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Autore: C h i a r a    05/01/2013    1 recensioni
Questa è una ff di genere Young-Adult. Eleonora è una ragazza di Livorno che non ha amici. A molti la situazione starebbe scomoda, ma a lei no, non vuole interagire con nessuno.
(la storia si svolge a Livorno, ma luoghi e persone sono puramente inventati, ogni riferimento è puramente casuale)
Genere: Malinconico, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ad accompagnarmi a scuola è mia mamma, ma a lavoro ha 20 minuti di pausa pranzo, non riesce a portarmi a casa. Così, suonata la campanella, mi vesto con la massima calma. Nessuno mi aspetta, e io sono l’ultima ad uscire dalla classe. Fuori scuola vado verso il bar “Jukebox Hero” io amo quel bar. Ci vado un giorno sì e uno no. Ordino sempre tramezzino al tonno, ma la ragazza del bar mi offre sempre due pizzette gratis. Credo che Stephanie, la cameriera, sia ciò che ho di più vicino ad un’amica. Quando il bar è vuoto si siede con me e parliamo. Come ho detto prima, non mi interesso alle vite degli altri, infatti noi non parliamo di banalità come il tempo o com’è andata la giornata. La mia materia preferita è filosofia, lei la studia all’università, ed è proprio di questo che parliamo. Sto pensando all’ultima discussione avuta, mentre gli Hurts si alternano a Lana Del Rey nel mio i-pod. Le cuffiette sbalzano via dalle orecchie quando due mani mi avvolgono le spalle e mi sbattono contro il muro vicino a me. Due occhi verdi mi s’inchiodano addosso.
«Sai che le mani le dovresti tenere a casa tua?» dice con una voce baritonale.
Cerco di liberarmi, ma essendo un ragazzo non mi sposto di un millimetro.
«Sai che dovresti farti i cazzi tuoi?» mi muovo come un pesce fuor d’acqua, ma lui mi sbatte violentemente al muro.
«Io i cazzi miei me li faccio, e per questo ti do una lezioncina, così capirai che la mia ragazza non la devi toccare.»
Finalmente riesco a capire chi è. E’ il ragazzo che vedo ogni giorno pomiciare con la ragazza-eyeliner.
«Wow. E’ talmente coraggiosa che manda un cagnolino ad affrontarmi.» è un ragazzo, ma non credo che arrivi a picchiarmi. Mi farà solo bu.
Mi tira un pugno alla mascella di destro. Evidentemente sbagliavo. Non l’ha tirato alla massima potenza, ma ha fatto male. Devo costringermi a non piangere dal dolore.
«Hai capito che con me non si scherza?»
«Di sicuro ho capito che devi aver preso un corso di virilità per riuscire a picchiare una ragazza.»
Mi sbatte di nuovo contro il muro. «E posso fare di peggio se continui a darle fastidio.»
«Ha iniziato lei, ma credo di aver recepito il messaggio.»
Mi lascia e se ne va senza dire nulla.
 
Arrivo all’Hero senza spargere una lacrima, con la guancia sinistra gonfia come un pallone. Ma appena entro Stephanie mi saluta con un sorriso, che si spegne appena mi guarda bene. Non resisto più, corro in bagno e scoppio a piangere. Odio piangere. Mi rende debole, vulnerabile, ma proprio non riesco a fermare le lacrime. Nella guancia sinistra non le sento nemmeno scorrere sulla pelle, ma so che scendono, ne sento il sapore salato in bocca. Si apre la porta ed entra Stephanie.
«Eleonora, cos’è successo?»
«Non voglio parlarne.» non sono educata neanche quando piango.
«Ti hanno picchiata?»
«No, mi annoiavo e mi ho iniziato a tirarmi pugni alla mascella.» vedo nei suoi occhi la tentazione di lasciarmi qui a sciogliermi nella mia acidità mista a lacrime «Scusa. Non sono mai educata, adesso ancora meno.»
«Non vuoi parlarne, e va bene. Ma se è successo a scuola dovresti parlarne al preside.»
«Non è successo a scuola.»
«Ok. Allora alzati, asciugati le lacrime e vieni fuori. Masticare ti farà male, ti faccio un milkshake, e ti do del ghiaccio da appoggiare sulla guancia mentre parliamo un po’ di Eraclite. Che ne dici?»
«Dico che è un idea fantastica.»
 
