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Autore: Valpur    22/07/2007    19 recensioni
Quel giorno il suono della sveglia fu inutile.
Attenzione: in questa storia sono presenti massicci spoiler su Harry Potter and the Deathly Hallows.
Se ancora non lo avete letto, e se non volete rovinarvi qualche sorpresa, passate oltre.
Genere: Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'Piccoli momenti'
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Attenzione. Presenza di spoiler del settimo libro

(avviso inserito dall'amministrazione)





Quel giorno il suono della sveglia fu inutile.

Nell'appartamento al numero 93 di Diagon Alley George Weasley era già sveglio.

Certo, non che ultimamente dormisse molto.

Un brusco colpo sul comodino fu sufficiente a zittire il trillo insistente.

George rimase disteso ancora alcuni istanti. La casa era silenziosa.

Troppo.

Come tutte le dannatissime mattine si sforzava di ascoltare il nulla, sperando in un qualsiasi suono che gli confessasse che era stato tutto un incubo.

Come tutte le mattine, ovviamente, si sbagliava.

Era difficile alzarsi e prendere contatto con la tagliente realtà, ma era pur sempre preferibile alle lunghe, desolate ore di veglia in un letto solitario.

Da quando era tornato lì, dopo il funerale, non riusciva a darsi pace.

Ora basta però, si disse.

Gettò le gambe oltre il bordo del letto, spingendo indietro il groviglio di coperte in cui si era avviluppato durante la notte. Non si preoccupò nemmeno di infilarsi la vestaglia: scalzo e in pigiama arrancò fino al bagno, guidato più dall'abitudine di una vita che da una reale necessità.

Per alcuni, strazianti attimi esitò davanti alla porta socchiusa; non si sarebbe mai abituato...

George, stai zitto un attimo, mi sto facendo la barba!

La voce di suo fratello gli rimbombò nella testa. Di nuovo.

Be', era inutile, no? Non c'era nessuno in bagno.

Nessuno.

Con una manata spalancò la porta. La luce lattiginosa della grigia alba londinese illuminava a stento la stanza, lasciandola priva di ogni colore.

George mosse un passo in avanti, le braccia a ciondoloni lungo i fianchi.

Non poté far altro che accasciarsi sul lavandino, stringendo le mani sui bordi di ceramica.

Era un trauma guardarsi allo specchio.

Nella penombra poteva perfettamente distinguere le ombre in cui gli occhi parevano sparire; aveva le guance scavate e la barba ispida; da quanto non si radeva?

In un gesto automatico si portò la mano al ciuffo rosso che gli ricadeva davanti agli occhi, facendo per sistemarselo dietro l'orecchio.

La punta delle dita sfiorò la lunga cicatrice che abitava, ora, dove un tempo c'era un orecchio perfettamente funzionante.

George lasciò ricadere il braccio, scoppiando in una breve, amara risata.

Era iniziato tutto allora...

Non si accorse nemmeno di essere scoppiato a piangere. Le lacrime fluivano incontrollate giù dalle guance, lungo il collo, sparendo dentro la maglietta.

Fred era morto.

Suo fratello... il suo gemello, la sua metà perfetta... non c'era più. Sarebbe stato solo, per sempre.

Niente più sguardi d'intesa, niente più bravate e avventure. Fred, quello forte, quello impulsivo, il lato passionale della coppia.

L'aveva abbandonato.

George singhiozzò più forte, la testa incassata tra le spalle.

In un lampo devastante rivisse il momento in cui glie l'avevano detto. Rivide il corpo straziato, coperto di sangue.

Sua madre era distrutta dal dolore; Ginny non riusciva a farsene una ragione... e lui?

Lui non aveva detto niente.

Ovviamente l'aveva saputo subito. Stava combattendo contro un tizio alto e un po'ingobbito: stava vincendo, e per dirla tutta era quasi esaltato dalla lotta... quando una morsa gelida gli aveva stretto il cuore. Si era bloccato per la frazione di secondo sufficiente a permettere al suo avversario di fuggire.

Ma tra i gemelli c'è sempre questa connessione, vero? Sanno se l'altro soffre, ama... muore.

George cercò di reprimere un grido furibondo, ma non ci riuscì. Con tutte le sue forze colpì lo specchio con un pugno, ferendosi le nocche e frantumando la superficie in tanti spicchi lucenti.

