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Autore: Fly to the sky    05/01/2013    0 recensioni
Storia sulle sorelle Black... ho provato ad immaginare alcuni momenti come la fuga di Andromeda e l'infanzia delle bambine...
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sorelle Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Dopo la II guerra magica/Pace
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Era una tipica giornata estiva, le foglie sugli alberi frusciavano spostate da un tiepido vento, i rumori provenienti dalla città in lontananza erano fievoli. C’era un maniero in quella zona, con mura cintate e un cancello in ferro battuto. Nel suo cortile era tutto verdeggiante, con qualche spruzzo di colore qua e là, qualche albero non troppo alto spingeva le sua braccia verso il cielo. Da uno di essi proveniva un sommesso cigolare. Una bambina si stava dondolando su un’altalena di legno, poteva avere cinque anni e lisci capelli biondissimi lunghi fino alle spalle. Le sue sorelle erano lì vicino. La bambina un po’ più grande dai capelli castani era appoggiata al tronco e mangiava qualche caramella da un sacchetto colorato, mentre la più grande delle tre, dai fluenti capelli ricci era seduta su un ramo, un po’ sopra di quello cui era legata l’altalena, e leggeva.
-Bella, hai preso tu la mia molletta azzurra?- chiese la mora
-Mh-mh- rispose quella seduta sul ramo
-Mi stai ascoltando?
-Come dici tu…
-Ehi!
-Insomma Dromeda! Lo sai che odio essere disturbata quando leggo, e sai anche che odio l’azzurro
-Ok, ok non ti scaldare…- aveva chiuso il discorso Dromeda, probabilmente avvertendo che la piccola sull’altalena stava per scoppiare a piangere. Odiava i litigi lei, e appena percepiva un tono di voce un po’ più alto del normale iniziava a singhiozzare.
Passarono circa cinque minuti di silenzio, poi Andromeda lo ruppe:
-Me la fate una promessa?
La piccola la guardò incuriosita:-Cosa?
-Bella…
La riccia guardò in giù:-Se è proprio importante
-Sì…
La bambina scese dall’albero, fece un salto dal ramo su cui stava, scendendo lentamente, un po’ troppo lentamente. Atterrò con tutto il piede e suoi capelli ricci e neri le saltarono sulle spalle.
-Che c’è?
-Mi dovete fare una promessa…
-Se è nelle nostre possibilità.
-Non interromperla Bella!- la piccola alzò il naso all’insù
-Io, ecco… un po’ mi vergogno a dirlo, perché poi mi prendete in giro ma, in questi giorni litighiamo un bel po’..
-Solo in questi giorni?
-Bhè, un po’ di più, e…
Ci fu un attimo di silenzio, Andromeda prese un’altra caramella:-Mi promettete che noi non ci separeremo mai?
-E mi hai fatto chiudere il libro per questo?- le diede un pugnetto affettuoso sulla spalla - sciocchina, se qualcuno proverà a separarci sai come lo stendo-
-Te lo prometto Dromeda- disse la bambina bionda armeggiando con la borsetta che portava a tracolla.
-Grazie Cissy…- voltò lo sguardo verso la sorella più grande.
-Certo Dromeda te l’ho già detto! Lo prometto-
Cissy tirò fuori dalla borsetta tre palline di vetro, biglie, delle dimensioni di un’unghia del pollice, al loro interno aleggiava una sostanza colorata, fumo forse.
-Le ho prese a Diagon Alley l’altra volta, guardate- ne scosse una, e ad un tratto le spuntarono delle piccole ali, e iniziò a volteggiare tra le loro teste –il commesso diceva che mi avrebbero portato ovunque io volessi…tenete, ve ne regalo una ciascuno, come “sigillo” della promessa- diede quella arancione a Dromeda, quella viola a Bella e quella azzurra se la tenne per sé. Poi Bella salì sul ramo, Dromeda tornò al suo sacchetto di caramelle gommose e Cissy alla sua altalena.
 
