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Autore: Gelidha Oleron    03/01/2013    1 recensioni
Ventitré come i miei anni.
Ventitré come le stagioni in cui ero stato lontano dalla mia Sophie.
Ventitré come i passi che feci per raggiungere l'indegno.
Ventitré come i secondi che mi separavano dalla morte.
(CP9: KAKU.)
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaku
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Un rumore di zoccoli, i miei forse, mi rimbombava nelle orecchie rischiando di farmele sanguinare; la camicia era diventata di un acceso colore cremisi a furia d'ignorarla; per di più la polvere negli occhi non mi faceva vedere quasi più niente. 

Le grandi sagome scure che mi stavano di fronte si accasciavano al suolo una dopo l'altra: dopo vari sforzi riuscii a distinguere la figura di Califa che, grazie all'aiuto di Jabura, di tanto in tanto saltava in aria e mollava potenti calci di sapone ai circuiti dei pacifista, poi dei suoni elettrici, piccole scosse che li rendevano inoffensivi, dopodiché si sistemava gli occhiali da vista soddisfatta, nonostante le evidenti ferite che, come tutti noi, riportava sul corpo.

Combattere divenne quasi un atto meccanico, involontario, colpivo marines e pacifisti senza nemmeno accorgermene, così potei guardare con la coda dell'occhio gli attacchi di mio fratello: era vero, lui e Kyoko erano diventati discretamente bravi con le spade, forse durante la mia assenza si erano esercitati, chissà, stava di fatto che ci stavano offrendo un valido aiuto per la protezione dell'isola.

Improvvisamente ebbi bisogno di pulire l'aria, di qualcosa che mi permettesse una visuale chiara ed immediata e che mi facesse inquadrare gli avversari senza problemi: pensai a lungo, ma agii in quattro e quattr'otto "Amanedachi!" feci roteare il corpo più volte, generando un forte vortice che disperse la polvere e i detriti, ma che colpì inevitabilmente anche le navi, i marines e tutti i presenti: ci fu un attimo di esitazione da parte di tutti, ma ben presto ognuno poté distinguere chiaramente ogni singola persona che gli stava di fronte.

La battaglia riprese più viva e cruda che mai e d'improvviso lo vidi, Spandam, mentre rideva subdolo davanti ad un pacifista straordinariamente più grande degli altri: un timer lampeggiava pericolosamente sul suo petto e segnava il numero quaranta.

Poco più distante, Rob Lucci si era portato le mani sulle ferite che gli si erano riaperte e cielo, lo sguardo rabbioso che gli vidi mi fece temere che fosse davvero finita.

Ma in combattimento, cosa risaputa, non ci si può concedere un attimo di distrazione: un marine mi ferì dov'ero già sanguinante e ciò mi costrinse ad assumere nuovamente la forma umana sotto le urla strazianti di mia madre e Sophie "KAKU!" 

Mi strinsi una mano sulla parte lesa e digrignai i denti, sputando sangue con stizza.

Incoscienti, incoscienti, incoscienti! Ma non gli avevo detto di restare al riparo?

Poi, tutt'a un tratto, le sentii urlare più violentemente "Lasciami! Non mi toccare!" e a quel punto la rabbia raggiunse realmente livelli spropositati.

Mi voltai verso loro e provai a corrergli in aiuto, ma una forte presa ai piedi mi fece cadere immediatamente a terra e tossire al suolo "Kaku, NO!" gridarono per l'ennesima volta le donne, forse erano semplicemente stanche di ostentare coraggio e sentivano la necessità di liberare le proprie paure.

Non volevo costringervi a comportarvi da eroine, né tantomeno a diventare vittime di guerra.

In qualunque caso, quello non era proprio il momento opportuno per fare il diplomatico: cercai di liberarmi dalla stretta dell'uomo che mi aveva imprigionato, ma lui per tutta risposta mi trascinò al suo cospetto con avidità, facendomi striare il terreno con le unghie e facendomi sentire inutile davanti al pericolo che attanagliava Sophie e mia madre.

