Libri > Twilight
Ricorda la storia  |      
Autore: Alice_Nekkina_Pattinson    04/01/2013    7 recensioni
Questa storia partecipa al contest indetto da Pinzy81 " Uno sguardo al passato ".Così iniziò la mia vita con mia moglie, da una locanda dispersa nel nulla, quando entrambi avevamo bisogno di essere salvati.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jasper Hale | Coppie: Alice/Jasper
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga
- Questa storia fa parte della serie 'Passato, presente e futuro.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Nick: Alice_Nekkina_Pattinson
Titolo: Lei, la mia speranza.
Personaggi: Jasper (Withlock) Hale (protagonista che racconta), Alice Cullen.

Personaggi Secondari: Peter, Charlotte e Maria.

Raiting: giallo
Avvertimenti: Sentimentale, triste, drammatico.
Note (facoltative): 
Difficoltà: Il primo incontro con Alice.

Beta reader: Lady Aquaria

 

 

Questa storia partecipa al contest indetto da Pinzy81 " Uno sguardo al passato ".

 






Banner fatto da Camilla L :)

Lei, la mia speranza storia di Alice_Nekkina_Pattinson banner fatto da Camilla L

(aggiunto il 16 gennaio 2013)

Lei, la mia speranza.

 

 

 

 

 

 

 

 

Stavo andando verso Galveston dopo aver aiutato donne e bambini, quando venni fermato da tre signore. Naturalmente mi fermai: non avrei mai potuto evitare di prestare loro soccorso.
Scesi e andai in contro a quelle tre fanciulle minute, che sembravano aver perso la strada, sembravano delle donne smarrite, invece, non avrei mai creduto che così, avrei segnato la mia morte.
"Maria, è meglio che lo fai tu, io non sono sicura di riuscire a fermarmi" sentii sussurrare da una delle tre, il sangue mi si gelò nelle vene e fui percorso da un brivido lungo la schiena.
"Spero che tu sopravviva, penso che mi potresti essere molto utile" disse quella che sembrava il capo gruppo, fissò il suo sguardo nei miei, e notai che erano rossi, rosso sangue.
Non ebbi il tempo di capire cosa stava succedendo, che lei arrivò a un passo da me e dopo un veloce scambio di sguardi, mi morse.
Sentii quelle che mi sembrarono delle zanne, penetrarmi nel collo e un dolore acuto, un dolore che faceva male, che bruciava e poi non ricordai più nulla, se non solo il bruciore che provai per quelli che mi sembrarono anni, e un dolore da fare impazzire.
Non capivo come facevo ancora a percepire e sentire il bruciore delle fiamme che avvolgevano il mio corpo.
Sentii un rantolo di agonia intorno a me, e capii solo dopo che ero io che urlavo.
Urlavo, ma nessuno faceva niente per aiutarmi, per spegnere questo incendio dentro me, perché non era solo intorno, ma anche dentro.
Sentii ogni muscolo e ossa attraversati dal dolore e scariche di bruciore, fin quando non sentii più nulla, se non il mio cuore battere come le ali di un uccello e poi un ultimo, sordo battito.
Rimasi immobile per qualche secondo e poi aprii gli occhi, e vidi solamente una luce soffusa di una candela.
"Ti sei svegliato finalmente" sussurrò una voce che voleva apparire sensuale, poi comparve nel mio campo visivo la donna dagli occhi rossi e dai capelli neri, la donna che mi aveva morso.
Istintivamente mi alzai e senza rendermene conto, mi ritrovai attaccato alla parete dell'altra parte della stanza, e un ringhio gutturale uscì dalla mia gola.
"Ehi ehi, calma, ti spiegheremo ogni cosa, non avere paura" continuò.
Sentii la gola ardere dal bruciore e dalla sete.
"Che mi avete fatto?" domandai, poi fermandomi ad ascoltare la mia voce così diversa da prima, più melodiosa, più sensuale.
"Ti abbiamo ridato la vita, una vita nuova e migliore, ora sei un essere superiore, sei un vampiro" rispose lei.
Cosa? Un vampiro, ma che stava dicendo?
E poi, cos'erano quelle strane emozioni che percepivo? Non erano mie, non venivano da me, erano ostili, crudeli, rispecchiavano la faccia e i sentimenti che sembravano trasparire da lei.
Com'era possibile?
"Mi-mi sento la gola in fiamme" ansimai.
"E' normale, è la sete, ma per te abbiamo un bel bocconcino" disse sogghignano sadicamente.
Mi avvicinò una donna dai capelli scuri, un castano tendente al nero, era mezza intontita, sentii i miei denti farmi male, la mia gola bruciare all'odore del sangue, era quello che il mio corpo stava desiderando in quel momento, lo bramava.
La guardai sconvolto per un attimo, che cosa stava facendo, era un essere umano.
Ma poi un attimo dopo, non capii più nulla e mi avventai sulla gola della povera malcapitata, e trafissi con i miei denti la sua gola, fino ad arrivare alla sua giugulare e incominciai a bere quel liquido caldo che mia stava dando sollievo, che stava man mano spegnendo la mia sete e il bruciore della gola.
Ma non sentivo solo quello in quel momento, sentii dentro me una strana sensazione di paura e dolore, ma non ero io, ma era come se lo fossi, erano emozioni che provenivano dalla ragazza.
Non capivo, il mio cervello non riusciva a capire quello che stava captando, ma capiva solo il sangue che stava entrando dentro me.

