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Autore: rotinpieces    04/01/2013    2 recensioni
Lei cercò di concentrarsi sulla nuvola di fumo che usciva dalla sua bocca e decise di ignorarlo. La conversazione si spense assieme alla sigaretta che aveva schiacciato sotto il suo stivale, ma il silenzio tra loro non era pesante: si conoscevano troppo a fondo per non essere in grado di sostenerlo con leggerezza.
Genere: Generale, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nonostante le sfaccettature di ognuno, è molto facile inceppare nell’errore di catalogare le persone per classi distinte tra loro sulla base dell’osservazione di tratti generali e pertanto molto superficiali

Solo fumo.

 

Nonostante la consapevolezza che ognuno possiede le proprie sfaccettature, è molto facile inceppare nell’errore di catalogare le persone per classi distinte tra loro sulla base dell’osservazione di tratti generali e pertanto molto superficiali.

In una compagnia di amici, per esempio, si possono individuare degli elementi standard: il casinista per eccellenza, a cui piace bere e che di relazioni serie non ne vuol sapere; il compagno di bevute di tale casinista, che è anche il suo migliore amico; la coppia che sta insieme da anni e che è composta da due personaggi sostanzialmente più equilibrati del resto del gruppo; la ragazza facile e la sua antitesi, che vanno d’accordo perché non giudicano l’una la vita dell’altra; infine, il tipo flessibile, che si trova bene con tutti ed è serio o scalmanato a seconda dell’occasione.

Spesso si è soliti affermare che il mondo è bello perché è vario e con quasi altrettanta frequenza non si sbaglia di certo sostenendo una tesi del genere. Un gruppo di amici come quello descritto in precedenza vede interagire tante personalità differenti e pertanto il più delle volte è stimolante per tutti i suoi membri. I punti di vista diversi e le discussioni che questi comportano sono attraenti per qualsiasi mente aperta e sono anche motivo di arricchimento personale.

Il problema è che non è una regola che vale sempre.

Erika lo sapeva bene.

Apprezzava sinceramente le persone che le stavano di fronte, ma quella era una delle volte in cui le loro opinioni erano così divergenti da non poter trovare nessuna zona d’incontro su cui fosse possibile costruire un discorso costruttivo in cui ambo le parti avessero le stesse possibilità di rivalsa.

Erano amici da molti anni perciò di controversie ne avevano già affrontate in precedenza e andava sempre a finire che si creavano due fazioni, che al loro interno funzionavano perfettamente, ma che si scontravano inevitabilmente tra loro perché del tutto opposte.

Era la prima volta, però, che Erika si staccava dal suo schieramento per formarne uno per conto suo perché sapeva che i suoi commilitoni non sarebbero stati d’accordo con lei.

Si alzò in piedi all’improvviso, dopo aver passato gli ultimi dieci minuti in totale silenzio a riflettere per conto suo, chiudendo fuori dal suo mondo le schermaglie che continuavano imperterrite. Infilò il giubbotto e cacciò una mano in tasca alla ricerca del pacchetto di sigarette e dell’accendino; una volta che li ebbe trovati, infilò anche i guanti. Sperò invano che qualcuno avesse notato la sua mossa, ma le ci volle meno di un millesimo di secondo per comprendere che tutti erano ancora troppo impegnati a darsi contro senza capirsi per fare caso a lei. Sbatté allora una mano sul tavolo e gli altri ragazzi, sentendo il tavolo tremare sotto i loro gomiti, si voltarono per cercare la fonte di quella perturbazione: la trovarono in Erika e lei quasi non riuscì ad evitare di alzare gli occhi al cielo nel momento in cui le fecero tutti la stessa domanda, perfettamente sincronizzati.

«Ma sei scema?»

«Almeno su questo siete tutti d’accordo» borbottò lei a mezza voce e si trattenne dall’aggiungere altro.

«Dove stai andando?» chiese il suo migliore amico.

«Via e adesso, se mi state ad ascoltare per un secondo senza sbraitare, vi spiego perché».

Si rese conto della durezza della sua voce e desiderò essere in grado di ammorbidirsi, ma sapeva di non poterlo fare, non era nel suo carattere. In più, come se non bastasse, andava già tutto abbastanza male senza che dovesse scendere a compromessi e adattarsi ai capricci dei suoi amici, che invece avrebbero dovuto accettarla per quello che era e basta.

«Questa discussione è assurda per i seguenti – validissimi – motivi:» si schiarì la voce «Uno: abbiamo preso strade diverse, ci stiamo costruendo vite completamente nuove quindi è ovvio che ci stiamo allontanando, che ci vediamo di meno, che non è più come condividere la stessa aula ogni giorno. Non possiamo farci niente, è l’esistenza che è fatta così. Crescere è così.

Due: non sono un’ipocrita – o meglio, cerco di esserlo il meno possibile perché purtroppo non posso sputare in faccia tutto quello che penso a certi personaggi, soprattutto se mi devono promuovere ad un esame universitario che costa un occhio della testa. Questo mio modo di essere comporta che io non scrivo alla gente perché devo visto che è tanto tempo che non ci si scambia qualche messaggio. Io scrivo alla gente perché voglio. Non vedo proprio nessuna ragione per cui dovrei scrivere a te, Micki, e mettere in imbarazzo entrambe. Abbiamo poco da spartire, lo sappiamo tutte e due. Ci rispettiamo e ci piace confrontarci ogni tanto, ma non saremmo in grado di sostenere una chattata senza sentirci a disagio ad un certo punto.

