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Autore: Kodamy    23/07/2007    7 recensioni
“I fantasmi smetteranno di parlarmi, allora, quando diventerò come te?”
Itachi annuì distrattamente, rimanendo in silenzio. Soddisfatto e rassicurato, Sasuke lasciò che gli occhi si chiudessero, lentamente, catturati nell’abbraccio del sonno.
Non sentì il mormorio soffuso del fratello, che seguì qualche minuto dopo.
“… solo che… se ne sente un po’ la nostalgia, quando se ne vanno.”
(E’ l’infanzia che va via con loro.)
"... ci vendicherai, non è vero?"
La volontà del Clan Uchiha, dopotutto, doveva essere portata avanti.
Genere: Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Itachi, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ode to my family

“Nii-san?”

“…Mh?”

“…Posso dormire con te stanotte?”

Con un sospiro, il ragazzino di undici anni si voltò verso la porta, battendo ciglio e scacciando via la stanchezza dagli occhi assonnati. “Sasuke, sei troppo grande per venirmi a chiedere queste cose.” Ragionò Itachi, velo di esasperazione nella voce altrimenti atona.

“Chee?” uggiolò il bambino di sei anni, sgranando gli occhi e stringendo ancor più il cuscino al petto. “Che significa troppo grande? Dai, Nii-san…” Sasuke spostò il peso da un piede all’altro, scostando lo sguardo. “…Per favore.”

Il fratello maggiore sbuffò, ma non sembrò cedere.

“Perché non chiedi a nostra madre?”

“Perché papà si arrabbierebbe e poi…”

Stavolta un sospiro, con il quale Itachi voltò le spalle al fratello minore. L’espressione di Sasuke era già diventata fin troppo sconsolata e rassegnata, ma ben presto si illuminò nel vedere il fratello spingersi verso l’orlo del materasso, per fargli spazio. Un po’ riluttante. “Muoviti, su. E non fare entrare troppa aria fredda quando sollevi le coperte.”

Sasuke annuì, nonostante fosse consapevole del fatto che suo fratello, in quella posizione, non lo avrebbe affatto visto.

Sgattaiolò tra le coperte, abbracciando il cuscino ed accoccolandosi contro la schiena di Itachi.

Un lieve fruscio, uno stormire, ed il bambino rabbrividì.

“…Non senti, Nii-san?”

Risposta, impastata. “E’ il vento, fuori.”

“No, non quello.” Spiegò il bambino, arrossendo, e lieto che suo fratello non vedesse quel piccolo segnale di imbarazzo. “… i sussurri. Non li senti?” mordicchiò il labbro, deglutendo, e serrando gli occhi. Quasi volesse serrar via anche quelle voci, quei sibili che a volte lo spaventavano talmente tanto da impedirgli di dormire.

“Ah, quelli sono gli spiriti, Sasuke. Sono innocui, davvero.”

Il bambino deglutì ancora. “… gli spiriti?” mormorò pateticamente, stringendo il cuscino. “Cioè, i fantasmi? Tu li senti?”

“… no, non li sento più da tanto, ormai.” Ammise il fratello, con voce tranquilla. “Sono qui ovunque, nel Clan. E’ perché gli Uchiha vengono seppelliti all’interno della proprietà, vicino al fiume. Rimangono qui anche dopo la morte, per vegliare sui loro discendenti.” Una piccola pausa, durante la quale Itachi si girò sulla schiena per guardare il soffitto. “… almeno, è quello che mi ha detto Kazumi-babaa.”

“… nonna Kazumi?”

“Si, te la ricordi? Balbettava sempre.”

“... non proprio.”

“Eri troppo piccolo.”

“Come mai non li senti più, Nii-san? Neanche io voglio sentirli più.” Mugolò il bambino, broncio adorabile sulla labbra.

“E’ perché non sono più un bambino.”