 

E così da quel giorno scoprii che quella donna di nome Maria, mi aveva trasformato in un vampiro, nel corso del tempo diceva di amarmi, e io ci avevo anche creduto.
Ma in realtà, l'unica cosa che voleva da me, era il mio potere e la mia forza.
Non sono stato altro che una marionetta nelle sue mani.

 

"Mi devi aiutare, devo creare un esercito per mantenere il controllo sulla città e conquistare tutto il sud! Il sangue deve essere tutto nostro! Mi hanno minacciato sai? E tu mi aiuterai vero? Non permetterai che mi minacciano ancora vero?" mi chiese con voce suadente.
Io ero ammaliato da lei, dal suo modo di fare, sembrava gentile e sembrava davvero che ci tenesse a me.
Mi aveva fatto fare tante di quelle cose brutte, che mi vergognavo solo a pensarlo.
Quante vite mi aveva fatto distruggere? Umane o non che siano?
Quanti umani mi faceva trasformare per poi uccidere a un mese dal compimento di un anno come vampiro.
Quanti umani usati come cibo, quante cose atroci avevo dovuto sentire e percepire con il mio dono.
Quando avevo capito di avere un dono, Maria sembrava impazzita dalla gioia, impazzita dal sapermi speciale e potermi usare come meglio lei credeva.
Ma più il tempo passava, più capivo sempre di più chi era e cosa voleva da me in realtà.
Era sola, non aveva nessuno a parte me, anche le due sue amiche si erano ribellate a noi, e fummo costretti a ucciderle, aveva solo un esercito che usava come marionette.

 

Durante quegli anni trascorsi con lei, feci amicizia con uno dei vampiri neonati che avevamo trasformato: Peter.
Era un bravo ragazzo che odiava le battaglie, le guerre, odiava ogni cosa, voleva solo vivere in pace, dovetti pregarla per risparmiarlo, e non so come e perché, lei lo risparmiò.
Forse lo fece per tenermi buono e per non farmi scappare via.
Ma quando passarono i mesi e dopo una lunga scia di sangue e morte alle spalle, era arrivato di nuovo il momento di uccidere il "vecchio esercito", ogni volta era così, ogni scadere dei dodici mesi, non ne potevo più.
La mia coscienza mi stava uccidendo, mi sembrava di rivedermi le mie vittime davanti certe volte nell'oscurità, stavo impazzendo e Peter lo vedeva.
Arrivò il giorno dell'esecuzione, ma qualcosa andò in modo diverso.