Tre: adoro stare con voi e ogni volta che usciamo è come andare a trovare quella porzione di famiglia con cui vai particolarmente d’accordo, ma purtroppo non riesci a vedere troppo spesso per cause spesso indipendenti da te e dalla tua volontà. Su questo credo che siamo tutti d’accordo; solo che a me basta, mentre a voi no e ciò si collega direttamente al mio ultimo motivo.

Quattro: voi siete miei amici e per me amicizia significa accettare i punti di vista altrui senza giudicare e soprattutto senza imporre il proprio. Voi» e indicò la fazione “avversaria” «non lo fate mai. Né con me, né con gli altri. Questo non è giusto perché noi cerchiamo sempre di venirvi incontro. Poi però capitano le giornate in cui la sparate troppo grossa e ci stanchiamo».

Micki aprì bocca per ribattere, ma Erika fu più veloce e disse, seccata: «Non ho finito.

Inoltre, per quanto mi riguarda, l’amicizia non dev’essere soffocante. E cose come scriversi controvoglia, vedersi solo perché è passato troppo tempo e non perché abbiamo qualcosa da raccontarci o – peggio – trovarsi per sentirsi fare la ramanzina dai tuoi amici rientrano nella mia concezione di “rapporto asfissiante”.

Sono fatta così e davvero non capisco come possiate non averlo compreso finora e farmene una colpa. Ho già abbastanza problemi e sono di umore pessimo per conto mio, non ho bisogno di sentirmi dire che non corrispondo al vostro ideale di amica e che non sono quello che vorreste.

Se non vi sta bene, pazienza. Pensateci, io intanto vado a fumarmi una sigaretta».

Anzi tutto il pacchetto, concluse mentalmente.

Uscì dal locale e si ritrovò a pensare che in effetti lei non era una persona facile con cui avere a che fare. C’era stato un tempo in cui la gente la incuriosiva e l’attraeva, ma crescendo si era resa conto sempre meglio di quanto marcio fosse il mondo e si era chiusa in se stessa. Aveva tagliato fuori quasi tutti – amici d’infanzia, compagni occasionali di uscite, coetanei con cui aveva condiviso molto nei primi tempi del liceo – ed aveva lasciato aperto uno spiraglio per far passare solo loro. Era consapevole che in quel foro, ormai, passavano a stento due persone di quel gruppo e un’altra ragazza che con loro non c’entrava niente, ma proprio non riusciva a trovare un motivo per cui dovesse allargarlo ancora agli altri.

Finì la sigaretta molto in fretta, presa dal nervosismo e da un’irrefrenabile voglia di andarsene senza voltarsi, e subito se ne accese un’altra. Lasciò vagare ancora i suoi pensieri e il peso dei suoi problemi finì inevitabilmente con il crollarle addosso e schiacciarla per l’ennesima volta.

Fece un respiro profondo e si appoggiò alla colonna del porticato più lontana dalla porta d’entrata.

Sono così stanca.

 

Era già alla quinta sigaretta quando il suo migliore amico la raggiunse e la salutò con un semplice: «Ehi».

«Ehi» rispose lei, laconica, lasciandosi sfuggire un’imprecazione sottovoce quando si accorse di aver svuotato del tutto il pacchetto.

«Dovresti fumarne meno».

Erika non riuscì ad impedirsi di sbuffare.

«Ma ti senti quando parli?»

«Certo e dico solo cose sensate e giuste».

Lei cercò di concentrarsi sulla nuvola di fumo che usciva dalla sua bocca e decise di ignorarlo. La conversazione si spense assieme alla sigaretta che aveva schiacciato sotto il suo stivale, ma il silenzio tra loro non era pesante: si conoscevano troppo a fondo per non essere in grado di sostenerlo con leggerezza.

Quello che aveva con lui era esattamente il genere di rapporto che Erika cercava. Entrambi si volevano bene e ci tenevano a vedersi ogni tanto, per parlare decentemente ognuno dei suoi tedi e poi riderne insieme perché nessuno dei due aveva mai una risposta per l’altro. Si scrivevano ogni tanto – e potevano passare settimane tra un messaggio e l’altro – eppure erano sempre a loro agio.

Erika concepiva l’amicizia e l’affiatamento tra due persone così.

Non poteva sopportare l’idea di essere costretta a chiacchierare con qualcuno; almeno su quell’orizzonte voleva essere libera di seguire le sue naturali inclinazioni. C’erano già tante cose che doveva fare contro la sua volontà, perché avrebbe dovuto forzare anche i suoi rapporti con le persone?

Passò qualche minuto prima che Erika aprisse bocca per chiedere: «Gli altri che dicono?»

«Dicono le stesse cose di prima e non riescono a venirne fuori, ma sono piuttosto convinto che l’altra fazione ti ritenga una stronza, anche se non lo dice».

«Bene, allora non mi resta altro che salutare ed andarmene; non ho nient’altro da aggiungere».

Si girò e nell’istante in cui lo fece lo guardò di sfuggita negli occhi e riconobbe l’espressione che aveva dipinta in volto.

«Avanti, chiedimelo» incalzò, sapendo già quale domanda aspettarsi.

«È inquietante che tu riesca ad anticiparmi, sai?»

Quella provocazione le strappò un sorriso.

«Muoviti, che voglio anche passare a prendermi le sigarette».

«Tutto bene?»

Erika indossò di nuovo la sua maschera seria e rispose con molta semplicità: «La sai, la risposta».

Poi lei rientrò e lui pensò che non c’era proprio niente di male se si fosse concesso una Malboro Rossa.

  
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