Fanfic su artisti musicali > Paramore
Segui la storia  |       
Autore: SkeletonBrain    04/01/2013    4 recensioni
Enormi pressioni psicologiche e forti tensioni sessuali si abbattono sul povero Taylor York, chitarrista ritmico dei Paramore. Vive proprio nel mondo dei sogni, e solo il suo miglior "amico" Zac riuscirà riportarlo alla realtà. Vedremo il nostro paladino rischiare vita e integrità mentale per questa suo inaspettato amore carnale.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Quasi Tutti
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CARLA -prima parte


25 DICEMBRE
Mi svegliai, una luce quasi accecante mi colpì il viso, facendomi forza sul comodino mi alzai in piedi e tirai giù la tapparella. Camminai verso il letto e ritornai sotto le coperte, ero tutto sudato, mi tolsi la felpa. In bocca avevo un brutto sapore, mi girai verso il comodino e trovai una bottiglia di coca cola, perplesso mandai giù un sorso; non è buona di mattina. Le coperte emanavano un terribile odore e sentivo il bisogno di igiene, puzzavo da morire. Raggiunsi la porta a fatica, avevo un mal di testa incessante, sentivo il cervello scaldarsi. Scesi le scale facendo meno rumore possibile, non ero di certo una fatina. Non vidi nessuno, avevo completamente perso la cognizione del tempo, con la mente annebbiata ricordavo solo che la sera prima ero andato a dormire molto presto. Nessuno mi conosce mattiniero, nemmeno io. Il corrimano era gelido, mi apprestavo ad entrare in salotto per raggiungere la cucina. Era tutto spento, non vedevo neanche la spioncina della TV accesa, quel colore blu scuro mi accompagnava. I miei passi non molto agili e veloci mi condussero all'entrata, il portone era spalancato, Nashville non era certo una città tranquilla, la criminalità c'era. Chi poteva aver lasciato la porta aperta? Era entrato qualcuno? Velocizzai il passo, fuori faceva molto freddo, mi ero dimenticato di rinfilarmi la felpa. Diedi un leggero sguardo per vedere se ci fosse qualcuno e chiusi la porta, in giro non c'erano segni di scasso, si erano solamente dimenticati di chiuderla, con questa convinzione arrivai in cucina. Un bicchiere nel centro del tavolo colse la mia attenzione, mi avvicinai lentamente, lo vidi straboccare di un liquido rosso forte. Mi feci coraggio e lo toccai, era molto denso. Il liquido iniziò a sobbalzare e ad espandersi per tutta la tavola. Un forte tanfo mi arrivò al naso. Sangue. Il mal di testa sparì con l'inalare di quell'odore. Non sapevo che fare, gridai aiuto. Ero terrorizzato. Corsi a prendere uno straccio da sotto il lavello, continuava ad espandersi, il mio terrore cresceva. Sentivo dei passi dietro di me; lasciai perdere l'enorme fontana e mi girai. Notai un grosso uomo con il viso scoperto: pelato, grossi occhi marroni e penso un naso a patata, portava dei baffi folti. La luce era spenta non vidi completamente il corpo, mi corse in contro, disperato andai verso la finestra e provai ad aprirla, le mie mani tremavano convulsamente mentre toccavo la gelida maniglia. Inclinai la testa, era a pochi centimetri da me, riuscivo a sentire il suo respiro, i suoi occhi erano vuoti. In pochi secondo mi prese il collo e mi fece sbattere a terra, allungò il piede e mi schiacciò il cranio sul pavimento.
Mi svegliai, una luce quasi accecante mi colpì il viso, facendomi forza sul comodino mi alzai in piedi e tirai giù la tapparella.
Aprii la porta e scesi le scale, quelle luci artificiali mi intontivano, avevo la testa completa vuota, non riuscivo a concentrarmi. Vidi giù tutti vestiti a festa, era venuta a trovarci una lontana zia da Chicago; mi guardarono in male modo.
“Eccolo qua!”- esclamò mio padre ridendo, mi dava sui nervi.
"Ancora addormentato sei!" Disse mia madre stizzita. "Puzzi come un caprone, corri a farti la doccia e vestiti bene!" Terminò.