 
 
 
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-Cosa hai intenzione di fare?- Urlò Bellatrix entrando nella camera di Andromeda. Era passato tanto tempo. Ormai non erano più bambine, Narcissa aveva finito la scuola da due anni. Era cambiato molto, forse tutto. Cissy, ogni giorno aveva il volto coperto di fondotinta, rossetto, ombretto, portava una maschera, si poteva dire che quasi non era più lei. Non sembrava una ragazza. Pensava solo al suo aspetto, ma era ancora la timida e sincera di un tempo. Non sorrideva più così spesso, era piena di malinconia. Bellatrix non era più quella bambina un po’ maschiaccio e secchiona, era una donna bellissima e spietata. A volte si rinchiudeva in camera sola a provare nuovi incantesimi. Un tatuaggio le rovinava l’avambraccio sinistro. Solo Andromeda era rimasta più o meno la stessa, golosa, divertente e molto sognatrice.
-Non c’è nessun bisogno di urlare Bella. Cosa avrei intenzione di fare?-
-Voglio solo una conferma! Sono venuta a sapere che…- prese un respiro e sorrise –ma sono sicura che tu mi dirai che non è vero-
-Cosa saresti venuta a sapere?- disse Andromeda un po’ preoccupata
-Che vuoi scappare! Ecco cosa!-
Andromeda sgranò gli occhi e si precipitò fuori dalla stanza, aprì la porta in mogano di un’altra stanza e trovò sua sorella Cissy che piangeva, seduta nel letto.
-Cosa le hai detto?- era furiosa, aveva raccontato solo a Cissy del suo desiderio di scappare, e le aveva chiesto di non dirlo a nessuno
-Dromeda, ti prego…ha…Bella ha usato il Legilimens!- pianse ancor più forte. Bellatrix irruppe nella stanza:-Allora è vero…
-Sì, e se tieni a me non devi dirlo ai nostri genitori Bella!
-No Dromeda!- sembrava sull’orlo delle lacrime, di rabbia, ovviamente –Sono venuta a sapere da un uccellino- guardò Cissy –che una volta scappata, vuoi sposare un figlio di Babbani! Non permetterò che ti rovini la vita da sola !-
-Sono scelte mie!-
Corse verso il portone d’ingresso, seguita dalle due, Bellatrix brontolava “feccia”.
Fuori pioveva, le grandi finestre gotiche mostravano l’acqua che scrosciava, interminabile. Dromeda voleva fuggire,come suo cugino Sirius aveva fatto due anni fa. Lo ammirava segretamente perché aveva avuto il coraggio di ribellarsi. Ribellarsi a quella stupida famiglia troppo ricca, troppo presuntuosa, troppo fanatica di purezza. Che cosa importava se era un nato Babbano ? Si chiedeva sempre. Lei amava Ted Tonks, così come era. Invece i suoi volevano che sposasse un purosangue che nemmeno conosceva. Si, poteva solo scappare. Quando, non lo sapeva ancora.
-Bellatrix, io amo Ted! E se tu amassi qualcuno capiresti! Ma a te importa solo della purezza del sangue! Lo so che sei una Mangiamorte! E non lo dirò a nessuno, non ti rovinerò la reputazione tranquilla, perché ti voglio bene!
-Non sono argomentazioni valide! Tu non sai se…- divenne rossa -se io amo qualcuno!
-E non è quel rampollo che sei costretta a sposare vero?
-Stai zitta!
Andromeda spalancò il portone. Il vento freddo gelò la loro pelle. Un vento che portava disperazione. Cissy la implorava con gli occhi di non andare. Ma non poteva. Bellatrix estrasse la bacchetta e la puntò su Andromeda.
-Avanti, fallo, fermami se è questo che vuoi, ma stai pur certa che ci  riproverò fino a quando non riuscirò ad andarmene!-
E corse via, nella pioggia. Bellatrix urlò, puntò la bacchetta e disse:-Cru…
-No.- una mano si era posata sul suo braccio da bacchetta, tremava ma era salda – no Bella, ti prego.-
Sarà stato il fatto che gli occhi di Narcissa, azzurri e pronti al crollo le ricordavano quel giorno d’estate o semplice amore fraterno, Bellatrix abbassò la bacchetta. Una sagoma nera scomparve nella pioggia.
 
