Annaspava.
[Inspira.
Espira.]
Arrancava.
[Inspira.
Espira.]
Per quanto tempo era rimasto sott’acqua?
[Inspira.
Espira.]
Tanto.
Troppo.
[Inspira.
Espira.]
Aveva nuotato lungo un tunnel sotterraneo.
[Inspira.
Espira.]
Buio.
[Inspira.
Espira.]
Stretto.
[Inspira.
Espira.]
Soffocante.
[Inspira.
Espira.]
L’acqua gli era entrata in gola; scivolata sinuosa nella trachea a soffocare gli alveoli, impedendogli di respirare.
[Inspira.
Espira.]
Vi si era adattato.
Tutta la sua vita era stata un docile adeguarsi alle circostanze.
[Inspira.
Espira.]
I suoi rami avevano toccato l’acqua; lambito la superficie quieta del fiume.
[Inspira.
Espira.]
Ma i rami si spezzano e lui ne aveva persi già molti, senza capirlo.
[Inspira.
Espira.]
Era rimasto soltanto il tronco e, il fiume, prese anche quello.
[Inspira.
Espira.]
Quanto era che nuotava, ormai?
Non lo sapeva.
La corrente lo trascinava via, lontano da quel prato su cui aveva sempre vissuto con gli altri alberi.
[Inspira.
Espira.]
C’era il salice.
Che piangeva sempre.
[Inspira.
Espira.]
C’era l’Arancio trifogliato.
Piccolo, inutile, ma dai
frutti di un prepotente e invadente arancione.
[Inspira.
Espira.]
C’era il Cipresso.
Che vegliava. Ma solo sui
morti.
[Inspira.
Espira.]
Tutti avevano sempre creduto che lui fosse la solida quercia.
[Inspira.
Espira.]
Quella che resiste.
Resiste, senza mai chinarsi.
[Inspira.
Espira.]
Peccato che la quercia si spezzi.
[Inspira.
Espira.]
Lui era stato spezzato molte volte, prima di capirlo.
[Inspira.
Espira.]
Da suo fratello.
[Inspira.
Espira.]
Dal suo maestro.
[Inspira.
Espira.]
Però, alla fine, aveva imparato la lezione.
Ogni tanto, è meglio chinarsi.
[Inspira.
Espira.]
L’acqua si era richiusa su di lui.
[Inspira.
Espira.]
Lo soffocava.
[Inspira.
Espira.]
Lo avvinghiava.
[Inspira.
Espira.]
Gli toglieva ogni energia.
[Inspira.
Espira.]
Ma lui, ostinatamente, respirava.
[Inspira.
Espira.]
In fondo c’è ossigeno
anche sott’acqua, no?
Era arrivato alla fine del viaggio.
La corrente lo aveva trascinato lontano.
Colpito, sballottato.
I polmoni erano pieni d’acqua.
Non riusciva a riemergere.
La luce pareva lì, a portata di mano, ma sentiva che era distante.
Più di quanto volesse credere.
Più di quanto volesse ammettere.
Allungò la mano.
Ancora una volta.
Tanto
sapeva che non l’avrebbe mai stretta nessuno.
Era
solo l’ennesima, stupida speranza dell’essere umano.
L’acqua lo soffocava.
Lo colpiva.
Entrava nei suoi polmoni.
Lo uccideva.
Era
stata sua la scelta di immergersi.
Allora,
perché qualcuno doveva tirarlo fuori?
La superficie era ad un passo.
Un microscopico passo.
Sarebbe bastato così poco.
Così poco.
Ma lui, quel poco, non era in grado di raggiungerlo.
La mano si allungava a prendere qualcosa che non c’era.
Troppo
distante dalla superficie.
Troppo.
Chi
vuole volare troppo in alto, finisce per sprofondare.
Però, tutte le acque ritornano al mare.
In prossimità della foce, si sentì tirare su da quelle braccia che aveva sempre rifiutato.
C’era il Salice.
Che
piangeva, ma adesso di gioia.
C’era l’Arancio trifogliato.
Così
invadente, con i suoi frutti luminosi. Però non era mai sembrato così
importante.
C’era il Cipresso.
Alto,
svettante. Che vegliava sui morti, ma sorrideva ai vivi.
C’erano
tutti gli alberi del prato.
E
la quercia, sorrise.
«Bentornato
a casa.»
La quercia non si flette.
Non si china.
Non abbassa mai l’orgoglioso capo.
È un simbolo di forza.