 

M' incamminai verso il fienile, dove avrei dovuto uccidere tutti i vampiri di circa un anno di esistenza,  e avrei dovuto farlo insieme a Peter.
Mi sentii afferrare per un braccio e tirare indietro.
"Perché tutto questo?" mi chiese in un sussurro.
"Perché l'ha detto lei" risposi semplicemente io, non sapevo cos'altro dire.
"Non è giusto! Sono ancora bravi, sanno combattere, sono bravi e non meritano questo" sibilò lui.
"Lo so, ma sono i suoi ordini" continuai.
"Almeno qualcuno, non puoi chiederglielo?" mi supplicò, all'inizio non capii perché me lo stava chiedendo e anche sapendo che non sarebbe cambiato nulla, andai da Maria, e la sua risposta fu chiara.
"No! Dovete ucciderli, o lo farò io stessa! E non sarò delicata come lo sei tu!" sibilò crudelmente.
Incominciai a vedere sempre di più la vera Maria, era da tempo che volevo cambiare le cose, ma non sapevo bene come fare, non sapevo dove andare e in che modo vivere.
Ritornai da Peter e gli diedi la risposta, lo vidi irrigidirsi e stringere i pugni, percepii paura provenire dal suo corpo e ansia, ma non capii il motivo.
Lo capii dopo, quando davanti a me arrivò una vampira minuta e dai capelli castani, che mi guardava ignara del suo destino, a quel punto Peter le urlò di correre via.
"Va via! Scappa Charlotte!" urlò.
Fu una questione di secondi, sul suo viso comparve uno sguardo di confusione, guardò lui e aggrottando la fronte guardò me, poi come se avesse avvertito tutto, con la paura sul voltò si girò e scattò via verso l'uscita, seguita da Peter.
Avrei potuto fermali se avessi voluto, ma non volevo.
Non potevo fare questo al mio unico amico, compresi che l'amava e la voleva proteggere, ecco il perché di quel discorso.
Con Maria m'inventai che erano scappati e che non ero riuscito a prenderli, ma che non c'era di che preoccuparsi.
Più il tempo passava, più io peggioravo.
Incominciai a essere depresso, mi odiavo, mi odiavo a morte per tutto quello che facevo, per come mi comportavo.
E andavo avanti come se fossi un burattino, come se fossi un giocattolo, non sapevo quello che facevo, cosa succedeva intorno a me.
Dopo qualche mese me ne andai, mi allontanai da lei e da tutto quello che la circondava.
"Non puoi andartene, non puoi lasciarmi" sibilò lei furiosa ad un centimetro dalla mia faccia.
"Non ne posso più, non ce la faccio più! Maria! Senti, o mi lasci andare in modo tranquillo o, dovremo batterci" era l'unico modo, glielo leggevo negli occhi che lo voleva, ma alla fine si arrese e mi lasciò andare.
"Io ti amo però" disse ancora, mi girai un attimo e le risposi "Non mi hai mai amato, Maria, e lo sappiamo tutti e due. Fai un favore a te stessa, lasciami in pace e pensa a vivere, invece di continuare a fare guerre" detto quello, mi girai e incominciai a correre, e non mi voltai mai indietro.
Trovai Peter e Charlotte e mi accolsero con felicità, anche se all'inizio lei non era molto felice, ma con il tempo mi accettò.
Con loro le cose furono belle all'inizio, tranquille.
Non erano persone che volevano la guerra, no, loro volevano solo vivere la loro vita in pace e il loro amore, l'unico difetto che anche loro ovviamente bevevano sangue umano, come me d'altronde.
Ma io non ce la facevo più ad andare avanti così, ed ogni giorno che passava stavo sempre peggio.
Tutte quelle emozioni, sconcerto, paura, terrore, dolore, consapevolezza di quello che stava succedendo, suppliche, mi stavano lacerando all'interno, l'anima, mi rodevano dentro come se qualcuno mi bruciasse dall'interno e mi etichettava come mostro.
Volevo solamente far smettere tutto, volevo smettere di esistere, non potevo continuare ad andare avanti ad uccidere innocenti.

 

