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Autore: Kimberly Heiwa    04/01/2013    1 recensioni
E si incamminarono, verso una meta
ancora sconosciuta, a fare baldoria
per gesta assurde. Si vantarono del vomito, dell'alcol,
di quante sigarette riuscirono a fumarsi. E io me ne stavo lì,
a contemplare in silenzio quello scempio di
ragazzi e ragazze travestiti da cinquntenni alcolizzati.
Non riesco a capire come sia capitato tutto ciò: i bambini con cui
giocavo non erano così. E mi domando: ma dove diavolo andremo a finire?
Il mito, lo stereotipo di questi tempi cupi secondo la maggioranza.
Buona lettura e... rilasciate commenti.
Alice
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IL MITO

 

E si incamminarono, verso

una meta ancora sconosciuta, a fare baldoria

per gesta assurde. Si vantarono del vomito, dell'alcol,

di quante sigarette riuscirono a fumarsi. E io me ne stavo lì,

a contemplare in silenzio quello scempio di

ragazzi e ragazze travestiti da cinquantenni alcolizzati.

Non riesco a capire come sia capitato tutto ciò: i bambini con cui

giocavo non erano così. E mi domando: ma dove diavolo andremo a finire?

Il mito, lo stereotipo di questi tempi cupi secondo la maggioranza.

Buona lettura e... rilasciate commenti.

Alice

 

 

 

 

Una serata pungente, devo dire.

Nonostante il freddo tagliente, per fumarsi una sigaretta non è mai troppo.

Se ne stavano lì, a guardarsi negli occhi truccati e persi, con la sigaretta bianca e arancione fra le dita. In realtà non lo sanno neppure loro perché lo facciano; ma va di moda così oggi, queste sono diventate le regole. Una puzza di fumo si levò tra noi, e un senso di vomito mi attaccò lo stomaco ancora vuoto. Schiamazzi, risate frivole e suonerie di cellulari touch-screen facevano da sottofondo, accompagnando il rumore delle macchine che passavano.

Ormai non sanno neppure di cosa realmente bisogni parlare: off-limits argomenti realmente seri che dovrebbero interessare loro, come sta agendo la politica sul popolo; sulla riforma scolastica; su come la nostra generazione andrà a finire; se avremo tutti un lavoro; se i medici potranno ancora curarci se stessimo male. No! Avanti, dicono loro, è una serata per divertirsi e sballarsi, non per fare una lunga riflessione su chi ci governa; non siamo mica degli adulti.

Invece per parlare di tematiche più spinte, per comperare gli alcolici da minorenni si sentono abbastanza grandi, si sentono che potrebbero spaccare il mondo. Ma non è così.

Questi sono i miti che vengono sussurrati nelle orecchie dei conoscenti e degli amici nei corridoi, che vengono abilmente narrati per manipolare ben bene le menti dei giovani.

I miei capelli ormai hanno assorbito come una spugna tutto il fumo dei piccoli cilindri fra le loro dita, sembra che io sia andata a vivere in una ciminiera.

Le ragazze criticarono le altre che si facevano più spinte con i ragazzi, forse senza rendersi conto di insultarsi da sole. Si critica chi porta i tacchi e il reggiseno imbottito, senza pensare che poco prima anche loro lo hanno fatto. Ma è così che va ormai, gli insulti sono gratuiti, talvolta scambiati con i complimenti. Finalmente entrammo nel locale. Il calore invase i corpi infreddoliti poco vestiti e una cameriera ci accompagnò al nostro tavolo.

Prendemmo posto, chi sulle sedie, chi sulle panche.

Riattaccarono a ciabattare su come ha il culo quello, di quante tette abbia l'altra e di quante birre e alcolici un tipo riesca a reggere prima di vomitare sul tavolo.

Talmente erano concentrati su come fare “bella figura” che non si accorsero neppure dei camerieri che chiedevano le ordinazioni dal menu.

