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Autore: TheTsundere_Miharu    03/01/2013    4 recensioni
Yakitori. Sì, Kyosuke aveva preparato proprio quelli. Piacevano a tutti.
Avevano mangiato in silenzio, senza guardarsi negli occhi.
In realtà Yuuichi non ricordava di aver toccato cibo. Forse aveva semplicemente fissato il piatto per tutto il tempo, senza neanche assaggiare. O aveva assaggiato solo un poco, per fare piacere all’altro.
Era stato un pranzo molto silenzioso.
Non il solito.
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{ Yuuichi/Taiyou + accenni Kyousuke/Tenma }
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Taiyou Anemiya, Tsurugi Yuuichi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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― Note iniziali.

Eccomi di nuovo a deliziarvi con una delle mie schifezze! (...) Che dire... la mia seconda Taiichi nel fandom. çvç Questa è davvero una cosa... depressa. Dio santo, pure per me! XD In realtà l'idea mi è venuta quest'estate e ho cominciato a scriverla a luglio o agosto, mi pare... poi non l'ho più finita XD Tralasciando tutta la storia (?), alla fine ce l'ho fatta e beh, eccola qui. Spero potete gradirla e farvi qualche pianto (?). Fatemi sapere cosa ne pensate, e non picchiatemi, okay? çvç Bye!









 

_ My wings.

 
Era tardo pomeriggio, probabilmente.
Era uscito di casa… parecchie ore prima.
Ricordava che lui e suo fratello avevano appena finito di pranzare, quando aveva varcato la porta della casa per ‘prendere una boccata d’aria fresca’.
Cosa avevano mangiato quel giorno?
Chinò il capo. 
Yakitori. Sì, Kyosuke aveva preparato proprio quelli. Piacevano a tutti.
Avevano mangiato in silenzio, senza guardarsi negli occhi.
In realtà Yuuichi non ricordava di aver toccato cibo. Forse aveva semplicemente fissato il piatto per tutto il tempo, senza neanche assaggiare. O aveva assaggiato solo un poco, per fare piacere all’altro.
Era stato un pranzo molto silenzioso.
Non il solito.
Suo fratello non aveva urlato neanche una volta contro… contro di…

 
In quel momento, boom, una bambina cadde.
Proprio accanto a lui.
Alzò lo sguardo, e le porse una mano, aiutandola a rialzarsi.
La piccola aveva dei capelli neri come la pece, ma i suoi occhi… erano bellissimi.
Grandi, azzurri. Vivaci, con lunghe ciglia.
La piccola lo fissò per un attimo stupita, ma poi fece un grande sorriso, mostrando tutti i denti, seguito da un piccolo inchino di ringraziamento. Poi corse dalla mamma che era nel negozio lì accanto, salutandolo con un gesto della mano.
Yuuichi non ebbe neanche il tempo di salutarla a sua volta.
No, il tempo ce l’aveva, solo che non aveva trovato la forza di alzare nuovamente la mano.
Il suo capo tornò chino.
 
Non stava fissando le sue scarpe, né le sue gambe – che ormai potevano benissimo camminare e muoversi liberamente – né i jeans rosa che indossava da anni.
Non fissava nulla, semplicemente, il suo sguardo era perso. La sua mente navigava altrove, in un posto a cui non avrebbe saputo dare un nome, un posto che nessuno avrebbe mai potuto raggiungere.


