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Autore: yllel    04/01/2013    5 recensioni
Sherlock e' tornato. Ma dopo due anni, deve affrontare le conseguenze della sua finta morte e del suo ritorno. Per ognuna delle persone a lui care, perderlo ha significato qualcosa... ma anche ritrovarlo e' difficile. Ambientata dopo la seconda serie.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E’ molto bello quando le persone scrivono per commentare le storie, per cui grazie davvero a bepy68 che ha recensito anche il secondo capitolo e a Lauur.
 

CONSEGUENZE
MRS. HUDSON

 
La graziosa tazza di porcellana dipinta a mano ondeggio’ pericolosamente sul suo piattino, prima di recuperare un po’ di stabilita’.
Martha Hudson fece un profondo sospiro e appoggio’ le mani sul tavolo: meglio lasciare che smettessero di tremare, prima di continuare a preparare tutto il necessario sul vassoio; non era davvero il caso di rovinare il bel servizio da the che Sherlock le aveva regalato  in sostituzione di quello che lei aveva rotto qualche mese prima, quando se l’era ritrovato davanti a quasi due anni dalla sua morte.
Finta morte ricordo’ a se’ stessa, mentre un lieve sorriso appariva sulle sue labbra al ricordo di quel pomeriggio, quando lui era capitato nel suo soggiorno e alla sua vista lei aveva fatto cadere il  vassoio che aveva in mano: incurante della tazza e della teiera  frantumate a terra, era rimasta a guardare quel fantasma per quasi trenta secondi, prima di cominciare a singhiozzare per poi raggiungerlo ed abbracciarlo forte.
Sherlock aveva ricambiato l’abbraccio e per un attimo, lei aveva avuto la spaventosa consapevolezza che nonostante lui fosse tornato e fosse reale, niente potesse comunque essere piu’ come prima.
“John...” aveva mormorato subito dopo, ma lui aveva scosso il capo, prima di lasciarla definitivamente andare.
“No, non ancora” le aveva rivolto un sorriso triste, per poi aggiungere “piu’ tardi, prima avevo bisogno di... venire qui” e sollevare  il viso verso il soffitto, in direzione del suo vecchio appartamento, un senso di aspettativa sul volto.
La Signora Hudson si era affrettata a correre verso lo scrittoio per recuperare un mazzo di chiavi.
“Tieni caro” gli aveva preso la mano e gliele aveva appoggiate sul palmo, richiudendolo subito dopo in una stretta forte.
“E quando avrai bisogno... io saro’ qui”.
Niente domande curiose o commenti increduli, solo una grande gioia nel cuore.
Sherlock aveva annuito, le aveva dato un bacio sulla guancia e poi si era diretto su per le scale.
Poco dopo, il suono del violino aveva iniziato a riecheggiare per i muri, un suono dolce e malinconico allo stesso tempo.