I suoi frutti non si possono mangiare.
Non si può abbattere.
Si può solo spezzare e questo la porta ad isolarsi, per paura che qualcuno ci riesca.
Però gli altri alberi l’accettano così.
E la quercia, intimamente, ringrazia.
Fine.
Allora.
Questa shot è l'ultima di una raccolta mai pubblicata su EFP per ragioni di
Raiting, a cui sono collegate anche Dialogue, Catching the nothing e Sporcizia,
sempre sotto questo account.
E' un capitolo conclusivo di una fic altamente
autobiografica, dove la sottoscritta ha adattato il personaggio di Sasuke alla
propria storia personale. Cosa che è risultata anche semplice.
Non avrei mai pensato di finire questa saga, ma
chiudendo con essa ho voluto chiudere con una parentesi della mia vita, durata
cinque anni.
Sasuke è tornato a Konoha, ha ritrovato quello che cercava veramente, i suoi
amici e io...io ho terminato la mia scuola superiore.
Un liceo scientifico che è stato un travaglio.
Come Sasuke, sono uscita fuori dal fiume che, per mia scelta, mi aveva
inghiottita.
E, come Sasuke, so che non finirà qui, ma ci saranno altre difficoltà da
affrontare perchè la vita è solo un enorme fiume.
Per fortuna, c'è il mare che prima o poi li inghiotte tutti.
A questo punto, potrei svelarvi tutte le metafore dietro quelle shot sopracitate.
Dirvi chi è Orochimaru, chi Itachi... insomma, i retroscena.
Ma questa è una storia e la lascerò tale, in modo da potermi concedere un
sorriso quando l'andrò a risfogliare.
Per adesso, la quercia si limita a ringraziare; flette un attimo i suoi rami per
rendere omaggio agli altri alberi, prima di rialzarli, più orgogliosa che mai,
perchè tutti possano aver chiaro questo: non mi spezzerò tanto facilmente.
Elenco in ordine alfabetico:
Alla mia Orochimaru (XD): per aver camminato al mio fianco
senza fare domande quando non avevo voglia di parlare. Per aver sempre saputo
far nascere un sorriso, anche quando avevo solo voglia di piangere. Per essere
stata quella corrente che, se sai imboccare, ti riporta a galla.
Alla Kimimara: per aver sopportato i miei silenzi, i miei
scatti d'ira, le mie frecciate. Per aver condiviso con me pomeriggi magnifici e
per aver subito le mie crisi d'infantilismo senza impazzire. Per essere stata
quella musica che accompagnava le giornate.
A Mika_mika: per essere stata la mano che ha sempre stretto la
mia. Per avermi sostenuta, per avermi affossata e per avermi, sempre e comunque,
riportata a galla. Per essere stata Itachi, il mio Itachi, quello che
Sasuke non ha potuto avere. Quello che distrugge, quello che sostiene, quello
che ti ridimensiona quando voli troppo in alto, ma che non accetta che tu scenda
sotto un certo livello e ti strappa dal letame anche brutalmente. Ti voglio
bene, sorella.
Alla mia Naruto: per avere un cuore così grande, per aver
stretto la mia mano anche a distanza. Per essere stata il Naruto di questa
raccolta, quello a cui non ho osato avvicinarmi per paura di sporcarlo ma che,
ostinatamente, mi è rimasto in testa. Per avermi tirato fuori dal fiume, per
regalarmi gioia ogni volta che la sento. Per essere il mio arancio, il cui odore
infesta la casa, portando allegrezza, anche quando non c'è.
A Rei-murai: per il suo affetto incondizionato. Per aver
sopportato sfoghi, anche quando non poteva capirli. Per la sua amicizia, per il
suo ascoltare in silenzio. Per il suo fantastico non riuscire a far niente per
risolvere le situazioni, ma che è comunque un fare tanto. Per assecondare ogni
singola pazzia.
A Ross: perchè in poco tempo è diventata quella rosa che
profuma i pomeriggi. Per trattarmi come se, veramente, fossi sua figlia, anche
se sono più vecchia. Per sapere quando prenderti la mano, quando confortarti,
quando cullarti e quando rimproverarti. Per regalarmi sempre un momento di
tenerezza e per essere, anche, così amabilmente ironica e velenosa. Per tutto.
A tutti i miei alberi, a tutti i miei compagni del prato, a tutte le piante che
hanno letto fin qui.
La quercia flette i rami e, per una volta umilmente, ringrazia.