La risposta, donata in poco più di un sussurro, lasciò Sasuke interdetto. Anche lui portò lo sguardo crucciato sul soffitto, per un attimo rimuginando su quelle parole. “Ma certo che lo sei. Tu non sei adulto, Nii-san.” Accusò, risentito.

“Certo che lo sono. Sono un ninja, io. Sono diventato adulto, ormai.” Logica inoppugnabile.

“Papà è un adulto, non tu.” Insistette il bambino, riportando l’attenzione sul fratello.

“Ho già ucciso. Non penso più come un bambino, ormai.” Confessò distrattamente Itachi. Tuttavia, Sasuke notò con sorpresa che aveva la fronte tanto crucciata quanto la sua. “Penso che i fantasmi possano parlare solo con chi è ingenuo, come i bambini. La nonna diceva che è perché i bambini hanno il cuore puro. Per questo non mi parlano più. Forse sono arrabbiati con me, perché sono diventato un adulto troppo presto.”

“… oh. Mi dispiace.” Mormorò il bambino, portando lo sguardo sul cuscino. “Smetteranno di parlarmi, allora, quando diventerò come te?”

Itachi annuì distrattamente, rimanendo in silenzio. Sasuke sorrise fra sé e sé, un po’ rincuorato, perché dopotutto diventare come Itachi era già stato il suo obiettivo. Aveva solo un motivo in più per raggiungerlo, adesso.

Rassicurato, lasciò che gli occhi si chiudessero, lentamente, catturati dall’abbraccio del sonno.

Non sentì il mormorio soffuso del fratello, che seguì qualche minuto dopo.

“… solo che… se ne sente un po’ la nostalgia, quando se ne vanno.”

 

 

 

Their Will.

 

(on his shoulder)

 

E’ l’infanzia che va via con loro.

 

 

Gi spiriti della casa erano stranamente silenziosi, quella sera.

 

Notandolo, il bambino sollevò lo sguardo dal foglio di carta coperto di esercizi dell’Accademia, arricciando il naso.
Le sopracciglia scure, delineate, crucciate sulla fronte pallida.

Lasciò vagare qualche attimo lo sguardo scuro sul soffitto, sulle travi di legno, sui muri. Sul letto sfatto, poco lontano dalla scrivania dove sedeva. Le sue labbra di piegarono appena verso il basso, ombra di un broncio infantile.

 

Non gli piacevano, i sussurri dei fantasmi.

Era stanco di sentirli.
Lo avevano spaventato troppo, da piccolo.

 

Troppe volte lo avevano costretto a restar sveglio tutta la notte, finchè non trovava il coraggio di alzarsi in punta di piedi ed andare a chiedere ad Itachi se…

 

… interruppe lì il pensiero, groppo in gola e rifiuto categorico di piangere.

 

Si ripeté più volte che, adesso, non aveva più bisogno di lui per dormire. Nonostante gli spiriti.

 

Era diventato più coraggioso.

 

[Gli piaceva pensarlo, davvero, nonostante si rifugiasse ancora sotto il letto dopo quell’incubo particolarmente vivido, con l’ingenua sicurezza che nascosto lì sotto Itachi non avrebbe mai, maimaimai potuto trovarlo, e pregando chiunque fosse lì ad ascoltarlo – dio o chi per lui - di salvargli la vita, perché davvero, davvero, non voleva morire lì, affatto.]

 

“… siete qui?” mormorò, e la sua voce suonò troppo rumorosa ed incerta nel silenzio della casa.

 

Fruscio, fuori, vicino alla finestra. Chiuse il quaderno, promettendosi di finir più tardi i compiti di teoria, e saltò giù dalla sedia. Naso e mento puntato all’insù. Aveva nove anni adesso, Sasuke Uchiha.
A quell’età, suo fratello era già diventato adulto. Lui, invece, era ancora un bambino.

 

Per un attimo, un attimo solo, si detestò.

 

Poi pensò di poter rivolgere il suo odio ad un bersaglio sicuramente più costruttivo.
Si chiese scusa con rammarico, e con indulgenza si perdonò.