 
 
 
Erano passati ventiquattro anni. Narcissa Malfoy si svegliò. Era quasi l’alba, il silenzio regnava sovrano nella casa. Quella casa che aveva amato perché le ricordava i momenti di infanzia. Accanto a lei suo marito dormiva tranquillo. Era tornato. Lui e Draco erano finalmente tornati da lei, nella tranquillità di una vita felice, senza Lord Voldemort. Si alzò, perché non riusciva a riaddormentarsi. Si guardò allo specchio dal bordo ornato d’oro della sua stanza. Era invecchiata tantissimo in quegli ultimi mesi. Alcune rughe le solcavano il viso e la rendevano più vecchia di quanto non fosse. Sorrise, oramai non le importava più del suo aspetto, le importava della sua famiglia. Andò in corridoio e iniziò a camminare svelta, all’angolo trovò i quadri dei suoi genitori. Li aveva riappesi dopo un periodo passato in soffitta, per evitare che i Mangiamorte li rovinassero.
-Narcissa- disse suo padre.
-Si padre?
-Hai mancato di fedeltà al tuo signore.
-Suvvia Cygnus!-disse sua madre che le somigliava tantissimo con i boccoli biondi e gli occhi azzurri- Narcissa è stata coraggiosa, ha fatto tutto per suo figlio.
-Druella, ha mentito ad un superiore…
Narcissa li lasciò lì a litigare e proseguì verso la  sua stanza, una stanza dove vi erano tutti i suoi affetti personali, non ci entrava da tanto tempo. Era piena di cianfrusaglie, qualche specchio, merletti, vestiti da bambina, tante cose vezzose e una scrivania, dove teneva le cose più importanti. Cercò di aprire un cassetto,questo oppose un po’ di resistenza e, quando con la bacchetta lo aprì fece tremare l’intero mobile. Qualcosa cadde a terra. La prese, era una biglia azzurra un po’ impolverata, si chiese cosa fosse, aggrottando la fronte cercando di ricordare. Dopotutto era piccolissima quel giorno, e ricordò solo una voce che diceva queste parole “Mi promettete che noi non ci separeremo mai?” . Probabilmente aveva esaurito la riserva di lacrime in  quegli ultimi anni e non pianse, ma le si formò un nodo alla gola, di quelli che fanno tanto male. Qualcosa di amaro le fu iniettato nel cuore, qualcosa che stava corrodendo quel cuore già tanto lacerato. Bellatrix era morta ormai da sei mesi , ma già da tempo non era più la Bellatrix di una volta, aveva seguito il suo amore, quell’amore per un essere senza cuore che non sarebbe mai potuto essere ricambiato. Scosse la biglia, e subito le si aprirono le ali e iniziò a svolazzare. Narcissa non sapeva dove fosse Andromeda, certo, prima o poi lo sarebbe venuta a sapere, magari chiedendo ai nuovi amici onesti che avevano, che non chiedevano nulla in cambio, però voleva saperlo in quel momento. La biglia dopotutto l’avrebbe guidata ovunque lei volesse:
-Portami da Andromeda.
La pallina azzurra continuò a svolazzare attorno a lei, senza però indicare strade. Forse la magia doveva essersi esaurita in tutti quegli anni. Se la mise in tasca e s’incamminò verso la porta. Non sapeva però che la magia era ancora in funzione, e che stava già facendo il suo lavoro.
 
 
 