Stavamo camminando per le vie più buie e oscure della città, in cerca delle nostre prede.
Prede, già solo il fatto di chiamare un' essere umano preda, mi faceva rivoltare lo stomaco.
Non ce la facevo più, andavo avanti così da troppo, troppo tempo, ma questa era l'unico modo di vivere, mi era stato insegnato così da quella maledetta di Maria.
Lei che mi aveva trovato e trasformato per farmi diventare la sua marionetta, perché questo ero nelle sue mani, nient'altro, ci è stato un tempo che avevo creduto di amarla.
Ma non era amore, era follia.
Mi costringeva a uccidere miei simili, a combattere, a spargere sangue tra gli umani, ma io non volevo, io sentivo ogni cosa, sentivo tutto quello che provano, ogni sentimento, emozione.
Ero un mostro, e non ce la facevo più.
Sentii una mano sulla mia spalla, quando mi bloccai.
"Jasper, c'è qualcosa che non va?" mi chiese Peter.
Scossi la testa, "No, va tutto bene" risposi poi chiudendo tutti gli altri sensi e lasciando andare soltanto l'olfatto, restai fermo, immobile, sentii tutti gli odori attorno a me, mi concentrai sull'odore di sangue umano che man mano si avvicinava all'angolo dov'eravamo noi, mi sarebbe bastato allungare la mano per afferrare la mia vittima.
Così feci quando passò affianco a noi, avvolto dall'oscurità, allungai il braccio e afferrai per la gola il povero mal capitato e lo scaraventai contro il muro di fronte a me, e senza dargli il tempo di capire cosa stesse succedendo, di reagire, affondai i miei denti nella sua giugulare e incominciai a bere a lunghe sorsate.
Sentii il caldo liquido scivolare lungo le mie pareti, era caldo, buono, piacevole e placava la mia sete e alleviava la gola secca.
Ma mente una parte del mio cervello e del mio corpo, accoglieva con grande felicità quell'elisir, l'altra parte, sentiva quello che l'umano sotto la mia stretta provava, paura, dolore e consapevolezza che per lui era finita.
Mi bloccai di colpo, sempre più disgustato da me stesso, allentai la presa dal suo corpo e lasciai andare la sua gola, ormai era morto, infatti scivolò giù come fosse piuma.
Mostro. Mostro. Mostro.
Sei solo uno schifosissimo mostro.
Quella consapevolezza continuava a bruciarmi nella testa, me l'afferrai e urlai scivolando giù.
Non potevo andare avanti così, no, dovevo trovare un modo, si, avrei smesso di nutrirmi, avrei fatto qualsiasi cosa, non potevo andare avanti così.
Sentii delle mani sulla mia schiena e le voci dei miei due amici.
"Jasper, che succede? Cos'hai?" mi chiese dolcemente Charlotte.
"Non posso andare avanti così, non ci riesco" dissi senza alzare lo sguardo, ogni giorno che passava peggiorava sempre di più questo senso di colpa, ero depresso, stavo male.
"E' per il sangue vero?" mi chiese Peter.
"Non devi sentirti così, è la nostra natura, è normale" continuò.
"No, non è normale!" sbottai io "Uccidiamo degli innocenti per placare la nostra sete! Io non posso andare avanti così".
Passarono i giorni e niente migliorò, anzi, peggiorò sempre di più.
Facevo fatica ad andare in giro, ancora di più da quando decisi di non nutrirmi più, dovevo allontanarmi da loro, ma non per loro, loro erano brave persone a modo loro, per loro era normale, non erano cattivi, non potevano farne a meno.
Ma io, dovevo andare via.
Così un giorno decisi di andarmene via e così li salutai.
"Sei sicuro Jasper?" disse Peter.
"Si amico, mi dispiace" risposi con rammarico io.
"Tranquillo, è una tua decisione, solo mi mancherai" continuò.
"Ci mancherai" disse Charlotte.
"Anche voi mi mancherete"
"Vieni a trovarci ogni tanto, noi siamo sempre qui per te, noi siamo sempre amici"
"Certo" e lo avvicinai a me per abbracciarlo e dandoci delle pacche sulle spalle, ci salutammo, salutai anche Charlotte e poi mi incamminai per la mia strada.

 