 

Attraversando la casa vuota – ed ogni passo riecheggiava – arrivò fino alla porta. Lì si infilò distrattamente i sandali, lasciando vagare lo sguardo scuro fra il corridoio e l’esterno.
Su quel ventaglio degli Uchiha, incrinato, dipinto sul muro.

 

“Siete qui?” domandò, ancora, questa volta con un fil di voce. Per paura che anche adesso la sua voce suonasse troppo flebile. Troppo giovane. Troppo poco usata.

 

La strada deserta non rispose, solo il fruscio del vento. L’aria di luglio era calda ed afosa, ed il vento non era altro che una brezza troppo calda. Una goccia di sudore gli scivolò lungo la schiena, mentre imperterrito proseguiva fra le case abbandonate, su per quell’unica strada lungo la quale era stato costruito il Clan – lungo la quale, una volta, il Clan aveva vissuto.

 

Lungo la quale, una volta, quel vento portava con sé l’odore dei biscotti al cioccolato di zia Uruchi.

 

Ed i pomeriggi passati a casa degli zii, a cercar di rubare la razione di dolci di Itachi – che, se per qualche strano motivo si trovava ad essere di buon umore, qualche volta lo lasciava vincere. E Sasuke si cullava nell’orgoglio di essere riuscito a superare, almeno in una cosa, il suo Nii-san.

 

Era stato così ingenuo, un tempo.

 

Alla fine della strada, a chiuderla, c’era il Tempio di Nakano: sacro al Clan, di cui custodiva i segreti.
Al fruscio del vento si unì il fruscio del fiume Nakano – in cui era morto Shisui-niisan. Lo scorrere del flusso era lento e pigro, il letto del fiume ridotto a causa della cappa di afa.

 

Lo sguardo di Sasuke si fermò, per un attimo, sulla corrente. “Siete qui?”

 

Per un attimo, fu sicuro che avrebbe visto la sagoma sfocata di suo padre voltare lo sguardo su di lui, poco più in là sulla banchina in legno. Non lo vide, naturalmente.

 

Tuttavia, quei sussurri familiari, ancora incomprensibili, attraversarono l’aria. Inconsistenti.

 

Erano lì.

 

Vicino al tempio.

 

Lo sguardo del ragazzino si posò prima sulle scalinate in legno, poi sul piccolo ed intimo cimitero che riposava lì di fianco. Per un attimo, si sentì in colpa. Perché era davvero tanto tempo che non andava a trovarli, lì – così abituato e sentirli ovunque, non ne aveva trovato il motivo – e probabilmente loro si erano offesi.

 

Allo stesso modo con cui si erano arrabbiati con Itachi, si sarebbero arrabbiati anche con lui?

 

Si detestò, si odiò, si maledisse per questo. Solo per un attimo.

 

Poi pensò di poter rivolgere il suo odio ad un bersaglio sicuramente più costruttivo.
Si chiese scusa con rammarico, e con indulgenza si perdonò.

 

“Scusatemi.” Mormorò ad eco di quei pensieri, rivolto a quei mormorii indiscreti che lo circondavano. Non riusciva a distinguere le voci, quella sera. Dovevano essere veramente arrabbiati.

 

Con qualche passo incerto si portò all’interno del piccolo memoriale, che due anni prima si era rivelato essere troppo piccolo per accogliere nel suo abbraccio tutti i corpi esanimi degli Uchiha. No, i corpi non riposavano lì. Solo le pietre, solo i nomi, diligenti, ed i volti associati a quei nomi venivano forniti solo dalla memoria. Si vedeva, che non erano stati altri Uchiha a seppellire quelli morti nel massacro.
Non era un lavoro né meticoloso né glorioso, come sicuramente un Uchiha l’avrebbe fatto.