Il bollitore fischio’ e la Signora Hudson si riscosse, affrettandosi a toglierlo dal fuoco. Mise il the in infusione.
Dopo quel giorno, le sue mani avevano cominciato a tremare... non spesso e non per lungo tempo, ma lei non si era preoccupata piu’ di tanto, perche’ sapeva esattamente da cosa fosse causato quel tremore.
Sherlock.
Martha Hudson aveva avuto un matrimonio infelice, da cui non era uscito niente di buono.
Tranne Sherlock Holmes.
Quel giovanotto cosi intelligente e dalle maniere cosi discutibili  l’aveva resa una donna finalmente libera di costruirsi una vita, senza la violenta presenza del marito: non le era parso vero di poter decidere cosa fare, come vivere e chi frequentare... farsi nuovi amici, portare avanti un’attivita’ da sola.
E poi lui era diventato un suo inquilino e, nonostante le sue maniere fossero rimaste davvero discutibili, era diventato anche qualcosa di piu’.
Come un figlio.
Di cui essere fiera e persino lamentarsi ma soprattutto, di cui avere cura.
Oh... era inutile cercare di capire o gestire i suoi improvvisi cambiamenti di umore e i suoi ragionamenti precisi ma spesso taglienti, o il suo stile di vita strano e pericoloso.
Fortunatamente, per quello c’era John Watson e nonostante lei avesse piu’ volte fatto delle allusioni, sapeva bene che quei due erano solo amici. Era semplicemente troppo divertente vedere il dottore impegnarsi per farle cambiare idea.
Ma c’erano cose che quei due insieme non riuscivano proprio a gestire e Martha Hudson era diventata bravissima ad agire nell’ombra, discretamente: ripuliva, riforniva un po’ il frigorifero, faceva in modo di avere sempre biscotti o avanzi da offrire... non troppo naturalmente, non era davvero la loro governante.
Ma era ben felice di averli sotto il suo tetto e in cuor suo ogni sera pregava che Sherlock trovasse un po’ di pace, che riuscisse a tenersi fuori dai guai perche’ anche se era ben sicura dell’influenza positiva di John Watson, era anche sicura della fragilita’ di Sherlock e sperava solo che non dovesse mai arrivare a pagarne le conseguenze estreme.
Lui era intelligente. Era brillante, sicuro di se’.
Ma era anche tanto solo e quella corazza che si era costruito, la sua barriera contro il mondo esterno e tutte le implicazioni che ne derivano era davvero sottile.
Se glielo avesse detto, lui avrebbe negato con logica e scherno (anche se, natuaralmente, si sarebbe ben guardato dall’utilizzare il tono che utilizzava con il suo inquilino), ma lei lo sapeva. E temeva per lui.
Poi, Sherlock si era buttato da quel palazzo: il cuore della Signora Hudson si era lacerato, letteralmente. Sapeva che non avrebbe potuto soffrire di piu’ se a morire fosse stato davvero un figlio suo.
Ne aveva sentito la mancanza ogni giorno e una parte di lei si era spenta, all’idea di non averlo piu’ intorno: le mancavano persino i suoi improvvisi rumori, gli odori che riusciva a creare e le cose che riusciva a distruggere.
Ma piu’ di tutto, le mancava quel sorriso. Quello che riservava a lei, quando era improvvisamente felice per un nuovo caso o il buon risultato di qualche esperimento, o semplicemente quando lo tentava con qualche biscotto appena sfornato. In quei momenti, Martha Hudson riusciva a vedere dietro la maschera del grande consulente investigativo e cio’ che vedeva, le piaceva molto... il volto sereno e gli occhi chiari che brillavano, i tratti distesi del viso e quell’espressione maliziosa e giocosa, come se la sua soddisfazione fosse un grande segreto tra loro due.
Piu’ volte aveva saputo e sentito di gente che lo accusava di non provare nulla, ma lei sapeva che non era cosi.
Sherlock amava, solo lo faceva in modo discreto e nascosto, quasi inconscio... per questo i suoi abbracci e le sue manifestazioni d’affetto erano ancora piu’ preziose.
E quando anche John aveva abbandonato l’appartamento (e un altro piccolo pezzo del suo cuore se ne era andato, alla vista di quell’uomo che piangeva mentre inscatolava le sue cose, incapace di rimanere in quel luogo pieno di ricordi), non aveva avuto la forza di buttare nulla che fosse appartenuto a Sherlock Holmes: le era sembrata una cosa impossibile da fare, come ucciderlo per una seconda volta.
L’avrebbe fatto anche se Mycroft non avesse insistito per tenere affittato lo spazio (e col senno di poi, lo aveva fatto per una ragione ben precisa, perche’ sapeva che Sherlock avrebbe avuto bisogno di ritrovare le sue cose, per poter riacquistare un po’ di serenita’).
La signora Hudson mise i biscotti nel piatto e ricordo’ a se’ stessa che doveva fare per lo meno un discorsetto al maggiore dei fratelli Holmes, la prossima volta che si fosse degnato di farsi rivedere.
Non si gioca con i sentimenti di una vecchia signora in questo modo!
Sorrise, mentre aggiungeva un po’ di latte nel bricco.
Il tremore sarebbe scomparso, una volte che si fosse veramente convinta che lui era tornato, ma che soprattutto, stava bene, perche’ in quei mesi, gli era stata vicina quel tanto per capire quanta fatica stesse facendo, per rimettere insieme i pezzi della sua esistenza.
Lo aveva visto cercare di recuperare piano il suo rapporto con John, combattere con se’ stesso e la fretta di averlo di nuovo a fianco, per recuperare una delle poche certezze di cui aveva davvero bisogno.
Gli aveva consigliato calma e pazienza.

“Caro, non puoi davvero aspettarti che lui ritorni come se niente fosse, senza essere arrabbiato e ferito dalle tue bugie, anche se sono state a fin di bene.”