Incominciai a vagare per le strade, camminavo e pensavo.
Non sapevo cosa avrei fatto da quel momento in poi, né dove sarei andato.
I giorni passavano e la mia gola bruciava, la testa mi scoppiava, ero avvolto da umani, solo umani con le loro emozioni contrastanti ed io dovevo lottare contro me stesso per non nutrirmi.
Il mio corpo ne aveva bisogno, lo bramava, era una tortura continua per me stesso, ma la mia coscienza era quella che mi devastava di più.
Tutte quelle vite, tutti quei delitti, ma chi ero diventato? Mi stavo perdendo, io, io volevo essere il Jasper che ero da ragazzo, non questo, non un mostro da cui le persone dovevano scappare.
Vagavo per le strade e senza accorgermene ero arrivato a Philadelphia, il cielo era scuro e coperto da una coltre di nubi, presto si sarebbe scatenato l'inferno.
Fiutai una scia di umani a pochi passi da me, mi fermai e bloccai ogni mio muscolo, trattenni il respiro.
Sangue.
Mostro.
Sangue.
Mostro.
Sangue.
Mostro.
No! Dovevo continuare a camminare, ad andare avanti, perso tra i miei mille pensieri e dolori, non mi accorsi della bufera di neve che si era scatenata, potevo avanzare come niente fosse, ma la gente si sarebbe insospettita, così disperato e da solo decisi di entrare nella locanda che vidi a poca distanza da me.
Mi scrollai di dosso la neve che si era attaccata ai miei capelli, quando venni colpito dall'odore del sangue di tutti gli umani presenti, tutti insieme, sentii la gola ardere come fosse lava, cercai di trattenere il respiro, quando venni investito da un altro odore, un odore simile al mio, un vampiro.
Avanzai di qualche passo e cercai di percepire da che direzione veniva, intanto con lo sguardo osservai ogni minimo particolare, fino a vedere una ragazza minuta seduta al bancone del bar.
Sembrava più piccola di quello che in realtà fosse, era minuta, capelli corvini a folletto e un sorriso che mi travolse, nel momento stesso che si girò nella mia direzione.
I nostri occhi s' incrociarono, erano di una strana sfumatura dorata, dorati in rossi, eppure era una vampira, ne percepivo l'odore.
Mi sorrideva come se mi stesse aspettando, come se fossi la persona più importante per lei, come se fosse li, solo per me.
Si alzò, e a passo di danza e con molta grazia, si avvicinò a me, pensai volesse attaccarmi e d'istinto mi misi in posizione d'attacco, ma man mano che annullava la distanza tra noi, percepivo solo serenità nel suo animo.
Man mano che si avanzava, la osservavo ancora di più, aveva un viso delicato, quasi angelico, incorniciato da corti capelli corvini, arruffati in un modo che sembrava davvero un folletto, e poi c'erano i suoi occhi, occhi dolci e gentili, e per finire il suo sorriso, rassicurante, allegro, e bellissimo, un sorriso capace di illuminare la stanza intorno a noi.
"Ehi, mi hai fatto aspettare parecchio" mi sussurrò sorridendo, mi parlò come se ci conoscessimo da sempre, eppure io quella graziosa ragazza non l'avevo mai vista in vita mia.
"Mi dispiace signorina" risposi prendendole la mano che lei mi offriva, rimanemmo incatenati uno negli occhi dell'altro non so per quanto tempo, quando le avevo preso la mano, avevo sentito qualcosa, una specie di connessione, una scarica elettrica, come se lei fosse la mia salvezza, quando le avevo preso la mano, avevo preso la speranza.
Dopo appena un secondo mi ripresi e le baciai la mano, lei sorrise ancora, mi accorsi che avrei fatto qualunque cosa per vederla sorridere ancora.
"Andiamo fuori, ti va?" mi chiese la donna senza nome, io annuii e la seguii fuori, senza curarmi degli sguardi altrui, che cosa me ne importava se accanto a me, avevo un angelo?
"Io sono Alice" mi disse.
"Io sono…"
"…Jasper" finì di dire lei, mi voltai a guardarla confuso, come faceva a sapere il mio nome?
"L'ho visto" rispose lei, come se avesse letto i miei pensieri.
"Hai visto cosa?" chiesi, ci fermammo in un bosco lontano dalla locanda.
"Io so chi sei, perché ti ho visto nelle mie visioni, sapevo che presto ti avrei incontrato nel mio cammino e che noi ci saremmo legati, tu sei il mio futuro Jasper" disse semplicemente lei, aveva una voce cristallina, melodiosa, era piacevole ascoltarla.
Poi aveva un sorriso davvero unico, mi aveva incantato, ammaliato in un secondo.
"Chi sei?" chiesi.
"Un vampiro come te"
"No, chi sei tu?"
"Non lo so" ammise tristemente "Non ricordo nulla del mio passato, quando mi sono svegliata, mi sei comparso tu nella mia mente e sapevo di doverti trovare, sapevo che avevi bisogno di me, che dovevo salvarti, come tu devi salvare me" concluse guardandomi.
La osservai a lungo e senza pensarci, le accarezzai il viso, non so perché lo feci, in fondo la conoscevo da quanto? Qualche ora?
Eppure c'era qualcosa in lei, parlammo a lungo, non so cosa di preciso successe quella sera, so solo che quella ragazza dal nome Alice, mi aveva legato a se in qualche modo, da quella sera non la lasciai più.
M'insegnò che c'era un altro modo di vivere, sangue animale, che potevo essere la persona migliore e buona che volevo essere, che presto avremmo avuto una famiglia, l'aveva visto.
Il tempo man mano passava e noi eravamo sempre più legati.
Era facile starle accanto, volerle bene, con lei parlai di tutto, parlai del mio passato da umano, della mia famiglia, di quello che volevo fare o quello che mi piaceva.
Poi le raccontai del terribile giorno che incontrai Maria e tutto quello che successe dopo, il mio dolore nel vedere cosa ero diventato per mano sua, il mio desiderio di cambiare, di essere migliore, di essere di nuovo il ragazzo che ero da umano.
E lei mi ascoltò e mi rassicurò, anzi, mi promise che da quel giorno in poi tutto sarebbe cambiato, che non sarei più stato quello di un tempo, che sarei stato il vero Jasper dentro di me, quello buono nell'animo.
E le credetti, man mano che i giorni trascorrevano, mi accorsi che mi stavo innamorando di lei, che mi piaceva ogni cosa che faceva o diceva, la sua allegria, la sua pazzia, il suo pazzo amore per lo shopping! Diversamente da altri ragazzi, mi piaceva starle dietro anche in quelle occasioni, erano cose nuove, diverse, umane.
Cosa da ragazzi comuni, giorno per giorno il sentimento cresceva, fino ad arrivare al primo bacio.