Sfinito, stordito e sanguinante, mi battei con il nemico tentando con tutto me stesso di sfoderare al meglio le mie capacità, ma ci pensò un fendente di Milo a salvarmi da quella situazione "Sembri in difficoltà, sapu-Kaku" sorrise sfacciato, probabilmente sapeva quanto mi stava rendendo fiero in quel frangente "Non preoccuparti per la mamma e Sophie, ci penserà Kyoko a liberarle"

"Grazie, fratello" non mi persi in convenevoli, ma andai subito a raggiungere Lucci.

Trentacinque.

Il sangue aveva dato tregua per un istante a Rob Lucci, il quale adesso si apprestava a malmenare Spandam "Maledetto..." mi avvicinai anch'io come una furia "Storm Leglo ridussi a pancia all'aria, sembrava un insetto appena calpestato a cui avevano tagliato le ali e ora si contorceva, si contorceva come un ossesso per cercare di rimettersi in piedi.

Trentatré.

"Arriverà la giustizia!" balbettò con gli occhi violacei e le labbra gonfie "Se non è oggi, sarà domani! E' inutile continuare a..."

"Taci" Lucci gli mollò un calcio in pieno stomaco "I vermi non parlano" sentenziò con una voce da brivido, mentre lo scrutavamo entrambi dall'alto con solennità "Striscia, lurido, striscia"

Trentuno.

Improvvisamente, rise "Voi state qui a calciarmi, mentre la bomba esploderà tra tre, due, uno..."

"Merda!" mi venne da imprecare astiosamente, dopodiché mi fiondai senza perdere tempo verso il pacifista con il timer "Califa!" chiamai a gran voce nel bel mezzo del tumulto.

Ventotto.

"Califa!"

"Kaku, sono qui!" mi corse incontro trafelata, il braccio destro le sanguinava e i lunghi capelli biondi erano insolitamente impiastricciati di sudore "Per questo ci vorrà del sapone extra" arricciò il naso.

"Questa non me la voglio perdere" ci fu accanto anche Jabura.

Venticinque.

Mettemmo al tappeto i distrattori, dando alla nostra compagna il tempo d'insaponare per bene il pacifista programmato per esplodere: fortuna volle che, a differenza di tutti gli altri, non aveva il compito di attaccare.

"NON VI LASCERO' MANDARE A MONTE IL MIO PIANO!" gli sbraiti di Spandam fecero tremare i pochi soldati che ancora si reggevano in piedi "NON IL CARICO VENTITRE'!"

Improvvisamente, tutto per me si ridusse ad un semplice numero: le sorti della battaglia, il futuro di Kodama, il senso della giustizia, le urla di mia madre, il placarsi delle lacrime di Eleanor e la mia vita...

Ventitré.

Ventitré come i miei anni.

Ventitré come le stagioni in cui ero stato lontano dalla mia Sophie.

Ventitré come i passi che feci per raggiungere l'indegno.

Ventitré come i secondi che mi separavano dalla morte.

L'esplosione ci fu, ma si rivelò talmente debole e fiacca che quasi passò inosservata: Califa aveva fatto davvero un ottimo lavoro, non si era lasciata intimorire o mettere sotto pressione e aveva danneggiato i meccanismi della bomba fino a renderla del tutto futile.

Nel frattempo, io e Lucci avevamo ormai raggiunto per la seconda volta il nostro ex capo e ci accanivamo come bestie feroci su di lui: le persone si dispersero, i pochi marines che avevano resistito fino ad allora ne approfittarono per darsela a gambe, e la mia famiglia poté finalmente considerarsi fuori pericolo.

La brama di vendetta si fece beffe della mia ragione e, insieme a Lucci, calciai Spandam fino ad ucciderlo, il sangue schizzava da ogni singola porzione del suo misero corpo, ma noi non avevamo ancora finito: lo calpestammo ancora, senza ritegno, arrivavano lontane le voci degli altri "Basta così, ragazzi", "L'avete ucciso", "Smettetela!".

Poi, tra tutte, riecheggiò la sua "Kaku...non dimenticare mai chi sei..."