 
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Nevicava quella sera. Era uno di quei giorni in cui pensi di essere fortunato di avere una casa, dove puoi stare al caldo, magari davanti al camino sorseggiando del tè. Attraverso i fiocchi bianchi si riuscivano a vedere delle luci, le luci di una casa. Era un abitazione color pesca, che ricordava molto una baita anche se non era in legno, il giardino era ricoperto da un manto bianco. La casa sembrava accogliente e le luci accese in una stanza trasmettevano una sensazione di calore, insomma era una casa in cui pensi che ci può vivere una famiglia perfetta, come quelle che ci sono nei film di Natale. Ma lì, in realtà, aveva abitato una famiglia perfetta, adesso però c’era solo Andromeda Tonks con il suo nipotino Teddy Lupin. In quel momento la donna stava armeggiando con i fornelli quando sentì bussare alla porta. Una volta aperto una figura incappucciata in un pesante cappotto con pelliccia entrò. Le due sorelle non si vedevano da moltissimi anni e quasi non si riconoscevano, non sapevano come salutarsi, poiché sembravano estranee. Fecero l’unica cosa logica possibile: si abbracciarono. L’una poteva sentire il battito del cuore dell’altra.
-Andromeda, io…
-No, tranquilla. Vieni accomodati.
La casa,all’interno era accogliente, il camino mandava bagliori che illuminavano le pareti arancio del soggiorno, nell’aria aleggiava un profumo dolce come una crostata, i mobili in legno erano pieni di fotografie. E molti quadri ornavano le pareti. Narcissa si sedette sul divano della stanza, un passeggino si cullava da solo accanto alla poltrona dove era seduta Andromeda.
-Harry mi aveva informato del tuo arrivo- disse Andromeda
-Sì, io, ho sentito il bisogno di parlarti
-Perché?- c’era una punta di risentimento nella voce di Andromeda
-Ora che tutto si è sistemato…insomma ora che l’Oscuro Signore è morto ho pensato che dovevo mantenere la parola. volevo rimediare
Andromeda assunse un’espressione interrogativa
-Ti ricordi che chiedesti una cosa tanto tempo fa a me e a Bellatrix? Io avevo, non so, cinque anni e tu volesti che ti promettessimo che non ci saremo mai separate. Bhè… noi ci siamo separate, ma non è mai troppo tardi…
Andromeda aveva preso Teddy in braccio, era cambiata, aveva imparato a non fidarsi troppo, aveva perso tutto e in poco tempo. Narcissa , senza aspettare risposta, continuò:
-A volte penso a cosa sarebbe successo se fossi venuta con te quel giorno, cosa sarebbe successo se invece di piangere avessi messo in atto fatti concreti e…
-Sei felice adesso?
Narcissa si fermò, ci riflettè un po’ sopra: certo che era felice ora, Lord Voldemort era morto e lei era tornata a vivere, la sua famiglia aveva ripreso una vita normale, era più che felice.
-Sì.
Andromeda sorrise, era questo quello che contava in realtà.
-Sai, quando Ted è morto ho pensato che non potevo crollare, per Dora. Lei era grande ormai, ma così immatura…Poi è morta anche lei e mi ha lasciato questo bambino che è probabilmente la mia unica àncora ma… sono così fragile…E se mi trovassi davanti chi ha ucciso la mia famiglia non esiterei a fare altrettanto anche se ho sempre odiato la gente che uccide-
Una lacrima le scese sulla guancia. Narcissa era consapevole della persona che aveva ucciso Ninfadora Tonks e sapeva anche che dirlo ad Andromeda avrebbe peggiorato la situazione.
-Vuoi vendicarti, quindi?
Andromeda sospirò. Non rispose subito, agitò la bacchetta in direzione della cucina e due tazze fumanti di tè arrivarono volteggiando, ne presero una ciascuno. Poi Andromeda iniziò:
-A dire la verità vorrei vendicarmi ma… una volta qualcuno mi disse che la vendetta porta solo altro male, che una volta vendicatisi non si prova l’euforia che ci si sarebbe aspettati, ma si vuole continuare a fare del male. So che vendicarsi non è la cosa giusta ma…-
Cadde il silenzio tra le due, Narcissa capiva perfettamente sua sorella, Voldemort aveva rovinato la vita di suo figlio e di conseguenza anche la sua, odiava sottostare agli ordini di quell’essere a volte in sua presenza aveva voglia di prendere la bacchetta e lottare ma alla fine aveva mantenuto il controllo perché sapeva che sarebbe stato inutile. Provò ad immaginare la situazione di sua sorella, come sarebbe stata la sua vita senza Draco e Lucius. Scosse la testa per scacciare quel pensiero dalla mente, le faceva male. Narcissa si alzò.- Adesso devo proprio andare-
Anche Andromeda si alzò e abbracciò la sorella. –Mi fa piacere che tu sia venuta-
-Domani, se vuoi, puoi venire al maniero…
-Tuo marito non lo approverà- Andromeda ricordava il cognato dai tempi della scuola
-Mio marito è cambiato molto-
Narcissa rivolse un ultimo saluto a Teddy, i cui capelli erano diventati biondo platino, forse proprio per imitare la donna, e uscì. Salutò con una mano Andromeda.
Sì, aveva mantenuto la promessa. E si sentiva meglio.
  
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