 

Ma Sasuke era stato troppo piccolo, per poterli seppellire. Per un attimo, il ragazzino si domandò se fossero arrabbiati anche per quello. Il sussurro divenne più gentile, ed il frusciare del vento meno caldo e più confortevole.

 

“Scusatemi.” Ripeté, a quei nomi incisi nella pietra, lo stesso tono che usava da bambino per scusarsi di aver rotto qualcosa o di aver macchiato ancora una volta i vestiti nuovi con il ricamo del simbolo del Clan. “Non accadrà mai più. Non vi ho dimenticati, davvero.”

 

Il frusciare del vento mormorò un assenso, un coro di sussurri rassicurati.

Avrebbe voluto sorridere per loro, Sasuke, ma non ne trovò affatto la forza.

 

“Perché siete ancora qui? Perché vi tormentate così?” mormorò, più a se stesso che a loro, sfiorando appena con l’indice la superficie levigata della pietra tombale. Mikoto Uchiha, diceva diligente la pietra. Ma i fiori posati accanto a quella pietra erano ormai secchi ed orridi, tristi e desolanti. Risalivano a tre mesi prima, quei fiori.

 

“Non mi ero dimenticato di voi.” Non era una menzogna, in quanto era tecnicamente impossibile riuscire a dimenticare.

 

[Ogni tanto, quando era nascosto sotto il letto, pregava di riuscire a farcela comunque.]

 

Andare al cimitero, solitamente, gli faceva venire la nausea. Sapeva che sua madre era stata a conoscenza dell’effetto che i cimiteri avevano su di lui, e che probabilmente Mikoto aveva rassicurato gli altri fantasmi su questo punto.
Ma i fantasmi, si sa, tengono stretto fin troppo risentimento.
Si aggrappano al risentimento, lo assimilano, lo fomentano, e vivono grazie a quello.

 

“… mi mancate.” Mormorò, stanco, il ragazzino.

 

Un altro mormorio, più flebile e non unisono. Per quanto ne sentisse la mancanza, quei sussurri senza capo né coda gli facevano solo male. Erano fantasmi del passato, ma la ferita era ancora troppo fresca.

Come quand’era piccolo, sperò che un giorno lo lasciassero in pace.
Non c’erano la mamma, il papà, la zia, la nonna, lo zio, i nonni e la cugina Mariko con le due figliolette di tre anni, lì. C’era solo un’unica grande entità, che aleggiava grave nell’atmosfera del Clan abbandonato.
Era la volontà del Clan, quella, la volontà uniforme delle anime di tutti gli Uchiha che avevano dovuto abbandonare il mondo.

 

Dopo il massacro, era diventato tutto tremendamente più rumoroso, lì, di notte.

 

 “… perché siete ancora qui?” ripeté, ancora una volta rifiutandosi categoricamente di piangere.

 

Non poteva, davanti a tutto il Clan. Sarebbe stata una vergogna, un disonore. Gli Uchiha non piangono.

[Nemmeno i bambini?]

 

Sussurri su sussurri si accavallarono a quella domanda, concitati, impetuosi come un fiume in piena.  

 

Non possiamo riposare, non così…

…ragazzino, pensi che sia possibile…

…qui è così freddo, nii-chan, io e la mamma…

… non è divertente per niente…

… so che è difficile, Sasuke…

… la mia anima è inquieta, non posso lasciarmi tutto alle spalle, non posso…

… a cosa è arrivato, il Clan…

…sangue che sparge il suo stesso sangue, l’apoteosi della…

 

… porterai avanti la nostra vendetta, Sasuke-chan …?

 

… per il Clan, per questo Clan che è stato…

… per le mie figlie la cui vita è stata strappata troppo presto, troppo…

… per mia moglie, per lei che…

… per il bambino che portavo in grembo, ti prego…

… per lei, Sasuke-kun,per tua madre che piange sempre, è…

… per me, Sasuke?