L’aveva ascoltato lamentarsi (e mettere il broncio, benedetto ragazzo!) perche’ il lavoro stentava a riprendere e Scotland Yard non lo chiamava piu’ per casi importanti: si era molto spaventata quando una mattina, entrando nell’appartamento, l’aveva trovato ricoperto di fogli e libri che parlavano di malattie incurabili, fino a che lui non l’aveva tranquillizzata e le aveva spiegato che non stava male, ma che aveva bisogno di capire come una malattia stesse cambiando la visione della vita di Lestrade e il loro rapporto.

“Sherlock, non puoi pretendere di capire cosa lui stia affrontando, cerca solo di essergli vicino e dimostrargli che riconosci il vostro rapporto di amicizia, cerca di fargli capire perche’ ti sei buttato da un tetto per lui”

Ogni sera, dopo essersi accertata che lui stesse relativamente bene, la signora Hudson tornava nel suo appartamente e piangeva un po’ per il suo ragazzo e tutte le difficolta’ che aveva affrontato e ancora stava affrontando nel fare i conti con il suo ritorno.
Poi si addormentava e il giorno dopo, era pronta a ricominciare tutto daccapo.
Sperava solo che seguisse anche l’ultimo dei consigli che continuava a ripetergli.
Puo’ essere davvero testardo, quando vuole.
Aggiunse il contenitore dello zucchero al vassoio e poi si incammino’ verso le scale.
“Assolutamente no!”
La voce proveniente dall’alto la fece sorridere.
“Perche’ no??”
“E’ una pelle d’orso, Sherlock! Non la metteremo davanti al camino!”
“Perfetto! Allora elimineremo anche quella lampada!”
“Che hai contro la mia lampada?”
“E’ di un assurdo colore e non capisco perche’ tu la voglia tenere, visto che e’ chiaramente uno dei regali di nozze che Sarah ti ha lasciato dopo il vostro divorzio! Quale inutile e sciocco sentimentalismo costringe a tenere un oggetto che e’ il ricordo di un fallimento?”
Martha Hudson si affretto’ su per le scale, il vassoio pericolosamente in bilico.
Le cose rischiavano di degenerare.
“Attento, Sherlock! Sto seriamente riconsiderando la mia decisione di non picchiarti dopo il tuo ritorno!”
“Ancora questa storia... ti ho detto che potevi farlo, se volevi!”
“Non mi serve il tuo permesso! Quando decidero’ di farlo, faro’ in modo che sia una sorpresa!”
“Ah, come se tu riuscissi a nascondermi qualcosa!”
“Ragazzi!”
La Signora Hudson arrivo’ finalmente sulla soglia dell’appartamento e diede un’occhiata scettica al disordine che vi regnava.
Scosse la testa e cerco’ un ripiano dove appoggiare il vassoio.
“Ecco, Signora Hudson, dia a me” John si affretto’ a toglierle l’oggetto dalle mani, poi comincio’ anche lui a guardarsi intorno alla ricerca di un buco per piazzarlo.
“Metti qui!” bofonchio’ Sherlock, scaraventando a terra qualche rivista.
Questo lascio’ libera la Signora Hudson di mettersi i pugni sui fianchi nella sua migliore espressione severa.
“Allora? Pensate di riuscire a rimettere un po’ di ordine? Non crederete mica davvero di ricominciare a vivere insieme in questo caos? Questi sono appartamenti rispettabili!”
Entrambi gli uomini chinarono il capo imbarazzati.
Lei fece un cenno del capo soddisfatto.
“Bene, adesso beviamo il the e ci mangiamo qualcuno di questi biscotti appena sfornati, poi vi darete da fare: smetterete di litigare come due bambini e metterete ordine! Sherlock, quella pelle d’orso e’ veramente orribile, porterebbe solo polvere e John... la lampada stara’ benissimo in camera tua e non ti preoccupare, caro. E’ perfettamente normale”
“Che cosa?”
“Voler comunque tenere un ricordo. Sono certa che tu e Sarah avete avuto anche dei bei momenti insieme” non aggiunse che, nonostante la ragazza le piacesse abbastanza, era stata ben sicura che quel matrimonio non avrebbe funzionato, anche se naturalmente aveva proprio sperato di sbagliarsi.
Se Sherlock ci fosse stato, nemmeno si sarebbe celebrato.
Quel pensiero le ricordo’ un’altra cosa.
“E John... per favore, cerca di non picchiarlo in mia presenza, caro... lo sai che detesto la violenza”
 
Prossimo, ultimo capitolo... beh, credo lo possiate immaginare! Grazie di avere letto!
  
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