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Autore: Eris Gendei    21/07/2007    3 recensioni
La storia della metamorfosi di una BadGirl mai vista prima in una love-story moolto alternativa...
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono sempre stata una ragazza cattiva.
Nessuno riusciva a tirare fuori il mio lato buono, sempre che ne avessi uno, e io di certo non mi davo tanta pena di sforzarmi a farlo emergere.
Non ho mai saputo quando precisamente sono diventata cattiva.
Mio padre diceva sempre scherzando che crescendo mi ero rovinata, ma ben presto aveva cominciato a dirlo senza più sorridere, anzi, dopo un po’ aveva smesso del tutto di dirlo.
Non che ci fosse bisogno di sbandierarlo: non avevo l’aria da ragazza cattiva, per niente…erano gli occhi a tradirmi.
Mia madre diceva di non aver mai visto occhi più vuoti dei miei.
La spaventavano, a quel che raccontava…e evidentemente spaventavano tutti quelli che mi guardavano.
E dire che ero perfettamente normale: non giravo vestita come la classica truzzetta con le mutande a vista, la sigaretta in una mano, una bottiglia di alcool nell’altra e un ragazzo ogni giorno diverso appeso al braccio.
Io l’alcool preferivo quello etilico.
Mi vestivo per bene, bevevo solo poco quando c’erano i miei, non avevo mai fumato, mai fatto un tiro di spinello e non avevo intenzione di provarci.
Insomma…sarei potuta sembrare una perfetta educande, con i capelli 100% naturali, il viso lavato, due soli buchi alle orecchie (uno per lobo) e vestiti ok.
Ma chi mi guardava una volta in faccia non aveva mai il coraggio di farlo di nuovo.
Chi mi parlava non mi guardava, o al massimo mi fissava imbarazzato le ginocchia o giù di lì; i più audaci si fermavano al mento o alle labbra. Nessuno, rigorosamente, mi guardava negli occhi.
Il mio riflesso però non mi sembrava strano come tutti dicevano io fossi: a mio parere i miei occhi erano normalissimi, anzi, pure belli, espressivi…
Quando trovai il coraggio di dirlo a mia madre mi rispose che solo un satanista avrebbe trovato belli i miei occhi, che li vedevo espressivi solo perché in quel momento erano accesi di rabbia e che di solito invece erano vacui e velati.
Era un brutto modo per dirmi che ero ebete?
Non mi sono data mai la pena di scoprirlo.
Sapevo solo che io mi piacevo.
Mi vedevo bella, sia di fisico che di viso, ritenevo di avere un buon cervello e buoni gusti, e soprattutto, a dispetto di tutti gli altri, mi ero innamorata dei miei occhi!
Potevo passare ore allo specchio a osservare le mie pupille contrarsi e dilatarsi a seconda della quantità di luce a cui le esponevo, ammirare le mie iridi nocciolate da tutte le possibili angolazioni, sbattere le ciglia per compiacermi dei lampi neri che mandavano, lunghe e curve, e osservare il bianco accecante dell’orbita venato di sottili capillari rossicci.
Che dire?
Io mi piacevo, e di aspetto piacevo anche agli altri…solo che loro avevano paura di me.
La maggior parte dei ragazzi non mi aveva mai visto o conosciuto…sapeva chi ero per fama e si teneva alla larga da me.
Non avevo amici e, anche se andavo bene in tutte le materie, i professori non mi consideravano…avevano troppo timore di parlarmi.
Finché un giorno, grazie ad una vacanza in montagna, tutto cambiò.
Sarà stato che ero lontana dalla mia città, in un luogo dove nessuno mi conosceva e, stranamente, tutti mi guardavano negli occhi e mi parlavano senza problemi di sorta…addirittura sorridendo!
Mi sentivo strana…per la prima volta nella mia misera vita stavo assaggiando l’inebriante gusto dell’euforia.
Per me era una sensazione nuovissima…pensai di aver capito cosa intendevano tutti quando dicevano di essere felici.
Felice…questa parola mi rimbombava in testa in modo tale da farmi quasi solletico…fu proprio per questo che una sera, addirittura, mi scappò un risolino silenzioso che mi stirò le labbra in una posizione nuova.
Stavo ancora cercando di capire cosa mi stesse succedendo quando i miei occhi incontrarono quelli di un altro essere umano.
Non sono mai riuscita a capire per quanto tempo rimasi a fissare, palesemente sbalordita, quelle due iridi dello stesso identico colore delle mie, contornate da ciuffetti di ciglia scure e lunghe, che davano un’aria particolare a quegli occhi. Ne avevo osservati tanti nel mio muto vivere, di occhi, avevo dato un colore a tutti, inventandomeli a volte…ma quelli erano di una tonalità impossibile da chiamare, troppo bella e perfetta per quelle due iridi che mi fissavano a loro volta…semplicemente, era la mia!
Avevo trovato un altro essere umano con degli occhi come i miei.
Il pensiero di avere finalmente qualcosa in comune con qualcuno scatenò una reazione sconosciuta dentro di me che fece dilagare nel mio petto una cascata di melassa calda…che non si fermo all’altezza del cuore ma continuò a salire, salire, salire, fino alle guance.
Sentii all’improvviso i miei zigomi farsi bollenti e vi portai le mani…erano veramente caldi.
Era la prima volta che arrossivo.
Senza rendermene conto stavo ancora fissando i due occhi, leggermente arricciati all’esterno e un po’ a goccia all’interno.
Le palpebre erano pesanti e sotto facevano bella mostra due vaghi accenni di occhiaie…
Non potevo crederci!
Avevo trovato due occhi uguali ai miei, che non si vergognavano di guardarmi o fuggivano spaventati dal peso del mio sguardo: due occhi che mi stavano scavando l’anima e sciogliendo tutto ciò che avevo dentro.