… per tuo padre, un uomo così forte e…

… per noi che non meritavamo affatto di morire…

… per mio fratello, che aveva dato la vita per il Clan…

… per Shisui-niisan, tradito a quel modo, così…

 

per il papà che mi portava sulle spalle e la zia che mi insegnava a suonare il flauto, e la nonna che mi dava sempre le fragole e per il figlio di Kohaku che ci regalava sempre le trottole e si arrabbiava se le usavamo come armi per lanciarcele addosso e per la zia che faceva sempre i biscotti ed erano i biscotti più buoni di tutta Konoha e per la mamma che mi ha sempre dato tutto e lo zio che mi sgridava sempre ma mi voleva bene e la nostra mamma che diceva che eravamo bravi bambini e tuo padre che era sempre burbero ma alla fine ci aiutava sempre e mi insegnava tante cose e per mio marito e mio figlio che sono morti cercando di salvarmi ti prego

 

… ci vendicherai, Sasuke? Ci vendicherai, vero?

Abbiamo troppi rimpianti, non riusciamo ad andare avanti.

 

Non ci dimenticherai vero? Non ci dimenticherai, vero?

Tistavidimenticandodinoinonèvero?

 

N o n  è  v e r o ?

                                   è vero

è vero

è vero!

 

Non puoi farlo, non puoi, non puoi!

 

Non ci dimenticare! Non ci dimenticare!

Ci vendicherai, vero?

Non ci…

 

Le voci di quegli spiriti, partite distinte in una miscela di preghiere infantili e pretese anziane ed autoritarie, si unirono in un'unica supplica, un sussurro che si levò a coprire il fruscio del fiume.  

 

E Sasuke, ormai, non si preoccupava più di trattenere le lacrime.
Scosse il capo, ardentemente, stringendo il pugno su quella lapide liscia e troppo fredda.

“Non mi ero dimenticato di voi!” protestò, con poca convinzione, ed ancora una volta si detestò per come patetica risultò la sua voce.

 

Poi pensò di poter rivolgere il suo odio ad un bersaglio sicuramente più costruttivo.
Si chiese scusa con rammarico, e con indulgenza si perdonò.

 

“Non vi dimenticherò.” Solo un sussurro, una promessa che non aveva affatto bisogno di pronunciare ad alta voce.

 

Ma lo fece comunque.

 

Il frusciare del vento si calmò appena, e quasi ad imitarlo i sussurri cominciarono a tranquillizzarsi, lentamente, dissolvendosi nella brezza calda. Poteva sentire il suo stesso respiro, troppo ansioso, troppo irregolare. Strinse le labbra, perché doveva essere più forte. Più forte di così.

 

Più forte di questo bambino fottutamente patetico che detestava con tutto il cuore che non voleva più essere più piùpiùpiù mai più

 

ancora una volta pensò di poter rivolgere il suo odio ad un bersaglio sicuramente più costruttivo.
Si chiese scusa con rammarico, e con indulgenza si perdonò.

 

Per l’ennesima volta.

 

Lasciando sfuggire il respiro che non si era accorto di star trattenendo, si lasciò cadere sulle ginocchia. Emotivamente esausto, accarezzò la lapide di sua madre. Promettendosi di portare nuovi fiori, il giorno dopo – anche se l’azione implicava il dover andare dritto nella tana di quella Yamanaka, e l’idea lo deprimeva un poco. Il groppo il gola era tornato, ed il cuore stretto nella morsa lo aveva seguito, diligente. Insieme alla vivida sensazione che le lacrime avrebbero cominciato a scendere non appena avesse battuto ciglio.

 

“Mi dispiace.”

 

I sussurri ormai erano diventati ancora una volta incomprensibili, un bisbigliare nel sottofondo che diventava sempre più lieve. “Vi vendicherò, davvero.” Una piccola pausa, seguita da parole infrante dall’incrinarsi della voce. “Vi vendicherò tutti.”

