimere un singhiozzo di inaspettata commozione.

Vide il moro avvicinarsi, poggiando lentamente la fronte contro la sua e incontrando i suoi occhi.

Promettimi solo che quando tutto sarà finito tu sarai solo mia”

 

* * *

 

Era seduto sul letto, non certo adatto ad un principe del suo calibro, ma comunque essenziale per riposare. La stanza era immersa nella semioscurità, ad eccezione di una lampada sistemata su un tavolinetto poco lontano dal giaciglio. Si stava rigirando qualcosa tra le mani, qualcosa che pensava di aver ormai perduto e dimenticato.

Per un attimo la testa aveva lanciato una fitta per poi cessare, lasciando una sensazione di profonda liberazione. In quel momento i ricordi erano tornati a galla, immagini che aveva pensato di aver dimenticato. Non poteva però fare a meno di provare rabbia.

Rivedeva Rebekka, la ragazzina che aveva vissuto con lui praticamente tutta l'infanzia, sorridergli dopo la sua impacciata proposta. Poi il suo sguardo triste mentre si sfilava l'anello che lui le aveva appena regalato a posarglielo sul palmo.

Infine di nuovo il buio. In quel momento era piombato nello sconforto, rinchiudendo tutto ciò che poteva essere considerato un sentimento e divenendo la creatura fredda e insensibile che adesso era. Dopo la notizia dell'incoronazione di Thor al suo posto, quella era stata la batosta finale.

Strinse il pugno attorno al piccolo oggetto: perchè non lo aveva buttato? Perchè non se ne era liberato se tanto dolore aveva portato in lui?

L'unica persona che lo avesse realmente apprezzato, a parte sua madre, lo aveva palesemente rifiutato, spegnendo in lui anche l'ultima scintilla di buon senso e autostima.

Era colpa sua se lui era diventato quello che era ora, colpa sua se aveva dato il via a tutto quel desiderio di conquista e vendetta verso il fratello.

In quel momento qualcuno bussò alla porta.

Si alzò velocemente dal letto, afferrato lo scettro e nascosto il piccolo anello in una delle tasche dell'abito, tuonò in un ordine a chiunque fosse di entrare.

Sulla porta apparve l'astrofisico, Selvig, il quale gli comunicò che il macchinario per l'apertura del portale tramite il Tesseract era ultimato. Mancava solo un posto dove piazzarlo.

In quel momento il volto di Loki tornò la solita maschera di sempre, inarcando le labbra in un sorriso di vittoria.

 

Riaprii gli occhi, lentamente, confusa come se fossi appena uscita da un sogno. Mi portai una mano al viso, avvertendo una sensazione di umido sulla guancia, notando in quel momento che un paio di lacrime mi stavano cadendo dagli occhi.

Mi meravigliai di quella reazione, ma ancora di più lo fui dei ricordi che mi erano appena stati restituiti. Thoraveva ragione: io e Loki ci volevamo bene. Ma cosa era successo poi? Cosa lo aveva cambiato a tal punto? Sapevo che a quel ricordo mancava qualcosa e per un attimo ebbi la certezza di sapere quale. D'improvviso mi sentii in colpa: che fosse per quell'evento che l'animo di Loki era mutato così profondamente?

Avvertii il cuori calmare i battiti, mentre dei passi si udivano nel corridoio. Mi guardai per un attimo i polsi, notando che non mi erano state rimesse le manette.

Sciocchi...

Sentii la porta aprirsi e, immaginando si trattasse di lui, mi alzai in piedi alla velocità che le mie gambe mi consentivano, pronta ad affrontarlo.

Sulla soglia però non apparve la sua solita figura, ma quella di un semplice mercenario che teneva tra le mani un vassoio di cibo.

Non appena mi vide si schiuse in una risata maligna, gelida quasi quanto quella del dio, poggiando il vassoio a terra e facendolo strusciare rumorosamente sul pavimento d'acciaio.

-Loki ha dato ordine che non ti sia fatto del male durante la sua assenza. Quindi mangia-

Assenza? Dove era andato?

Tentai di chiederlo al soldato.

-Non sono affari tuoi- mi rispose lui, facendo l'atto di andarsene.

-Andiamo, non vuoi accontentarmi? Sono sicura che possiamo metterci d'accordo- dissi languida, avvicinandomi alla porta e saltando il vassoio con una poco invitante minestra e un tozzo di pane.

-Che intendi, ragazzina?- mi chiese quello, facendosi attento, avendo però intuito chiaramente quello che intendevo.

Perchè gli uomini dovevano essere così incredibilmente stupidi? Forse solo Loki non poteva cadere in un trucco così vecchio, in quanto aveva il desiderio sentimentale pari solo a quello di un comodino.

Mi avvicinai con passo cadenzato al soldato, fingendo di inciampare sui miei stessi piedi a pochi centimetri da lui, cadendogli addosso.

-Oh, scusami...- mormorai.

-Figurati- mi rispose l'uomo, mentre sentivo la mano che non imbracciava l'arma scendermi lungo la schiena e fermarsi sul mio sedere.

Porco!!

Feci però finta di starci e continuai:

-Allora, me lo dici dove è andato Loki?- gli chiesi ancora, nascondendo il fastidio del suo tocco insistente sul mio corpo.

-Se ne è andato a Manhattan, non so bene a fare cosa. Adesso, vuoi assecondare la mia di richiesta?-

-Volentieri...- risposi.

Quello non si rese conto di niente. Veloce alzai un ginocchio, andando a colpire proprio il suo basso ventre, liberando un gemito del soldato prima che si piegasse in due, imprecando come un animale. Senza lasciargli il tempo di riprendersi, un gancio lo colpì dritto al viso, stavolta stendendolo per almeno un paio d'ore.

-E anche questa è fatta...- pensai, mentre mi spolveravo le mani in un gesto teatrale.

Afferrai il fucile che l'uomo aveva lasciato cadere e mi lanciai a rotta di collo per il corridoio alla ricerca dell'uscita.

Stranamente non trovai nessuno in quella base, la quale, a giudicare dalle pareti, doveva essere sotterranea. L'unica fonte di illuminazione erano delle lampade tutte uguali attaccate al soffitto. A farmi compagni solo il rumore dei miei passi.

Finalmente la vidi: una porta antipanico di metallo. Senza rallentare la mia corsa la spinsi, venendo abbagliata dalla luce del sole già alto nel cielo. Il forte vento mi fece intendere la mia posizione, ossia su un rilievo a picco su uno sconfinato deserto.

Quando stavo ormai disperando su come raggiungere Manhattan, un rumore delle eliche di un elicottero mi costrinse a guardare verso il basso. In pochi secondi un velivolo con uno stemma familiare mi si parò davanti, mentre il pilota mi faceva un cenno di saluto.

Io sorrisi trionfante. In fondo l'idea del chip sottocutaneo per rintracciare gli agenti dispersi non era stata una cattiva idea.



NdA
Capitolo alquanto breve, ma diciamoci la verità: le recensioni sono poche e la voglia di scrivere questa storia mi sta un pò passando, dato che penso non sia molto piaciuta. Ringrazio comunque i pochi che l'hanno fatto fino ad ora.
Sto continuando solo per il fatto che la storia appassiona me e mi fa piacere scriverla.
Comunque in questo capitolo si inizia a scoprire qualcuno sul vissuto di Rebekka e Loki. Siamo quasi alla fine della prima parte della storia.
Sperando di vedere qualche commento, un saluto Marty.

  
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