Immediatamente, ritirai il piede dallo stomaco dell'indegno e sgranai gli occhi: quello non ero io. La battaglia era ormai conclusa, cosa ci facevo ancora ad assassinare il cadavere di Spandam

In fretta e furia, raccolsi le manette di agalmatolite con cui era stato imprigionato Blueno e me le misi "Perdonatemi" rantolai, con un ferroso sapore rosso che mi correva sulla lingua e le ferite al petto che mi risultarono tutt'a un tratto doloranti "Io non sono un mostro" potei sentire le forze abbandonarmi, mentre l'agalmatolite faceva il suo effetto e si nutriva della mia volontà "Non devi aver paura, Eleanor..." balbettai, guardando negli occhi mia figlia spaventata e temendo che quel terrore fosse dovuto al fatto di avere un killer come padre "Non ti farò del male..." e con queste ultime parole udii un fastidioso fischio alle orecchie che si risolse in un brusco svenimento, le mani di qualcuno che mi afferrarono e il buio più totale.

 

 

 

 

 

 

 

 

"Papà..." giunse come amplificata la flebile voce di Eleanor ai miei timpani.

Aprii gli occhi stancamente, non potevo deluderla e non rispondere al suo richiamo "Tesoro..."

"Papà!" si lanciò immediatamente tra le mie braccia, facendomi urlare di dolore "Sapevo che era una delle tue bugie!"

"Piano, Eleanor, piano" la trattenne Sophie con le lacrime agli occhi.

Sbattei le palpebre più volte e storsi il naso, accorgendomi solo in quel momento di trovarmi in ospedale: più aghi mi entravano nelle braccia e si collegavano a diverse macchine posizionate accanto al letto, mentre nell'aria aleggiava un fastidioso odore di disinfettante.

"Kaku..." Sophie mi accarezzò le dita che sbucavano dalla fasciatura alla mano destra e per un istante mi parve che la vita danzasse sui miei polpastrelli freddi e addormentati "Sono così contenta che tu abbia aperto gli occhi, sei stato davvero un eroe"

"Bravo, papà!" sorrise la piccola, al che non potei fare a meno di scompigliarle debolmente i capelli e ricambiare il sorriso.

"Come stanno gli altri?" chiesi subito.

"Tutti vivi e vegeti, tranquillo" mi rassicurò la donna "E grazie a te. Hai salvato Kodama, hai salvato la nostra famiglia e..." esitò, poi scoppiò a piangere "...e ora hai salvato anche me" adagiò la testa sul mio petto assieme ad Eleanor e, nonostante le profonde ferite, non potei che provare contentezza ad averle così vicine.

"Coraggio, non versate lacrime inutilmente" le strinsi forte, per quel poco di forza che mi era rimasta "E' tutto finito, dovete essere felici" a quel punto presi a ridere, a ridere incontrollatamente, ricordandomi di quanto la mia risata facesse star bene entrambe e trascinandole con me nel mondo dell'ilarità.

Era finita davvero: niente più Spandam, niente più CP9, niente più menzogne e omicidi, niente più giustizia violenta.

Posai il capo delicatamente su quello di Sophie e, con la mia ricchezza più grande tra le braccia, feci sogni tranquilli e beati. Al mattino ci dissero che ci trovarono così, addormentati spensieratamente e con l'ombra di una gioia incontenibile che increspava le labbra di tutti e tre.

Finalmente, l'alba di una piena vita vissuta insieme poteva dirsi ufficialmente cominciata. © 

 

 

 

 

 

 

Avrete notato le parole dell’introduzione: ebbene sì, l’idea di questa storia è partita proprio dal finale. Me l’ero visto già tutto davanti gli occhi, la bomba, Spandam, gli sforzi di Kaku per cercare di salvare la sua famiglia, la sua paura di risultare un mostro agli occhi di sua figlia e tutto il resto.

Sono arrivata a questo capitolo proprio forzatamente perché credo di averla portata troppo per le lunghe, così tanto da annoiarmi persino a scrivere. Ma ora ormai siamo giunti alla fine, manca soltanto un ultimo capitolo che si può considerare anche come extra, dato che la vicenda ha già trovato una conclusione. A presto allora! J

  
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