 
Il cielo si stava tingendo di arancione.
L’aveva notato quando aveva aiutato la piccola ad alzarsi.
Arancione, sì. Arancione, viola, rosso.  Il tramonto, giusto?
Non che gli importasse.
Non aveva fretta di tornare a casa. Non si preoccupava dell’incolumità di suo fratello, sapeva quanto poteva essere responsabile, forse anche più di lui stesso. E poi ormai aveva vent’anni, non era più un ragazzino, nonostante vivessero ancora sotto lo stesso tetto… ma i loro genitori gli avevano lasciato la casa e loro ormai erano completamente indipendenti.
Si chiese per quanto tempo avrebbero potuto vivere insieme.
Forse gli sarebbe dispiaciuto, il giorno in cui si sarebbero separati. Erano stati così legati per tutti quegli anni… o meglio, da sempre.
Ma ormai Kyosuke stava diventando un uomo adulto, aveva trovato un lavoro adatto a lui ed era fidanzato con Tenma-kun da ormai parecchi anni.
Un sorriso lieve si dipinse sulle sue labbra a quel pensiero. Era felice che suo fratello potesse stare con una persona del genere, che sapeva spronarlo e tirare fuori il meglio di lui, che poteva renderlo davvero felice nonostante i brutti momenti passati.
Pensava che quei due sarebbero andati a vivere insieme molto presto – probabilmente se ci fossero stati i soldi, lo avrebbero fatto già da tempo.
E lui, dall’alto dei suoi venticinque anni appena compiuti, sarebbe rimasto solo in quella casa.
La solitudine non lo spaventava più ormai, dopo tutti quegli anni passati in un ospedale che l’avevano fatto sentire morto, aveva trovato il coraggio di camminare – letteralmente e non – sui suoi stessi piedi, da solo. 
Ormai la solitudine era quasi una compagna.
 
Ruotò gli occhi in direzione del mare, e decise di andarsi a sedere su uno di quegli alti scogli. Lo faceva da anni, era un bel luogo per ammirare il sorgere della notte e per stare da soli.
E più si avvicinava lì, più il rumore dei passi altrui si facevano lievi, le risate e gli schiamazzi lentamente si affievolivano e anche l'aria sembrava più pulita.
In un angolo della sua mente sapeva che quelle sensazioni anomale non erano vere, ma in qualche modo non gli interessava davvero, così ignorò quei lievi pensieri.
Si fermò, sedendosi sulla dura superficie della roccia.
 
In quel momento, il sole si stava muovendo in una lenta danza, e lui non riusciva a prestare attenzione a nient'altro, ignorando perfino il modo in cui l'aria si stava facendo più fredda.
I suoi occhi erano puntati al cielo, che si stava tingendo di tutti quei colori.
Eppure non riusciva a distogliere l'attenzione dall'arancione.
Era un colore che amava molto, che gli metteva allegria.
Ma in quel momento la sua espressione era ben lontana dall'essere serena.
Chissà se quegli occhi azzurri stavano guardando il tramonto allo stesso modo.
Si poggiò una mano sulla fronte, serrando la mascella.
 
Perché continuava a pensarci?
Cosa stava pensando davvero?
Quegli occhi erano dei falsi.
Delle finte speranze, delle piccole gemme, le quali rievocavano in lui ricordi che sollecitavano la sua mente... come delle dita che, prima delicatamente, accarezzano le corde di un'arpa, per poi afferrarle e strapparlare con forza.
Quella particolare immagine non riuscì ad occupare la sua mente se non per pochi secondi.
 
Degli occhi azzurri, circondati da delle lunghe ciglia scure, un naso ben proporzionato ed un grande sorriso apparsero fra le sbiadite immagini che stava tentando di scacciare.
Il viso della persona che amava e che non avrebbe potuto rivedere.
Ridacchiò, cercando di ignorare il dolore lancinante che gli attraversava il cuore.
Dopo tutto quel tempo, ancora non era riuscito ad elaborare il tutto.
Non era riuscito a capire che era inutile pensarci e dondolarsi nei ricordi. 
Che avrebbe dovuto smetterla di considerare quel ragazzo come l'unica persona che avrebbe mai potuto amare.
Che era inutile scrutare la sedia sui cui si siedeva sempre quando pranzavano insieme, oppure cercarlo sotto il letto o dentro un armadio - dove si era sempre nascosto per fargli degli scherzi.
 
Aveva venticinque anni, era giovane.
Aveva un fratello che lo adorava e un cognato adorabile.
Dei genitori che lo avevano sempre sostenuto nonostante le difficoltà.
Degli amici e una vita che molti avrebbero potuto invidiare.
 
Ma un tassello si era staccato da quel quadro perfetto.
Il tassello più grande e luminoso, quello che si trovava al centro della sua intera vita.
Non riusciva a pensare a nessun modo per riparare a quella perdita.
Non aveva intenzione di trovare un altro tassello, nonostante tutto.
... Nonostante tutto, già.
 