 

Sempre più lieve, mentre il suo respiro diventava sempre più affannato, sempre più carico di quell’odio che doveva  trovare un bersaglio adatto, perché non riusciva più a sopportare di detestarsi in quella maniera così vigorosa e testarda ed estenuante e così strenua e patetica, così…

 

“Lo ucciderò per voi.” E non si preoccupò di dirlo con le lacrime agli occhi, in un singhiozzo esausto.

 

Una voce, fiera e paterna, si levò dal mormorio. Chiara e scandita. Grazie, Sasuke.

 

E poi, il silenzio. I sussurri erano del tutto scomparsi.

 

Fu un cambiamento improvviso e l’assenza di quel perenne mormorio per un attimo lo indusse a pensar d’aver perso l’udito. Tuttavia, il fiume scorreva ancora. Il vento frusciava ancora.

 

Cercando di calmare il battito del cuore ed il respiro, Sasuke sollevò lo sguardo al cielo coperto, mormorando un incerto “…Siete ancora qui?” che non ebbe risposta. Deglutì due volte, prima di trovar la presenza di spirito di alzarsi. Con l’udito teso a cogliere ogni minimo respiro, ogni minimo rumore, si avviò verso quella che era rimasta casa sua. Lungo la strada dove un tempo si sentiva l’odore di biscotti.

 

Per tutto il tragitto, ci fu solo il vento a fargli compagnia.

 

“Come mai non li senti più, Nii-san? Neanche io voglio sentirli più.”

“E’ perché non sono più un bambino.”


Nel letto, rimase a lungo sveglio ad osservare il soffitto.

Attese, a lungo, di sentirli tornare. Ma non tornarono. Non tornarono affatto.

 

Chiuse gli occhi, stringendo le labbra e cercando di ignorare del tutto quel senso di vuoto che imperterrito seguitava a stringergli il cuore e lo stomaco in una morsa di ferro. Rimise in gabbia le lacrime, deglutendo più volte e cercando di calmare il respiro, che si ostinava a venir fuori in singhiozzi. Ancora una volta.

 

“Possono parlare solo con chi è ingenuo come i bambini, perché i bambini hanno il cuore puro.”

 

 

“… se ne sente un po’ la nostalgia, quando se ne vanno.” mormorò, nascondendo il viso nel cuscino.

 

[Quando quella notte si svegliò, terrorizzato da quell’incubo ricorrente, non si permise di cercar riparo sotto il letto.

Rimase lì, tremante, a stringersi nell’abbraccio delle coperte.

La volontà del Clan Uchiha doveva essere portata avanti: ormai non aveva più tempo per essere un bambino.]

 

 

Their Will (on his shoulder) : END.

 


 

 

A/N: non è il massimo. Mi son ricordata che oggi è il compleanno di Sasuke e, visto che è momentaneamente il mio personaggio preferitissimo, dovevo regalargli qualcosa. Me ne son ricordata alle sette, con conversazione MSN. Me banana. Volevo provare qualcosa di diverso, ecco. In qualche modo, questa Fanfic è stata inspirata da Shaman King °_° Lo stavo rivedendo in giapponese, e mi è rimasta appiccicata la convinzione di Yoh secondo la quale solo le persone buone possono vedere i fantasmi. Diciamo che è stata la scintilla che ha fatto nascere la fic. ^^

 

Il Will del titolo può essere inteso sia come testamento che volontà, penso. Io avevo in mente volontà, ma testamento ci sta bene uguale. Si sente un po’ di nostalgia, quando l’infanzia va via. [Per il fatto del letto... ho un cuginetto che si ostina a nascondersi sotto il letto quando ha paura. Sopratutto durante i temporali ò_ò Ho provato a persuaderlo dicendo che sotto il letto c'è l'uomo nero... ma non mi crede -_-" Eppure a babbo natale ci crede! Sigh. Non ci sono più i bambini di una volta.]

 

Ahn, Buon Compleanno Sasuke-kun! (L)

 

 

 

 

  
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