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Autore: Giusy_1D    04/01/2013    3 recensioni
«Per te questo ed altro.» mi gridò Niall con le mani attorno alla bocca. Poi sorrise nel suo modo speciale e sparì dietro l'angolo.
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Zayn e Niall. Un'amicizia che supera ogni barriera.
-Storia ispirata da "Il cacciatore di aquiloni"
Genere: Drammatico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1


Da bambini, io e Niall ci arrampicavamo su uno degli alberi lungo il vialetto che portava a casa mia e da lassù infastidivamo i vicini riflettendo la luce in un frammento di specchio. Ci sedevamo uno di fronte all’altro su un ramo, le gambe a penzoloni, e mangiavamo more e fragole di cui avevamo sempre le tasche piene. Usavamo il frammento di specchio a turno, ci tiravamo le more e ridevamo come matti.
Vedo ancora i raggi di sole che filtravano attraverso il fogliame illuminando il viso di Niall: perfettamente tondo e di carnagione chiara, con il naso largo e piatto, gli occhi di un color celeste che non avevo mai visto prima. Ricordo quei capelli biondi che, illuminati dal sole, avevano dei riflessi oro e la sua risata il cui suono riusciva a rendermi felice.
Talvolta, mentre ce ne stavamo nascosti sugli alberi, proponevo a Niall di estrarre la sua fionda e mitragliare di fragole il pastore tedesco del signor Assef, il nostro vicino. Lui non voleva mai, ma se glielo chiedevo io, glielo chiedevo veramente, cedeva. Non mi avrebbe rifiutato nulla e la sua fionda era infallibile. Quando suo padre Bobby ci scopriva, si arrabbiava – per quanto si potesse arrabbiare una persona così gentile come lui – e minacciandoci con l’indice ci faceva scendere dall’albero. Ci requisiva lo specchio e ci ripeteva  quello che sua madre diceva a lui quando aveva la nostra età: “Anche il diavolo usa gli specchi per distrarre i musulmani dalla preghiera”.
«E ride mentre lo fa.» aggiungeva sempre.
«Sì, padre.» balbettava Niall con gli occhi a terra.
Non mi tradiva mai, non ha mai confessato che tanto lo specchio quanto le fragole erano mie idee.
Tutti ritenevano che casa nostra, la casa di Yaser, fosse la più bella di Wazir Akbar Khan, un quartiere popolare e ricco di Kabul. C’era addirittura chi pensava che fosse la più bella della città.
Niall viveva con noi, o meglio, viveva nel giardino in una piccola casetta in legno che condivideva con suo padre. Non parlava mai della sua mamma, come se non fosse mai esistita. Mentre mia mamma era morta dandomi alla luce, Niall aveva perso la sua una settimana dopo la nascita: era fuggita con una compagnia di ballerini e cantanti girovaghi.
Mi chiedevo se la sognasse, se immaginava che aspetto avesse, se desidasse incontrarla. Provava anche lui la nostalgia che provavo io per la madre che non avevo mai conosciuto?
Un giorno, mentre andavamo al cinema a vedere un nuovo film, prendemmo la scorciatoia che attraversava la scuola abbandonata e spuntava proprio davanti al cinema. Scavalcammo lo steccato che circondava l’edificio abbandonato, superammo il torrente e sbucammo in uno spiazzo di terra abbattuta dove arrugginivano vecchi carrarmati abbandonati tra i cespugli.
Alcuni soldati giocavano a carte e fumavano all’ombra di un albero. Uno si scorse e, dando una gomitata al suo vicino, chiamò Niall.
«Ehi, tu. Io ti conosco.»
Non l’avevamo mai visto prima. Era un uomo tarchiato con la testa rasata e una barba nera di qualche giorno. Il modo in cui ci guardava, ci terrorizzava.
«Non fermarti, continua a camminare.» dissi tra i denti.
«Ehi, schiavetto! Guardami in faccia quando ti parlo!» gli urlò il soldato. Gettò la sigaretta a terra e la spese con il piede, unì indice e pollice della mano destra e infilò il medio della sinistra in quel cerchietto che aveva formato. Dentro e fuori, dentro e fuori.
«Ho conosciuto tua madre, lo sapevi? Era proprio brava a farlo. Esperta, direi.» diceva ghignando il soldato, mentre i suoi amici scoppiarono in una risata.
Più tardi, nel buio del cinema, sentii Niall singhiozzare. Le sue guance rosse erano rigate dalle lacrime. Lo attirai a me e lui poggiò la sua testa sulla mia spalla tirando su con il naso.
«Ti ha scambiato per qualcun altro, non ti preoccupare.» gli sussurrai accarezzandogli la testa.
Niall non era un pashtun come me. Era un hazara, una razza molto più inferiore alla mia. Spesso, chi apparteneva a quel gruppo etnico, veniva schiavizzato dal proprio padrone, ma Niall e suo padre erano un caso a parte.
Bobby e Yaser erano amici da moltissimo tempo. Quando mio padre si creò una famiglia, propose a Bobby di andar a vivere con lui ed accettò.
A Yaser non importava molto della differenza di razza, anzi, per lui era quasi inutile.
Il padre di Niall, una volta, ci raccontò che io e Niall avevamo avuto la stessa balia e c’era una fratellanza tra chi si era nutrito dello stesso seno, una parentela che neppure il tempo poteva spezzare.
Insieme, avevamo mosso i primi passi sullo stesso prato e avevamo pronunciato le prime parole sotto lo stesso tetto.
La mia fu Yaser.
La sua Zayn, il mio nome.




Ciao a tutti.
Era un pò che non mi facevo sentire.
Sono ritornata con un'altra storia, molto diversa dalla precedente.
Mi sono ispirata a "Il cacciatore di aquiloni". Vi consiglio di leggere questo libro perchè è davvero stupendo!
E' un pò forte, ma vi assicuro che è splendido!
Per quanto riguarda il capitolo, scusate se è un pò corto, cercherò di rimediare.
Fatemi sapere se vi è piaciuto in una recensione.
Ci vediamo :)

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