Yuuichi non era mai stato il tipo da rinnegare i suoi sentimenti, ma si chiedeva se fosse necessario in quel momento.
Piegò le ginocchia, portandosele al petto, poggiando entrambe le mani sulla sua testa.
Sapeva bene che quelle immagini non l'avrebbero abbandonato.

Quella figura slella che correva, saltava e non stava mai ferma, quella risata contagiosa.
Quella stessa figura in un lettino d'ospedale, completamente immobile, la pelle più pallida del solito, mentre l'encefalogramma mostrava una linea dritta.
 
Ogni volta che si soffermava su quest'ultimo pensiero, non poteva far a meno di piangere.
Ma cos'erano delle lacrime rispetto a tutto il dolore che mai e poi mai avrebbe potuto espellere dal suo corpo?
Solo gocce salate, insignificanti perle bagnate che gli facevano arrossare il viso e diventare il respiro pesante.
Se fosse stato quello il suo problema, non sarebbe stato nulla.
Eppure avrebbe dovuto ridere.
In fondo il sogno di Taiyou era stato realizzato, no?
Tornò con lo sguardo verso il sole, che era ormai quasi scomparso dietro alla superficie del mare.
Taiyou aveva sempre voluto arrivare al di là del sole, giusto?
E ci era riuscito, ora era sicuramente nel cielo, con delle grandi ali bianche, giocando sulle nuvole.
Magari per tutto quel tempo l'aveva osservato e lo stava sgridando con affermazioni come 'Stupido, guarda che io sto benissimo!' o 'Non deprimerti, sono sopra alla tua testa!'
 
Ma era difficile accettare tutto quello spazio che li separava.
In realtà, Yuuichi soffriva per questo.
Era un egoista e avrebbe solo voluto il suo Taiyou tutto per lui, per sempre.
Per sempre.
Voleva solo stare con lui, per sempre.
Perché lo amava.
Lo amava come non avrebbe mai potuto amare nessun'altro.
Perché quel ragazzo era stato tutto per lui, per tutti quegli anni.
Dentro l'ospedale, fuori dall'ospedale.
Era sempre stato lì per lui e con lui.
Con la sua spensieratezza, la sua gioia di vivere e quelle braccia che lo stringevano sempre.
Gli mancava quel calore che solo lui riusciva a trasmettergli.
Era impensabile che qualcun'altro avrebbe potuto fargli provare le stesse cose.

 
Si alzò, salutando con un lieve movimento della mano il sole che scompariva completamente.
Era sceso nel mare, unendosi con esso e formando un tutt'uno.
 
Se Taiyou era un sole, allora avrebbe voluto essere il suo mare.
Era un pensiero così stupido per un ragazzo così grande, ma che non riuscì a reprimere.
Alzò la testa, ammirando la luna che era appena apparsa.
Per un attimo provò l'istinto di prendere qualcosa e distruggerla.
Non era ciò che voleva.
 
«Taiyou, sei davvero felice ora?»

Sussurrò flebilmente, ottenendo come unica risposta il rumore del vento.
Fece un paio di piccoli passi in avanti.
I suoi pensieri, da forti e dolorosi, divennero ovattati e appena percettibili.
L'unico rumore che Yuuichi riusciva a sentire era il suono del suo cuore che batteva.
O forse non era quello ciò che batteva, era impossibile che potesse continuare a farlo, se in quel momento una lancia velenosa si era conficcata in quel punto.
 
«Un giorno mi hai detto che ogni persona ha delle ali, pronte ad aprirsi per raggiungere ciò che davvero amiamo.»

Pronunciò, abbassando lo sguardo con un sorriso appena accennato.
Automaticamente, si toccò la schiena con una mano, sentendo solo la stoffa della sua maglia.
Le sue ali non si erano aperte.
Ma se davvero sono pronte ad aprirsi per volare verso ciò che si ama...

« Aprirò le mie ali



 
E con un passo, un singolo passo, toccò il vuoto.
Sentì le membra farsi leggere, i muscoli distendersi e le lacrime fermarsi.
Il suo sorrisò si allargò.
 
 
Un dolore lancinante lo attraversò, e poi si sentì risucchiato dentro una superfie fredda.
Avvertì un qualcosa che avrebbe voluto chiamare il nulla.
 
Ma poi una mano calda gli sfiorò la guancia.
E tutto il dolore sparì.
  
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