Il sangue gli colava fino al gomito, ma George non ritrasse la mano.

Non aveva ancora pianto. Tre settimane di agonia, con le lacrime segregate oltre gli occhi.

La luce del sole si fece strada lentamente nel bagno.

Forse fu uno scherzo di un raggio dispettoso, o forse solo stanchezza... George non ci badò. Tuttavia qualcosa fece muovere la luce alle sue spalle.

Voltandosi svogliatamente, il giovane Weasley non vide nulla.

Finalmente si rese conto del dolore alla mano ferita. La ritrasse, alzando lo sguardo sullo specchio rotto.

L'avrebbe aggiustato dopo.

Tamponandosi la mano nella maglietta fece per voltarsi.

L'immagine riflessa non si mosse.

George raggelò. Con la coda dell'occhio sbirciò lo specchio.

Non era un'allucinazione: il suo stesso viso gli sorrideva, con la testa inclinata di lato e un sopracciglio sollevato.

George tornò, lentamente, a fronteggiare se stesso.

Era... diverso, pur essendo uguale. Le lentiggini sul naso avevano una disposizione differente, e c'era una piccola cicatrice sullo zigomo sinistro.

Fred se l'era fatta cadendo dalla scopa, al primo anno.

Fred.

George si soffregò vigorosamente gli occhi, sbattendo le palpebre.

L'immagine sogghignante era ancora lì.

Fratello...” sussurrò, avanzando di un passo e deglutendo a vuoto.

Fred annuì in silenzio.

È stato un bel botto, hai visto? Decisamente un modo onorevole di andarmene. Insomma, degno di me, non trovi?

George tacque, scuotendo piano la testa. Aveva ripreso a piangere.

Suo fratello lo guardò storto, sbuffando e roteando gli occhi.

Per la barba di Merlino, George! Non ti sei mai comportato così!

Be', tecnicamente non sei mai morto, prima...” si sforzò di ribattere questi, con un sorriso tremulo.

Fred accusò il colpo con una piccola smorfia.

Anche tu hai ragione. Però non capisco... perché fai così?

Perché... perché mi manchi, idiota! Perché ho perso la persona che mi era più vicina, e ora mi sembra che mi abbiano strappato un pezzo di... di cuore, o di qualsiasi cosa sia! Non posso farcela, Fred, qui è tutto grigio e deprimente senza di te...”

Il viso di Fred, dallo specchio, assunse un'espressione turbata.

George, io... anche tu mi manchi, fratellino. Qui è abbastanza una noia, ad essere sinceri. Ma davvero, mi vuoi dire che sei stato così stupido da pensare che me ne fossi andato davvero?

George tirò su col naso, sollevando lo sguardo arrossato con l'aria di chi non ha capito.

Il suo gemello sorrise dolcemente. Fred non sorrideva mai così a nessuno: solo a George.

Sono con te. Sempre. Sono proprio dove tu senti quella voragine, nel petto. Solo che tu eri così concentrato sul dolore che non te ne sei accorto... vivo in te, George, perchè noi due siamo una cosa sola.

George riprese a singhiozzare, le spalle scosse da un tremito incontrollabile.

Vorrei essere morto anche io. Vorrei essere con te, ora...”

Chiuse gli occhi, stringendo i pugni.

All'improvviso sentì sulla guancia un tocco gentile, come una carezza.

Quando riaprì gli occhi, Fred se n'era andato. Di nuovo, però, la sua voce riecheggiò tra le piastrelle del bagno.

Vivi, fratello mio. Le nostre strade sono un'unica strada, e prima o poi torneremo a camminare assieme. Non sei solo: io sono con te, come è sempre stato.

Poi tornò il silenzio.

George si svegliò di soprassalto, spingendo via le coperte che sembravano volerlo soffocare.

Aveva le guance umide.

Come una furia corse in bagno, inciampando nel tappeto e rischiando di finire a terra.

Aprì la porta con violenza, tanto che la maniglia sbeccò le piastrelle... ma non c'era nessuno.

Deluso, George alzò lo sguardo.

Dallo specchio rotto, la luce gli fece l'occhiolino.

Fu allora che capì.

Non era un sogno.

Ciao fratello...”






   
 
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