 Mi voltai completamente scazzato, tutti divertiti a fissarmi. Svogliato tornai su e mi soffermai davanti la porta del bagno. Il cambio diamine! Tornai in camera e presi mutande, calzini e una canottiera nuova. Attivai la doccia, quasi sul massimo del rosso, il vapore cominciava a crearsi e io cominciavo a svestirmi. Il suono della doccia mi agitava, misi sull'iPhone una canzone per rilassarmi: Youth- Daughter. Mi tolsi i boxer e misi tutto a lavare, spostai la tenda da doccia ed entrai. Quella giornata era cominciata male, non un bel risveglio, non avevo sognato nulla, o come si dice: "non mi ricordo il sogno, dato che si sogna sempre." La doccia era il momento perfetto per riflettere, ma non ne avevo voglia. Iniziai a masturbarmi. Pensai ad una ragazza con cui ero andato a letto dopo un meet and greet, aveva un anno in meno di me; mentre continuavo Zac nudo mi apparì in testa senza preavviso, quella immagine risaliva a qualche mese fa in piscina, dovevamo cambiarci in fretta e da maschi amici non ci eravamo fatti grossi problemi nello spogliarci insieme. Mi fermai di colpo, non dovevo pensare a queste cose, era il mio migliore amico, tra l'altro un uomo. La canzone finì, non ne incominciò un'altra e io continuai a masturbarmi. Venni pensando a quell'immagine fissa di Zac, niente riusciva a scrollarmela via, mi sentii parecchio turbato. Grondante afferrai l'accappatoio, andai davanti lo specchio e mi guardai, mi piacevo, mediocremente. Vero! Ecco perché erano tutti vestiti così, oggi è Natale! Me lo rimembrai solo dopo una doccia di lucidità, questo cambiò tutto. Accesi la stufetta, congelavo, mi asciugai il giusto. Era Natale e io volevo ritornare bambino. Imprudente aprii la porta e iniziai a camminare completamente nudo. Lasciavo sul parquet le impronte bagnate dei miei piedi, quando stavo per arrivare in camera udii i passi di una donna salire le scale rapidamente. Incrementai la velocità di quel passo felpato ma niente, questa mia zia, mai vista, entrò in traiettoria. Ero in completo imbarazzo, anche impaurito, quale sarebbe stata la sua reazione?
“Ciao, te devi essere Taylor!” -commentò con inquietante naturalezza. “Strano modo per conoscersi” -continuò, fece un sorrisetto.
"S-scusa" fu l'unica cosa che riuscii a dirle.
“Piacere Carla”- mi porse la mano. Gliela strinsi, mentre l'altra era intenta a coprirmi.
“Sai che i veri uomini salutano con due mani?” -disse con voce soffocata.
“Non mi sembra il caso”-sussurrai. Ella continuava a tenermi stretta la mano, con l'altro braccio afferrò quella che copriva i genitali, cercò di smuoverla ma feci resistenza. Continuò più insistentemente, non volevo fare braccio di ferro, cedetti e gliela porsi. Afferrò con vigore le due braccia, mi spinse ancora più in là nel corridoio e mi portò le mani alle sue natiche. Mentre faceva un'espressione di godimento mi liberò e prese con vigore i miei testicoli sussurrandomi all'orecchio:"Resto qui fino a domani pomeriggio, stanotte vienimi a trovare nella camera degli ospiti".
Mi avvicinai di più e bisbigliai:"Potresti essere mia madre".
"E questo non ti eccita?"- disse lei.
“Nemmeno un po'”- conclusi. Mi discostai dalla morsa di quella apparente zitella e ritornai in camera. Mi sedetti sul bordo del letto, ero sconvolto, tutto aveva dell'incredibile. Se solo non mi fosse venuta in mente quella stupida idea, camminare nudo e poi.. schifosa ninfomane!
Vestito e pulito mi recai a tavola con tutti gli altri, Carla stava raccontando della sua impegnata vita a Chicago. Evitai per tutto il pranzo gli sguardi con lei. Il tichettio del suo rolex poco femminile mi infastidiva; ogni cinque battiti tentava di farmi il piedino,e io a ogni tentativo mi spostavo più indietro fino a farla cessare.
Ero a casa per uno stacco dal lavoro, eppure trovo fastidi.
La vita in tour è pesante, sei lontano dai tuoi cari, ma ovunque tu vada sei sempre circondato da gente. Il lavoro da musicista include anche bell’aspetto e parecchi sorrisi, essere sempre carino e a disposizione degli altri. E’ una parte molto difficoltosa, soprattutto quando sei irritato e migliaia di ragazzine ti assalgono, bisogna mantenere i nervi calmi e iniziare a firmare autografi e sfoggiare bellissimi sorrisi da denti sbiancati. Finito di pranzare ci spaparanzammo tutti sul divano da bravi americani. Mio padre chiese chi volesse una birra e ne portò quattro, anche per Carla il maschiaccio. Mia mamma ancora ci vedeva bambini, non si era ancora svegliata da quell’antico ricordo. Ci vedeva bere una bevanda leggermente alcolica e faceva smorfie assurde, non riusciva a farsene una ragione.


-Fine prima parte-
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Paramore / Vai alla pagina dell'autore: SkeletonBrain