Mentre aspettavamo di riempire il buco nei nostri stomaci, loro si ingozzarono di bibite gassate, di parole sui discorsi più vari e di canne e di fumo, uscendo dal locale come dei drogati, forse finti, che non riescono a fare una cena come si deve senza inspirare un po' di erba e nicotina.

Quando le pizze giunsero sul tavolo di legno, non smisero tuttavia di ingurgitare risate finte e bestemmie che forse neanche il più esperto in materia dei camionisti abbia mai detto.

Catechismo, dissero loro i genitori, ignari di cosa realmente succedesse in quella topaia.

Il cristianesimo e la religione in generale non si sente più, ci si fa il segno della croce solo per convenzione, e nel momento del bisogno non ci si aggrappa ad una crocefisso invocando il Signore, ma ad una capiente bottiglia di vodka o non so cos'altro.

Parolacce sostituirono l'italiano, termini informatici governarono il linguaggio e mi sembrò di trovarmi in un mondo virtuale. Mi sentivo dentro ad un cellulare o ad un computer attaccato dai virus catturati nei siti non protetti.

Li guardai indignata. Cercai più e più volte di capirli, ma fallii ad ogni tentativo.

La falsità regnava sovrana i loro sorrisi storti e stolti e le loro facce beffarde nascondevano un bambino impaurito dalla grandezza del mondo.

Dopo varie ordinazioni caloriche, una tirata da una sigaretta elettrica e foto varie scattate a tradimento, la cena finì.

Non riuscirono a contare con esattezza le banconote per pagare il conto; per fortuna c'ero io ancora lucida.

Uscimmo dal locale gelando anche dentro le ossa.

E si incamminarono, verso una meta ancora sconosciuta; vantandosi di gesta assurde.

I 4 collezionati a scuola, i cannoni fumati a capodanno, quante lingue governate, il vomito versato tra una birra e una risata furono il fulcro dei loro discorsi.

Io me ne stavo buona buona in silenzio ad ascoltarli, guardando le loro facce e le loro espressioni.

Mi sentii altamente fuori posto; è difficile essere diversi.

Giungemmo in un parco buio e silenzioso, oltre la biblioteca.

Non si vedeva un accidente e il mio sedere al contatto con la panchina gelò all'istante.

Ed è così che cominciarono a tirare fuori dai piccoli zaini in spalla alcolici a gogò, trincando come ubriaconi il liquido alcolico. Accompagnarono a tutto sigarette quasi da finire il pacchetto.

Si vantarono del vomito versato addosso per una sbronza, della differenza tra anfetamine e metanfetamine e dello sballo provocato da entrambe, dell'alcol appena trincato.

Si sentirono sbronzi e cominciarono a correre come degli ebeti per il prato, buttando le transenne accanto alle panchine, che tutto ad un tratto avevano iniziato a girare in tondo.

Era disgustoso osservarli inalando passivamente fumo e vapori inebrianti dolciastri e vomitevoli.

Stavo gelando su quella dannata panchina mentre loro si passavano le bottiglie di bocca in bocca e provavano caldo, spogliandosi e arrossendo sulle gote.

Mi convinsi ad alzarmi per andarmene. Mentii dicendo loro che la mattina dopo dovevo alzarmi presto e loro, brilli com'erano, mi salutarono biascicanti. Mi urlarono in faccia per fare un po' di scena, come se al buio non li sentissi più.

Dopo aver salutato tutti, mi allontanai con le mani in tasca.

Finalmente ero uscita da quella gabbia di matti, da quel mito dei miei coetanei.

Il bello è che tutto questo è stato interpretato da semplici quattordicenni, con tanta voglia di bruciare le tappe, travestiti da cinquantenni alcolizzati.

Ormai le generazioni eliminano l'infanzia, e le cose vissute vent'anni fa a sedici anni, ora le si vive a tredici- quattordici e a volte, ahimè, anche prima.

E io mi chiedo: ma dove andremo a finire?

   
 
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