Così torno a casa dopo una discussione sulla dottrina dei contrari di Eraclite. Quando torno a casa ovviamente non c’è nessuno, allora passo il mio classico noioso pomeriggio: compiti, musica, twitter. Sono abbastanza popolare su twitter, sono arrivata a 3.000 followers, non sono una di quelle che vengono chiamate “queen” e che non seguono nessuno. Ho altrettanti following, ogni tanto leggo anche quello che scrivono, e mi capita di trovare cose interessanti. Si dice che twitter sia il luogo dei depressi, io trovo che sia il paradiso dei depressi. Dove ognuno può dire quanto schifo faccia la propria vita e capire che non è l’unico a pensarla così. Non faccio amicizia con nessuno, ogni tanto scrivo un tweet a qualcuno, ma molto raramente. Più che altro posto citazioni o pensieri miei. Il mio ultimo tweet:
 
“Se ho visto più lontano è perché ero sulle spalle dei giganti.”
 
Citazione di Isaac Newton, proprio nel momento in cui lo posto sento la porta aprirsi e poi chiudersi. La voce cinguettante di mia mamma risuona nell’appartamento
«Tesoro, sono a casa.»
«Ciao mamma.»
Sento i tacchi dirigersi verso la mia stanza, entra senza bussare, come al solito, e si siede sul mio letto.
«Com’è andata oggi a scuola?»
«Solita noia.»
«Parli strano. Perché hai la guancia gonfia?» la guancia. Mi sono dimenticata che ho il viso che sembra un pallone, non mi guardo spesso allo specchio. «Eleonora. Cosa. E’. successo?”
«Mi è arrivata una gomitata per sbaglio.»
«Davvero?»
«Sì.»
«Ok, preparo la cena.»
Così finalmente mia mamma esce dalla mia camera, ticchettando con i tacchi sul parquet. La sento in cucina, che prepara la cena, ed entra mio papà. Lui non saluta, è da lui che ho preso la mia scontrosità. Mia mamma è la classica donna “filo di perle, filo di tacchi, filo di trucco”, fosse per lei saremmo sempre a prendere il tè con degli amici. Per fortuna che c’è mio papà. Purtroppo ha dovuto vendersi alla società, e diventare un pinguino da ufficio in giacca e cravatta, ma ho visto le foto di quando era giovane. Lui è andato a Woodstock. Da quando ho visto quella foto ho cambiato totalmente opinione su di lui. Noi andiamo d’accordo nel nostro non parlarci. Entra in camera mia, mi sorride, poi richiude la porta. Un secondo e la riapre, mi guarda la guancia. Richiude la porta. Io amo mio papà.
 
Una settimana dopo...
 
Eccomi a scuola. Il mio compagno, Alessio, è mancato tutti i giorni. Ma oggi, quando entro in classe eccolo seduto al suo posto. Io mi siedo senza neanche salutare.
«Ciao.»
è la prima volta che mi parla. Lo fisso per qualche secondo. «Ehi.»
«Sono mancato tutta la settimana.»
«L’ho notato.»
«Ho avuto la febbre.»
Mi chiedo dove voglia arrivare «Va bene?» è un’affermazione, ma mi esce di bocca come una domanda.
Lui soffoca una risata «Non ti interessa se il tuo compagno di banco sta male?» lo fisso senza parlare, ma con sguardo piuttosto eloquente «Certo che no. Di qualcuno ti interessa?» mantengo quello sguardo, stavolta non soffoca la risata «Sai, mi stai simpatica.»
Adesso a ridere sono io. Guardo alcuni miei compagni che mi fissano stupiti. Evidentemente non mi hanno mai vista ridere, questo fa diventare la mia risata ancora più stridula. Quando arriva il professore incrocio le braccia sul tavolo e ci appoggio la testa, per soffocare la mia risata. Non avrei mai creduto possibile di stare simpatica a qualcuno.
  
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