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Autore: Rosette_Carillon    03/01/2013    0 recensioni
In una fredda sera di novembre, mentre il vento soffia e scuote le fronde degli alberi, qualcuno suona una danza ungherese al violino. Ivan, catturato da quella musica, si ferma ad ascoltarla.
Questo è l'inizio di un romantico mistero.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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                                                                                                Capitolo 4

                                                              Un nome . .  . da fata

 

 

 

                                                                                                                                                                                             

 Il locale era  accogliente, non c’erano molte persone e il tepore era sopportabile, anzi piacevole.

I due si sedettero in un tavolo circolare con due sedie blu notte vicino ad una finestra con una tenda bianca ricamata, a un lato c’era un piedistallo con un busto che rappresentava una dama di epoca vittoriana,  al muro era appeso un quadro che rappresentava una ballerina che danzava su un palco.

:<< Sei tu colui che mi ascolta ogni volta che suono alla villa? >> chiese con un sorriso innocente la ragazza tenendo in mano la sua tazza di cioccolata.

Stavano parlando di tutt’altro, il loro discorso riguardava un libro appena uscito nelle librerie, poi d’un tratto lei gli aveva fatto quella domanda.

Ivan rimase spiazzato : non si aspettava che lei lo avesse scoperto, pensava di essere stato abbastanza cauto tuttavia, nonostante lo stupore, decise di fare buon viso a cattiva sorte.

:<< A quanto pare mi hai scoperto. >> disse con un sorriso.

Lei rise :<< Vuoi continuare a restare un mistero? Mi dirai mai il tuo nome? >> chiese con sguardo improvvisamente serio. I gomiti poggiati sul tavolo e il mento sulle mani.

:<< Ivan. >> rispose lui poggiando a sua volta i gomiti sul tavolo a avvicinandosi a lei :<< Tu? Non posso continuare a chiamarti “Fata” per sempre. >> rise.

:<< Anikò. >>

Un nome  . . .  da fata. Ivan non avrebbe saputo in che altro modo definire quel nome che gli ispirava allegria, movimento e colore. Un nome così allegro per una fata che gli era stata portata dall’inverno suonava strano, ma che altro nome avrebbe potuto avere?

Improvvisamente il tepore del locare parve svanire e Ivan si sentì avvolgere dal gelo, sentì il cuore rallentare ed ebbe quasi paura che si potesse fermare da un momento all’altro dopo un colpo secco.

L’aria stava cominciando a mancargli e lui non aveva la forza di farla entrare e uscire dai polmoni, ci stava provando,  ma non era mai abbastanza.

La testa prese a girargli e diventò talmente pesante che non riuscì a non sbilanciarsi in avanti, per non cadere sul tavolo cerò di reggersi con le braccia poggiando i gomiti sul tavolo, ma non bastava, non riusciva a stare dritto.

:<<  Ehi stai bene? >> la voce preoccupata di Anikò gli giunse chiara, quasi assordante.

Voleva rispondere e dirle di stare tranquilla, ma non riusciva a muovere la bocca, perciò  parlare era impossibile.

Sentì il suo corpo sbilanciarsi del tutto e cadere dalla sedia, precipitare nel vuoto senza possibilità di arrestare la caduta; cadde sul pavimento ma non provò alcun dolore. Non sentiva nulla, solo delle voci attorno a lui che lo chiamavano e gli dicevano di svegliarsi.

 

:<< Ehi, ehi svegliati. Forza apri gli occhi. >> un dolce voce femminile :<< Riesci a sentirmi? Se mi senti stringimi la mano.  >>

Sembrava molto preoccupata, Ivan voleva tranquillizzarla e dirle che lui stava bene, ma non riusciva ancora a parlare, così strinse la mano della ragazza.

Subito si udirono sospiri di sollievo.

:<< Ok, ok sei sveglio. >> disse la ragazza più tranquilla, forse stava anche sorridendo :<< Ora prova ad aprire gli occhi. >>

Ivan si sforzò si fare come lei gli diceva, ma appena aprì gli occhi dovette richiuderli per via della forte luce che lo aveva quasi accecato. Provò nuovamente a riaprirli e, dopo pochi secondi, riuscì ad abituarsi alla luce che lo circondava.

Improvvisamente si ricordò di essere sulla pista di pattinaggio  nel “viale del tempo”. Cos’era andato a fare?

Si trovò davanti un paio di occhi verdi, ma non un verde qualsiasi, era un verde smeraldo, lo stesso  degli occhi del Gatto del Cheshire.

Occhi così non potevano appartenere a un essere umano, solo a uno magico.

:<< Come ti chiami? Te lo ricordi? >>  gli chiese la  . . . ragazza? Era giusto definirla “umana”? Con quegli occhi sembrava proprio una fata.

:<< Ivan. >> rispose lui.

:<< Ivan? E poi?  >>

In quel momento si ricordò della sua fata, la sua fata violinista che suonava la danza ungherese n°5 di Brahms.

:<< Lendvai. >>

:<< Ok Ivan hai bisogno di un ambulanza? >>

:<< No, no. >> disse provando ad alzarsi.

:<< Sei sicuro? Hai preso un brutto colpo in testa. >>

:<< Si. >>

:<< Signorina lei sarà anche studentessa di medicina, ma questo ragazzo non è in grado di capire nulla: è ovvio che ha bisogno di un medico. >> si intromise un signore.

:<< Sto bene, non si preoccupi. >> Ivan si alzò in piedi aiutato dalla fata :<< Ora devo andare, ho degli impegni. >>

La folla cominciò a disperdersi, le persone si erano tranquillizzate, e anche quel signore fu costretto ad arrendersi.

:<< Ehi un momento. >> la fata richiamò Ivan :<< Non posso lasciarti andare via così: ti sei quasi fatto ammazzare solo .  . .  >>

:<<  “Solo”? Io credo che per te quel violino sia molto importante. >>

Ora si ricordava tutto : quella sera avevano tentato di derubare la fata del suo violino e lui aveva fermato i ladri, ma era stato spinto violentemente e , scivolando sul ghiaccio, era caduto e aveva sbattuto la testa contro un albero perdendo  conoscenza .

:<< Aspetta. >> lei lo prese  per una manica :<< Permettimi almeno di offrirti una cioccolata calda.  . . per ringraziarti. >>

:<> non gli sembrava carino farsi offrire la cioccolata calda da una ragazza, ma il suo sguardo dolce e supplichevole lo convinsero ad accettare.

:<< Perfetto. >> disse lei felice, trascinandolo verso la chocolaterie :<< Io mi chiamo . . . >>

:<< Anikò, lo so. >>

:<< Come lo sai? >> chiese stupita.

:<< Sei la fata dei miei sogni. >> Ivan le sorrise :<< La storia è lunga. Vuoi sentirla? >>

Anikò ricambiò il sorriso :<< Certo. >>

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