 

Me lo ricordo ancora, come se fosse adesso, eravamo in riva al mare e la luna rifletteva sull'acqua, creando tante piccole luci nelle onde, era stupendo.
Alice era appoggiata a me e parlava, parlava, fino a quando i nostri occhi si incrociarono, dorati in dorati questa volta, la stessa tonalità.
Io avvicinai piano una mia mano fino ad accarezzarle il viso, con il pollice continuavo ad accarezzarla, mentre man mano le nostre bocche si avvicinavano inesorabilmente.
Sentivo i nostri fiati mischiarsi, le nostre labbra sempre più vicine, mentre una sua mano era tra i miei capelli e poi le nostre labbra si unirono in una cosa sola.
Fu un bacio dolce, delicato, pieno d'amore, un amore che entrambi provavamo, un amore mai provato prima in vita mia.
Quello che c'era tra me e Maria, non era niente, solo sesso e sangue, mentre quello che c'era tra me e Alice, era amore puro, sincero, un sentimento che mi dava protezione, forza, che mi faceva sentire finalmente importante per qualcuno, per lei, la mia Alice.

 

Due anni dopo raggiungemmo la famiglia che lei aveva visto nella visione, io all'inizio ero restio, avevo paura che ci attaccassero senza motivo, ma lei mi rassicurò.
Ci accolsero con gentilezza e un sorriso amorevole alla vista di due giovani ragazzi innamorati e vegetariani, che cercavano solo una famiglia con cui stare, con cui condividere l'eternità, una famiglia in cui essere amati.
Lei aveva già perso così tanto, era giusto che fossimo li, l'avrei seguita ovunque avesse voluto andare, sempre, per sempre.

 

Così iniziò la mia vita con mia moglie, da una locanda dispersa nel nulla, quando entrambi avevamo bisogno di essere salvati, alzai lo sguardo e la vidi sistemare i nuovi acquisti fatti poche ore prima, sorrisi e avvicinandomi l'abbracciai stretta a me.
"Ehi, amore" sussurrò solo.
"Ehi" risposi solamente, baciandola con amore e passione, l'avrei amata sempre, lei era la mia vita, la mia aria, il mio tutto.

 

 

 

 

 

Spero vi sia piaciuta, il mio intento era di raccontare molto del passato di Jasper e di far capire come la sua vita prima fosse buia, vuota, orribile, per colpa di Maria (naturalmente mi riferisco da quando è diventato vampiro), ma come sia migliorata con l'arrivo di Alice nella sua vita.
CiaooooooooooooooooooooooooooooooXD

   
 
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: Alice_Nekkina_Pattinson