Non vedevo altro, a parte stelle e scintille al limite del mio campo visivo, che mi accecavano e mi costringevano a cercare riparo nel colore caldo delle due iridi, liete di accogliermi a quanto mi sembrava.
Eravamo lontani ma in quel momento non avremmo potuto essere più vicini. Sembrava quasi che quegli occhi esprimessero le stesse sensazioni che stavo provando io in quel momento.
Quando i nostri sguardi si lasciarono avvertii qualcosa spezzarsi dentro ma non ci feci troppo caso…il mio cuore batteva troppo forte, tanto da sembrare volesse scapparmi dal petto.
Un ragazzo mi aveva guardato.
Dovevo essere veramente strana in quel momento, a posteri di quella piccola avventura, perché quando mia madre mi vide per poco non svenne dallo stupore.
Quella sera la sentii parlare con mio padre e mormorare scioccata:”E’ viva, è viva…”.
Se mi fosse preso un attacco di tubercolosi avrebbe fatto meno scenate. Da quel giorno, per un’intera settimana, incontrai tantissime altre volte, infinite, quegli occhi pieni di qualcosa che mi scaldava, e che non sapevo spiegarmi cosa fosse.
E ogni volta questi erano arricciati all’esterno.
Quando ebbi il coraggio di esplorare il resto del viso cui appartenevano mi resi conto che era tutto merito delle labbra curvate all’insù che estendevano quella piega carina fino agli occhi…nasceva tutto dal suo sorriso!
E che sorriso!
A poco a poco anche io imparai a piegare le labbra e sorridere.
Ogni volta che lo facevo sembrava che a mia madre venisse un accidente…non riusciva a capacitarsi che fossi diventata “normale”…
Purtroppo, come in ogni cosa, c’era una fine…la vacanza non faceva eccezione. Di certo non pensavo che lì a breve sarebbe stata l’ultima volta che avrei visto quel sorriso.
Durante il viaggio di ritorno mi sentii male.
Mi diedero delle pasticche calmanti che ebbero l’effetto collaterale di farmi addormentare.
Riflettendoci mezza intontita al mio risveglio, fu una fortuna.
Feci un sogno bellissimo.
Gli occhi che per tutta la settimana avevo osservato da lontano, desiderato, erano nei miei, questa volta vicinissimi; le labbra che avevo visto così spesso piegarsi all’insù per me, sulle mie.
Credo fosse quello che viene chiamato bacio.
Sta di fatto che era una cosa bellissima, che mi scatenava una tempesta dentro…sembrava fantasticamente reale!
Poi i suoi occhi, quei magnifici occhi che assieme ai miei erano gli unici al mondo di quel colore, si chiusero e io feci altrettanto, solo che li avevo già chiusi perché dormivo.
Però sentii lo stesso le palpebre abbassarsi e per un attimo vidi solo il buio rossore del loro interno.
Non era un sogno…ero soltanto io che lo stavo vivendo come tale.
Anche quella volta, in quella lucida bolla di intimità, così vicini, non ci fu alcuna parola.
Quel silenzio inequivocabile diceva tutto.
Per tutto il resto del viaggio mi sembrò di stare su una nuvola e, per dirla come facevano le mie compagne, mi sentivo a 3 metri da terra…anzi, 3 metri sopra il cielo.
No, anzi...ero almeno 10 metri sopra il cielo!
Arrivati in città, scendemmo dall’autobus mano nella mano, incuranti degli sguardi attoniti dei miei e di quelli maliziosamente compiaciuti dei suoi e di quelli stupiti e allegri di tutti gli altri.
Eravamo solo noi due, due paia di occhi uguali, addirittura identici, in corsa verso una nuova vita fatta soltanto di noi.
Perché al mondo c’è sempre qualcuno come noi, con i nostri stessi difetti, che riesce a capirci anche quando gli altri non lo fanno, che ci sorride anche se in tutta la nostra vita nessun altro l’ha fatto, che ignora gli altri e pensa solo a noi, come lui ci vede.
A volte basta un sorriso per cambiare il mondo; basta passare per le piccole cose e cambiare noi stessi.
E’ stata la prima volta in cui mi sono innamorata, e la più bella!
Ma non era il classico innamoramento adolescenziale…lui, il mio angelo custode per una settimana, mi ha insegnato veramente cos’è l’amore.
Da quel giorno i miei occhi non sono stati mai più vuoti, o come diceva mio padre pieni di niente…ho cominciato ad amare ed essere amata e ho conosciuto le lacrime della felicità.
Non si sono svuotati, tornando come in principio, neanche quando lui se n’è andato.
Mi ha amato e io ho amato lui, in una settimana che ha segnato l’inizio di una vita nuova per entrambi.
Quando di mezzo c’è l’amore, tranquilla che è una cosa che non scomparirà mai, mi sono detta.
Ho imparato anche questo da lui...l’amore non ha limiti.
E se anche da quel giorno sono stata una ragazza normale, ho conosciuto tante persone che mi hanno voluto bene e amato e ho avuto altri ragazzi, non ho mai potuto fare a meno di pensare a lui, il mio angelo salvatore, il ragazzo con i miei stessi occhi, e chiedermi dove fosse in quel momento, assieme a chi…forse stava osservando anche lui lo stesso tramonto che vedevo io, solo accanto ad una persona diversa, e magari anche lui era felice e pensava senza rimpianti a dove fossi io, assieme a chi e se proprio in quel momento stessi guardando il suo stesso tramonto…

Grazie ad Aileen e alla sua storia, o più che altro a quella del suo amore, per avermi ispirato; dedicata al mio, di amore.

  
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